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L’Euro entra nel Club dell’Inflazione
All’inizio dello scorso anno scrivemmo che la Banca Centrale Europea sarebbe prima o poi capitolata alle pressioni per adottare una politica inflazionistica. Ciò è ora avvenuto ufficialmente il 7 maggio, quando il governatore Trichet ha annunciato che la BCE comincerà ad acquistare obbligazioni ipotecarie emesse dalle banche, a partire da giugno. Si parla di una prima tranche di 60 miliardi di euro. Al contempo, la BCE ha abbassato i tassi all’1%, il livello più basso in assoluto nella storia europea.
Questa mossa è stata considerata una svolta strategica di quello che era il tempio dell’ortodossia monetaria, soprattutto a causa della posizione tedesca. In realtà, la BCE persegue da tempo una tacita espansione monetaria, avendo aumentato il proprio bilancio del 40% dall’agosto 2008. Esso supera attualmente i 2 trilioni di euro ed è perciò più grande di quello della Federal Reserve (che è di 2,3 trilioni di dollari).
Tutto ciò ribadisce l’assurdità del sistema Euro. La BCE, una ONG a tutti gli effetti, non può – secondo il trattato di Maastricht – acquistare titoli di debito pubblico, nonostante essi siano garantiti dalle entrate fiscali. Ma può acquistare carta finanziaria senza valore sul mercato. L’Art. 18 dello statuto della BCE afferma che l’istituto di Francoforte può “operare sui mercati finanziari, comprando o vendendo titoli o prestando o prendendo in prestito titoli e strumenti negoziabili”. Ma chi decide se i titoli sono “negoziabili”? Se è il mercato, allora la BCE non può comprare alcun titolo. E chi se ne frega – tanto il Trattato di Maastricht prevede anche il salvataggio della BCE: se questa incorre in perdite, può attingere al suo fondo generale, e se il fondo non basta, intervengono le banche centrali.
Il “passaggio del Rubicone” della BCE è la conseguenza del consenso raggiunto al disastroso vertice del G20 a Londra il 1-2 Aprile. Come hanno riferito fonti altolocate all’EIR, la “exit strategy” adottata a quel vertice passa per una politica di “inflazione controllata” onde temperare l’iperindebitamento degli stati che si accollano i salvataggi bancari. Di fatto, questa politica scatenerà l’iperinflazione.
Mentre pochi sembrano capirlo, certi ambienti tedeschi suonano il campanello d’allarme. La Germania fu costretta a cedere il marco, la moneta più solida della storia, in cambio di quello che ora viene trasformato in denaro da Monopoli . Il ben noto spettro dell’iperinflazione di Weimar bussa alla porta.
Il 5 maggio la diffusa rivista tedesca Focus ha pubblicato un servizio di copertina dedicato all’inflazione, illustrandola con una mano che tiene delle banconote che si sciolgono. L’articolo è abbastanza dettagliato, e ricorda che nel 1923 un panino poteva costare 14 milioni di Reichsmark un giorno e 18 milioni il giorno dopo, quando i negozi non accettavano più il valore nominale delle banconote dopo le dodici, perché quella era l’ora in cui la banca centrale fissava quotidianamente il valore del denaro. La gente era costretta a trascinare valigie piene di soldi per fare la spesa. I redditi da lavoro si assottigliavano allo stesso ritmo.
La rivista aggiunge un chiaro avvertimento ai lettori, di non farsi ingannare da certe attuali tendenze deflazionistiche, perché l’inflazione è dietro l’angolo. E’ esattamente ciò di cui ha recentemente ammonito LaRouche: ora inflazione, e poi, iperinflazione (cfr. SAS 18/09).
Offensiva del movimento di LaRouche in Europa
Germania. Helga Zepp-LaRouche ha inaugurato la campagna del BueSo alle elezioni europee, con una manifestazione pubblica a Berlino il 5 maggio dedicata alle soluzioni della crisi economica e alla necessità di creare una “Commissione Pecora”. Con lei sul podio era il noto economista “euroscettico” Wilhelm Hankel.
Il BueSo, il Movimento Solidarietà tedesco, ha prodotto uno spot televisivo di 90 secondi che sarà trasmesso su due canali pubblici e (in versione audio) su varie stazioni radio regionali. Tra l’altro, lo spot annuncia che la crisi “continuerà non-stop, finché non avverrà un cambiamento fondamentale nel sistema finanziario… c’è una via d’uscita: abbiamo bisogno di una riorganizzazione fallimentare ordinata per i rifiuti tossici posseduti dalle banche e il cui volume complessivo è ora stimato a 1 quadrilione di dollari… il mercato è fallito. Ora abbiamo bisogno di un nuovo ordine economico mondiale e di un rinascimento morale e culturale. Perciò, votate BueSo, il partito che ha previsto il collasso e ora possiede l’unica soluzione possibile!”
Svezia. Poiché né il governo né l’opposizione offrono un’idea convincente di come tirare la Svezia fuori dalla depressione economica, il campo è aperto per idee nuove e non convenzionali, come quelle discusse il 21 aprile al congresso di partito dell’EAP, il partito di LaRouche in Svezia. Il presidente del partito, Hussein Askary, ha presentato le liste elettorali e dato un resoconto della sua recente visita in Sudan, dove è in costruzione un grande progetto infrastrutturale attorno al progetto della Diga Merowe.
L’EAP ha stampato 50 mila copie dell’opuscolo elettorale di Ny Solidaritet, con l’appello per una Commissione Pecora e un altro appello per salvare le capacità produttive dell’industria automobilistica, riconvertendole nella produzione di trattori, macchine da costruzione e altri veicoli per grandi progetti di sviluppo in Africa. Attualmente in Svezia 140 mila posti di lavoro sono minacciati nel settore dell’auto.
In Svezia, come in altri paesi europei, il movimento di LaRouche conduce una campagna contro il Trattato di Lisbona e l’Euro. La Svezia, pur essendo membro dell’UE, non appartiene all’Eurozona, dopo che la popolazione ha respinto la moneta unica in un referendum nel 2003.
Danimarca. Qui il movimento di LaRouche è rappresentato dallo Schiller Institute, che alla fine di aprile ha invitato Helga Zepp-LaRouche la quale, davanti a un folto pubblico di Copenhagen ha descritto il ruolo cruciale del consorte Lyndon nella lotta per liberare la presidenza USA dalla rovinosa influenza dell’oligarchia finanziaria anglo-olandese.
In aggiunta a incontri privati con autorevoli politici, la signora Zepp-LaRouche ha avuto un incontro di politica estera con un gruppo di diplomatici e ha dato una conferenza stampa al centro internazionale del ministero degli Esteri danese il 29 aprile. L’agenzia russa Itar-Tass ha pubblicato una lunga nota sulla conferenza stampa, scrivendo: “La crisi economica mondiale non è ‘né una recessione né una depressione, ma il collasso di un sistema finanziario speculativo incredibilmente inflazionato’, ha affermato Helga Zepp-LaRouche (…) Ella ha proposto la formazione di una ‘nuova architettura finanziaria internazionale’. L’attuale crisi economica, ha detto, è il risultato dell’operare di una economia da bisca, che ha portato alla globalizzazione senza freni e al capitalismo predatorio”. Il dispaccio poi riferisce dei suoi moniti sull’iperinflazione, delle sue proposte per una nuova Bretton Woods e la necessaria svolta verso l’economia reale. Esso menziona anche il fatto che “Lyndon LaRouche e sua moglie hanno più volte visitato la Russia. Lo studioso americano apprezza grandemente l’opera di Mendeleyev e Vernadsky, che hanno influenzato il suo sistema di pensiero”.
Poco dopo queste iniziative a Copenhagen, che erano centrate sull’urgenza di una Commissione Pecora e di un nuovo Sistema di Bretton Woods, un parlamentare della Sinistra Unita, Frank Aaen, ha proposto la creazione di una commissione parlamentare d’inchiesta sulle cause e i responsabili della crisi finanziaria. L’on. Aaen è presidente della Commissione di Politica Economica del Parlamento, di fronte alla quale ha recentemente testimoniato il presidente dello Schiller Institute danese, Tom Gillesberg.
Francia. I costi esorbitanti di una campagna elettorale europea in Francia hanno reso impossibile per Solidarité et Progrès presentare una lista. Comunque, il movimento di LaRouche interviene attivamente nel processo elettorale, ad esempio con una ristampa della sezione dedicata all’Europa del Progetto contro i poteri ricattatori del fascismo finanziario, presentato da Jacques Cheminade nella campagna presidenziale del 2006-2007. In esso, Cheminade denuncia la follia della bolla finanziaria e parla del crac imminente.
La Connection Britannica nell’assassinio di Mattei
In coincidenza con la riuscita fiction sulla vita di Enrico Mattei, andata in onda con gran successo di pubblico il 3 e 4 maggio, il quotidiano La Repubblica ha pubblicato un vistoso articolo a firma di Filippo Ceccarelli, sulle carte segrete del Foreign Office britannico su Mattei e sull’ENI. Le carte mostrano che Mattei viene visto come un grande pericolo per gli interessi coloniali britannici, fino alla vigilia del suo assassinio, il 27 ottobre 1962. Le carte, pubblicate dallo storico Giuseppe Cassarrubea, non aggiungono fondamentalmente niente di nuovo a quanto pubblicate già nel 1995 dall’ex collaboratore di Mattei ENI Benito Livigni, ma assieme allo sceneggiato hanno destato un salutare interesse pubblico sulla verità storica che riguarda il nostro paese.
Ettore Bernabei, produttore della fiction L’uomo che guardava al futuro, ha dichiarato al Corriere della Sera che Mattei fu eliminato perché “colpiva interessi in Nord Africa, dove sosteneva i movimenti di liberazione dal colonialismo”.
Uno dei documenti ripubblicati da Casarrubea, scritto dal funzionario del Foreign Office A.A. Jarrett il 7 agosto 1962, afferma che l’ENI “sta diventando una minaccia crescente agli interessi britannici, non nel senso commerciale… ma nel senso politico di far leva sulla latente sfiducia verso le imprese occidentali in molte parti del mondo”.
In un altro rapporto dell’ambasciata britannica a Roma al Foreign Office datato 8 agosto 1961, si afferma che “Mattei può creare problemi per noi nel mondo arabo… Mattei intende entrare nel mercato africano”. Per far ciò, egli è fiducioso che i paesi africani si liberino del colonialismo e “taglino i loro legami tradizionali con la Gran Bretagna. A quel punto, Mattei entrerà in scena”.
L’ambasciatore Ashley Clarke scrive, in un rapporto segreto datato 27 settembre 1961, che i problemi sono non solo di natura commerciale, e cita il fatto che il governo iracheno ha avviato contatti con Mattei. Su richiesta del “governo di Sua Maestà”, Clarke riferisce di aver esercitato pressioni sul governo Fanfani perché fermi l’intervento di Mattei in Irak.
Clarke fu sostituito poche settimane prima della morte di Mattei, ma non lasciò l’Italia. Fondò il “Venice in Peril Fund”, precursore delle organizzazioni ambientaliste e testimone dell’appartenenza a quello che già ai tempi di Swift in Inghilterra si chiamava il “partito veneziano”.
Contrariamente a quanto afferma una larga pubblicistica ideologizzata, Mattei costituiva un casus belli politico non per il governo degli Stati Uniti ma per quello britannico. Mentre la Casa Bianca non ha mai appoggiato e spesso avversato l’ostilità delle compagnie petrolifere nei confronti di Mattei (si vedano le dichiarazioni di Eisenhower riportate da Giuseppe Accorinti), il governo di Sua Maestà era impegnato a mantenere il ruolo finanziario dell’Impero Britannico nel mondo, incardinato sulla sterlina come valuta commerciale il cui valore era agganciato al petrolio. Il processo di decolonizzazione appoggiato dagli USA e in fase di rapida accelerazione proprio all’inizio degli anni sessanta, vedeva Londra impegnata a mantenere i legami economici dei nuovi stati indipendenti, e soprattutto il sistema delle preferenze commerciali. E’ chiaro che l’azione di Mattei minacciava di far saltare il “Piano B” con cui l’Impero Britannico mirava alla sopravvivenza.
Come ha sottolineato Benito Livigni in una conversazione con l’EIR, Mattei stava negoziando una partnership strategica con l’amministrazione Kennedy, dal carattere esplicitamente anti-britannico. Di particolare importanza al riguardo è il rapporto scritto dal sottosegretario USA George Ball al Presidente Kennedy nell’estate del 1962, dopo aver incontrato Mattei a Roma. Il documento afferma che in caso di una contrapposizione USA-Gran Bretagna, Mattei e il Presidente Gronchi si sarebbero sicuramente allineati con gli Stati Uniti, mentre altri leader europei si sarebbero schierati con Londra, così come era precisamente avvenuto nel 1956, in corrispondenza alla crisi di Suez.
Questo documento, assieme alle carte del Foreign Office, pone l’assassinio di Mattei e persino quello di Kennedy nella giusta prospettiva storico-strategica, quella di una reazione omicida dell’Impero Britannico contro il potenziale riavvio della politica anticolonialistica di Franklin Delano Roosevelt, che sia Mattei che Kennedy rappresentavano.
LaRouche: Summers cerca di manipolare Obama
Il 29 aprile il consigliere economico di Obama, Larry Summers, ha pronunciato quello che riteneva un discorso ufficiale, poi smentito dal Presidente, nel corso di un ricevimento all’ambasciata israeliana a Washington. Stando al resoconto pubblicato dal quotidiano israeliano Haaretz, confermato da testimoni oculari, Summers ha promesso che il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu sarebbe stato ricevuto caldamente durante la sua imminente visita alla Casa Bianca e che il Presidente non avrebbe esercitato alcuna pressione su Israele per firmare un accordo di pace “ad ogni costo”. Ha aggiunto che l’amministrazione auspica solo una pace che “non premi il terrorismo”.
Il presunto intervento ufficiale di Larry Summers ha fatto scalpore. I funzionari israeliani l’hanno accolto come un segnale del fatto che l’amministrazione Obama abbia cambiato politica, abbandonando le pressioni annunciate su Netanyahu affinché accettasse l’idea di una soluzione con due stati, e della restituzione delle alture del Golan in cambio di un accordo di pace con la Siria.
All’interno dell’amministrazione Obama le dichiarazioni di Summers hanno suscitato una miriade di proteste dietro le quinte, in particolare dal Segretario di Stato Hillary Clinton e dall’inviato in Medio Oriente George Mitchell, entrambi furiosi all’idea che Summers li avesse scavalcati assicurando a Netanyahu che se la sarebbe cavata con i suoi espedienti per sovvertire un serio processo di pace.
Stando a fonti vicine all’amministrazione, sia Hillary Clinton che Mitchell sono ancora “su tutte le furie” per il modo di fare di Summers, che non solo contraddice espressamente tutta la politica presidenziale così come essa era stata definita, ma solleva un dubbio concreto sul fatto che il Presidente abbia effettivamente autorizzato il suo consigliere economico, notoriamente filo-Likud, a scavalcare il Dipartimento di Stato ed i consiglieri di sicurezza nazionale offrendo a Netanyahu quello che voleva.
Fonti della comunità di intelligence dubitano che le osservazioni di Summers siano state pienamente approvate dal Presidente e dai suoi consiglieri chiave. Si chiedono se questa non sia la tipica fuga in avanti di Summers, nel tentativo premeditato di costringere il Presidente a cambiare politica alla vigilia dell’incontro annuale della lobby israeliana ufficiale, l’AIPAC (American Israel Public Affairs Committee,) e della visita ufficiale di Netanyahu alla Casa Bianca.
Lyndon LaRouche, dopo la sua webcast internazionale dell’11 aprile 2009, in cui metteva in guardia dal “complesso neroniano” del Presidente, che soffoca sul nascere tutte le critiche, per quanto valide, ha ammonito che se l’iniziativa di Summers effettivamente riflettesse le vere intenzioni del Presidente, essa costituirebbe una grave rottura con la politica estera del Segretario di Stato Clinton e tutto il team di sicurezza nazionale, che rappresentano il meglio dell’amministrazione Obama.
Alcuni giorni dopo, LaRouche ha ammonito che se il Presidente non avesse ripudiato Summers, il quale stava chiaramente tentando di manipolarlo, avrebbe provocato un rapido crollo della sua presidenza. Summers, ha commentato, “cercava col suo bluff di far accettare al Presidente la sua politica su Israele. Agiva partendo dal presupposto di riuscire a lavare il cervello del Presidente. Tuttavia, Obama non si è prestato al gioco. Quello che Summers non capisce è che il Presidente può prendersela con qualcuno se capisce che sta cercando di manipolarlo”.
Fonti della comunità di intelligence riferiscono che Larry Summers esce indebolito da questa vicenda. Ma resta al suo posto, e i suoi tentativi di manipolare il Presidente ad accettare una politica economica disastrosa, dettata dall’oligarchia finanziaria di Wall Street e della City di Londra, sono sostenuti da altri consiglieri economici alla Casa Bianca, quali Peter Orszag.
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Se 2,5 milioni vi sembrano pochi
di Cristina Tajani
Ricercatrice, Università degli Studi di Milano e CGIL Milano)
11 Maggio 2009
Sono tanti o sono pochi 2,5 milioni di individui in condizione di povertà assoluta censiti dall’Istat nel 2007?
Secondo Orazio Carabini, in un editoriale del Sole 24 Ore del 24/04/09, i dati sulla povertà assoluta pubblicati a fine aprile dall’Istat[1] e la contemporanea indagine della Banca d’Italia sulla distribuzione della ricchezza[2], smentirebbero la diffusa percezione di impoverimento del ceto medio e di aumento delle disuguaglianze che gli italiani avvertono. O meglio, non la confermerebbero se non in minima misura. Infatti i dati dell’Istat ci dicono che dal 2005 al 2007 l’incidenza della povertà assoluta è rimasta pressoché stabile, coinvolgendo circa il 4% delle famiglie e oltre 2 milioni di individui. La Banca d’Italia, da parte sua, segnala che il nostro paese, pur collocandosi a livello internazionale tra gli stati con il più alto livello della povertà e della disuguaglianza nei redditi familiari, non ha visto nell’ultimo quindicennio un sensibile inasprimento delle disuguaglianze (registrabile, invece, se si osserva l’ultimo trentennio, come documentato in diversi contributi presenti su questa stessa rivista[3]).
Continua qui:
http://www.economiaepolitica.it/index.php/distribuzione-e-poverta/se-25-milioni-vi-sembrano-pochi/
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Se cambia colore sta per rompersi
Messi a punto materiali che cambiano colore se sottoposti a stress troppo intensi, segnalando quando stanno per spezzarsi. Lo studio su Nature
Un materiale che cambia colore quando sta per rompersi: rosso se viene stirato, porpora se viene compresso. Lo hanno messo a punto gli ingegneri dell’Università dell’Illinois di Urbana-Champaign (Usa), che lo presentano questa settimana su Nature.
Alla base vi è una nuova famiglia di polimeri, la cui peculiarità è quella di inglobare una classe di molecole organiche – chiamate meccanofori – in grado di rispondere a determinati stimoli meccanici esterni modificando la propria struttura e di segnalare l’eccessivo carico di tensione. In questo caso cambiando colore.
Continua qui:
http://www.galileonet.it/news/11510/se-cambia-colore-sta-per-rompersi
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La firma della materia oscura
L’abbondanza di positroni rilevata dall’esperimento Pamela potrebbe essere la prova dell’esistenza di questa enigmatica materia
Un’anomalia nel rapporto tra il numero di positroni e quello di elettroni presenti nello spazio sarebbe l’indizio dell’esistenza della materia oscura. A rivelarla sono stati i dati elaborati da Pamela (Payload for Antimatter Matter Exploration and Light – nuclei Astrophysics), un esperimento internazionale coordinato dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare il cui strumento di rilevazione si trova a bordo di un satellite russo, ora riportati su Nature.
Continua qui:
http://www.galileonet.it/news/11372/la-firma-della-materia-oscura
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Riforma Gelmini dell’Università in anteprima: rinnovamento a costo zero o macelleria sociale?
di Gennaro Carotenuto
Il testo del disegno di legge delega che riforma profondamente l’Università italiana sarà portato dal Ministro Mariastella Gelmini nell’imminente prossimo consiglio dei ministri per andare quindi in Parlamento. Non se ne parla affatto perché sta bene un po’ a tutti, governo, opposizione e perfino alla conferenza dei Rettori.
Ma è bene che se ne discuta nel paese perché concerne il principale strumento che ha l’Italia per restare nella pattuglia dei paesi più avanzati. Affossato (o affossatosi o era semplicemente un miraggio) il movimento dell’Onda, il dibattito nelle università e nel paese è stato in questi mesi azzerato per trasferirsi in ristrettissime commissioni vicine al ministro.
Ma il progetto Gelmini rappresenta un cambio paradigmatico della nostra università. Questa diviene una sorta di mostro unico al mondo, né privata né pubblica, ovvero resta pubblica ma il controllo viene assegnato ai privati. Inoltre, come già successo per la scuola, minaccia di bruciare un’intera generazione di giovani ricercatori. Giornalismo partecipativo ha letto in anteprima il testo del disegno di legge e lo analizza punto per punto.
L’Università come parafulmine
La prima cosa che salta all’occhio è lo specchietto per le allodole di un “articolo uno” che dà sei mesi di tempo alle Università per dotarsi di codici etici e norme contro il conflitto di interessi. L’Università intera sarebbe una Cayenna di corruttele e sprechi ma Mariastella Gelmini è disposta a contare fino a tre per farci uscire in fila indiana con le mani dietro la nuca prima di bombardare. È con questo argomento che tra qualche giorno verrà presentata la riforma all’opinione pubblica: finalmente il governo mette fine alle porcherie dell’Università. Sarà vero?
Continua qui:
http://www.gennarocarotenuto.it/7797-riforma-gelmini-delluniversit-in-anteprima-rinnovamento-a-costo-zero-o-macelleria-sociale/
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Franco Berardi, per Rekombinant
L’estetica d’Europa
Place de l’Europe, a Parigi, è una piazza sopraelevata in cui le rue
de Vienne, di Londres, di Saint Petersburg e di Costantinopoli,
fantasmi imperiali del passato si incontrano in un luogo senza
fascino.
A Bologna hanno costruito una porta d’Europa. E’ un orrendo casermone
in forma di ponte di fronte all’entrata della Fiera, in una zona
deturpata dallo stile Lega-Coop. Chi viene da nord-est, lungo via
Stalingrado se la trova di fronte a un certo punto dove impedisce di
vedere la collina di San Luca.
L’immagine d’Europa è frigida per definizione. L’estetica europea ha
un carattere asettico ed anti-passionale di cui è facile comprendere
le ragioni: l’Europa è nata anzitutto come esorcismo contro le
passioni del nazionalismo. In questo trova la sua radice progressiva.
Dimenticare il romanticismo è l’imperativo costitutivo dell’Unione
europea.
Il mito fondativo è cancellato nella memoria europea. L’otto maggio è
giorno festivo in Francia, ma in Italia pchi sanno cosa è successo
l’otto maggio del ’45.
In un articolo sul Belgio come metafora d’Europa Eve Charrin parla
della crisi di identità che perseguita il Belgio come metafora della
crisi di identità che perseguita l’Europa dalla sua origine, e che
oggi rischia di divenire paralizzante (La vertige vertige de l’Europe,
ESPRIT, mars avril 2009).
“Non è un caso né un’aberrazione, scrive Charrin, se il centro
d’Europa è un piccolo paese diviso in due, dall’identità indefinibile,
la cui sopravvivenza è problematica…. Lungi dall’essere un’incongrua
arretratezza al cuore di un’Europa moderna, la dislocazione del Belgio
è ultramoderna.”
Ma il punto essenziale del ragionamento svolto da Eve Charrin è un altro:
“L’Europa è la pace, l’Europa è la prosperità. Questi luoghi comuni
dei vertici europei indicano che i valori delle gilde fiamminghe sono
quelli della modernità europea.”
L’estetica europea rispecchia questo sentimento pragmatico, senza retorica.
“Granito, vetro e cemento, espressioni di un potere di deprimente
neutralità architettonica.…
Qui, al centro nevralgico d’Europa, sta il grado zero dello spazio
pubblico. Questa modestia senza grazia è un modo di pretendere che non
si faccia della politica, ma della gestione.”
La tesi di Eve Charrin è interessante e lucida, descrive bene la
storia d’Europa degli ultimi decenni.
L’ identità d’Europa consiste nella prosperità. Finché ha potuto
garantire un livello di prosperità crescente nel tempo, fin quando la
rigida legge monetarista ha permesso all’economia di crescere,
l’Europa ce l’ha fatta.
Ma adesso?
La costruzione europea ha preferito identificarsi con l’immagine
funzionale dei banchieri piuttosto che attraverso l’adesione a
progetti politici, a grandi visioni ideologiche, a personalità
carismatiche.
Finora ha funzionato ma ora è il momento di chiedersi: sopravviverà
l’Europa al collasso finanziario ormai avvenuto e ai rivolgimenti
economici che si sono avviati dal momento che l’unico elemento
unificante è stata l’architettura finanziaria?
La costruzione europea è una finzione democratica regolata da un
organismo autocratico, la Banca Centrale Europea. Mentre la Fed e la
Banca d’Inghilterra hanno abbassato i loro tassi praticamente a 0% la
BCE li ha abbassati soltanto all’1.25%. Mentre la Fed nel suo statuto
ha l’obiettivo della stabilità dei prezzi e del pieno impiego, lo
statuto della BCE ha un unico obiettivo: evitare l’inflazione, anche
se questo comporta una caduta dell’occupazione. Questa paura
dell’inflazione è oggi del tutto irrazionale dato che la tendenza è
verso una deflazione.
Ma questa politica non può essere influenzata dalla volontà della
popolazione, dal momento che per statuto la BCE non risponde alle
autorità politiche. Per questo i cittadini considerano le elezioni
europee come un momento in cui regolare affari interni, una sorta di
sondaggio sulle scelte politiche nazionali. E’ evidente a tutti che il
Parlamento europeo non ha alcun potere sulle questioni sociali ed
economiche, dunque non conta nulla.
Coscienza americana
Paradosso: la costruzione europea ha seguito una linea direttrice a
livello economico: diventare come gli Stati Uniti d’America. Ridurre
la spesa sociale, ridurre il costo del lavoro, ridurre le tasse,
favorire il profitto d’impresa. Ma ora che il modello americano viene
abbandonato negli Stati Uniti d’America, può l’Europa insistere nel
suo solitario fanatismo neoliberista?
Se paragoniamo l’atteggiamento della Banca europea e del ceto politico
dei paesi europei con l’atteggiamento dell’amministrazione americana,
la differenza è evidente.
La coscienza americana ha registrato la drammaticità della situazione.
Una riflessione radicale è iniziata nel mondo intellettuale americano,
sulle riviste, sui quotidiani intelligenti. La coscienza europea
invece respinge l’evidenza. Continua a considerare indiscutibile il
dogma della privatizzazione, del rigore dei bilanci, della riduzione
del costo del lavoro. Persiste dogmaticamente nella direzione che ci
ha portato qui.
Il problema è che la coscienza dei movimenti si è spenta, in Europa.
Non esiste più né il movimento della pace, né il movimento
anti-corporation, che pure fiorì nei primi anni duemila, da Bologna
NoOCSE a Praga no WTO Genova NoG8.
Non esiste più in’intellettualità capace di prendere la parola, di
fare proposte coraggiose, di dire la verità.
Impressionante la differenza tra la vivacità e l’immaginazione
dell’intellettualità americana, se paragonata alla viltà, al cinismo,
all’apatia degli intellettuali degli scrittori dei giornalisti
europei.
Su TIME (non propriamente una fanzine radical) è uscito un servizio di
Kurt Andersen che si chiama the End of Excess (Why the crisis is good
for America) in cui si dice fra l’altro: “Non fingiamo di non aver
visto che questa crisi si è preparata da lunghissimo tempo.”
E ancora: “Quelli di noi che sono abbastanza vecchi da ricordare la
vita prima che cominciassero i ventisei anni della baldoria,
passeranno probabilmente il resto della loro vita a cercar di
affrontare le conseguenze – nell’economia, nella politica economica,
nella cultura e nella politica, con la deformazione e la lacerazione
delle nostre vite quotidiane.”
Questo scrive Kurt Andersen su Time.
E John Tirman, in un articolo apparso in The American Scholar, si
interroga su quale sia una possibile reinvenzione della frontiera
nell’epoca presente (The Future of the American Frontier).
Il mito della frontiera, che è stato centrale nella formazione e
nell’evoluzione della civiltà americana appare oggi consunto, da
quando il globalismo ha cancellato l’esistenza stessa delle frontiere.
Ma quel mito fa oggi fallimento, con il collasso dell’economia
globale, e con la crisi dell’egemonia militare statunitense.
“Se il mondo è la nostra ostrica non c’è più bisogno di regole né di
limitazione delle aspettative. Per quattrocento anni quest’ideologia
promossa dalla chiesa e dallo stato, dai media dalle scuole e dalla
cultura popolare, ha nutrito l’eccezionalismo americano che alimenta
arroganza e spreco e guerra. “
E allora? si chiede Tirman. E allora, insinua, forse la nuova
frontiera è quella che ci porta oltre la società della crescita e del
consumo, verso un ripensamento radicale che riporti l’America
all’umiltà pionieristica dei primi coloni. “La risposta alla domanda:
quale frontiera adesso? può essere il ritorno all’umiltà della prima
frontiera.” Traducendo potremmo dire che la frontiera che oggi
l’America deve superare è la frontiera stessa del capitalismo.
Due processi si intrecciano all’orizzonte degli Stati Uniti: la crisi
dell’egemonia militare e la crisi finanziaria. Sono due processi che
si alimentano a vicenda. L’indebitamento illimitato su cui gli
americani hanno fondato la loro economia è stato possibile grazie
all’egemonia politica e al ricatto militare. Ma le disfatte
politico-militari in Iraq, Afghanistan, Russia, Sudamerica hanno
sgretolato la forza di ricatto di cui la potenza americana disponeva.
Alcuni commentatori sollecitano un maggiore coraggio keynesiano da
parte dell’Amministrazione. Per esempio Paul Krugman incalza
quotidianamente il Presidente per suggerirgli un maggiore coraggio nel
dirottare risorse verso la domanda attraverso un prelievo fiscale sui
redditi alti.
Krugman ha ragione, ma alcuni dubitano che il keynesismo possa essere
applicato con successo alla crisi di questi mesi. Scrive Paul Craig
Roberts sulla rivista Counter Punch:
“La politica macroeconomica ha oggi di fronte due sfide nuove. Nel 21
secolo l’economia americana è andata avanti grazie all’espansione del
debito dei consumatori, non attraverso aumenti veri di reddito. I
consumatori sono sommersi da debiti e mutui… Le politiche monetarie
non sono di grande aiuto dato che i posti di lavoro americani sono
stati delocalizzati. Dato che la produzione è all’estero aumentare la
domanda significa stimolare la produzione in Cina e in altri paesi.”
In un intervento dal titolo Financial Katrina David Harvey scrive:
“Il problema per gli USA oggi sta nel fatto che il paese parte da una
posizione di indebitamento cronico verso il resto del mondo (ha preso
in prestito più di due miliardi di dollari al giorno durante gli
ultimi dieci anni), e questo pone un limite economico sulle dimensioni
di un extra debito (questo non era un problema per Roosevelt che
cominciò con un budget abbastanza equilibrato).”
Lo stesso Harvey aggiunge che in questa situazione la sola misura che
potrebbe aiutare l’economia americana sarebbe una riduzione della metà
della spesa militare e uno spostamento di quelle risorse verso grandi
lavori di ricostruzione delle infrastrutture americane. Ma è evidente
che Obama non ha la forza politica per imporre questa soluzione perché
dovrebbe affrontare un’opposizione violentissima del partito
repubblicano, e la resistenza di buona parte del suo stesso partito.
Il pragmatismo post-partisan che Obama dichiara di professare è il
metodo politico migliore in una situazione come questa perché
riconosce l’esaurimento delle ideologie novecentesche (liberismo e
socialismo) e si predispone realisticamente a registrare l’evidenza:
che il dispiegamento delle potenze produttive e intellettuali richiede
un abbandono dell’economia finanziaria legata al predominio immediato
del profitto, e che la stessa forma del salario non è più in grado di
misurare le forme immateriali dell’attività.
Paralisi europea
Mentre il pensiero americano sta cercando di prendere seriamente le
misure alla trasformazione che si sta svolgendo, il pensiero europeo
sembra incapace di immaginare alcunché.
La classe dirigente europea non deflette minimamente dalle politiche
monetariste e neoliberiste, né sul piano ideologico né sul piano degli
interventi economici e monetari.
Riduzione del costo del lavoro, privatizzazione dei servizi,
privatizzazione del sistema educativo – questa rimane la linea di
marcia della classe dirigente europea. Il paradosso è che questa
cecità sta producendo effetti di protezionismo, e conflitto tra stati
nazionali.
In Europa, territorio delle innumerevoli radici, il processo di
deterritorializzazione tecnologica produttiva e culturale provoca
controeffetti di riterritorializzazione ideologica, psichica e
securitaria.
Pensiamo a come ci sembrava di poter vedere il rapporto tra Europa e
Stati Uniti solo qualche anno fa. Il paese di Bush era entrato in
un’epoca torva di oscurantismo e di aggressività mentre l’Europa
sembrava aprirsi in un processo di inclusione pacifica. Oggi le cose
sono del tutto rovesciate.
Mentre gli Usa di Obama affrontano la crisi con la consapevolezza di
un salto di qualità eccezionale che segna la fine dell’egemonia
americana, e costringe a immaginare orizzonti nuovi, l’Europa non ha
dimostrato fino a questo momento alcuna comprensione della radicalità
della crisi.
Non sto parlando solo delle reazioni dei governi nazionali e della
banca europea.
Non sto parlando neppure del conformismo e del servilismo degli
intellettuali europei.
Parlo proprio dell’incapacità della società europea, e dei movimenti
che ne esprimono l’autonomia, di elaborare una prospettiva
indipendente dal destino delle vicende nazionali.
In un articolo dal titolo “A continent adrift”, un mese fa Paul
Krugman diceva che, per quanto preoccupante sia la situazione
economica americana, quel che più lo preoccupa è il destino d’Europa.
La crisi è destinata infatti a colpire l’economia europea non meno di
quella nordamericana, ma la differenza tra le due situazioni secondo
Krugman sta nell’incapacità europea di elaborare una risposta unitaria
alla crisi. L’Unione si è costituita e consolidata come processo
essenzialmente finanziario di coordinamento e omogeneizzazione delle
politiche economiche e oggi questo piano si sgretola. Questo
sgretolamento può aprire la voragine del nazionalismo e della guerra
civile interetnica.
In un’intervista a Le Monde del 19 aprile, Dani Cohn Bendit parla di
una “rinazionalizzazione delle politiche economiche e dei
comportamenti”. I segni del ritorno al protezionismo sono tanti e così
evidenti che il richiamo all’unione e la condanna del protezionismo
son diventati ritornelli retorici. Occorre ripensare la ragione e la
finalità del processo europeo, e il crollo rovinoso del liberismo
dovrebbe condurre in quella direzione, anche se per il momento non se
ne vede la possibilità. Il discorso dominante resta dominato dal
pregiudizio monetarista, il patto di stabilità permane come una sorta
di dogma burocratico che blocca ogni conversione in senso sociale
delle economie nazionali.
Il simbolo Obama
Solo un movimento europeo può salvare il continente da una deriva
oscura. Ma il movimento finora, non ha avuto altra idea dell’Europa se
non quella di rifiutarla (resistenza delle componenti
vecchio-comuniste) o esaltarla (Cohn Bendit, Negri). Il problema è
come modificarne la direzione per la sua propria salvezza, per la
salvezza di quanto di positivo l’Unione ha comunque rappresentato.
Quel che occorre in Europa è un movimento capace di portare la
coscienza collettiva all’altezza del simbolo Obama. Guattari avrebbe
detto che Obama è un fattore di ri-semiotizzazione universale che
ridefinisce l’intero campo dell’immaginazione mondiale.
Non sappiamo cosa farà Obama, né quale siano le sue linee strategiche,
probabilmente non lo sa neanche lui. Probabilmente sarà costretto a
piegarsi al potere delle corporation e del sistema militare. Può
darsi. Ma Obama rappresenta il simbolo, l’unico simbolo attuale, che
una rottura è possibile nell’ordine della percezione,
dell’immaginazione, e del linguaggio. Obama rappresenta la
consapevolezza di essere entrati in un passaggio in cui solo
l’intelligenza tollerante condurrà il pianeta fuori dal disastro.
In Europa questa consapevolezza non vuole esistere. Gli intellettuali
sono stanchi. Ma in qualche punto del continente questa coscienza deve
pur formarsi, coagularsi, iniziare a connettersi.
Non basta più la motivazione originaria su cui è nata l’Unione
europea: risolvere il secolare conflitto tra le nazioni, instaurare
una logica fredda della compatibilità finanziaria. Questa motivazione
ha funzionato nei decenni passati ma ora non funziona più. L’estetica
d’Europa va ripensata, e quindi la sua percezione sociale. L’orizzonte
nuovo che i movimenti possono indicare all’Europa è quello della
decrescita felice e della riduzione generalizzata del tempo di lavoro.
Re-investire l’energia sociale che la recessione deprime, verso una
riattivazione del corpo emozionale della società europea. Un’Europa
che investe le sue risorse verso un processo proliferante e
generalizzato di auto-formazione e di terapia, di cura della
singolarità.
—
Rappresentazione delle società attraverso simboli
di Daniela Degan
“La filosofia è scritta in un grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi agli occhi (io dico universo), ma non si può intendere se prima non si impara a intendere la lingua, e conoscere i caratteri, ne’ quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri sono triangoli, cerchi e altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intendere umanamente parola, senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro labirinto” (G. Galilei, Il Saggiatore, 1623)
La Sibilla Barbaricina evocata da Joyce Lussu lo chiama “Il libro Perogno” …. Il libro del cielo e delle stelle. Le donne dell’Europa antica narrate dalle “sonore argille” di Maria Gimbutas e di luoghi ancora più lontani erano capaci di leggerlo …il libro dell’universo, del cosmo per tracciare, danzando alla Luna, un nuovo cammino.
In questi giorni turbolenti e di cambiamento non desiderato provo a disegnare attraverso i simboli geometrici cari a Galileo Galilei e mettere a confronto ipotesi di diverse strutture di società, con l’obiettivo di ritrovare un sentiero, magari in salita, del cammino che abbiamo intrapreso come donne ed uomini fiduciosi che la “terra è destinata a ricevere un nuovo modello di impulsi” (Doris Lessing, Briefing for a Descent into Hell, New York, Alfred A. Knopf, 1971).
Una moderna Cassandra si è impossessata di me e provo a dare una visione, una ipotesi di quel cambiamento senza sottrarci al nostro ruolo, in una nuova avventura, avendo profonda coscienza e conoscenza degli strumenti e dei metodi da utilizzare perché dentro di noi già forgiati dalla saggezza di Gea o Hera oppure Inanna , Iside: i nomi della Dea dell’Ocra Rossa.
La linea retta …. il cerchio ….. la spirale …. immaginate le loro forme, visualizzatene i contorni … lasciatevi trasportare dalla visione che vi viene da dentro ….. per istinto, non razionalizzate … ma interpretate … anzi azzardate nella interpretazione con fantasia, costruite intorno a questi caratteri, una dimensione, una società, un paradigma e poi confrontateli …. Allora la visione di un altro mondo possibile si paleserà con eleganza, con scatto femminino, con leggerezza e bellezza, con rinnovata consapevolezza.
La mia creatività mi ha spinto fin qui e ora provo a narrarveli.
La linea retta rappresenta il tempo lineare del sistema patriarcale, del dominio della spada , un simbolo che non nutre nuove idee, non emana un istinto di creatività, risulta statico, ripete i sui riti, quando ci sono, e li rinnova sempre, come la guerra. Da oltre cinquemila anni declina il tempo in una sola direzione e con una sola modalità organizzativa, quella gerarchica, verticale, militare …. Linee rette delimitano i contorni delle gabbie invisibili costruite per l’essere solo, per isolare l’individuo che impara a mordere l’altro e diventa cannibale. Una linea retta evoca la traiettoria di un proiettile, una lancia guerriera pronta ad essere l’arma dell’essere solitario globalizzato, sottomesso alla tecnologia del profitto, relegato in spazi chiusi, incapace di essere una nuova anima della Terra madre.
Il cerchio … la circolarità del tempo e dello spazio del pre-neolitico, i grandi vasi della cultura Cucuteni … le comunità come erano prima delle molteplici aggressioni, degli stupri, delle invasioni indoeuropee …rotonda evocazione delle modalità di dialoghi saggi e di accoglienza, di rispetto del ciclo naturale delle vite tutte, di cui parlano le pietre dei molti luoghi lontani nel tempo, ma riconquistati nello spazio e che ci narrano senza veli le storie delle donne di argilla, sepolte …ora ri-trovate dalla nostra anima selvaggia che non cancella, che non si cancella, nonostante i molti saccheggi, troppi, subiti dalle linee rette.
Nella visione del Cerchio immagino la individuazione di persone portatrici di un contributo autentico volto a realizzare non più una società competitiva, dove la sconfitta degli altri porta al successo di pochi, ma una nuova dinamica foriera di attività di qualità che generano completezza nell’essere di tutti, autostima di se e godimento delle molte azioni creative da intraprendere. (Gloria Steinem, Autostima, edizioni BUR, Milano 1997, p.250.)
Il cerchio, dunque, quale simbolo rappresentativo di un sistema alternativo sociale, economico, politico e immaginifico … creazione di luoghi altri, dove la mutualità, la condivisione, la solidarietà e la collaborazione provano a darsi una nuova forma. Esistono già, disseminati come macchie, nei nostri territori: embrioni di un passato che ritorna, ri-scoperto però in nuovi paradigmi, nei quali le caratteristiche al femminile si fanno strada. Le donne promuovendo idee, immagini e desideri di sostanza creativa, costruiscono un’altra città grazie ad una differente visione … disarmata. Anima che danza.
Ne trovo traccia in ogni passaggio dei miei sogni, in ogni scritto amato, sopra gli oggetti di antichi splendori, sopra le tombe, sulle colonne di vita …
La spirale, l’evoluzione del cerchio, la Spirale quale forma del cerchio in condizioni dinamiche: la matrice creativa, l’energia luminosa, astrazione simbolica del serpente dinamico. (Marija Gimbutas, Il linguaggio della Dea )
E’ il movimento, il divenire, la rappresentazione di una società che si può declinare con un approccio differente, grazie alla “teoria della trasformazione culturale”1. E’ da questa energia intelligente, dinamica e creativa, che genera lo spazio, il tempo e i mondi, che potrebbe emergere una nuova società, finalmente trasformata e che trasforma. Le particelle subatomiche, gli atomi, i pianeti, le galassie nascono dal movimento roteante e spiraliforme, tipico di ogni energia elettromagnetica.
Un processo generativo simile può allora essere ripreso per progettare e immaginare un modello, anzi più modelli di società …oso immaginare differenti decrescite, definite dai territori, dalle tradizioni, dalle culture e dai desideri dei popoli.2
Grazie a questo movimento, dal nulla centrale, si estende e si espande nella complessità, per poi riprendere di nuovo questo percorso , e poi ancora una volta, dal dentro al fuori, dal fuori al dentro, come una scala a chiocciola 3. La spirale nelle sue differenti forme è uno dei simboli più comuni e ricorrenti che l’umanità nel suo divenire riconosce, spesso incisa sulle pareti di roccia o dipinta nei luoghi sacri, rappresenta quel ciclo che l’essere umano primitivo osservava ogni primavera, quando dal ramo nudo apparivano i germogli e da essi le foglie e soprattutto i fiori: i petali disposti a spirale. Questo simbolo noto deve allora essere immagine stessa del divenire della trasformazione urgente e necessaria che non dovrà più basarsi su “mappe cognitive culturali di dominazione” ( Riane Eisler) e di distruzione, ma relazioni profonde e sentite in modo autentico e non coercitivo, specie per noi donne 4 .
La nuova società potrà essere finalmente guidata da un uso alto e altro della creatività umana nel suo potenziale divenire nella realizzazione di “un futuro arcaico” (Mary Daly, Quintessenza – Realizzare il futuro arcaico, Venexia), come la natura ci ha sempre mostrato, in quel movimento ondulatorio delle particelle elementari da cui deriva l’intera esistenza fisica, poiché la spirale rappresenta la scaturigine, il cerchio ha formulato pensieri che possono dissolvere la prigione delle linee … “la spirale è il cerchio che si svolge, una perfezione che si perfeziona, un infinito che si genera da sé.” (Raffaele K Salinari).
NOTE
1. Riane Eisler: “La teoria della trasformazione culturale ipotizza che un mutamento da una direzione gilanica a una androcratica abbia alterato radicalmente il corso della civiltà occidentale durante un periodo caotico di disequilibrio dei sistemi nella nostra preistoria. Ipotizza inoltre che, nel nostro tempo di crescente disequilibrio di sistemi, si abbia una forte spinta verso un altro mutamento fondamentale, questa volta dall’androcrazia a gilania. (…) “Forse il punto essenziale è che, a differenza di approcci convenzionali che si concentrano quasi esclusivamente su ciò che è stata chiamata giustamente la “storia dell’uomo”, la teoria in questione attinge a una serie di dati che comprende l’umanita’ in entrambe le sue due componenti, femminile e maschile”. Tratto dal Il testo nascosto della storia: gilania, androcrazia e le scelte per il nostro futuro. Si veda anche della stessa autrice Il calice e la spada, Edizioni Frassinelli.
2. Serge Latouche: “Osare percorrere la strada della decrescita nei Sud (mia correzione) del mondo significa tentare di avviare un movimento a spirale per collocarsi nell’orbita del circolo virtuoso delle otto “R”. Questa spirale orientata verso la decrescita potrebbe organizzarsi secondo altre “R”, al tempo stesso alternative e complementari, come rompere, riannodare, ritrovare, reintrodurre, recuperare, ecc. Rompere con la dipendenza economica e culturale nei confronti del Nord. Riannodare il filo di una storia interrotta dalla colonizzazione, lo sviluppo e la globalizzazione. Ritrovare e riappropriarsi una identità culturale. Reintrodurre i prodotti tradizionali dimenticati o abbandonati e i valori “antieconomici” legati al passato di questi paesi. Recuperare le tecniche e i sapere tradizionali.” –Breve trattato sulla decrescita serena, Bollati Boringhieri, Torino 2008, p. 73.
3. Raffaele K. Salinari, da uno scambio di mail: “La scala a chiocciola ne è una delle rappresentazioni più estetiche, ma anche funzionale ad una iniziazione alla consapevolezza di questa molteplicità senza inizio né fine. Salire la scala a chiocciola significa in realtà salire dal piano infero – l’inizio della scala è sotterraneo ed accessibile solo ai Costruttori – sino al cielo – in ogni caso determinato come l’essere stesso- e ipoteticamente più in alto ancora verso la liberazione della contingenza manifestata
4. Luciana Percovich: “Stiamo imparando a non considerare più automaticamente una visione immanentista e olistica come un impedimento e uno strangolamento della coscienza del sé. Non condividiamo più lo stereotipo sull’impossibilità di individuarsi – e quindi di esistere liberamente in quanto soggetti – nella “simbiosi” con la natura e abbiamo cominciato a percepire e a rappresentare la consapevolezza di portare dentro di noi l’alterità, il diverso da noi, l’altro-da-sé e a ri-cercare il senso dell’unità profonda dietro alla molteplicità delle forme manifeste.” Oscure madri splendenti, le radici del sacro e delle religioni, Venexia, p. 261
12-05-2009
http://www.universitadelledonne.it/
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Palestina la più grande prigione a cielo aperto
5 maggio 2009 Questo è il primo di cinque episodi 1. Palestina la più grande prigione a cielo aperto http://www.youtube.com/watch?v=s7vAEGYV47U
Il secondo episodio:
http://www.youtube.com/watch?v=m6Z4nMR3jUE&feature=related
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Votata la fiducia sui maxi-emendamenti
ancora essere approvate dal Senato.
http://euobserver.com/9/28124
Commission dodges stance on Italian asylum
La Commissione europea ha evitarto di dare una risposta chiara in merito
alla legittimità della politica italiana in materia di immigrazione, una
politica fortemente condannata dalle Nazioni Unite.
http://euobserver.com/9/28116
Libia, la Nato all’Italia “Nessun dubbio su di voi”
http://www.repubblica.it/2008/05/sezioni/esteri/libia-italia/nato-parla/nato-parla.html
Nick Witney: «Una politica di difesa comune e coerente»
http://www.eudebate2009.eu/fre/article/26610/nick-witney-politica-difesa-europea-comune.html
Perdu en Europe : le long parcours d’un immigré dans l’UE
http://www.eudebate2009.eu/fre/article/29774/immigres-demandeurs-asile-europe-lois.html
Europa come Impero
Gennaio Zielonka ha sostenuto nel suo libro “L’Europa come Impero” che
l’Europa sta diventando un impero neo-medievale “autorità sovrapposte,
sovranità divisa, accordi istituzionali diversificati e identità
multiple” e con “confini culturali, economici e politici sfumati tra
l’Unione allargata e suoi nuovi vicini più a est e sud-est”.
In verità il parallelo medievale è utile per pensare ai confini europei,
ma un confronto più accurato fa probabilmente pensare a fortezze
medievali, non frontiere.
Una fortezza ha più linee di difesa – una prigione, come nucleo duro e
mura difensive, ma anche fortificazioni esterne. L’UE ha sviluppato un
simile sistema multistrato di gestione delle frontiere e di protezione.
Con l’area di Schengen come carcere, l’UE ha iniziato ha costruirto
fortificazioni esterne.
EU’s Borders and Neighbours
http://blogs.euobserver.com/popescu/2009/05/04/eus-borders-and-neighbours/
Matrimoni e cittadinanza italiana
L’acquisto della cittadinanza italiana per matrimonio potrà avvenire, dopo due anni di residenza nel territorio dello Stato (dopo il matrimonio) o dopo tre anni nel caso in cui il coniuge si trovi all’estero. Tempi dimezzati in presenza di figli. Le precedenti disposizioni prevedevano un termine di sei mesi.
Sarà poi necessario il pagamento di una tassa di 200 euro.
Ulteriore stretta sui matrimoni con una modifica al Codice Civile che prevede l’introduzione dell’obbligo di esibire il permesso di soggiorno. Niente più matrimoni quindi neppure tra “irregolare” ed “irregolare”, che non comporterebbe nessun tipo di “regolarizzazione”;
Ingresso e soggiorno irregolare
Si introduce il reato di ingresso e soggiorno irregolare ma senza che questo comporti l’immediata incarcerazione. E’ prevista un’ammenda da 5.000 a 10.000 euro. Inoltre è prevista la possibilità di rimpatrio senza il rilascio del nulla osta da parte dell’autorità competente;
Iscrizione anagrafica
Le istanze di iscrizione o di variazione della residenza anagrafica, potranno dar luogo alla verifica, da parte degli uffici comunali competenti, delle condizioni igienico-sanitarie dell’immobile, ma solo ai sensi della normativa sanitaria vigente. Si tratta di una lieve attenuazione della norma originariamente contenuta nel testo che prevedeva l’automaticità della richiesta di un certificato di idoneità igienico-sanitaria secondo criteri stabiliti dallo stesso Comune.
In ogni caso moltissime abitazioni, anche tra quelle reperibili dietro lauto compenso nel mercato privato, non potranno rispondere a questo criterio.
Ecco uno dei provvedimenti che andranno ad intaccare i diritti dei cittadini migranti, dei comunitari e degli stessi cittadini italiani, con conseguenza a catena sulla possibilità di accesso agli asili nido, alle prestazioni di sostegno al reddito, etc et etc;
Ricongiungimenti
Per quanto riguarda i ricongiungimenti familiari si aggiunge al certificato di idoneità alloggiativa quello igienico-sanitario (in precedenza era richiesto alternativamente il certificato rilasciato dal Comune o dall’ASL locale) entrambi rilasciati dai competenti uffici comunali. Si prevede quindi ipoteticamente l’emanazione di appositi regolamenti per lìindividuazione dei criteri con conseguente arbitarietà delle amministrazioni nella decisione;
Visto d’ingresso per ricongiungimento familiare
Non sarà più possibile richiedere il visto di’ingresso se il nulla osta non verrà rilasciato dopo 180 giorni dal perfezionamento della pratica.
Svanisce così anche l’unica possibilità di garanzia del diritto all’unità familiare prevista per far fronte alle lentezze burocratiche;
Esibizione del permesso di soggiorno
Si introduce la necessità di esibire il permesso di soggorno per tutti gli atti di stato civile. Ciò significa che anche il semplice ma sacrosanto diritto di riconoscere un figlio, per chi è privo di passaporto, verrà sottoposto al filtro della richiesta del permesso di soggiorno. Una deroga, oltre a quella già prevista per l’assistenza sanitaria, sarà concessa per l’iscrizione dei minori a scuola. [ leggi il commento dell’Avv. Marco Paggi ].
180 giorni di detenzione nei Cie
Si reintroduce dopo la bocciattura del Senato e quella della Camera nell’ambito della discussione sul decreto legge n. 11, il prolungamento dei tempi di detenzione nei Cie fino ad un massimo di 180 giorni;
Divieto di espulsione e respingimento
Cade il diveto di espulsione per i conviventi con parenti italiani di terzo e quarto grado;
Rimesse di denaro
I cosiddetti servizi di money transfer avranno l’obbligo di richiedere il permesso di soggiorno e di conservarne copia per dieci anni. Inoltre dovranno comunicare l’avvenuta erogazione del servizio all’autorità competente nel caso riguardi un soggetto sprovvisto di permesso;
Permesso Ce di lungo periodo
L’ottenimento della carta di soggiorno potrà avvenire solo dopo il superamento di un test di lingua italiana;
Reati ostativi all’ingresso
Dovranno essere prese in considerazione anche le condanne non definitive;
Un contributo da 80 a 200 euro
Per tutte le pratiche relative al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno si dovrà versare questo contributo economico;
Esibizione dei documenti
Arresto fino ad un anno e multe fino a 2.000 euro;
Registro per senza fissa dimora
Se da un lato viene cancellata per i senza fissa dimora (ma non solo) la possibilità di iscrizione anagrafica, viene istituito presso il Ministero dell’Interno un registro per la schedatura dei cosiddetti clochard;
Cancellazione anagrafica
E’ prevista dopo sei mesi dalla data di scadenza del permesso di soggiorno;
Permesso di soggiorno a punti
E’ disposta l’istituzione di un accordo di integrazione articolato in crediti da sottoscrivere al momento della richiesta di rilascio del permesso di soggiorno. I criteri e le modalità verranno stabiliti da un apposito regolamento; [ leggi il commento dell’Avv. Marco Paggi ];
Favoreggiamento ingresso irregolare
Vengono inasprite tutte le norme legate al favoreggiamento dell’ingresso irregolare, non vengono invece minimamente toccate le sanzioni per quanto concerne gli sfruttatori. Chi, nello sfruttamento di situazioni di soggiorno irregolare, trarrà un ingiusto profitto (chi impiega lavoratori irregolari sottopagati) non vedrà quindi aggravata la sua situazione.
Nicola Grigion, Progetto Melting Pot Europa
[ giovedì 14 maggio 2009 ]
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