Il “profit sharing” all’italiana: aiuti alle imprese, tagli ai salari
Guglielmo Forges Davanzati – 28 Settembre 2009
Il Ministro Brunetta ha recentemente definito il progetto di partecipazione dei lavoratori agli utili d’impresa (o profit sharing) – proposto dal Ministro Tremonti – una “utopia possibile”. La definizione appare alquanto esagerata dal momento che esperienze di questo tipo sono già state realizzate, alcune sono già in atto, ed è difficile vedervi qualcosa di utopico. La proposta del Governo consiste nella detassazione del 10% a beneficio di quelle imprese che incentivino la partecipazione dei lavoratori agli obiettivi dell’impresa. Il salario verrebbe scisso in due componenti: una parte fissa e una variabile, quest’ultima in funzione dei profitti aziendali, così che il salario può aumentare – ferma restando la sua quota fissa – solo se i profitti aumentano. La ratio che ne è a fondamento consiste in questo: poiché si ritiene che, in regime di compartecipazione, il lavoratore sia maggiormente interessato alla performance dell’impresa, vi è da attendersi che sia più produttivo. Sul piano giuridico, la fonte di riferimento è la nuova versione dell’articolo 2349 del Codice civile, che dispone che si possa convertire parte degli utili in azioni, da assegnare ai dipendenti sulla base della loro adesione ai programmi aziendali di compartecipazione.
Va chiarito preliminarmente che questa proposta incide, nella migliore delle ipotesi, su una sola determinante della produttività del lavoro, ovvero la motivazione individuale a erogare elevato rendimento; fattore, questo, che, almeno nel caso italiano, è quello meno rilevante per la crescita della produttività del lavoro[1]. D’altra parte, ciò è testimoniato dal fatto che il progetto governativo tiene conto del fatto che, di norma, non vi è convenienza, da parte delle imprese, a rendere i lavoratori compartecipi agli esiti dell’attività d’impresa e che, dunque, occorre fornire incentivi. Alla proposta Brunetta – Tremonti è possibili rivolgere due ordini di critiche.
1) La produttività del lavoro dipende principalmente dallo stock di capitale fisso a disposizione dei lavoratori e dalle loro conoscenze generali e tecniche. Poiché la dotazione di capitale fisso è maggiore nelle imprese di grandi dimensioni, lì è più elevata la produttività del lavoro. In tal senso, uno dei problemi dell’economia italiana – per quanto attiene alla modesta dinamica salariale e al disavanzo dei conti con l’estero – consiste nella bassa produttività del lavoro che, a sua volta, dipende dal ‘nanismo’ imprenditoriale caratteristico del nostro assetto produttivo. La compartecipazione agli utili non agisce in alcun modo su questo aspetto e, dunque, non vi è da attendersi dalla sua eventuale attuazione significativi recuperi di produttività.
2) L’andamento degli utili aziendali è in larghissima misura indipendente dalle scelte dei lavoratori. Di norma, e a titolo esemplificativo, le operazioni di acquisizione e fusione accrescono i profitti, ma ciò è unicamente il risultato di scelte del management che il lavoratore può solo subire, in questo caso favorevolmente. Così come, per converso, scelte sbagliate del management riducono i profitti, riducono conseguentemente la parte variabile del salario legata al profit sharing e, di norma, non penalizzano i dirigenti d’impresa. Questa asimmetria (i lavoratori perdono per scelte sbagliate dei manager, i manager no) è spiegabile alla luce della constatazione stando alla quale, per effetto di un’elevata propensione al rischio, della difficoltà di controllare il loro operato e dell’inerzia caratteristica delle organizzazioni, i consigli di amministrazione delle società per azioni tendono a non licenziare i propri dirigenti[2]. Il profit sharing costituirebbe, dunque, un reale vantaggio per i lavoratori solo a condizione di essere associato alla cogestione e, dunque, a un effettivo potere decisionale dei lavoratori in ordine alle strategie aziendali. Ma, con ogni evidenza, non è questo il progetto governativo, e non rientra affatto negli obiettivi delle imprese la cessione di potere ai propri dipendenti, che configurerebbe la transizione a un assetto istituzionale non capitalistico, di tipo cooperativista[3].
In considerazione di questi rilievi, è opportuno chiedersi per quale ragione questa proposta (che pure è già tecnicamente fattibile) viene fatta in regime di crisi. La risposta più ragionevole è che, in fasi recessive, la compartecipazione ha l’effetto di ridurre i salari, dal momento che i profitti si riducono. Può essere sufficiente ricordare che, secondo uno studio della banca Citigroup, nella UE i margini operativi lordi delle imprese si sono ridotti dell’11% nel periodo tra l’ultimo trimestre 2008 e il primo trimestre 2009 rispetto all’anno precedente. Depurando il dato dal deprezzamento del capitale, e da interessi e rendite sulla proprietà, i redditi imprenditoriali netti risultano scesi del 23% nel medesimo arco temporale. In tal senso, e anche in considerazione degli sgravi fiscali programmati a beneficio delle imprese, il provvedimento costituisce un aiuto surrettizio alle nostre imprese, e avrà effetti di risparmio sui costi aziendali tanto maggiori quanto più ampia è la platea di lavoratori che accetteranno di assumere rischi in contesti sfavorevoli. Vi è da attendersi, a riguardo, che la scelta dei lavoratori – di certo poco informati in ordine all’andamento della domanda di beni e servizi e, ancor più, dell’andamento del mercato azionario – sarà ampiamente condizionata dalla capacità di persuasione dei media e, se conveniente, dei datori di lavoro. Se, poi, si considera che la parte variabile del salario sarà legata agli utili ottenuti mediante attività speculative (e, dunque, la ricerca di rendimenti elevati nei mercati azionari), la proposta assume connotati di palese asimmetria contrattuale a danno dei lavoratori, dal momento che i lavoratori non avranno potere di decisione in ordine all’allocazione di queste risorse e, anche se lo avessero, non sarebbero adeguatamente informati sulle dinamiche di un mercato – quello dei titoli – già di per sé estremamente volatile e caratterizzato da massima incertezza[4]. Vale poco il richiamo all’esperienza tedesca, dove il modello del profit sharing è stato adottato da diversi anni, sia perché la struttura produttiva tedesca – a differenza della nostra – è caratterizzata da imprese di grandi dimensioni (il cui rischio di perdite, o addirittura di fallimento, è minore rispetto a un’economia con prevalenza di microimprese), sia – e soprattutto – perché in Germania il modello della compartecipazione è stato introdotto in fasi del ciclo economico ben diverse da quella in corso, e caratterizzate da crescita economica sostenuta e contestuale crescita dei profitti[5].
[1] Ciò a ragione del fatto che, date le piccole dimensioni aziendali, l’impegno del lavoratore è agevolmente verificabile dal datore di lavoro e, data la sostanziale assenza di vincoli al licenziamento, il datore di lavoro può licenziare o non rinnovare il contratto di lavoro ai dipendenti che, a suo giudizio, non hanno erogato uno sforzo lavorativo soddisfacente. Semmai, la variabile motivazionale può incidere sensibilmente sulla performance dell’impresa laddove il l’imprenditore debba strutturare schemi di incentivazione quando è nell’impossibilità di controllare lo sforzo lavorativo; il che, di norma, si verifica in imprese di grandi dimensioni, o quando il rischio associato allo scarso impegno è estremamente elevato (quest’ultimo punto – si pensi al caso dei piloti di aereo – è stato messo in evidenza, fra i primi, da R. Ramaswamy. and R. Rowthorn, R. (1991). Efficiency Wages and Wage Dispersion. DAE Working Paper No. 9012). Per una trattazione generale del tema, si rinvia a G.Forges Davanzati e R.Realfonzo (1994), La teoria dei salari di efficienza: sviluppi storici e orientamenti metodologici alternativi, in AA.VV., Lavoro, organizzazione e produttività nell’impresa, ESI, Napoli.
[2] Sul tema, si rinvia, fra gli altri, a D. Schön, The Reflective Practitioner. How professionals think in action, Temple Smith, 1983.
[3] Da qui i timori di Confindustria. Come ha messo in evidenza Franco De Benedetti (Partecipare agli utili? Inutile, “Il Sole-24 ore, 8 settembre 2009) – criticando il progetto Sacconi – “Il Ministro Sacconi è stato esplicito nel negare che la compartecipazione agli utili sia il primo passo verso una qualche forma di cogestione. Ma l’allarme è scattato, e non si può liquidarlo come pretestuoso; infatti è evidente che, una volta dato il diritto a una parte degli utili, è difficile negare quello di co-decidere come si forma il tutto”.
[4] Vi è di più. Di norma, le imprese sono maggiormente disposte ad assecondare le rivendicazioni dei lavoratori nelle fasi espansive del ciclo economico. Come è stato fatto osservare (cfr. Bronars, S.G. and Deere, D.R. (1991), The threat of unionisation, the use of debt, and the preservation of the shareholder wealth, “Quarterly Journal of Economics”, February, pp.231-254), la scarsa disponibilità di liquidità derivante dalla destinazione di parti del profitto in speculazione costituisce una efficace strategia di contrasto alle organizzazioni sindacali, poiché l’impresa può comunque motivare il non aumento dei salari con l’indisponibilità di fonti di liquidità acquisibili a breve termine.
[5] Non è poi secondario il fatto che, in Germania, la linea prevalente in materia fa riferimento non al profit sharing ma alla codeterminazione (Mitbestimmung), ovvero a un modello nel quale sono previste rappresentanze dei lavoratori nel Consiglio di sorveglianza delle imprese.
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Come spiegare a un bambino la sua malattia? 28.09.2009
Axon conosce tutti i segreti del cervello, Chi è un super-esperto dei polmoni, Pump si occupa del sistema cardiovascolare con forza e velocità, Skinderella sa tutto su scheletro e ossa mentre Gastronomici è l’esperto dell’apparato digerente.
Si tratta, forse, degli ultimi eroi della Marvel? No, sono i cinque supereroi protagonisti delle ‘graphic novel’ Medikidz realizzate da un gruppo di studiosi britannici.
Il corpo umano e le sue malattie non hanno segreti per questi cinque supereroi e, grazie a loro, i bambini affetti da patologie che fanno paura e che spesso sono difficili da spiegare riescono a comprendere meglio il loro stato di salute e a convivere con la malattia.
Kate Hersov e Kim Chilman-Blair, due professori inglesi, hanno deciso di passare all’azione dopo che per tutta la loro vita professionale non avevano saputo come spiegare ai piccoli pazienti che avevano in cura cosa significasse epilessia o leucemia.
Le domande dei piccoli, com’è noto, possono essere disarmanti e per aiutare grandi e piccini a comunicare su questioni così complesse, i due studiosi e i loro team hanno inventato i cinque supereroi.
Sul sito www.medikidz.com è possibile, per il bambino affetto da una malattia, crearsi un proprio avatar mediante il quale poter condividere esperienze, conoscere altri bambini e, soprattutto, farsi aiutare dal suo supereroe di riferimento per conoscere la sua malattia e combatterla.
Con il programma Medikidz, spiega Chilman-Blair alla BBC, non “intendiamo indorare la pillola ma provvediamo a fornire informazioni chiare e semplici in modo che possano essere di facile comprensione per chi le legge; l’obiettivo è quello di aiutare i bambini ad avere il controllo della loro malattia”.
Per adesso sono disponibili le prime dieci patologie, come diabete, leucemia, asma ed epilessia, e sono destinate ad un pubblico di età compresa tra i 10 e i 15 anni, ma i due studiosi contano di arrivare a quota trecento al più presto e di realizzare prodotti destinanti anche a bambini più piccoli.
Medikidz non è soltanto un sito ma anche una collana di libri (scritti per ora solo in lingua inglese), uno per ogni supereroe, in vendita al prezzo di circa sei sterline.
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Afghanistan Obama non fa sconti 30.9.2009
LUCIA ANNUNZIATA
Bisogna dire che gli Europei hanno una strepitosa capacità di autoingannarsi. O forse solo di sognare. La novità costituita da Obama, dalla sua nuova geografia, dai movimenti con cui sta provando a ridefinire i confini e le alleanze nel mondo continuano a non essere compresi a fondo da questa Europa che, attaccata alle sue passate glorie, pretende, pensa, o è forse solo speranzosa, di essere ancora un partner paritario degli Stati Uniti.
Un ottimo esempio di questa ambiguità è la guerra in Afghanistan, finora trattata da questa parte dell’Atlantico esattamente come le guerre americane precedenti. La guerra di Bush in Iraq, continuiamo l’esempio, venne affrontata da europei ed americani stabilendo una forma di «convergenza parallela» (e noi italiani sappiamo bene di cosa parliamo). Cioè con un accordo di fatto in cui gli Usa facevano la guerra, e gli Europei facevano un po’ di guerra e un po’ di opposizione alla guerra, salvando capra e cavoli degli impegni di governo e del dissenso anti-guerra.
Su questa linea di alleanza e dissenso la Francia ha fatto il successo del suo «Orgoglio nazionale», Tony Blair, con abilità molto curiale, è riuscito a tenere fino all’ultimo minuto del suo incarico. Per quel che riguarda l’ambiguità italiana non dovrebbe essere forse necessario tornarci. E, visto che questo atteggiamento ha funzionato, i capi di Stato europei si sono attrezzati a ripeterlo sull’Afghanistan. Ma, signori, Obama non è Bush, come si ripete da un po’ di tempo. E non lo è soprattutto nel senso che le sue prese di posizione sono ben più definite, assolute, convinte, di quelle del Presidente che lo ha preceduto. Obama pensa che siamo entrati in una irripetibile e decisiva fase del mondo. Crede che c’è uno scopo finale che si gioca a partire dal qui e ora. Un senso, se volete, di missione per se stesso, e per gli Usa. Non ha voglia di giocare a prendere il tè, né di salvare la faccia dei suoi interlocutori con vuoti rituali.
Ed ha ragione. C’e un senso di ultimatum in questi nostri tempi che sembra arrivare dritto al cuore della partita di tutti, l’idea che l’orologio non misura più il tempo del piacere, ma quello del dramma. Economia, risorse, occupazione, guerre. Il nodo della storia si è ingarbugliato di nuovo. In questo spirito, pressato e pressante, Obama si muove, e non fa sconti a nessuno, nemmeno alle esigenze interne, elettorali, o mediatiche dei suoi nemici o alleati.
A Pittsburgh alcuni giorni fa, quando è salito sul palco per richiamare all’ordine l’Iran, aprendo un percorso che potrebbe portare alla prima guerra globale atomica, non si è fatto scrupolo di portare accanto a sé solo gli europei di cui si fida di più: Francia, Inghilterra, e la (solo evocata) Germania. L’Italia, la Spagna, ogni altro Paese della Nato o dell’Unione Europea lasciati fuori, senza timore di ferire o umiliare i vari orgogli nazionali. Obama è in questo senso senza scrupoli. Con questo spirito, incurante se non di quello che considera rilevante, è andato ieri all’essenziale di nuovo sull’Afghanistan con la Nato, dunque gli europei. Tirandoli fuori dalle loro cuccette nazionali. Nel corso dell’incontro ufficiale (dunque nessun ammiccamento, nessuna parola sfuggita tra una stretta di mano e l’altra) con Anders Fogh Rasmussen, attuale capo della Nato, ha ricordato che «l’Afghanistan non è una battaglia americana. Ma anche una missione Nato». Ed ha così chiesto altre truppe anche all’Europa.
Possiamo ora dire di no a questa richiesta? Rasmussen e Obama si sono incontrati per discutere del più recente rapporto sulla situazione in Afghanistan elaborato dalle Armate Usa. Un bilancio molto negativo. La ragione per cui il comandante Usa delle operazioni americane nel Paese dei talebani, Stanley McChrystal, ha chiesto altri 40 mila uomini. Il Presidente Usa nei primi mesi del suo lavoro ha già accettato di raddoppiare il numero di truppe, dai 32 mila di Bush ai 62 mila attuali. La richiesta di 40 mila uomini in più gli è ben più difficile da gestire: se concede infatti altri soldati in Afghanistan dovrà fronteggiare l’accusa dei pacifisti; al contrario se dice di no dovrà affrontare il dissenso dei suoi generali, a partire dalle ventilate dimissioni da parte dello stesso generale McChrystal. Una situazione difficile per il Presidente, soprattutto dopo l’accelerazione dello scontro con l’Iran.
Se gli europei pensavano di poter ancora giocare a nascondino con gli Usa, condividendone le vittorie e distanziandosi dalle sconfitte, questa volta hanno trovato pane per i propri denti. Tramite Rasmussen Washington ci avverte che se l’Afghanistan va male, la responsabilità non è solo sua. Per cui, si muova anche l’Europa. La palla passa ora ai nostri governi. Tocca a loro ora scegliere e decidere se mandare o no altri uomini. Potremo dire di no, allora? Sì, ma stavolta Washington metterà un prezzo su questo rifiuto. Dopotutto, ci ha ricordato Obama, essere alleati è un po’ come essere sposati. Si sta insieme, e insieme significa condividere tutto.
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Giovani partiti pirata crescono 29.09.2009
In Germania il locale partito pirata rosicchia una percentuale dignitosa all’ultima tornata elettorale. Dall’altra parte del Reno nasce la prima vera formazione politica dei pirati francesi
Roma – Oltre ad avere confermato Angela Merkel, le elezioni tedesche hanno avuto un risvolto interessante per quanto riguarda i partiti pirata europei. Il piratparteit ha riscosso un discreto successo: un due per cento comunque non sufficiente a superare la soglia di sbarramento del cinque per cento, requisito indispensabile per l’assegnazione di un posto al Bundestag.
Tuttavia il dato più interessante, come riporta Bild, è il voto dei giovani: il 13 per cento dei tedeschi che hanno votato per la prima volta avrebbe messo la fatidica X sopra il simbolo del partito pirata.
Secondo alcuni potrebbe essere un’ulteriore conferma della lenta ma costante crescita delle varie formazioni pirata europee, dovuta anche alla prima fondamentale vittoria in Svezia, dove il partito pirata ha piazzato il suo primo rappresentante al Parlamento Europeo.
Anche in Francia, dove fino a poche settimane fa esistevano tre movimenti politici ispirati a quello svedese, si è arrivati ad un patto di mutua collaborazione tra le varie entità che ha portato alla creazione di un unico partito pirata.
Giorgio Pontico
http://punto-informatico.it/2716357/PI/News/giovani-partiti-pirata-crescono.aspx
Precisazione in commento di marcov:
il 13% non è di tutti i giovani, ma è la percentuale tra i neoelettori maschi.
http://www.businessweek.com/globalbiz/content/sep2…
E poi la crescita sarà costante ma con questo ritmo prima che i partiti pirati possano svolgere un ruolo ci vorranno anni e allora forse sarà troppo tardi.
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Da una discussione del 28.9 e 29.9 2009 tra Daniela Degan e Germano Caputo su decrescita lista (decrescita@liste.decrescita.it)
29.9
Buona giornata a tutti
Germano ha usato il temine GILANIA nel suo articolo …. molto bene.
Sotto la spiega tratta da una intervista che NOIDONNE mi ha fatto alcuni mesi fa.
“Gilania”. Riane Eisler, storica e saggista statunitense, (meta – storica) ha coniato il termine gilania che nasce dal legame delle parole donna (guné) e uomo (anér): si tratta di una società evoluta, né matriarcale e non ancora patriarcale, organizzata in un sistema non gerarchico e che era in grado di sviluppare delle tecnologie al servizio degli individui senza conoscere le armi. Marija Gimbutas ha ripreso il termine e con la Eisler hanno lavorato con scritti, interviste e incontri.
1) Hai un ricordo particolare rispetto alle reazioni della gente comune sull’argomento gilania?
Si certo. Di stupore come se stessi parlando di qualcosa fuori da ogni contesto… fuori dal tempo … quello degli orologi. Non solo il temine suscita sbalordimento, ma anche il significato una volta che ho l’opportunità di spiegarlo. Termini “difficili” come la parola della “decrescita” e insieme mi piacciono, non ho mai voglia di edulcorarli, addolcirli, ammorbidirli ….. il loro effetto è immediato e per questo li difendo, proprio perché credo che le parole siano importanti ed evocano mondi differenti e non altri.
La prima mina la società patriarcale, la seconda quella del sistema dominante, patriarcale …. Come una danza che mi risuona.
ciao
Daniela
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28.9
Cari decrescentisti,
vi segnalo il mio ultimo mio articolo: “I Decrescentisti: gli eretici del Terzo Millennio” su:
http://germanuscaput.blogspot.com/ oppure www.nododecrescitamodena.it
e il verbale dell’ultimo incontro del movimento per la Decrescita Felice (http://www.decrescitafelice.it/?page_id=625) che vedo come una delle poche e positive novità nel mondo dell’associazionismo e anche della politica italiana che si propone dopo aver superato concetti ormai obsoleti e inconcludenti come l’essere di centro, sx o dx. Ormai non è quello il metro di misura per capire chi fa qualcosa per il “Bene Comune” o per il (troppo) “bene di pochi”.
Saluti, Germano
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Approfondimento, da Wikipedia, l’enciclopedia libera
Le società gilaniche
La storica e archeologa Riane Eisler ha indicato con il neologismo gilania – dalle parole greche gynè, “donna” e andros, “uomo” (la lettera l tra i due ha il duplice significato di unione, dal verbo inglese to link, “unire” e dal verbo greco lyein o lyo che significa “sciogliere” o “liberare”) – quella fase storica plurimillenaria (8.000-2500 a.c in rapporto soltanto al neolitico) fondata sull’eguaglianza dei sessi e sulla sostanziale assenza di gerarchia e autorità, di cui si conservano tracce tanto nelle comunità umane del Paleolitico superiore quanto in quelle agricole del Neolitico.
La Eisler quindi contesta duramente l’opinione dominante, particolarmente diffusa nella società occidentale, « grazie » soprattutto all’opera di propaganda svolta dalla storiografia ufficiale, secondo cui gli esseri umani sarebbero sempre stati violenti proprio a causa di una loro intrinseca natura. Questo « assioma » si è sviluppato perché storici e antropologi hanno arbitrariamente collocato l’inizio della civilizzazione umana in un periodo dove la nascita e lo sviluppo del linguaggio scritto sono andati di pari passo alla diffusione della violenza e delle guerre[1].
Gli studi di alcuni archeologi e storici (Marija Gimbutas, Riane Eisler ecc.) dimostrano che, per buona parte della loro storia, gli esseri umani hanno vissuto in comunità sostanzialmente pacifiche ed egualitarie all’incirca sino al 3000 e il 4000 a.c, come ampiamente dimostrato dai reperti ritrovati dagli archeologi [2], allorché una serie di grandi migrazioni[3] Indo-Europee dal sud della Russia e dall’Eurasia (Europa orientale, Asia centrale e Siberia) verso l’Europa, avrebbero completamente distrutto le popolazioni locali . La Eisler, che ha dedicato gran parte dei suoi lavori proprio allo studio di queste antiche comunità, definisce come androcrazia – termine derivato dalle parole greche andros, “uomo” e kratos, “governato”- il sistema dominatore maschile importato dagli Indo-Europei (i Kurgan) che impose alcune forme di dominio come il patriarcato, la gerarchia, le classi sociali e l’autorità.
Continua qui: http://ita.anarchopedia.org/societ%C3%A0_gilaniche
(Non ho continuato non per una mancanza di rispetto ma per rispetto della bellezza delle immagini su Wikipedia)
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Mediaset-Telecom?? 30.09.2009
Mediaset punta ad un ingresso nel capitale di Telecom Italia, ma con il benestare di Telefonica. E’ quanto scrive oggi il quotidiano spagnolo El Economista citando alcune fonti vicine alla societa’ di tlc italiana.
In particolare Mediaset sarebbe pronta a fare il suo ingresso nel capitale di Telco, la holding che controlla Telecom Italia affiancando Mediobanca, Generali Ass., Intesa Sanpaolo, la famiglia Benetton e la stessa Telefonica che dovrebbe diluire la propria partecipazione proprio per far entrare il socio industriale Mediaset.
Dott Fabio Troglia
fabio.troglia@gmail.com
www.lamiaeconomia.blogspot.com
http://lamiaeconomia.blogspot.com/2009/09/mediaset-telecom.html
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Sisma e tsunami nelle isole Samoa: un centinaio le vittime, altrettanti i dispersi
E’ di un almeno un centinaio di morti (notizie dell’ultima ora dicono che la cifra è superata di molto) e di altrettanti dispersi il bilancio del sisma di magnitudo 8.0 registrato fra le Samoa occidentali e le Samoa americane, che ha generato uno tsunami con onde oltre gli otto metri d’altezza. Il sisma è avvenuto alle 19,48 circa, ora italiana (le 6,48 di mercoledì 30 settembre ora locale) nell’oceano Pacifico a circa 200 km a sud-ovest delle isole Samoa, con epicentro a 18 chilometri di profondità.
Persone e auto sono state trascinate in mare, mentre la popolazione si è rifugiata in terreni più elevati. Una serie di ondate alte fino a otto metri, almeno cinque secondo i testimoni, hanno colpito la parte meridionale dell’arcipelago nel Pacifico, diviso tra Samoa americane e Samoa occidentali, che hanno oltre 280 mila abitanti.
Centinaia di persone sono state ricoverate negli ospedali. Fortunatamente l’allarme è stato dato via radio e ha permesso alla popolazione di mettersi in salvo. Ma non tutti ce l’hanno fatta. Anche le Samoa Americane sono state colpite da onde alte 4-6 metri che hanno travolto case, auto e persone sulle isole per oltre un chilometro e mezzo, come riferito da Mike Reynolds, sovrintendente del Parco nazionale delle Samoa americane.
Il governo neozelandese ha inviato un apparecchio da ricognizione marittima per accertare la presenza di eventuali superstiti dello tsunami. L’ambasciatore italiano presso la Nuova Zelanda, Gioacchino Trizzino, intervistato da Sky Tg24, ha reso noto che i 16 cittadini italiani che si trovano nella Samoa americana sono illesi.
Non risultano, al momento, cittadini italiani tra le vittime. Sedici nostri connazionali sono rimasti illesi quando l’onda anomala ha colpito la Samoa americana. Lo rendono noto le ambasciate d’Italia in Nuova Zelanda e Australia, secondo quanto riferisce la Farnesina. Le rappresentanze diplomatiche italiane nell’area continuano a monitorare la situazione in stretto contatto con l’unità di crisi della Farnesina. Un resort di proprietà di un connazionale è andato distrutto.
Obama: “Stato di disastro” – Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha proclamato lo stato di disastro nelle isole colpite dal sisma di straordinaria intensità, l’allarme tsunami è rientrato per quanto riguarda le vicine isole Hawaii. Obama ha ordinato alle agenzie federali l’invio immediato delle risorse necessarie “per i soccorsi e per le opere di ricostruzione”. Le operazioni di soccorso vedono interagire americani, australiani e neozelandesi. La Fema (Federal Emergency Management Agency), l’ente federale americano per l’emergenza civile, ha annunciato l’invio delle due squadre che avranno il compito di portare soccorsi e di valutare gli aiuti necessari. Un portavoce della Faa (Federal Aviation Administration), l’ente per l’aviazione civile, ha detto che è stato stabilito un contatto con l’Aeroporto internazionale di Pago Pago per avere la certezza che almeno una pista di atterraggio sia disponibile per l’invio di aerei cargo con i soccorsi necessari. “I nostri pensieri e le nostre preghiere vanno a tutti gli abitanti delle Samoa Americane e a tutti coloro che nella regione sono stati colpiti da questo disastro naturale”, ha affermato il ministro dell’Interno americano, Ken Salazar.
Aiuti dall’Ue – L’Unione europea ha dato il via libera a 150 mila euro di aiuti per le vittime dello tsunami. E’ quanto fa sapere la Ue in un comunicato. Tali fondi saranno messi a disposizione della Croce Rossa internazionale attraverso il fondo di emergenza e saranno utilizzati per i bisogni essenziali della popolazione come acqua e medicine. La Ue, si legge nel comunicato, valuterà l’eventualità di nuovi fondi a seconda dell’evoluzione della vicenda.
Il ricordo del disastro del 2004 – Gli allarmi tsunami, dopo forti terremoti, sono strettamente applicati dopo che il 6 dicembre 2004 un devastante maremoto uccise in Asia oltre 230 mila persone in undici paesi diversi. Quel sisma durò circa dieci minuti con magnitudo di 9.0 della scala Richter. Nelle Samoa americane, dove vi sono stati almeno 14 morti, lo tsunami ha distrutto l’unico Parco Nazionale Americano a sud dell’Equatore. Il centro visitatori ha 15 dipendenti ed una trentina di volontari. Gli abitanti dell’isola principale, Tutuila, hanno cercato di trovare rifugio più lontano possibile dalla costa. Almeno quattro villaggi dell’isola sono stati rasi al suolo dall’ondata che ha causato diverse vittime. Il terremoto ha colpito le isole del pacifico all’alba, poco prima delle sette del mattino, cogliendo molte persone nel sonno. Danni gravi sono stati registrati anche in diversi villaggi delle Samoa Occidentali, compresi Talamoa e Sau Sau Beach Fale. Vittime sono state segnalate anche nei villaggi di Vailoa a Malaela. Il villaggio di Lalomanu è stato raso al suolo. “E’ successo tutto molto rapidamente – ha raccontato un testimone oculare -. L’intero villaggio di Sau Sau Beach è stato raso al suolo. Non c’è una casa in piedi”. “Posso confermare che vi sono stati danni gravi – ha affermato un poliziotto di Samoa Occidentale -. Vi sono state diverse vittime e molti feriti”.
http://notizie.tiscali.it/articoli/esteri/09/09/30/samoa_tsunami_456.html
30 settembre 2009
Redazione Tiscali
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RU486 arriva negli ospedali? Forse
I.R., 30 settembre 2009
Il Consiglio di amministrazione dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) ha dato il via libera definitivo all’utilizzo della ‘pillola abortiva’ negli ospedali italiani. Il Cda, riunito oggi, ha approvato il verbale della scorsa riunione nel quale era stata deliberata, tra le altre, l’autorizzazione all’immissione in commercio della specialità medicinale Mifegyne. Ma c’è l’inganno. Il cda si è riconvocato per il 19 ottobre per una delibera definitiva che terrà conto di quanto emergerà dal lavoro della commissione d`indagine parlamentare
La pillola RU486 verrà commercializzata in Italia, ma il vero approdo negli ospedali avverrà dopo la pubblicazione in Gazzetta della delibera non prima del 19 ottobre.
Il Consiglio di Amministrazione dell’Agenzia Italiana del Farmaco ha infatti approvato il verbale della scorsa riunione del 30 luglio dove è stata deliberata l’autorizzazione all’immissione in commercio della specialità medicinale Mifegyne, ma il Cda si è riconvocato, anche in considerazione delle richieste formulate dal Presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato della Repubblica, per il giorno 19 ottobre al fine di procedere alla formulazione del mandato al Direttore Generale per gli adempimenti successivi.
Parte domani mattina, infatti, l’indagine conoscitiva sulla pillola, approvata all’unanimità il 22 settembre in Commissione Sanità del Senato che prenderà il via alle 8.30 con l’audizione del ministro del Welfare, Maurizio Sacconi.
La scelta dell’Aifa (il 30 luglio approva una delibera che non viene pubblicata in Gazzetta Ufficiale, oggi riapprova la stessa delibera) lascia perplessi. La procedura di mutuo riconoscimento è un atto dovuto e in tutti gli altri Stati europei ha una tempistica molto più rapida. In Italia questa tempistica viene stravolta per questioni politiche. Addirittura rimandate ad un ulteriore appuntamento collegato all’indagine conoscitiva del Senato. Quasi che gli organismi tecnici non rispondano al loro mandato, ma rispondono invece alle necessità politiche della maggioranza di governo.
Dunque, il via libera c’è, tanto più che il farmaco è già commercializzato in tutti i paesi europei (ad eccezione dell’Irlanda), ma per ora è in stand by.
La delibera approvata oggi prevede comunque il “rigoroso rispetto” della legge 194, l’obbligo di assumere il farmaco nelle strutture sanitarie individuate dalla legge ed entro la settima settimana di amenorrea, l’attento monitoraggio di tutto l’iter abortivo. In particolare, la delibera stabilisce alcuni vincoli nell’utilizzo della RU486 nel nostro paese: “L’impiego del farmaco – si legge nel testo – deve trovare applicazione nel rigoroso rispetto dei precetti normativi previsti dalla Legge 22 maggio 1978, n.194 a garanzia e a tutela della salute della donna; il farmaco deve essere assunto in una delle strutture sanitarie individuate dalla citata Legge 194/78 ed alle medesime condizioni ivi previste, sotto la stretta sorveglianza di un medico del servizio ostetrico ginecologico cui è demandata la corretta informazione sull’utilizzo del medicinale, sui farmaci da associare, sulle metodiche alternative e sui possibili rischi connessi, nonché l’attento monitoraggio del percorso abortivo onde ridurre al minimo le reazioni avverse segnalate, quali emorragie, infezioni ed eventi fatali”.
Quanto alla tempistica di assunzione, l’agenzia del farmaco precisa: “Con particolare riguardo alle possibili reazioni avverse, tenuto conto anche del riassunto delle caratteristiche del prodotto approvato dall’Agenzia europea del farmaco, della citata nota dell’ufficio di farmacovigilanza del 29 luglio 2009 nonché della bibliografia disponibile, che avvertono sui rischi connessi alla possibilità del fallimento dell’interruzione farmacologica di gravidanza e del sensibile incremento del tasso di complicazioni in relazione alla durata della gestazione, l’assunzione del farmaco deve avvenire entro la settima settimana di amenorrea e deve essere garantito l’accertamento dell’espulsione dell’embrione e la verifica di assenza di complicanze con idonei strumenti di imaging”.
Infine, “è rimesso alle autorità competenti, nell’ambito delle proprie funzioni, di assicurare che le modalità di utilizzo della specialità medicinale Mifegyne ottemperino alla normativa vigente in materia di interruzione volontaria di gravidanza”. Dal canto suo, uno dei “padri” della RU486 in Italia, il ginecologo torinese Silvio Viale, si era augurato in mattinata che “l’Aifa sappia lasciare fuori dalla porta i furori ideologici”.
http://www.aprileonline.info/notizia.php?id=130026
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Scajola: “Sul nucleare sfido le Regioni ribelli” 23/09/2009
Blog di Fausto Carioti
L’atomo diventa uno degli argomenti forti della campagna elettorale per le regionali del 2010. Sei Regioni – Piemonte, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Calabria – hanno appena presentato ricorso alla Corte Costituzionale contro la Legge sviluppo, che sancisce il ritorno dell’Italia all’energia nucleare. Il Lazio ha annunciato che farà altrettanto. Claudio Scajola, ministro dello Sviluppo Economico, sfida le Regioni a vincere la partita davanti alla Consulta: l’energia atomica, avverte, serve a difendere un «bene primario» dei cittadini, e quindi il potere sostitutivo del governo nei confronti delle regioni non è «solo legittimo, ma necessario».
Ministro, le Regioni che hanno presentato ricorso sostengono che la politica energetica è materia concorrente, e come tale deve essere concordata con loro. Cosa risponde?
«Nessuno nega il ruolo delle Regioni, che sarà pienamente valorizzato nel percorso di ritorno al nucleare. I criteri per la scelta dei siti saranno verificati con la Conferenza delle Regioni. I singoli governi regionali, così come i Comuni, parteciperanno al processo autorizzativo».
Resta il fatto che il governo potrà sostituirsi alle Regioni.
«Nella Legge sviluppo abbiamo inserito la possibilità per il governo di sostituirsi alle Regioni solo in caso di mancato raggiungimento delle necessarie intese con gli enti territoriali coinvolti, rinviando esplicitamente alle procedure previste dalla Costituzione. Che, all’articolo 120, recita: “Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni (…) quando lo richiedano la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali”».
Cosa vi aspettate dalla Consulta?
«Pensiamo che garantire all’Italia energia elettrica a prezzi allineati con quelli degli altri Paesi europei nel pieno rispetto dell’ambiente sia un bene primario per i cittadini e per la tutela dell’unità economica del Paese. E siccome questo obbiettivo si può raggiungere solo con una quota di energia nucleare, crediamo che il potere sostitutivo del governo sia non solo legittimo, ma necessario. Speriamo che la Corte Costituzionale confermi questo orientamento».
Le regioni “ribelli” sono tutte guidate dal centrosinistra. È un caso?
«Non voglio pensare a un disegno politico-elettorale dietro il ricorso alla Corte Costituzionale. Penso invece che nel centrosinistra, dove pure ci sono esponenti favorevoli all’energia nucleare, dal senatore Umberto Veronesi all’ex presidente dell’Enel Chicco Testa, finiscano per prevalere le posizioni vetero-ideologiche di un ambientalismo datato, che non è più neppure in sintonia con il moderno pensiero verde. Sono molti gli ambientalisti stranieri – cito per tutti l’ex presidente di Greenpeace inglese – che ormai riconoscono che l’energia nucleare è necessaria per combattere l’inquinamento».
Ci sono pressioni sui governatori di centrodestra perché si oppongano anche loro. Non teme una sollevazione di massa dei presidenti di Regione, magari perché spinti dalla necessità di accattivarsi gli elettori in vista del voto?
«Non temo nulla. Il processo di rientro nel nucleare è trasparente e motivato. Abbiamo assoluto bisogno di ridurre i costi dell’energia, per sostenere la competitività del Paese, e di tagliare le emissioni di gas serra, per abbattere l’inquinamento ed evitare le salatissime “multe ecologiche” previste per chi non rispetterà i livelli delle emissioni».
A sinistra dicono che certi obiettivi debbono essere raggiunti puntando sulle energie rinnovabili.
«Anche a me piacerebbe puntare tutto sulle rinnovabili. Ma è impossibile, perché sono ancora troppo costose e vanno sussidiate con incentivi che pesano sulle bollette di tutti noi. Per questo abbiamo previsto un mix equilibrato e realistico: 25% di elettricità dalle rinnovabili, 25% dal nucleare e il restante 50% dalle fonti fossili che emettono gas serra, contro l’83% di oggi. Con questo mix ridurremo drasticamente l’inquinamento, dipenderemo meno dall’estero e pagheremo meno l’elettricità».
Un recente rapporto Ocse ci ricorda che l’energia italiana è la più costosa d’Europa, e che il prezzo dell’elettricità, per le imprese italiane, è cinque volte quello dei concorrenti francesi.
«Diciamo da sempre che paghiamo l’energia più dei nostri concorrenti e che questo è una delle cause della scarsa competitività della nostra economia e della bassa crescita del Pil italiano negli ultimi dieci anni. I dati dell’Ocse sono solo l’ultima conferma di una realtà ben nota alle nostre imprese e ai cittadini, che pagano bollette più salate di quelle francesi o tedesche».
Ma dovremo attendere il nucleare per avere bollette meno care?
«No. Stiamo accelerando molte infrastrutture energetiche, a partire dagli elettrodotti, le cui carenze ci costano centinaia di milioni l’anno per strozzature e congestioni. Abbiamo introdotto strumenti di riforma del mercato elettrico e di maggiore liberalizzazione a favore dei consumatori industriali, sperimentando strumenti innovativi, e stiamo lavorando con gli stessi obiettivi anche sul mercato del gas, per stimolare maggiore concorrenza».
A proposito di gas: il numero uno di Gazprom, Alexei Miller, ha detto che da gennaio potrebbero esserci problemi nelle forniture verso l’Europa, a causa dell’incertezza nei pagamenti da parte dell’Ucraina. Che inverno devono attendersi gli italiani? Rischiamo di trovarci senza gas?
«Tensioni tra Russia e Ucraina sul passaggio del gas sono purtroppo ancora possibili, perché il contenzioso non è stato del tutto risolto. Ma l’Italia, che già nello scorso inverno non ha subito danni perché avevamo rafforzato le riserve di gas, nel prossimo inverno sarà ancora più tutelata. In ottobre entrerà infatti in funzione il grande rigassificatore di Rovigo, che importerà dal Qatar 8 miliardi di metri cubi di gas l’anno, pari al 10 per cento del nostro fabbisogno».
http://www.libero-news.it/blogs/view/803
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Energie, uniamole tutti insieme 2/10/2009
Due forum internazionali, 10 convegni, 30 workshop. E ancora meeting, incontri con pubblico e scuole, e tanti ospiti illustri
ANNA SARTORIO
La formula dell’energia è 20-20-20. Ridurre i consumi di energia primaria del 20%. Abbattere il livello di gas serra del 20% rispetto al 1990. Coprire almeno il 20% del fabbisogno attraverso l’uso delle energie rinnovabili. Il tutto entro il 2020. Questi sono gli obiettivi propagandati da «Uniamo le energie» (7-13 ottobre, Torino Esposizioni, corso Massimo d’Azeglio 100, info su http://www.regione.piemonte.it/energia/ manifestazione che riunisce due forum internazionali, 10 convegni, 30 workshop e meeting, incontri con pubblico e scuole, divulgazione scientifica. Con ospiti d’eccezione come Mikhail Gorbaciov, e numerosi eventi: la serata inaugurale del Festival CineAmbiente, una mostra, una fiera floreale. Persino la dance music a impatto zero. Dietro la manifestazione, c’è poi la concretezza dei bandi con cui la regione dallo scorso anno sta mettendo a disposizione, per progetti sulle energie rinnovabili, risorse europee per 270 milioni. Quanto alla kermesse, ecco programma.
WORLD POLITICAL FORUM. Il World Political Forum è un organismo internazionale che mette a confronto politici, scienziati, intellettuali per suggerire soluzioni ai problemi della globalizzazione e non solo. Il presidente del Wpf, Mikhail Gorbaciov, sarà a Torino Esposizioni, Sala Kyoto, giovedì 8 ottobre (ore 15-18,30) per avviare il doppio dibattito su «Energie rinnovabili ed efficienza energetica: investire nel futuro» e «Politiche comuni per un obiettivo comune. Una lunga riflessione sul possesso e il valore dell’energia, elementi cardini nei rapporti tra stati, istituzioni, organismi internazionali». Nei due giorni seguenti, il 9 e 10 ottobre, il Wpf promuoverà un’altra iniziativa nella propria sede ufficiale di Santa Croce in Bosco Marengo, dedicata al ventennale dalla caduta del Muro di Berlino: «Venti anni dopo: il mondo oltre il Muro».
L’UOMO E LA TERRA. Sempre a Torino Esposizioni, dal 9 all’11 ottobre, c’è «Futura: dialoghi intorno all’uomo e al pianeta», sei incontri (più due collegati) di divulgazione scientifica per ragionare di petrolio, mobilità sostenibile, risorse del pianeta, innovazione tecnologica. Tra i relatori: Sergio Marchionne, Luca Mercalli, Piero Bianucci, Wofgang Sachs, Silvia Rosa Brusin.
ECO-DISCOTECA. L’acronimo è Eva, ovvero ElectroVideoAmbiente: il progetto con cui Associazione Culturale Situazione Xplosiva esplora le connessionirelazioni tra musica elettronica, elettroacustica, il suono e il rispetto dell’ambiente, la natura, l’ecologia. L’installazione principale sarà il dancefloor Sustainable Dance Club, proveniente dall’Olanda, il primo a riutilizzare l’energia generata dal pubblico che ci balla sopra: attorno ad esso dj set, live elettronici, workshop, sonorizzazioni, proiezioni. Dal 7 all’11 ottobre il dancefloor a Torino Esposizioni potrà essere sperimentato, in orario diurno, dagli studenti delle scuole e dai visitatori (in modalità ascolto cuffie silent disco negli orari concomitanti con altre iniziative), dalle 18 alle 21, quindi in orario aperitivo, tutti i giorni su prenotazione. Venerdì 9 e sabato 10 l’orario sarà prolungato fino all’una. Info: www.xplosiva. com/eva.
CINEMAMBIENTE. La serata inaugurale della dodicesima edizione di CinemAmbiente www.cinemambiente.it, il più importante festival cinematografico italiano a tema ambientale, sarà ospitata a Torino Esposizioni giovedì 8 ottobre: nel corso della stessa giornata verranno inoltre proposti a To-Expo cinque programmi speciali del Festival, che proseguirà poi fino al 13 ottobre al cinema Massimo con documentari, corti e video che raccontano lo stato di salute del nostro pianeta (servizio a pagina 31).
FLOR09. Con «Uniamo le energie » nasce Flor09, prima edizione di una fiera floreale dedicata alla conoscenza delle piante, alla pratica del giardinaggio «pulito », alla fruizione del verde. Una mostra mercato al Parco del Valentino (9-11 ottobre), con oltre 100 espositori, per acquistare piante da giardino, da balconi, libri a tema, oggettistica, arredi e abbigliamento per la vita all’ aria aperta, ma anche frutta e ortaggi di stagione. Tra le mostre, una pomologica con campioni di frutta da tutta Italia, una collezione di graminacee in vaso e un’esposizione di zucche. Info su www.flor09.it e www.giardiningiro.it.
RIVOLUZIONE VEGETALE. Che succederebbe se a Torino l’asfalto fosse interamente rivestito di vegetazione? È quanto immagina «Rivoluzione vegetale, progetto (fanta)scientifico» di Legovideo su ambiente, habitat urbano e utopia. Da qui nasce la conferenza- spettacolo con Marco Paolini, Ascanio Celestini, Carlin Petrini e la regia di Luca Pastore, che si terrà sabato 10 alle ore 21 a Torino Esposizioni, Sala Kyoto. E nasce anche la video-installazione che mette a confronto la città «dura», con angoli retti e materiali inorganici, e quella «utopica», basata su vegetazione e ritmi naturali.
ARCHITETTURA ENERGETICA. La mostra «L’architettura cambia il mondo», dal 7 al 13 ottobre nel padiglione Pier Luigi Nervi, presenta progetti rivolti a diffondere la sostenibilità e nuovi stili di vita nell’abitare. Sono progetti che hanno impiegato le migliori soluzioni in materia di integrazione ed efficienza energetica. Tra gli autori, Renzo Piano, Fritz Auer, Thomas Herzog, e i 4 mila architetti del gruppo internazionale Aedes.
INGRESSO GRATUITO. Tutte le iniziative sono a ingresso gratuito fino a esaurimento posti. ORARI. Orari apertura di Torino Esposizioni: 9-19 a eccezione di giovedì 8 (9-23) venerdì 9 (9-due del mattino) e sabato 10 (9-tre del mattino).
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2/10/2009 – IL VECCHIO CRONISTA
Khomeini come Saturno
IGOR MAN
Roma non è soltanto ruderi e cinecittà, è anche cassa di risonanza di accadimenti internazionali. Accanto alla Roma ufficiale vive una variegata «colonia» di uomini politici stranieri, gli Esuli, che periodicamente si riuniscono per seguire le ricorrenti crisi del proprio e di altri paesi (del Terzo Mondo). Non pochi Esuli sono alti professionisti ma non mancano i venditori di tappeti. Queste che scorrono sono giornate roventi per la diaspora iraniana che non si riconosce nella rovinosa «intossicazione nazionalista» del premier Ahmadinejad. Gli Esuli sono dichiaratamente pessimisti. Il dottor K, distinto odontoiatra, dice che se è vero che «il lupo di Teheran» è stato preso in contropiede dalla mossa, obbligata per altro, degli Stati Uniti sull’uranio nascosto, è altrettanto vero che Ahmadinejad, battuto sul tempo da un affaticato Obama, vede crescere il consenso dei «senza scarpe», i sanculotti iraniani. Il commerciante AZ sostiene che a ben vedere nell’angolo si trovano gli Stati Uniti, altri ricordano il 1936 quando sanzioni furono imposte all’Italia fascista che aveva invaso l’Etiopia: fu il preludio dell’ultima guerra mondiale. Gli Esuli sono drammaticamente pessimisti. Non vedono soluzioni sul piano diplomatico, paventano una «azione di forza» di Israele sottoposto a una continua provocazione da Ahmadinejad. I razzi mirati a sfiorare obiettivi israeliani li ha lanciati Hamas.
Dà un passaggio al Vecchio Cronista il medico A. che al tempo di Khomeini era assistente del ministro degli Esteri Sadegh Ghotbzadeh, fucilato nell’aprile del 1982 dai «senza scarpe». Per il medico A. nessuno avrebbe dimenticato Ghotbzadeh, veglie funebri clandestine lo celebrano spesso. Khomeini lo definiva «la pupilla dei miei occhi» il che non gli impedì di mandarlo davanti al plotone di esecuzione. «La rivoluzione, come Saturno, divora i suoi figli», scrisse Ghotbzadeh dal carcere di Evin, luogo di immonde torture. Ebbi in sorte di intervistarlo, nel palazzo bonapartesco degli Esteri, che lasciò per andare a morire.
Da vagabondo politico quale era, teneva i vestiti e le sue adorate orribili cravatte americane in una valigia. Mi diede l’intervista in piena crisi degli ostaggi. Un cupo sospiro concluse il suo lungo discorso: «I veri ostaggi siamo noi e quelli non lo capiscono». In fatto quelli (i radicali) tenevano in ostaggio Bani Sadr e lui stesso, «Sadegh l’Americano». Bani Sadr fugge a Parigi, lui, «figlio del Profeta», come amava definirsi, volle rimanere. Quando lo arrestarono, prese con sé una copia del Corano e una del suo adorato Voltaire, un tappetino da preghiere e la sua pipa preferita. «Sciocchi, pregherò per voi», disse al plotone di esecuzione (aveva 46 anni).
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Inventato propellente ecologico per razzi e aerei 25.08.2009
Di Paola Magliaro
L’industria aerospaziale ha spesso diviso i promotori dello sviluppo scientifico e gli ambientalisti, in quanto, sebbene gli sviluppi scientifici siano importanti per l’evoluzione umana, questi spesso vengono effettuati al costo di un altissimo tasso d’inquinamento. Probabilmente la Nasa ha oggi risolto questo problema.
Insieme all’Air Force Office of Scientific Research, o AFOSR, ha lanciato con successo un piccolo razzo con un sicuro propellente eco-friendly costituito da polvere di alluminio e di ghiaccio d’acqua, soprannominato Alice.
“Questa collaborazione è stata l’occasione per studenti laureati di lavorare su un propellente rispettoso dell’ambiente che può essere utilizzato per il volo sulla Terra, e nelle missioni spaziali di lunga distanza. Questi tipi di progetti sperimentali hanno portato ad una nuova generazione di ingegneri aerospaziali che pensano fuori dagli schemi e cercano nuovi modi per la NASA per soddisfare i nostri obiettivi di esplorazione.”
ha dichiarato il capo ingegnere della NASA a Washington Mike Ryschkewitsch.
Alice può essere utilizzato come combustibile. Un razzo di meno di tre metri è stato lanciato ad un’altezza di 400 metri sopra la Purdue University nell’Indiana Scholer all’inizio di questo mese. Alice sta generando entusiasmo tra i ricercatori, perché questo propellente energetico ha il potenziale per sostituire alcuni propellenti liquidi o solidi. Quando è ottimizzato, si potrebbe avere un rendimento più elevato rispetto a quelli convenzionali.
Commento
(http://www.ecologiae.com/propellente-ecologico-razzi-aerei/8531/#acommentlist) (portando la freccia sul link il risultato è error 404, attenzione: il link apre la pagina)
“Con il finanziamento di tale ricerca in collaborazione con la NASA, la Purdue University e la Pennsylvania State University, continuano a promuovere la ricerca sulla base di scoperte per il futuro dell’Air Force” ha commentato il Dr. Brendan Godfrey, direttore dell’AFOSR. Alice ha la consistenza del dentifricio quando è costruita. Può essere modellata con degli stampi e poi raffreddata a -30° C 24 ore prima del volo. Il propulsore ha una elevata velocità di combustione e ha raggiunto una spinta massima di 650 libbre (300 kg) durante questo test. Conclude il Dott. Steven F. Son, un membro del team di ricerca della Purdue: “Una ricerca collaborativa sulla combustione in nanoscala di alluminio e di acqua nel corso degli ultimi anni ha portato al successo di questo volo. Alice può essere migliorato con l’aggiunta di ossidanti e diventare un potenziale razzo a propellente solido sulla Terra. Teoricamente, può essere prodotto in luoghi lontani come la luna o su Marte, invece di essere trasportato dalla Terra con costi elevati.”
http://www.ecologiae.com/propellente-ecologico-razzi-aerei/8531/
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Ambulatorio Popolare: una risposta dal basso alle leggi razziali
Da giovedì 1 Ottobre 2009 parte a Torino un ambulatorio popolare autogestito.
Si tratta di una risposta alle leggi “razziali” approvate da questo governo sul tema immigrazione; una risposta che arriva direttamente da medici e infermieri che per etica professionale e per rispetto della nostra costituzione hanno deciso di mobilitarsi in prima persona.
L’inaugurazione dell’ambulatorio popolare sarà giovedì 1 Ottobre alle ore 18,00 presso il Centro sociale occupato Gabrio, sito in Via Revello 5 a Torino.
Alla luce di questa esperienza viene spontaneo chiedersi che fine farebbe questo “bel paese” se non ci fossero persone che resistono all’imbarbarimento e che offrono gratuitamente il loro tempo, il loro sapere e le loro competenze per rendere servizio agli altri. Se possiamo gioire per la concretizzazione di questo progetto, allo stesso tempo non possiamo evitare di costatare con tristezza la necessità di un ambulatorio popolare per fornire le cure a coloro che se le vedono rifiutare dalle strutture preposte.
Segue comunicato ufficiale dell’inagurazione:
Inaugurazione ambulatorio popolare
Giovedì 1 ottobre ore 18,00
c/o Csoa Gabrio, Via Revello 5 Torino
La legge italiana garantisce il diritto alla salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettivita’ e garantisce cure gratuite agli indigenti, nell’articolo 32 della costituzione
Nonostante questo, l’accesso ai servizi sanitari non è sempre garantito e il percorso da intraprendere non è sempre chiaro per vari motivi:
– Iter burocratico
– Pagamento ticket e farmaci di fascia “C”
– Carenza di comunicazione adeguata
Le norme contenute nel “pacchetto sicurezza” contribuiscono a creare diffidenza e possibili trattamenti razzisti, nei confronti degli immigrati non in regola con le norme di soggiorno in Italia.
Queste considerazioni ci hanno portato a pensare ad un ambulatorio popolare autogestito in zona San Paolo, il quartiere più popolato della città di Torino, un quartiere che ha nelle proprie origini uan storia di accoglienza dell’immigrazione dal sud Italia, un quartiere operaio, che spesso si ritrova a fare i conti con i limiti del servizio sanitario.
Lo scopo dell’ambulatorio non è quello di sostituirsi alle strutture istituzionali esistenti, ma di fornire informazioni sui servizi disponibili sul territorio ed essere da guida per il loro utilizzo.
Siamo un gruppo di medici ed infermieri e ci rivolgiamo a tutti: italiani, stranieri regolari e non regolari, perché la salute è un diritto di tutte/i.
Forniamo gratuitamente consulenze, consigli, prestazioni infermieristiche:
Lunedi’ e Giovedi’ dalle ore 18:30 alle ore 20:30
presso il Centro Sociale Occupato Gabrio, via revello 5 – Torino
pulman 68 – 55 – 9
http://www.fabionews.info/View.php?id=7006
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Il primo ospedale eco-sostenibile d’Italia
L’Ospedale pediatrico Meyer di Firenze è la prima struttura ospedaliera italiana progettata e realizzata per ridurre le emissioni inquinanti nell’aria e che fa della sostenibilità ambientale il suo obiettivo principale.
Il Meyer aveva già dimostrato la propria sensibilità nell’affrontare i temi ambientali con soluzioni d’avanguardia, quando realizzò la “serra fotovoltaica”, che nel 2006 vinse il primo premio nel programma “Alta valenza Architettonica” bandito dal Ministero dell’Ambiente.
Oggi l’uso di celle fotovoltaiche, l’allestimento di giardini verdi sui terrazzi e sul tetto e tanti altri piccoli e grandi accorgimenti rendono il Meyer il primo Ospedale bio-sostenibile d’Italia. A tutto ciò, si aggiunge la scelta già adottata dalla Fondazione Meyer di avviare da subito il percorso di certificazione Bio-Habitat per tutto il verde che circonda l’Ospedale.
Un percorso che si traduce in impegni precisi quali, ad esempio, il non utilizzo di concimi di sintesi e di fitofarmaci nella cura del parco e il compostaggio degli scarti di manutenzione dell’area verde.
E’ stato anche recentemente inaugurato ”Il Giardino senza bua”, un giardino bio per i piccoli pazienti che coincide perfettamente con le scelte gestionali di tutela della salute, con arredi da giardino realizzati in materiali riciclati come i vasi di riso. Un giardino sostenibile dove si conduce la lotta alle zanzare in modo assolutamente bio, dove si produce biochar, una tecnica antica che utilizzando gli scarti del verde, genera gas formando come residuo un fertilizzante bio e dove si utilizzano le nanotecnologie applicate alla conservazione dei materiali da esterni (legno e pietre) capaci di evitare il degrado di panchine, fontane e pavimentazioni.
Fonte: Ufficio stampa Ospedale Pediatrico Meyer
settembre 2009
http://www.scienzaegoverno.org/n/068/068_03.htm
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Democrazia della Terra, Decrescita, Economia Solidale e Gilania: o tutto o niente
Nella mia limitata esperienza di associazionismo le donne sono molto presenti e attive. In associazioni animaliste quasi la prevalenza. Nel Gruppo di Acquisto Solidale poco meno.
Però penso che gli uomini, tutti ed in qualunque contesto, più che applicare le forzate quote rosa, dovrebbero smettere di ripararsi dietro il fatto che le donne rifuggono la politica e di farsi protagoniste, e tirarle dentro a forza. Gli uomini dovrebbero chiedere loro di più e ascoltarle con attenzione, imparare dal loro modo di vedere e agire, perchè siamo due mondi diversi, ma complementari, che si integrano: senza l’uno non esisterebbe l’altro, e viceversa.
Come ha ricordato Vandana Shiva in uno dei suoi tanti interventi a Bologna, la cultura dominante opprime la Natura e gli animali come opprime la donna, c’è una grande affinità tra le donne e la Natura, la Madre Terra: entrambe sono portatrici di Vita.
Non a caso per milioni di anni l’umanità in ogni dove ha venerato la Terra come la donna perchè fertile e feconda, donatrice di vita. Statuine della Dea, di donne gravide, di ogni forma e dimensione, sono state ritrovate in tutto il mondo, e sono state venerate fino a quando la società mutuale non è stata sopraffatta da quella dominatrice, quella che adesso sta portando ovunque morte e distruzione: l’attuale paradigma culturale dominante. Questo infatti ha contaminato le società in tutte le sue componenti: ideologie politiche, religioni, modelli economici e sociali; tutti con gli stessi valori di fondo e “modus operandi” gerarchico, maschilista, autoritario. Da allora il senso di Unità con la Natura e l’Universo è stato sostituito dal messaggio di separazione e dualità divino/terreno, l’amore ed il rispetto della Vita sono stati sostituiti dall’esaltazione della forza e dall’adorazione della morte; il piacere sacro sostituito dal piacere peccaminoso, la mutualità dalla competizione, la pace dalla lotta permanente verso tutto e tutti, e così via… Lo spiega bene Riane Eisler nel libro “Il calice e la spada”.
Certo, non esiste solo la donna, l’uomo ottiene successi in altri settori dove le donne non sono portate e il seme maschile feconda l’ovulo femminile… ma chi ha designato la Natura nel difficile compito di conservare la vita concepita per nove mesi, fino alla nascita?
Non sarà per questo che le donne, avendo il mestruo fin da bambine, constatando il loro potenziale creativo, sono più pacifiste e remissive? In quanto sanno più degli uomini cosa è la vita, portandola in grembo e sentendola parte di sè?
Non sarà per questo che le donne si sentono unite alla Natura mentre gli uomini sentono una separazione?
Non sarà per invidia che la metà maschile dell’umanità ha cominciato a sottomettere quella femminile e a considerarla inferiore?
Come per reazione ad un complesso d’inferiorità?
Non sarà per questo che la Chiesa ha bruciato vive e torturato milioni di donne e bambine con l’inquisizione, usurpandone gli uomini il millenario sapere di erboriste, levatrici, astrologhe? E che fino a solo quattro secoli fa considerava donne ed animali sullo stesso piano: senza anima e senza diritti?
Lo sanno tutto ciò coloro che si vantano perchè il cattolicesimo è una religione superiore all’islamismo?
Di questo olocausto di genere poco si parla, lo si nega o minimizza, come lo sterminio di ogni diverso: i nativi d’America, gli zingari e omosessuali nelle guerra mondiale, gli aborigeni in Australia e i Palestinesi ancora adesso, per dirne alcuni.
Solo che quella delle donne non è una minoranza, e questo rende la svista ancora più grave, quasi fosse una inevitabilità la discriminazione del sesso femminile. Non è così…
Natura, animali, donne sono i soggetti più sfruttati e oppressi da millenni. E se da un lato l’aggressività maschile e la sua opposizione e sfida alle forze della Natura sono necessarie per ottenere sviluppo di scienza e tecnologia, d’altro canto è necessario un bilanciamento, un equilibrio, attualmente inesistente, che le donne possono e devono apportare.
La Decrescita e l’Economia Solidale lasciano intravedere un futuro migliore per ognuno di noi, operano per un rispettoso e più equilibrato rapporto, con la Natura e gli animali. Pretendono un’economia a misura d’essere umano, rifiutando un indicatore esclusivamente monetario come il PIL, per misurare il benessere delle nazioni, sapendo che ci sono altri fattori infinitamente più importanti che producono felicità. Invocano la garanzia dei diritti essenziali, praticano già diverse forme di Democrazia Partecipata e dal basso, di Comunicazione Ecologica e gestione dei conflitti.
Ma se non sapremo, noi attori di questo staordinario cambiamento, introdurre tra i suoi valori anche il superamento della divisione di genere e nei suoi obiettivi la realizzazione di una società gilanica, allora il risultato che otterremo sarà parziale, miglioreremo si qualcosa, ma non costruiremo di un futuro davvero egualitario come protremmo invece fare.
Vi esorto a cominciare ad informarvi, autonomamente, su cosa voglia dire Gilania e cosa sono le società mutuali e matriarcali, come avete fatto per il Consumo Critico.
A capire qual’è realmente lo stato attuale delle donne, senza la passiva rassegnazione alla loro discriminazione; quale la loro importanza (censurata e falsata) nella storia e nella evoluzione dell’umanità: http://www.women.it/armonie/index_file/Page2335.htm
Ne scoprirete delle belle. Come Ippazia, scorticata viva per invidia della sua intelligenza. E come per i vestiti, le scarpe e i palloni prodotti da bambini nei paesi dove stiamo esportando il nostro modello di “”Sviluppo”, il “Progresso” e la “Civiltà”, vi chiederete come avete potuto fino ad ora ignorare tutto ciò, sull’altra metà dell’umanità.
Perchè non si potrà mai e poi mai creare una società giusta, equa, pacifica, se non saranno rappresentate nella giusta misura tutte le parti in causa: produttori e consumatori, cittadini e istituzioni, natura ed animali, donne e uomini (e perchè no, bambini e bambine, come insegna Alexander Neil, ne “I ragazzi felici di Summerhill”).
PS: Autrici consigliate: Riane Eisler (http://www.partnershipway.org/partnership-system/foundational-concepts/what-is-partnership) e Marja Gimbutas innanzitutto. Bibliografia: http://liste.retelilliput.org/wws/arc/res/2009-09/msg00041.html
Germano Caputo Licastro
www.germanuscaput.blogspot.com
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Beppe Grillo presenta movimento politico a “5 stelle” 04.10.2009
Reuters
Beppe Grillo ha presentato oggi il suo nuovo movimento politico, “Movimento a cinque stelle”, con liste civiche che si candideranno alle prossime regionali.
Ad un convegno in un gremito teatro Smeraldo di Milano — trasmesso in diretta streaming sul suo famoso blog — Grillo ha spiegato che il movimento sarà presente in Emilia Romagna, Piemonte e Campania (“dove possiamo avere possibilità di riuscita”), ma che sosterrà le liste che si vorranno presentare con i suoi simboli anche in altre regioni.
“Se ci saranno le (elezioni) politiche, il movimento c’è”, ha aggiunto. “Io probabilmente non farò il presidente… ho 61 anni… Voglio vedere gente di 30 anni prendersi questo paese”.
Grillo ha poi aggiunto che nelle liste del movimento non dovranno esserci condannati o persone che hanno avuto più di due candidature e che fanno parte di altri partiti.
Ha poi presentato il programma politico del movimento, che vuole la trasparenza amministrativa, il no ai condannati in Parlamento, provvedimenti per la riconversione energetica e l’accesso al Web.
Nel suo intervento, Grillo ha toccato svariati argomenti, ha difeso il leader dell’Idv Antonio Di Pietro, (“un monumento per quello che fa”, lo ha definito) e ha criticato la manifestazione sulla libertà di stampa che si è tenuta ieri a Roma.
La manifestazione “era stata rinviata dopo la strage di Kabul, ma è stata fatta ugualmente con oltre 20 morti a Messina. Ma che senso ha? La libertà di stampa non significa nulla”.
Nel luglio scorso, Grillo si era proposto come candidato a segretario del Partito democratico, ma il Pd ha respinto la sua candidatura .
http://it.notizie.yahoo.com/4/20091004/tts-oittp-grillo-movimento-ca02f96.html
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Informazione: Grillo, Manifestazione Con Morti Messina e Non Con Quelli Di Kabul
Milano, 4 ott. – (Adnkronos) – La manifestazione sulla liberta’ di stampa che si e’ tenuta ieri a Roma “era stata rinviata dopo la strage di Kabul, ma e’ stata fatta ugualmente con oltre 20 morti a Messina. Ma che senso ha?”. Lo ha dichiarato Beppe Grillo, oggi al Teatro Smeraldo di Milano per dare il via ufficiale al suo Movimento di liberazione nazionale. “La liberta’ di stampa non significa nulla”, ha affermato Grillo che ha ricordato come a Torino il suo movimento avesse promosso una manifestazione alla quale avevano partecipato 140mila persone al fine di indire un referendum per chiedere la fine dei finanziamenti pubblici ai giornali e l’abrogazione dell’Ordine dei giornalisti.
http://it.notizie.yahoo.com/7/20091004/tpl-informazione-grillo-manifestazione-c-e9595f1.html
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QUESTO PATTO NON SCOPPIA DI SALUTE
di Nerina Dirindin 02.10.2009
Il Governo ha finalmente proposto alle Regioni il nuovo Patto per la salute per il 2010-2011. Il documento è un mero aggiornamento di quello del 2006 e non tiene conto della mutata situazione economico-sociale né della legge sul federalismo fiscale. Ci sono molti adempimenti che hanno l’obiettivo di tagliare la spesa pubblica. Ma manca una strategia di politica per la salute. E non si affrontano seriamente neanche i problemi di efficienza, a partire dalla spesa farmaceutica, responsabile di buona parte dei disavanzi delle Regioni con squilibri di bilancio.
Lo scorso 8 settembre il Governo ha proposto alle Regioni un nuovo “Patto per la salute”, il documento con il quale dovrebbero essere definiti e condivisi gli obiettivi di governo del Servizio sanitario nazionale
TENSIONI GOVERNO-REGIONI
Più volte richiesta dalle Regioni, tanto che nel luglio scorso avevano sospeso tutti i tavoli di confronto in attesa di risposte chiare su questioni ripetutamente poste e mai affrontate dall’esecutivo Governo, la proposta rischia di peggiorare i rapporti istituzionali fra livelli di governo. (1)
Le Regioni hanno infatti immediatamente criticato la bozza perché squisitamente economica e perché sottostima il fabbisogno per il servizio sanitario per il 2010 di almeno 7 miliardi.
La proposta si limita ad aggiornare alcuni aspetti del precedente Patto del 2006, senza adeguarne i contenuti né alle esigenze dell’attuale fase storica, certamente molto diversa sotto il profilo economico e sociale, né agli orientamenti della nuova legge sul federalismo fiscale, nel frattempo approvata. (2)
Le tensioni rischiano di inasprirsi soprattutto sul tema delle risorse, riducendo così il confronto a una questione di mera rivendicazione di soldi, offuscando temi che, prima ancora dei soldi, dovrebbero impegnare il Governo e le Regioni in un vero patto per la tutela della salute, in particolare in quelle realtà dove l’assistenza sanitaria è ancora pesantemente carente.
Ma vediamo i contenuti della proposta del Governo.
PATTO PER LA SALUTE O PER IL CONTENIMENTO DELLA SPESA PUBBLICA?
Sul piano delle risorse, il Governo fissa il finanziamento per il 2010 in 104 miliardi di euro, una somma in valore assoluto inferiore (ancorché di poco) a quella fissata in precedenza per il 2009, nonostante l’impegno assunto dal presidente del Consiglio dei ministri il 1º ottobre 2008 a “stabilire regole e fabbisogni condivisi, nel rispetto dei vincoli generali previsti dal Patto europeo di stabilità e crescita, considerando che le Regioni valutano sottostimato il fabbisogno 2010-2011”.
Sul piano dei vincoli di bilancio, il Governo inasprisce gli adempimenti a carico delle Regioni prevedendo, in caso di squilibrio (già a metà anno, sulla base dei dati relativi al secondo trimestre), l’adeguamento del sistema dei ticket e l’abolizione di ogni forma di esenzione. La proposta dà attuazione all’articolo 79 della legge 133/2008 prevedendone una interpretazione estensiva: ricorso a ticket elevati, anche sui ricoveri ospedalieri, a copertura di “almeno il 75 per cento dello squilibrio rilevato”. Il che produce l’effetto di trasformare il ticket da strumento di promozione dell’appropriatezza e di consapevolezza del costo delle prestazioni, come storicamente inteso nel nostro paese, a strumento di vero e proprio finanziamento della spesa, grazie a un prelievo diffuso e iniquo, perché a carico soprattutto dei malati cronici, e nonostante l’impegno del Governo a non “mettere le mani nelle tasche dei cittadini”. Il superticket potrebbe inoltre ampliare il ricorso alle prestazioni private, il cui prezzo potrebbe risultare inferiore al ticket, vanificando così le previsioni di gettito senza peraltro produrre, nel breve, risparmi per il settore pubblico.
Sul fronte della non autosufficienza, un tema che vede l’Italia agli ultimi posti fra i paesi sviluppati per offerta di servizi, la proposta del Governo si limita a indicare livelli massimi di dotazione di posti letto in strutture residenziali per anziani, precisando che eventuali eccedenze resteranno a carico dei bilanci regionali, senza indicazioni per l’assistenza domiciliare e senza alcun impegno per il Fondo nazionale per la non autosufficienza.
Sull’assistenza ospedaliera, poco meno della metà della spesa sanitaria, il Governo impegna le Regioni a ridurre entro il 2011 la dotazione di posti letto accreditati a 4 per mille abitanti, rafforzando in tal modo il processo di de-ospedalizzazione dell’assistenza sanitaria. (3)
Sul personale, infine, il governo impegna le Regioni a una riduzione stabile delle consistenze organiche e rinvia a un successivo provvedimento la fissazione di parametri per l’attivazione di strutture apicali e di posizioni organizzative (di responsabilità), parametri che dovrebbero essere estesi anche alle realtà universitarie.
In sintesi, molti adempimenti con l’obiettivo di tagliare la spesa pubblica e nessuna strategia di politica per la salute, salvo la semplice conferma del Piano nazionale per la prevenzione. Un Patto poco coraggioso, che non affronta seriamente neanche i problemi di efficienza, in teoria cari al centrodestra, a partire dalla spesa farmaceutica, responsabile di buona parte dei disavanzi delle Regioni con squilibri di bilancio.
CHE COSA NON C’È NELLA PROPOSTA DEL GOVERNO
Il “Patto per la salute” proposto dal Governo è criticabile non tanto per quello che dice, ma piuttosto per quello che non dice.
Un Patto per la salute degno di questo nome non può infatti non proporre una strategia per potenziare i servizi territoriali a favore degli anziani non autosufficienti, la cui cura grava ancora pesantemente sulle famiglie, così come non può non partire da una serena analisi critica delle azioni fino ad ora messe in campo per garantire, anche ai cittadini di molte regioni del Centro Sud, un adeguato accesso a prestazioni sanitarie di qualità. Il governo centrale, responsabile della garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni su tutto il territorio nazionale, potrebbe cogliere l’occasione dell’avvio del processo di attuazione del nuovo titolo V della Costituzione, grazie alla legge sul federalismo fiscale, per superare il mero approccio economico, pur sacrosanto, al problema delle realtà in disavanzo e disegnare – insieme alle Regioni – un rinnovato percorso di tutela dei diritti dei residenti nelle Regioni in disavanzo. L’esperienza degli ultimi anni ha infatti dimostrato che i vincoli di bilancio da soli non sono sufficienti a costringere le Regioni meno virtuose a programmare una sanità sobria ed estranea agli interessi particolari, siano essi economici, professionali, partitici o condizionati dalla criminalità.
(1) Sul confronto Regioni-Governo si veda http://www.regioni.it/upload/LettErraniBerlusconi020709.pdf
(2) Non a caso l’assessore alle Finanze della Regione Lombardia, Romano Colozzi, teme che il Patto diventi la tomba del federalismo. http://www.regioni.it/mhonarc/readsqltop20.aspx
(3) Attualmente la dotazione di posti letto accreditati è di 4,5 per mille abitanti: vedi http://www.ministerosalute.it/resources/static/nuovoPrimoPiano/178/Strutture_e_posti_letto.pdf
http://www.lavoce.info/articoli/pagina1001307.html
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L’Italia, il Paese delle «tragedie annunciate» 04.10.2009
«La situazione era nota, ma non si è potuti intervenire per mancanza di fondi».
Questa è la dichiarazione rilasciata dal sindaco di Messina, Giuseppe Buzzanca, nel corso di un’intervista.
Da un’emergenza all’altra sono sempre i sindaci i primi a essere messi sul banco degli imputati, e sono anche ricorrenti alcune frasi, a volte le stesse parole, indipendentemente dai luoghi e dal tipo d’emergenza in atto, quasi come se ci fosse un comune denominatore che rende le emergenze uguali fra di loro. Ma quali sono queste frasi ricorrenti e cos’è che le accomuna?
«Una tragedia annunciata», «Mancano i fondi», «Rimpallo di responsabilità», «I sindaci non ci stanno a fare da capro espiatorio», «I fondi sono stati stanziati ma le Regioni non li hanno utilizzati». Queste frasi le sentiamo in tv e le leggiamo sui quotidiani stampati e on line in occasione delle varie emergenze, delle c. d. «tragedie annunciate»: nel Vajont, a L’Aquila, a Sarno e ora anche a Messina. Ma lo stesso ritornello dei soldi che non ci sono si ripropone quando si parla di emergenza rifiuti, di bonifica dei depositi abusivi di amianto, degli incendi estivi. Nell’Italia delle «tragedie annunciate» c’è un altro filo conduttore, quello delle responsabilità senza responsabili, come nel caso del disastro del treno al Gpl che ha messo a ferro e fuoco Viareggio.
La tragedia di Messina: cause e responsabili
Nel caso di Messina vengono messe sotto i riflettori le costruzioni abusive e l’eccezionalità dell’evento meteorologico, dimenticando che esse eventualmente sono delle concause, che hanno contribuito a determinare la «tragedia annunciata», perché molte case che sono state cancellate dal fango c’erano anche trecento anni fa.
Le cause all’origine delle valanghe di fango sono rappresentate dalle colline sovrastanti i paesi coinvolti dagli eventi franosi. Queste colline una volta erano coltivate, contribuendo a mantenere la stabilità del terreno e la regimentazione delle acque, ma c’erano anche i boschi e il sottobosco che davano compattezza alle colline stesse e rallentavano lo scorrimento delle acque piovane. Oggi nessuno lavora nelle campagne, perché non è più redditizio, e i boschi non ci sono più a causa degli incendi provocati ad arte per creare del buon pascolo.
A questo punto non ha senso cercare un colpevole perché tutti siamo responsabili di mancanza di educazione civica: dal politico all’amministratore, dall’incendiario all’abusivo, dal funzionario preposto al controllo a chi ha condonato a chi non ha demolito o fatto demolire.
Le tragedie minori
Come nelle altre «tragedie annunciate» c’è un ventaglio di cause e concause e di responsabilità, attuali e storiche, ma ci sono «tragedie annunciate» che hanno dignità sociale e altre che hanno una valenza sociale minore. Mi riferisco alle «tragedie annunciate» del randagismo, alle morti da esso causate. Anche in questo caso si è parlato appunto di «tragedia annunciata» (il senso di questo termine è terribile, perché vuole intendere che si sapeva e che non si è fatto niente!), di «mancanza di fondi», di «responsabilità dei sindaci», esattamente come nelle altre «tragedie annunciate». Quando si parla di randagismo, tuttavia, si dice che è «il problema dei cani» e non si vuole capire che anch’esso rientra tra quei problemi sociali, di mancanza di educazione civica e di incapacità dell’uomo a comprendere e ad affrontare i cambiamenti. QUANTI MORTI AMMAZZATI DA CANI RANDAGI CI VOGLIONO PER ACCENDERE L’INTERESSE DELLE ISTITUZIONI E AMMINISTRAZIONI?
Dott. Gaspare Petrantoni
http://www.comunemio.it/blog/litalia-il-paese-delle-tragedie-annunciate
E in Giappone non crolla mai nulla.
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