Emiliano Cecchini: vivere off-grid
Di Alberto Grandi 16 aprile 2009
Zero emissioni, zero bollette e nessun allacciamento alle reti pubbliche: l’idea è di un fisico di Arezzo. Grazie alla sua tecnologia, la casa di Cucinella diventa un modello di autonomia sostenibile.
COSA SUCCEDEREBBE se non dovessimo più pagare le bollette per il consumo di acqua, luce e gas? La domanda apre scenari troppo belli per essere veri nella mente del consumatore, e troppo foschi per non essere solo un brutto sogno, in quella dei fornitori che, sull’energia erogata, ci guadagnano. Ma bisognerà porsela e seriamente, visto che un mondo senza bollette è possibile.
Off-grid è il nome del sistema che compie il miracolo. A San Zeno, in provincia di Arezzo, è già in uso presso la cooperativa della Fabbrica del Sole che tempo fa vi ha costruito il primo idrogenodotto. L’HydroLAb, la sede che ospita i suoi uffici, non versa un centesimo per l’acqua calda, la corrente elettrica e il gas che consuma, visto che se li produce autonomamente, in modo pulito. Emiliano Cecchini, fisico della cooperativa, sta studiando insieme a Mario Cucinella un modo per integrare l’off-grid in un ambiente domestico. Ne parlerà a Milano, dal 7 al 10 maggio, alla fiera campionaria. L’impressione è quella di essere a un punto di svolta: la casa, libera dagli allacciamenti esterni, trova nella natura un fornitore unico che non chiede saldi a fine mese. È veramente così? E come sarà viverci?
Continua qui: http://www.wired.it/magazine/archivio/2009/03/storie/emiliano-cecchini-vivere-off-grid.aspx
E’ anche qui: http://www.scienzaegoverno.org/n/061/061_03.htm
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Venere di Ulm: il primo esempio di pornografia? (A me sa più che altro di definizione di castroneria).
Ricostruita una delle più antiche statuette della storia umana, risalente ad almeno 35.000 anni fa. Rappresenta una donna dagli attributi sessuali esasperati
Sei piccoli frammenti intagliati nell’avorio hanno dato forma a una statuetta di sei centimetri risalente ad almeno 35.000 anni fa, una tra le più antiche sculture della storia umana. Si tratta della rappresentazione di una donna con la testa stilizzata e con gli attributi sessuali esasperati. I reperti sono stati trovati nella caverna di Hohle Fels, prolifico bacino archeologico nei pressi della città di Ulm (Germania) dal gruppo di Nicholas Conard dell’Università di Tübingen.
La notizia, riportata da Nature (qui un video), è importante sotto molti aspetti. I frammenti, ricavati dalla zanna di un mammuth, si collocano nel Paleolitico Superiore, durante il periodo Aurignaziano (39-21000 anni fa), a cui si fa risalire la colonizzazione dell’Europa da parte di Homo sapiens e il quasi contemporaneo declino dell’Uomo di Neanderthal. La regione dove si trova la caverna, la Svevia, è prossima alla Valle del Danubio, probabile via d’accesso per le popolazioni umane che provenivano dall’Africa. In questi luoghi sono state rinvenute numerose statuette in forma di animali (bisonti, mammuth, cavalli) e alcune curiose figure metà uomo metà animale. Secondo gli studiosi, l’abbondanza di ritrovamenti fa di quest’area la più probabile culla della scultura artistica europea, se non del mondo.
Continua qui: http://www.galileonet.it/news/11537/venere-di-ulm-il-primo-esempio-di-pornografia
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18.5.09
Torino. La Polizia ha nuovamente caricato gli studenti.
http://www.corriere.it/cronache/09_maggio_18/torino_disordini_universita_fa7da1e4-437e-11de-bc99-00144f02aabc.shtml
http://www.repubblica.it/2009/04/sezioni/esteri/g8-vertice/scontri-torino/scontri-torino.html
Non si ferma la mareggiata dell’Onda Anomala contro il G8 dell’università di Torino. Seconda giornata di mobilitazione contro il G8 University Summit, iniziato ieri, in parallelo con l’entrata nel vivo della contestazione degli studenti e delle studentesse al Block G8 Building, in giro per la città.
Questa mattina l’Onda si mossa da palazzina Aldo Moro occupata in direzione del parco del Valentino, all’interno del quale è situato il castello che sta ospitando il vertice dell’università. Gli studenti si sono divisi in 3 gruppi, effettuando diversi blocchi della viabilità cittadina. La polizia, presente in forze a protezione del summit, si è schierata ed è stata nuovamente “inOndata” da gavettoni d’acqua e uova. Ciò ha scaturito la reazione della celere che ha caricato gli studenti, facendo 3 fermi, 2 ragazzi greci ed 1 di Milano.
Al link che segue, anche video:
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Elettricità di bioetanolo, rinnovabile e mobile
Un sistema portatile di celle a combustibile
(http://www.scienzaegoverno.org/n/061/061_01_fraunhofer.pdf)
alimentate a bioetanolo denaturato, economico, non tossico e facilmente reperibile, adatto all’uso in esterni e con una produzione di energia elettrica di 250W. Costituito da quattro moduli impilati uno sopra l’altro dentro a un contenitore montato su ruote per facilitarne il trasporto, rappresenta la più rilevante novità per la produzione di energia fuori rete che i ricercatori dell’Istituto Fraunhofer per i sistemi a energia solare (ISE) di Friburgo hanno recentemente presentato alla Fiera di Hannover svoltasi nello scorso mese di aprile.
Il cuore del sistema consiste in una cella a combustibile commerciale (prodotta da Schunk) di tipo PEM, ossia con una membrana polimerica a scambio protonico, con una produzione di energia elettrica di 300W.
Continua qui: http://www.scienzaegoverno.org/n/061/061_01.htm
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La Class Action e’ diventata legge bluff. Prima o poi (la prossima scadenza e’ per il primo luglio) l’azione collettiva entrera’ nell’ordinamento giudiziario italiano.
E’ stata approvata in Senato ma si tratta di una vera e propria legge beffa.
Non c’e’ la retroattivita’, quindi non si potranno intentare class action contro la Parmalat, la Cirio e le banche dei bond argentini.
Non e’ previsto nessun ruolo per le associazioni dei consumatori, come invece avviene nel resto d’Europa, e chi vuole far parte di un’azione collettiva deve presentarsi singolarmente, col rischio, quasi certo, di intasare tribunali e segreterie, sbagliare le procedure e creare confusione, come spiegano Carlo Pileri, presidente dell’Adoc e Paolo Landi, presidente di Adiconsum.
Inoltre il testo approvato, che ora torna alla Camera, prevede che tutti i richiedenti, ma che si presentano singolarmente, debbano avere “identici interessi”, chiedere lo stesso risarcimento danni e avere almeno una coppia di gemelli omozigoti in comune.
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15.5.09
Estrazioni minerarie (manganese, rame, nichel, cobalto, zinco, ferro o
di piombo) e petrolio, ricerca scientifica: il fondo del mare è fonte di
materie prime. E allora gli Stati costieri rivendicano diritti per
miglia nautiche come zone esclusive e sovrane.
Il conflitto per accaparrarsi fette di mare è particolarmente acuto
nell’ Artico, perchè il ghiaccio si scioglie e le risorse rimangono
disponibili.
Geologi, geofisici e cartografi si riuniscono per stabilire confini.
Il fondo del mare è considerato, ai sensi della Convenzione di Montego
Bay, un “bene comune dell’umanità”.
E sul mare che accade?
Si “varano” prigioni galleggianti.
I fondali marini, oggetto del desiderio: gli Stati di tutto il mondo si
stanno affrettando a consegnare le domande di estensione dei limiti
della piattaforma continentale, che devono essere depositate entro oggi,
secondo la convenzione di Montego Bay.
http://www.lemonde.fr/planete/article/2009/05/12/les-fonds-marins-objet-de-convoitise-pour-les-etats_1191965_3244.html
Il governo «vara» le prigioni galleggianti
Non saranno le navi-prigione di vittoriana memoria che salpavano dai
porti britannici alla volta dell’Australia con quell’infernale carico di
galeotti che Charles Dickens immortalò nel romanzo «Grandi speranze». Le
carceri galleggianti che potremmo vedere ancorate nelle acque antistanti
Genova, Livorno o in uno degli innumerevoli e non meglio precisati porti
della nostra Penisola saranno piattaforme simili a quelle inaugurate
nell’89 a New York, lungo il fiume Hudson, o sulla falsariga dei centri
di detenzione che l’Olanda ha destinato agli immigrati, oppure simili
alla ‘Weare’, imbarcazione fluviale con 400 detenuti che dal 1997 al
2005 rimase ormeggiata a Portland, nel sud-ovest dell’Inghilterra.
L’idea di far ricorso anche in Italia a questa e ad altre soluzioni per
risolvere l’emergenza sovraffollamento è del capo del Dipartimento
dell’amministrazione penitenziaria, Franco Ionta, designato dal governo
commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria con l’obiettivo
di dare ossigeno alle 206 carceri che stanno letteralmente esplodendo: i
detenuti sono arrivati a 62.473 contro un limite regolamentare di 43.201
e una tollerabilità di 63.702. Troppi.
Soprattutto in tempi di ‘tolleranza zero’ che non lasciano spiragli ad
alcuna ipotesi di nuovi indulti o amnistie. Da pochi giorni Ionta ha
messo nero su bianco – in un piano di 19 pagine anticipato dall’Ansa –
dove, come e quando costruire 22 nuove carceri (di cui 9 già finanziate)
e 46 padiglioni in quelle vecchie, così da arrivare a creare, entro
dicembre 2012, 17.129 posti letto in più (di cui 4.605 nel giro di un
paio di anni) per un costo totale di 1 miliardo e 590 milioni di euro,
di cui però 980milioni di euro ancora da individuare.
«Abbiamo trovato 500 milioni di euro, vorremmo procedere con il project
financing facendo intervenire i privati», ha detto il premier Silvio
Berlusconi facendo riferimento al piano. Nell’elenco dettagliato delle
città di 17 regioni in cui sorgeranno padiglioni e carceri non ci sono i
porti dove ormeggiare gli eventuali penitenziari galleggianti.
Quest’ipotesi – che ora valuterà il ministro Alfano – è in un passaggio
della relazione in cui Ionta indica la possibilità, in futuro, di un
«nuovo modello di custodia per i soggetti di minore pericolosità». Si
tratta delle cosiddette ‘carceri leggere’, «soluzioni alternative» a
quelle fino ad ora adottate, da realizzarsi attraverso «strutture
modulari» (più economiche nella manutenzione-gestione oltre che più
rapide da costruire) nonché attraverso «la previsione di strutture
penitenziarie ‘galleggianti».
Ma le priorità del piano Ionta sono due: ampliare 46 vecchie carceri con
altrettanti padiglioni da circa 200 posti l’uno cercando di «evitare di
sacrificare il più possibile» spazi verdi o ricreativi per i detenuti;
costruire nuovi penitenziari nelle aree dove maggiore è il flusso degli
arrestati (per questo sono previsti carceri da mille posti ciascuno a
Milano, Roma, Napoli e Catania). Per trovare i fondi che scarseggiano
Alfano ha intenzione di aprire ai privati, anche attraverso lo strumento
della permuta (le vecchie carceri nel centro delle città vengano
trasformate in alberghi o in store-center dai privati che, in cambio,
costruiscono nuovi penitenziari in periferia) o con il ‘project
financing’ . Per questo il Guardasigilli ha incontrato in serata il
presidente di Confindustria Emma Marcegaglia assieme al presidente
dell’Associazione dei Costruttori Paolo Buzzetti e ai tecnici del
ministero delle Infrastrutture. A bollare il piano sono Antigone («i
tassi d’ingresso sono ormai di mille unità al mese, per cui entro sei
mesi servirebbero 30 mila nuovi posti letto», dice Patrizio Gonnella), e
il sindacato penitenziario Osapp («le navi prigione indicano che ci
troviamo in un mare di guai»).
(Unita.it)
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Terremoto.
La questione riguardante il consumo dei pasti fuori la Tende-mensa è degenerata.
Vista la protesta montante, le autorità hanno deciso che chi non vuole (in realtà non può, fisicamente) consumare i pasti nel luogo prestabilito, deve darne notizia.
Sarà destinato presso strutture adatte, chissà dove!!!
QUESTO SIGNIFICA GHETTIZZARE AMMALATI E ANZIANI.
Non solo stiamo subendo qualcosa che è terribile: abbiamo perso affetti, luoghi della memoria… vogliono portarci via anche le persone più deboli. E non c’è nulla da fare perché l’Ordinanza è dettata da ragioni sanitarie di Ordine superiore.
Non era sufficiente fornire quattro scodelle in alluminio, o meglio, in vetro sterilizzato da loro (in questo modo si sarebbe ridotti anche i rifiuti)?
E’ un atto coercitivo inaccettabile contro il quale non ci sono vie d’uscita, almeno per ora. I tre anziani che vivono con me li porteremo a fatica in mensa e cercheremo di accudirli al meglio cercando di non far avvertire loro troppa sofferenza.
Qui, nel senso delle zone del terremoto, si cominciano ad avvertire i segni della fine della solidarietà in nome della…SCHIFEZZA.
Mirrors, arrabbiatissimo.
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19.5.09
Il piano sanitario dell’amministrazione Obama riecheggia la politica nazista delle “bocche inutili”
Il Presidente Obama, sotto l’influsso del consigliere economico alla Casa Bianca Larry Summers ed il direttore dell’ufficio del Bilancio Peter Orszag, è intenzionato a tagliare drasticamente la spesa sanitaria e previdenziale in tutti gli Stati Uniti. Peter Orszag sostiene che verrebbero spesi 700 miliardi di dollari (altri dicono 2000 miliardi) per l’assistenza sanitaria senza alcun “risultato effettivo” e propone la mannaia anche per la previdenza sociale (le pensioni) e per Medicare (l’assistenza sanitaria per gli anziani). All’insegna della riduzione delle spese, del rapporto “costo-benefici” e dell’”eliminare gli sprechi” le misure previste negano cure vitali agli infermi e mettono fine ai trattamenti ad alta tecnologia.
Si tratta di sanità nazista, ha accusato Lyndon LaRouche, e deve essere fermata immediatamente. “Non è un cavillo, non è una questione di interpretazione. E’ una copia diretta della filosofia dei nazisti, ed è esplicita. Si tratta di genocidio di massa”. E mentre i consiglieri economici di Obama si lamentano delle “spese esorbitanti” per salvare la vita dei normali cittadini americani, spendono trilioni di dollari dei contribuenti per salvare i mercati finanziari.
Secondo LaRouche, il vero obiettivo della mannaia dovrebbe essere invece l’Health Maintenance System (HMO), ovvero il sistema di assicurazione sanitaria privata ideato solo ed unicamente per fare soldi. Una volta abrogato il sistema HMO “si potrà procedere con altri programmi per ricostruire l’assistenza sanitaria negli Stati Uniti, ma non prima… E questo eliminerà il principale fattore di spreco nel sistema sanitario”.
Infatti, stando a svariati studi, inclusi quelli di enti governativi quali il GAO (Government Accountability Office) e del New England Journal of Medicine, dal 30 al 50% delle spese delle casse private che aderiscono all’HMO sono puramente amministrative (costi di esercizio, marketing, ricerche su come ridurre le spese) per non parlare degli stipendi esorbitanti dei dirigenti. Nel programma Medicare diretto dal governo invece i costi amministrativi sono solo del 2%.
Uno studio più recente dei Medici per un Programma Sanitario Nazionale giunge alla conclusione che i costi amministrativi delle HMO costituiscono il 31% dei fondi investiti. Si tratta di un’organizzazione che si sta mobilitando per eliminare tutte le casse HMO, tranne quelle “non profit” create da ambulatori medici di gruppo, e propone invece un sistema sanitario nazionale.
Per riassumere, i profitti delle HMO vengono dai tagli alle spese per il trattamento dei pazienti. Queste casse mutue, create sotto Nixon, sono l’equivalente sanitario della Enron nel settore energetico, ovvero un veicolo che inserisce un intermediario finanziario tra medico e paziente, aumentando le spese e riducendo al contempo la qualità dell’assistenza sanitaria. Il controllo sulla sanità pubblica viene tolto ai medici e passa ai cartelli finanziari.
Non sorprende che tra i principali proprietari istituzionali delle HMO ci siano almeno sei grosse banche, le stesse appena rifinanziate dal governo coi pacchetti di salvataggio (Bank of America, Bank of New York Mellon, Goldman Sachs, J.P. Morgan Chase, Morgan Stanley e State Street).
Lyndon LaRouche è irremovibile: bisogna mettere fine al sistema delle HMO e il governo deve tornare ad una politica di sistematica costruzione di infrastrutture mediche e di capacità di ricerca in tutto il paese, come quella che prevalse dalla fine della seconda guerra mondiale all’inizio degli anni Settanta (col sistema Hill-Burton). Questo include anche mettere fine al saccheggio da parte delle imprese farmaceutiche.
L’economia reale continua a toccare nuovi “fondi”
Benché il consigliere del Presidente Obama, Larry Summers, continui a sostenere che l’economia non è in “caduta libera”, i dati che gli giungono sulla scrivania parlano un differente linguaggio:
- Le vendite al dettaglio negli USA (che rappresentano il 70% del PIL) sono cadute dello 0,4% in aprile, dopo un calo del 1,3% a marzo, secondo i dati del Ministero del Commercio.
- Gli espropri registrati da Realtytrac hanno toccato il tasso massimo in aprile, con il 32% in più dell’aprile 2008. Una famiglia su 374 è vittima di esproprio e nessuno si aspetta che il tasso cali, dato l’aumento della disoccupazione.
- Le iscrizioni alle liste di disoccupazione hanno continuato ad aumentare nella prima settimana di maggio, mentre si aspetta un’ondata di licenziamenti di massa nel settore dell’auto. Gli stessi funzionari dell’ufficio statistiche del governo ammettono che la “disoccupazione vera” (compresi coloro che non si iscrivono più alle liste e i lavoratori part-time) ha raggiunto il 15.8%. Fonti di Washington parlano di rapporti interni all’amministrazione che prevedono una disoccupazione ufficiale al 13% per la fine dell’anno, il che significherebbe, in termini reali, del 25%.
- Il commercio mondiale continua a stagnare. Oltre 700 grandi navi cargo (per un totale di oltre 41 milioni di tonnellate, quasi il 4% della flotta mondiale) galleggiano vuote al largo di Singapore. Ce ne sono 150 al largo di Gibilterra e 300 a Rotterdam.
- In Cina, il commercio estero è calato per il sesto mese consecutivo. In aprile, il crollo delle esportazioni è stato più marcato che in marzo, con -22,6% rispetto a -17%. Le importazioni sono scese del 23%, anche se quelle di petrolio sono aumentate del 13,6%. Quest’ultime, tuttavia, erano crollate nei primi tre mesi dell’anno. Il ministro del Commercio Chen Deming ha affermato che “l’impatto che sta subendo la Cina è superiore a quello della crisi finanziaria di dieci anni fa”.
- Nell’Eurozona, la produzione industriale è caduta in media del 20,2% in marzo rispetto allo stesso mese del 2008. Le nuove cifre dell’auto mostrano il dodicesimo mese consecutivo in rosso. Il dato generale di -12,3% di aprile potrebbe essere peggio se non fosse per le vendite in Germania e Austria, dovute agli incentivi alla rottamazione. Le cifre di aprile seguono il -9% di marzo e il -27% di gennaio.
La produzione di acciaio in marzo è scesa del 23% a livello mondiale, ma del 45,3% nell’Eurozona. Il picco si è avuto in Germania col 50%, mentre in Italia è scesa “solo” del 42,7%.
Il crollo della produzione e delle entrate fiscali mette i paesi membri dell’EU nella impossibilità di rispettare i parametri sul debito e sul deficit. Così, la Germania registrerà un deficit di 50 miliardi quest’anno e di 90 l’anno prossimo, ma questa è una proiezione lineare, destinata ad essere corretta al rialzo nel caso di un peggioramento della depressione. Lo stesso dicasi per le proiezioni di Bankitalia sul debito pubblico italiano, previsto raggiungere il 120% tra venti mesi.
I parametri di Maastricht sono stati applicati con rigidità draconiana quando si trattava di spendere per gli investimenti, ma sono stati bellamente ignorati quando si trattava di finanziare i salvataggi bancari. E’ definitivamente giunto il momento di abrogarli e passare ad un bilancio per gli investimenti.
Convention europea del movimento di LaRouche a Francoforte
Il Movimento Internazionale per i Diritti Civili-Solidarietà tedesco (BueSo) ha inaugurato la campagna per le elezioni europee il 17 maggio a Francoforte, con una manifestazione presieduta da Helga Zepp-LaRouche e con Jacques Cheminade (Francia), Ulf Sandmark (Svezia), Tom Gillesberg (Danimarca) e Claudio Celani (Italia) come ospiti internazionali.
Helga Zepp-LaRouche ha ricordato che suo marito Lyndon ha sistematicamente ammonito, fin dalla fine del vecchio sistema di Bretton Woods nell’agosto 1971, che il sistema economico-finanziario globale, in assenza di una ristrutturazione fondamentale, era avviato verso un collasso. Ora, nella attuale crisi da collasso finale, l’umanità è minacciata dalla distruzione dell’economia reale e dall’iperinflazione e dallo spettro di una nuova epoca buia e di uno spopolamento massiccio, a meno che non spezziamo le catene del vecchio sistema e ricostruiamo l’economia globale, per permettere una vita dignitosa a tutti gli esseri umani.
La Presidenza USA, ha detto, deve essere liberata dalle ideologie neofasciste di consiglieri come Larry Summers e Peter Orszag (vedi sopra). Una volta riusciti in questo intento, con il movimento di LaRouche in prima linea nella battaglia, il Congresso può usare i suoi poteri costituzionali per emettere credito produttivo per l’industria e così formare il nucleo di un nuovo sistema economico mondiale.
Sia nel suo discorso che nella discussione che ha fatto seguito, il presidente del BueSo ha sottolineato il bisogno di costruire un movimento di ampia resistenza popolare, basato su un’immagine dell’uomo fondamentalmente opposta a quella dell’utilitarismo radicale che domina l’attuale sistema di costi-benefici e di globalizzazione. E’ richiesto niente meno che un Rinascimento culturale, che attinga all’eredità dei classici greci, dei rinascimenti italiano e andaluso, della Francia di Giovanna d’Arco e Luigi XI, dei classici tedeschi e del Sistema Americano, così come esso è rappresentato da Alexander Hamilton e Franklin D. Roosevelt.
Per quanto riguarda l’economia tedesca in particolare, Zepp-LaRouche ha chiesto di impedire che l’industria produttiva, la Mittelstand, venga distrutta. Alla fine della manifestazione, i delegati hanno votato il “Manifesto di Francoforte”, che sarà distribuito in massa nelle prossime tre settimane della campagna elettorale europea.
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Mario Benedetti, il poeta del popolo
Gennaro Carotenuto |
È morto a Montevideo Mario Benedetti, scrittore, giornalista, rivoluzionario, ma soprattutto poeta. Era il poeta del popolo, cantava l’amore e la Patria Grande, e chiamava per nome e cognome i nemici dell’America latina. Militante politico latinoamericanista, perseguitato ed esiliato in dittatura, coscienza critica del Novecento, cantore della dolcezza dell’amore. Il linguaggio, l’ironia, la sensibilità, la modestia, l’umanità lo facevano dei grandi poeti latinoamericani del XX secolo quello sicuramente più popolare. Così Don Mario Benedetti era soprattutto, cosa rara per la poesia, conosciuto ed amato da moltitudini, milioni di persone che da un capo all’altro del continente conoscono e recitano a memoria decine e decine dei suoi versi, “Tattica e Strategia”, “Non salvarti”, “Bruciare le navi”, “Facciamo un patto”, “Difesa dell’allegria” e cento altre. Ed erano moltitudini quelle che affollavano i suoi recital a migliaia da Città del Messico a Buenos Aires, da Santiago del Cile a Madrid fino ovviamente a Montevideo, la città che ha raccontato nei suoi romanzi, da “La Tregua” a “Grazie per il fuoco”, come nella sua poesia e con Madrid e L’Avana centri della sua vita di artista e intellettuale pienamente immerso nella causa popolare. |
Continua qui:
http://www.giannimina-latinoamerica.it/visualizzaNotizia.php?idnotizia=239
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Toh, gli americani pensano al tasso negativo… Ma va?
Domenico de Simone – 17 Maggio 2009
Gregory (Greg) Mankiw, professore di Economia ad Harvard e già consulente economico dell’ex Presidente Bush, con un articolo sul New York Times propone l’introduzione di una moneta a tasso negativo come la via per uscire dalla crisi della domanda. Negli USA, nonostante le massicce iniezioni di capitale nelle Banche, la domanda di prestiti non riparte e la domanda di beni è in continua discesa. Insomma, come era immaginabile, la crisi da finanziaria si sta trasferendo con effetti pesantissimi nell’economia reale. Per la verità non era solo immaginabile ma era previsto che accadesse, e tanti anni fa scrissi che la crisi del debito non si sarebbe potuta risolvere che con l’introduzione del tasso negativo.
Ed ora eccoci qui a discutere di questo argomento con uno che non è certo l’ultimo arrivato nel gotha dell’economia nel mondo, ed è con ogni probabilità ancora molto influente anche nel governo di Obama, nel quale i consiglieri economici sono praticamente gli stessi di quello precedente.
Greg Mankiw fa esplicito riferimento alle teorie di Gesell: per me che ne parlo da dieci anni, se permettete è una bella soddisfazione. Ma anche un pizzico di amarezza perché se qualcuno avesse preso sul serio questa ipotesi prima dell’esplosione della crisi finanziaria adesso non staremmo a questo punto. Ma occorreva pensare all’economia come una disciplina per tutelare gli interessi e la vita della gente e non gli interessi e la vita del capitale finanziario.
Naturalmente Mankiw si muove in una logica di potere, ed anche questo l’avevo previsto: il tasso negativo, senza un criterio di distribuzione equo come il Reddito di Cittadinanza e senza una funzionalità fuori dal contesto di potere, che comporta l’emissione di moneta sugli investimenti ed una durata non a breve delle emissioni monetarie, può diventare un problema. Certo, in ogni caso la macchina si rimetterebbe in moto certi effetti perversi della creazione monetaria sarebbero, almeno per alcuni aspetti, depotenziati.
Per capirne qualcosa di più, perché questa è una questione che riguarda tutti noi, vi invito a leggere Un’altra moneta e gli articoli correlati a questo libro.
Continua qui:
http://domenicods.wordpress.com/2009/05/17/toh-gli-americani-pensano-al-tasso-negativo-ma-va/
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(ASCA) – Roma, 19 mag – Risale a 47 milioni di anni fa, assomiglia ad un lemure e gli scienziati ritengono possa essere il cosidetto ”anello mancante” fra uomini e scimmie. Il fossile, soprannominato ”Ida”, e’ stato per la prima volta mostrato al pubblico presso il Museo di Storia Naturale di New York. L’animale, il cui scheletro si e’ conservato talmente bene da consentire di intravedere alcune tracce della sua pelliccia e del suo ultimo pasto, e’ stato ritrovato negli anni Ottanta negli scavi di Messel, in Germania. Lo studio sul reperto – come informa sul suo sito online la Bbc, che pubblica anche un video – e’ stato condotto dal professor Jorn Hurum del Museo di Storia Naturale di Oslo, in Norvegia, il quale ha definito il fossile ”la cosa piu’ vicina che abbiamo avuto ad un antenato diretto”, un ”sogno divenuto realta”’. L’animale, una femmina, e’ vissuto nell’Eocene, un’epoca del periodo Paleogene che va dai 55 ai 34 milioni di anni fa circa e gli scienziati lo hanno battezzato ”Darwinius masillae”, in omaggio a Charles Darwin. Fra le caratteristiche che lo rendevano simile ai primati piu’ evoluti, il pollice opponibile, la mano prensile e le unghie al posto degli artigli.
http://it.notizie.yahoo.com/19/20090519/twl-scienza-in-mostra-a-new-york-fossile-b689c2c.html
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Dalle rinnovabili 100 miliardi e 240mila occupati al 2020
8 MILIARDI L’ANNO. L’investimento in energie rinnovabili, stimolato dal pacchetto Ue Clima e energia, raggiunge per l’Italia un valore di 100 miliardi di euro nei prossimi 12 anni, con una media di oltre 8 miliardi all’anno. Per un potenziale occupazionale che potrebbe raggiungere 250.000 posti di lavoro nel 2020. Esordisce così lo studio dello Iefe (Centre for research on energy and environmental economics and policy) dell’università Bocconi, su ‘Prospettive di sviluppo delle tecnologie rinnovabili per la produzione di energia elettrica’ , rivolto al Gestore dei servizi elettrici (Gse) e presentato a Roma. La capacità della nostra industria, rileva lo studio, di rispondere alla sfida tecnologica, di ricerca e sviluppo, di innovazione, oltre che alla cooperazione tra pubblico e privato, potrà configurare tre diverse prospettive in base allo “sfruttamento delle opportunità” fornite dalle rinnovabili per i prossimi 12 anni.
Continua qui:
http://www.lanuovaecologia.it/view.php?id=10974&contenuto=Notizia
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Il bruco, la farfalla e le morti bianche
Paolo Ramazzotti – 23 Maggio 2009
Professore associato di politica economica, Università di Macerata.
Le riflessioni nel dibattito che si aperto a partire dall’articolo di Cristiano Antonelli[1] offrono vari spunti, di ordine sia economico che politico e politologico. Mi limiterò, in quanto segue, ad alcune osservazioni volte ad evitare che l’attenzione alla realizzabilità degli obiettivi porti a sottovalutare come procedere per l’individuazione degli stessi.
Il lavoro di Antonelli è avvincente. Con una chiarezza e una capacità di sintesi notevole prospetta una possibilità di legare insieme politica progressista (di sinistra) e politica progressiva (di sviluppo). A ben vedere, però, né l’un concetto né l’altro sono chiari. Del secondo – pur intendendo sviluppo nei termini restrittivi di mutamento della struttura produttiva più crescita – non è chiara l’immagine proposta di un processo deterministico, ancorché non lineare, riconducibile al solo mutamento tecnologico. La perplessità non può che aumentare quando si riconosca l’importanza di studiare questo tipo di fenomeno seguendo l’approccio della complessità. Il primo concetto, invece – quello di una politica progressista – sembra ridursi al secondo: sarebbe di sinistra chi favorisce l’evoluzione del sistema economico anziché bloccarlo nel tentativo di conservare gli interessi costituiti propri o della propria base sociale. Si potrebbe integrare questa definizione di progressista aggiungendo che chi è di sinistra tenta di contenere i costi sociali che la politica progressiva produce sulle fascie più deboli della società. Non viene spiegato, tuttavia, come l’intervento sociale andrebbe collegato alla politica strettamente progressiva.
Continua qui: http://www.economiaepolitica.it/index.php/mercati-competizione-e-monopoli/il-bruco-la-farfalla-e-le-morti-bianche/
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Tratto da http://www.movisol.org
I medici tedeschi denunciano il declino del sistema sanitario
Il presidente dell’associazione Medica Tedesca, Joerg-Dietrich Hoppe, ha pronunciato parole dure sulla politica di tagli alla spesa sanitaria del governo Merkel, sia nel suo discorso di apertura al Congresso annuale dei Medici Indipendenti a Mainz, il 19 maggio, che in un’intervista concessa ad Helga Zepp-LaRouche, presidente del Movimento Solidarietà tedesco (BueSo) due giorni dopo. A Mainz ha sottolineato che “noi medici in Germania siamo contrari al razionamento, ai tagli ai servizi sanitari, e non vogliamo che ricada su di noi la colpa delle mancate forniture ai medici ed agli ospedali decise dallo stato”. Il sistema sanitario tedesco, ha aggiunto, rischia il collasso per la mancanza di fondi, che ha motivato gli scioperi nazionali e le proteste dei medici indipendenti in tutta la Germania.
Il Movimento Solidarietà tedesco ha messo la questione sanitaria al centro del suo manifesto per le europee del 7 giugno, distribuendo un volantino al congresso medico a Mainz, in cui denuncia il fatto che si rifinanzino le banche in bancarotta responsabili del crac finanziario, mentre si taglia la spesa sanitaria e sociale. Helga Zepp-LaRouche, che ha partecipato al congresso medico, ha rilasciato una dichiarazione il 22 maggio in cui chiede agli elettori di porre fine a questo incubo e di votare per politici impegnati a ricostruire il sistema sanitario pubblico. Invita inoltre i cittadini tedeschi ad opporsi ai tentativi di imporre l’eutanasia per “ridurre i costi” e di non scimmiottare la linea del ministro della Sanità Ulla Schmidt che dà la colpa ai medici per le carenze sanitarie.
A causa dei tagli al bilancio sanitario attuati dai governi tedeschi dal 1992, sono stati eliminati 100.000 posti di lavoro negli ospedali, i letti d’ospedale sono passati da 665.000 a 510.000 ed il rapporto letti per 1000 cittadini è passato da 8,3 a 6,2. Il sistema sanitario è stato sostituito da un sistema a tre corsie, in cui i pazienti assicurati privatamente godono di ottimi servizi sanitari, mentre la maggioranza dei cittadini con l’assistenza pubblica devono accettare riduzioni o pagare di più, mentre i disoccupati o cassaintegrati godono solo di cure minime, e questo riduce la loro aspettativa di vita. Nel frattempo gli squali finanziari divorano tutto quello che c’è rimasto di profittevole tra le macerie del sistema sanitario. Emergono catene di cliniche private come la Rhoen Clinics, Asklepios, Helios e Sana, i cui manager non hanno alcuna esperienza medica. Questa minaccia è stata denunciata chiaramente dal congresso di Mainz in un intervento del Dott. Martin Graduszus, presidente della Camera Federale dei Medici.
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Consociativismo Europa, con chi hanno votato i vostri eurodeputati?
di Gennaro Carotenuto, 27.05.2009
Al parlamento europeo di Strasburgo il consociativismo è la norma. Lo rivela uno studio importante della ONG VoteWatch che incrocia i dati di tutte le votazioni della legislatura 2004-2009 e svela come si compongono le maggioranze quasi sempre molto ampie di qualunque cosa si tratti.
Pensate che in Italia (o in Spagna, o dovunque voi votiate nella UE) sia fondamentale esprimere il vostro voto per dirimere la contesa tra centro-destra e centro-sinistra, ovvero tra Partito Popolare Europeo e Partito Socialista Europeo? Ebbene per gli eurodeputati che vi chiedono il voto questo è un falso problema.
Continua qui:
http://www.gennarocarotenuto.it/8139-consociativismo-europa/
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Facebook se la fa con i russi
L’arrivo in porto di questo affare ha permesso di aggiornare la valutazione dell’azienda, che si attesta ora a 10 miliardi di dollari. Si tratta una cifra inferiore di quasi un terzo rispetto a quanto stimato nel 2007 in seguito alla partnership commerciale istituita con Microsoft: all’epoca il valore dell’apparato Facebook era dato a 15 miliardi di dollari. Zuckerberg nel corso di una conferenza stampa non si è dimostrato troppo preoccupato del calo: “Pensiamo che questa sia un valutazione corretta poiché quando firmammo con Microsoft il mercato era all’apice della sua forza”.
Continua qui:
http://punto-informatico.it/2632889/PI/News/facebook-se-fa-russi.aspx
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Il Manifesto, 18.05.2009
Michel Bauwens: “L’avvenire è peer-to-peer”
La collaborazione tra pari esce dalla rete per ricreare la realtà e si impone come nuovo paradigma produttivo. Parola di un filosofo convinto che la partecipazione sta al capitalismo odierno come il welfare a quello del ‘900.
Molti sono alla ricerca di un nuovo paradigma economico e sociale che prenda il sopravvento nel 21mo secolo e superi il capitalismo. Michel Bauwens, filosofo belga, lo ha individuato nel peer to peer (p2p). E non parliamo solo di sistemi per scambiarsi file su internet attraverso protocolli che sfruttano risorse condivise, ma di un modo di produzione non gerarchico, decentrato, da pari a pari, che esca dalla rete e contamini tutta la società, come negli esempi proposti in queste pagine. Bauwens, che insegna alla Dhurakij Pundit University di Bangkok, con la P2P Foundation si occupa di raccogliere e sistematizzare tutte le esperienze di cooperazione libera, orizzontale, dal basso, open source. In uno scorso Chips&Salsa lo avevamo definito «evangelista del peer to peer», oggi gli chiediamo di introdurci in questo nuovo paradigma di produzione.
Continua qui:
http://www.visionpost.it/nexteconomy/michel-bauwens-lavvenire-e-peer-to-peer.htm
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Per un’archeologia della formazione
Vale la pena affrontare in maniera archeologica, cioè ricostruendone la genealogia, i rapporti tra saperi e poteri nelle scuole e nell’Università, coinvolte nei generali processi di trasformazione del sapere vivo secondo la legge del mercato.
L’eccedenza della protesta studentesca, del mondo della formazione superiore e dell’istruzione di ogni ordine e grado, che ha dato vita all’Onda nello scorso anno e oggi si ripresenta con nuova verve e nuove potenzialità, malgrado l’omicidio di Alexis ad Atene e l’ennesima criminalizzazione al G8 di Torino, testimonia il passaggio dall’espressione di un “malessere diffuso” alla costruzione di soggettività intellettuale, culturale e politica.
Questa emergenza ha radici profonde ormai almeno un trentennio, cioè da quando in Europa, echeggiando gli USA, le istituzioni del sapere e della formazione, compresi centri di ricerca e di eccellenza, hanno subito una torsione in senso neoliberista, torsione che nei vari cicli dell’ideologia disastrosa dei Chicago Boys e dei teocons, ha rivoluzionato in senso privatistico il “mondo” dell’istruzione superiore.
Ciò che emerge a partire almeno dalla metà degli anni Settanta dello scorso XX secolo, e che si è affermata negli anni Ottanta in tutto il suo potere dirompente, è una rottura dell’ordine costituito del discorso scolastico e accademico, imperniato sulle prestazioni welfariste del settore pubblico statale. A differenza di ciò che fino a qualche anno fa si pensava anche nei milieu accademici più avanzati sul piano dell’analisi sociologica dei sistemi della formazione, la svolta liberista di scuola e Università è consistita in una ribellione generalizzata all’istruzione di massa obbligatoria, che ad esempio in Italia ha prodotto dopo il 1968 la riforma delle elementari, la scuola media unica e successivamente i “decreti delegati” nella scuola superiore e i piani di studio liberi nelle Università.
A fronte di quest’assetto dell’istruzione pubblica, la differenza tra Europa e Italia consisteva nel fatto che mentre nei paesi in cui il welfare è stato tradizionalmente più forte ed esteso l’istruzione media e superiore ha beneficiato di vincoli universalistici, mentre in Italia, ove lo stato sociale era limitato agli occupati a tempo indeterminato, le difficoltà di realizzazione della scuola di massa, sono nel corso degli anni divenute sempre maggiori.
Continua qui: http://www.sofiaroney.org/archeologia_formazione.html
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[RK] UN ESPERIMENTO SCIENTIFICO
Quando qualcuno mi chiede qual è l’argomento del mio lavoro di ricerca
ho qualche difficoltà nel rispondere. Da trentacinque anni mi occupo
di movimenti sociali e comunicazione. Ho fatto qualche esperienza nel
campo della radio della televisione e della rete, ho letto molto e ho
scritto qualcosa su questo argomento, e ho fatto innumerevoli
conferenze nelle università di tutto il mondo. Però non direi che sono
un esperto, perché la cosa essenziale non la so. La finalità
essenziale della mia ricerca infatti è rispondere a una domanda: è
possibile una riattivazione del cervello collettivo in condizioni di
ciber-totalitarismo? E’ possibile la libertà di pensiero in
condizioni di saturazione mediatica del tempo di attenzione? E a
questa domanda, per il momento, non so come rispondere.
E’ una domanda complessa: le due espressioni che uso (“cervello
collettivo” e “totalitarismo mediatico”) attraversano diversi piani
concettuali: dalla sociologia della comunicazione all’estetica, dalla
neurofisiologia, all’antropologia alla politica.
Esiste davvero un cervello collettivo? Naturalmente no. Esiste la
sincronia di innumerevoli proiezioni immaginative. Esiste il punto di
intersezione di infinite derive psicodinamiche individuali. Esiste la
cooperazione produttiva di innumerevoli agenti cognitivi produttori di
segni che entrano nell’infosfera e innervano lo spazio sociale.
Con la metafora del cervello collettivo dunque intendo gli effetti
comuni sul piano produttivo, psichico e semiotico dell’attività
cognitiva della società.
E d’altra parte esiste davvero un ciber-totalitarismo? Anche questa è
un’espressione metaforica, se volete. Posso dirlo diversamente: lo
spazio della comunicazione sociale è sempre più occupato da flussi
mediatici, farmacologici, biotecnici finalizzati al controllo sul
comportamento mentale della massa dei produttori consumatori. Questa
occupazione, che tende a saturare il tempo di attenzione lo chiamo
ciber-totalitarismo.
Quest’espressione mi pare particolarmente adeguata alla situazione
italiana, perché in questo paese trent’anni di ininterrotta emulsione
televisiva hanno ridotto il cervello sociale una poltiglia informe che
reagisce agli stimoli dell’ambiente infosferico in maniera sempre più
automatica, conformista, talvolta aggressiva. La qualità del discorso
pubblico lo testimonia, ma ancor più lo testimonia l’epidemia
panico-depressiva che prelude probabilmente all’esplosione
nazi-psicotico o all’implosione suicidaria.
Torniamo alla domanda: quando l’ambiente infosferico è saturato da
flussi di segni che producono dipendenza può il cervello collettivo,
lungamente emulsionato da una sorta di veleno psico-mediatico
recuperare la sua lucidità, ricostruire i circuiti dell’empatia,
risvegliarsi, ricomporre la sua creatività? Insomma è possibile
autonomia entro le condizioni del neuro-comando?
Guardate, il problema politico del nostro tempo trova in queste
domande la sua chiave di volta, il suo alfa e il suo omega.
Ma io come faccio a rispondere?
Negli ultimi trent’anni ho partecipato a un movimento che si definisce
mediattivismo. A/traverso radio libere, televisioni pirata,
controinformazioni o azioni di detournamento semiotico, attraverso la
net culture e l’indymedia, questo movimento ha tentato la
riattivazione del cervello collettivo, della sua immaginazione e
capacità di giudizio.
C’è riuscito in taluni sporadici momenti, quando il senso comune è
parso tutt’a un tratto rovesciarci, come nei giorni di Seattle ’99 o
il 15 febbraio del 2003 NOWAR.
Ma non è mai riuscito a costruire uno spazio stabilmente maggioritario
di autonoma immaginazione sociale. La tendenza predominante resta
dominata dalla privatizzazione dell’esistenza in tutti i suoi aspetti,
e dalla dipendenza mediatica dell’attenzione della memoria e
dell’immaginazione.
Se si potesse compiere un’analisi quantitativa dei flussi che
investono ed irrorano l’Infosfera credo che le conclusioni sarebbero
sconsolanti. Il tempo di attenzione della mente sociale è
incredibilmente saturato da flussi di avvelenamento: disinformazione,
falsificazione, pubblicità, infantilizzazione, aggressività, razzismo,
manipolazione, ma soprattutto bombardamento neurale ininterrotto. In
questa l’emulsione il cervello collettivo si trova immerso. Ci
risveglia una frase pubblicitaria della radio, andiamo a prendere
l’autobus e ci vengono consegnati gratuitamente Metro e City, giornali
finti e veri contenitori pubblicitari il cui ruolo è quello di offrire
una semplificazione falsificata della realtà a lettori disattenti ma
permeabili. In stazione mentre aspetti il treno decine di schermi ti
bombardano con spot sorridenti e ordini perentori di acquisto. Al
lavoro ogni individuo viene isolato dall’altro per evitare che possano
circolare le esperienze reali di sofferenza. Ciascuno deve pensare di
essere l’unico a soffrire, l’unico a sentirsi schiacciato. Non sei che
uno sfigato, gli altri sono tutti più allegri di te come dimostra la
pubblicità. Quando ritorni iscatolato e solo nella tua auto, e fai
un’ora di coda sulla tangenziale il tuo cervello riceve lo stimolo di
cartelloni pubblicitari che ti invitano ad acquistare un’auto più
veloce. Infine arrivi a casa e stramazzi sulla poltrona per le quattro
ore di televisione quotidiana.
Come si può pensare che esista un margine di libertà per il pensiero,
come si può sperare che qualcosa cambi se non oggi domani? Ognuno è
solo, eppure il nostro cervello è affollatissimo di maschere
sghignazzanti urlanti o aggressive. Dovrei dunque concluderne che il
ciclo dell’evoluzione della razza umana si conclude qui, con la
generazione di mostri semi-coscienti appena capaci di eseguire
programmi il cui significato e la cui finalità sfuggono? Non posso,
semplicemente perché non ho ancora compiuto un esperimento di verifica
finale. Falsificazione, la chiama Karl Popper: per quanto una teoria
sia provata da innumerevoli fatti, non possiamo mai raggiungere la
certezza della sua validità, e un solo fatto in contrasto con la
teoria può dimostrare la sua falsità. Sono alla ricerca della prova
finale di una teoria (ancora tutta da costruire) sulla libertà (o
illibertà) dell’attività mentale in condizioni di saturazione
infosferica.
In questi giorni qualcosa si sta rompendo nel ciclo ciber-totalitario:
il collasso dell’economia globale produce una dissonanza cognitiva che
può diventare esplosiva. Certamente nei prossimi anni vivremo una
trasformazione traumatica delle forme di vita quotidiana. La caduta
dei consumi e della fiducia segnala il fatto che l’economia non è più
fulcro del desiderio collettivo. La depressione, disinvestimento
dell’energia dal circuito sociale sembra divenire una prospettiva
inevitabile. Forse in questa deriva diverrà inserire un flusso
semiotico (e politico) che modifichi la traiettoria della catastrofe
verso una percezione felice della decrescita. Ma come posso sapere che
un simile tentativo è realistico? Come posso sapere che non sto
tentando di sollevarmi da un fosso tirandomi per i capelli come fece
il Barone di Muchausen?
Ho dunque deciso di compiere un esperimento scientifico dal quale
ricaverò la mia verità finale (che sarà naturalmente soggetta ad
ulteriori verifiche ed eventuali smentite da parte di altri
ricercatori, più bravi di me o semplicemente più fortunati che nel
futuro potranno smentire le conclusioni cui io giungerò in un senso o
nell’altro). Il mio esperimento scientifico si chiama BOLOGNA CITTA’
LIBERA. Scelgo un luogo: la città di Bologna, e una scadenza, il 7
giugno 2009, giorno in cui si conosceranno i risultati delle elezioni
amministrative di quella città. Stabilisco dei criteri di verifica
quantificati in maniera precisa.
Il luogo è significativo. Bologna non è un villaggio sperduto, ma non
è neppure una grande metropoli. Gli elettori che costituiscono il
campione del mio esperimento sono all’incirca un quarto di un milione.
Inoltre questa città ha una tradizione di partecipazione culturale, se
pure un po’ in ribasso negli ultimi anni. Ha una università che un
tempo fu prestigiosa. Se in Italia esiste ancora un luogo in cui una
parte consistente della popolazione forma consapevolmente le sue
opinioni, dovrebbe essere Bologna. Le elezioni amministrative cadono
in un momento particolarmente significativo, per diverse ragioni.
Anzitutto perché la città ha subito negli ultimi cinque anni
l’aggressione congiunta del regime razzistoide berlusconiano che
impera sulla penisola e l’arrogante dispotismo di una mafia economica
denominata PD, rappresentata da un orrendo sindaco stalinistoide.
BOLOGNA CITTA’ LIBERA è nata dall’azione di coloro che si sono
ribellati a questa accoppiata di infamia, mentre la grande maggioranza
dei rappresentanti della sinistra, pur mugugnando, si è sempre
allineata ai contenuti liberisti e privatisti della dittatura
berlusconiana, sia allo stile stalinistoide del despota locale. Le
condizioni dunque sono tutte riunite per far nascere, in questo luogo
e in questo tempo una forma politica nuova. Se questo non accade, se
una percentuale consistente (la cui entità io stabilisco precisamente
secondo un criterio naturalmente soggettivo e discutibile, come sempre
sono i criteri di falsificazione che la scienza sociale stabilisce)
una percentuale consistente non aderisce alla proposta di contenuto e
di forma che BCL avanza, allora dovrò riconoscere che – almeno per
quanto mi riguarda, almeno nel tempo ormai breve che mi resta da
vivere, non ci sarà alcuna emergenza di autonomia sociale consapevole,
né alcuna forma di indipendenza del pensiero collettivo.
Questo è il senso dell’esperienza che sto vivendo da un anno, da
quando insieme a Valerio Monteventi e pochi altri compagni e compagne
che hanno resistito al conformismo, al clientelismo, all’aggressione
economica, abbiamo proposto di fare di Bologna un territorio di
autonomia dalla catastrofe sociale e culturale che il neoliberismo e
la media-dittatura hanno prodotto in Italia come e più che altrove. Un
esperimento scientifico che mi permetterà di cominciare un processo
politico e sociale adeguato alla complessità del nuovo secolo con
migliaia di altre persone, oppure mi permetterà di mettermi l’anima in
pace, attendere la morte in solitudine serena, e ringraziare iddio per
avermi concesso di vivere nei decenni dell’età mia nova l’ultimo
periodo in cui sul pianeta terra si manifestò una forma di vita che
poteva definirsi umana.
Franco Berardi
helsinki
2009-05-14
—
jaromil, (risposta a bifo di cui all’articolo sopra), su Rekombinat
re all,
grazie Bifo per questa ed altre missive: leggo con interesse e spero
rekombinant continui ad informarci su questo ed altri esperimenti.
On Sat, May 23, 2009 at 01:13:15PM +0200, franco berardi wrote:
> è possibile una riattivazione del cervello collettivo in condizioni
> di ciber-totalitarismo?
questa e’ una lettura ancora molto legata agli anni ’90 ed
un’entusiasmo per il pensiero di Pierre Levy ad oggi un po’ stagnante,
anche se confesso faccio uso anch’io di certi entusiasmi. tuttavia
occorre progredire nel discorso dato che a quest’ora possiamo dire che
l’intelligenza collettiva e’ (ri)nata, ma vive ancora una fase di poco
successiva alla lallazione: ci sono tanti altri interrogativi piu’
specifici da porsi sulle dinamiche del suo funzionamento “dentro e
tra” contesti diversi.
come ben dici quello italiano e’ il contesto occidentale del
totalitarismo mediatico e la sua integrita’ sara’ presto messa a dura
prova da quel che accade nel dopo-terremoto in Abruzzo, un potenziale
momento di svezzamento dell’intelligenza collettiva nostrana.
> Negli ultimi trent’anni ho partecipato a un movimento che si
> definisce mediattivismo. A/traverso radio libere, televisioni
> pirata, controinformazioni o azioni di detournamento semiotico,
> attraverso la net culture e l’indymedia, questo movimento ha tentato
> la riattivazione del cervello collettivo, della sua immaginazione e
> capacità di giudizio. C’è riuscito in taluni sporadici momenti,
> quando il senso comune è parso tutt’a un tratto rovesciarci, come
> nei giorni di Seattle ’99 o il 15 febbraio del 2003 NOWAR. Ma non è
> mai riuscito a costruire uno spazio stabilmente maggioritario di
> autonoma immaginazione sociale. La tendenza predominante resta
> dominata dalla privatizzazione dell’esistenza in tutti i suoi
> aspetti, e dalla dipendenza mediatica dell’attenzione della memoria
> e dell’immaginazione.
io credo che sia troppo presto per tirare le somme. si’ che ti sei
tenuto aggiornato sulle accelleratissime dinamiche contemporanee tra
tecnologia e societa’, ma cio’ ora sta portando anche la tua
percezione ad accellerarsi, alla ricerca inquieta di risposte
immediate, di un riscontro che in ogni caso io credo tardera’ a
venire, ma verra’.
non essere impaziente, o quantomeno non lasciare che l’impazienza
strangoli possibilita’ ancora aperte. la smaterializzazione dei mezzi
di produzione e distribuzione mediatica, la cui proprieta’ ha fin’ora
configurato una distribuzione verticale delle informazioni, portera’
alla fine del totalitarismo seguendo logiche prettamente economiche ed
in un certo senso “naturali” per il capitalismo, ma che ancora
progrediscono seguendo i tempi lunghi di un sistema piu’ antico.
intanto pensa: presto la carta non avra’ piu’ senso.
le meccaniche editoriali del giornalismo cambieranno profondamente.
neanche spegnendo internet questo cambiamento potra’ essere arrestato,
dato che viviamo gia’ immersi in una rete onnipresente i cui gangli
vitali sono molteplici oggetti di uso quotidiano e decentralizzato.
certo, un po’ come adesso rimarranno in vetta coloro che sanno
relazionarsi con il pensiero di massa, ma l’accessibilita’ agli
strumenti di potere e di uso comune (non piu’ sperimentale) giochera’
a favore della differenziazione (ripeto: non piu’ sperimentale!).
oggi diventa sempre piu’ possibile oltre che necessario far fronte al
preoccupante degrado culturale in Italia : e siamo in molti a voler
vedere il “pensiero critico” fuori dalla tomba nella quale si finge
morto (per paura o per pigrizia?), a voler rientrare in una tendenza
positiva dopo l’ultimo mezzo secolo che ha visto un uso capillare,
irresponsabile e distopico dei mass media, a pieno regime verso
l’Idiocrazia presente.
dobbiamo muoverci non solo con prototipi, ma con implementazioni
solide di piattaforme popolari ed accessibili affinche’ l’incombente
disgregazione del consenso massificato confluisca nella ricomposizione
organica della materia grigia collettiva, la cui corteccia sia
digitale, sostenibile, capillare, decentrata e ricombinabile da tutti.
questo ruolo non puo’ essere assunto dal sistema del consenso
massificato che, seppur abbiamo temuto invincibile nel riadattarsi ad
ogni situazione avversa, si configura oggi come un’antitesi monolitica
al progresso dei nuovi sistemi. un progresso lento, che ripeto ancora
segue tempi geologici ed ha davanti a se uno scenario da fall-out
culturale, ma che porta con se cambiamenti inesorabili.
auguro a te, Valerio e tutt* di ottenere almeno una soddisfazione
piena dal vostro esperimento che pero’, oltre a disturbarmi
trattandosi di ambito partitico, temo non arrivera’ lontano.
piuttosto che a cavalcarla, prepariamoci a riciclare lo spazio ed i
pezzi lasciati dalla ciclopica macchina mediatica del consenso che ci
sovrasta: la sua fine e’ vicina ed i sistemi a venire dovranno
necessariamente trarre vantaggio dall’entropia delle moltitudini
piuttosto che dalla loro uniformita’.
gli esperimenti in questa direzione sono gia’ tanti, ma mai fin’ora
hanno ambito a riempire gli enormi spazi lasciati vuoti dalla morte
del ciclope: del resto, essere giganti non significhera’ piu’ lanciar
tuoni e saette da un’antro che sovrasta il paese, ma popolare le sue
valli di mulini a vento.
ciao
—
Formazione della soggettività nelle società mediali.
Quello che segue è la trascrizione dell’intervento tenuto da Silvano Cacciari in un primo incontro seminariale organizzato in collaborazione con compagni e le compagne del Laboratorio Occupato Crash, sulla formazione delle soggettività in epoca mediale.
Questo primo ciclo di incontri sulla formazione delle soggettività, sopratutto di quelle politiche, nella società mediale non può che partire da una legge aurea, per quanto non scritta, che si impone nella politica contemporanea ed in particolar modo in quella neo-liberale. Tale legge enuncia il fatto che è un soggetto politico colui che costruisce media e che è un soggetto mediale colui che è in grado di fare politica.
C’è quindi un cerchio magico, in questo caso di tipo perverso, che passa attraverso un percorso continuo di intermediazione tra i ceti politici ed il management mediale, che compone la cifra e la forma della politica nelle società neo-liberali.
Questo fatto è il frutto di una profonda ristrutturazione del discorso pubblico, che ha attraversato tutte le società occidentali così come le conosciamo e che, paradossalmente, è sia una ricostruzione del discorso pubblico, ma è anche e sopratutto, un profondo processo di privatizzazione della politica. Questo accade, anche perché, i soggetti che sono egemoni all’interno di questo cerchio magico, che sostanzialmente governano questa forma della politica, sono ascrivibili o al management privato o al ceto politico che accumula ricchezza tramite le cariche pubbliche di cui è investito.
Quindi da questo punto di vista la ristrutturazione della sfera pubblica grazie all’egemonia mediale del neo – liberismo, è una ristrutturazione di grandi interessi privati nella gestione della comunicazione pubblica.
Allo stesso tempo è una ristrutturazione che lambisce tanto il versante politico quanto quello tecnologico, ovvero che riguarda la capacità di piegare a fini esclusivamente privati quel rapporto sociale inscritto nella comunicazione tecnologica. Le grandi multinazionali della comunicazione, data la loro natura di tipo aziendale, vengono guidate da management privati e condizionano, costruiscono ed elaborano linguaggi collettivi entrando in linea di negoziazione con i ceti politici nazionali.
Continua qui:
http://www.infoaut.org/articolo/formazione-della-soggettivita-nella-societa-mediale
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Intervista a Paul Connett
Non si deve salvare il mondo seriosamente ma divertendosi. Solo così la gente ci seguirà.
Dal blog di Beppe Grillo.
Anche qui: http://www.youtube.com/watch?v=BwfcxWVaKNI
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28 maggio 2009
Un brindisi
di Matteo Sepulveda
C’è un’abitudine, qui a casa mia (che sorge, parafrasando immeritatamente i combattenti sudamericani, in una località qualunque di Latino America): di conservare una bottiglia, di quelle buone, per festeggiare gli eventi che riconciliano con la sete di giustizia.
Proprio di recente, ne abbiamo “strangolata” una, io ed i compagni che, con me, partecipano alle sorti de IL BUIO dall’altra parte dell’Oceano.
L’abbiamo fatto dopo aver letto il comunicato delle FARC-EP, datato maggio 2009 ed emesso dalle Montanas del Putumayo, con il quale i combattenti rivoluzionari delle FARC-EP annunciano l’esecuzione di Julio Alexander Marean Ortiz, noto come Olvani, avvenuta il 3 maggio scorso proprio “sotto il naso dell’Esercito” che lo proteggeva.
Olvani era infatti stato “un attivo comandante guerrigliero molto conosciuto nella regione”. Ma “la sua mancanza di solidità ideologica e rivoluzionaria lo spinse a tradire la nobile causa popolare, e a passare nelle fila dell’Esercito paramilitare di Uribe Vélez”.
“Con grande rapidità apprese la tecnica di squartare con la motosega, di tagliare la testa e di aprire il ventre con il coltello, nonché di sfigurare con l’acido solforico il volto delle sue innocenti ed indifese vittime”.
Continua qui: http://www.ilbuio.org/index.php?articolo=9_072.txt
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Cina: in vigore dal 1° giugno la Food Safety Law
I recenti scandali legati alla melanina nel latte hanno spinto le autorità di Pechino ad inasprire la lotta alla contraffazione alimentare. Il 28 febbraio 2009 è stata approvata la Food Safety Law che entrerà in vigore l’1 giugno prossimo. L’autorizzazione all’uso di prodotti chimici e additivi è sensibilmente ridotta rispetto al passato.
La Cina è costretta a confrontarsi con l’atavica sproporzione tra la crescente domanda alimentare interna e le risorse naturali disponibili (l’ampliamento dei centri urbani riduce ogni anno le superfici coltivabili).
Il mercato alimentare cinese nel 2008 ha sviluppato un giro d’affari di 2.900.000 bilioni di yuan, contribuendo per il 6,8% al PIL del Paese.
Avv. Giampaolo Naronte
Continua qui:
http://www.newsmercati.com/Article?ida=3889&idl=2186&idi=1&idu=49647
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Trovato il corpo di Rosa Luxemburg
29.05.2009
Il cadavere di Rosa Luxemburg è stato scoperto nell’obitorio dell’ospedale Charité di Berlino.
Lo rivela Der Spiegel che cita il primario del reparto di medicina legale, Michael Tsokos. Una serie di elementi fanno pensare che si tratti proprio dei resti della fondatrice del partito comunista tedesco assassinata tra il 15 e il 16 gennaio 1919 mentre veniva trasferita in carcere. Il cadavere fu gettato in un canale, da cui furono successivamente ripescati dei resti identificati come quelli della Luxemburg e a cui fu data sepoltura.
Tsokos ha spiegato che il corpo – privo di testa, mani e piedi – è di una donna annegata che presenta fortissime somiglianze con la pasionaria del marxismo. L’età al momento del decesso è stimata tra i 40 e 50 anni, soffriva di artrosi e aveva una gamba più lunga dell’altra.Rosa Luxemburg aveva 47 anni quando fu assassinata e soffriva fin dalla nascita di una malformazione del femore che la rendeva leggermente claudicante.
Dopo l’assassinio il cadavere della Luxemburg fu gettato in un canale Landwehr di Berlino, da cui fu ripescato quattro mesi dopo.
Ma i resti che furono seppelliti il 13 giugno 1919 nel cimitero berlinese di Friedrichsfelde presentavano notevoli discordanze anatomiche rispetto alla rivoluzionaria comunista.
L’autopsia eseguita dopo il ritrovamento del cadavere non constatò alcuna menomazione al femore e nessuna differenza nella lunghezza delle gambe. Nella stessa autopsia non furono riscontrate le conseguenze dei colpi inferti con i calci dei fucili e un colpo di pistola alla nuca. Lo storico berlinese Joern Schuetrumpf ritiene incredibile che queste contraddizioni non siano mai state evidenziate.
Rosa Luxembourg fu selvaggiamente picchiata e poi finita con un colpo di pistola alla testa dai soldati della Garde-Kavallerie-Schuetzen Division.
Qui: http://www.aprileonline.info/notizia.php?id=12212
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