I vaccini sono molto più letali dell’influenza suina
A CURA DELLA DR.SSA MAE-WAN HO E DEL PROF JOE CUMMINS
Institute of Science in Society
Il seguente rapporto è stato sottoposto a Sir Liam Donaldson, Direttore Medico del Regno Unito, e all’Agenzia per gli Alimenti e i Medicinali (Food and Drug Administration, FDA) degli USA.
Nell’aprile 2009 ci fu lo scoppio dell’influenza suina in Messico e negli USA, propagatosi velocemente in tutto il mondo trasmettendosi tra uomini. A giudicare dai primi dati pubblicati a maggio, il nuovo tipo A H1N1 dell’influenza è diverso da qualsiasi altro tipo registrato fino a quel momento [1,2].
Si tratta di un’eteroclita combinazione di sequenze di ceppi virali dell’influenza aviaria, umana e suina del Nordamerica e dell’Eurasia. Un eminente virologo di Canberra ha dichiarato ai media che il virus potrebbe essere stato creato in laboratorio e liberato accidentalmente [3]. Alcuni analisti suggeriscono addirittura, senza prove a sostegno, che sia stato creato intenzionalmente come arma biologica [4], mentre altri incolpano l’industria dell’allevamento intensiva e il grande traffico di animali su grandi distanze, che fornisce molte possibilità per la generazione di ricombinanti esotici [5].
Ciò che preoccupa maggiormente i cittadini, sono però i programmi di vaccinazione di massa che i governi stanno preparando per combattere la pandemia, che potrebbero essere peggio della pandemia stessa.
Un’organizzazione si oppone alla vaccinazione lampo degli alunni
Il governo statunitense conta di vaccinare tutti i bambini a settembre, quando incomincerà il nuovo anno scolastico, e il gruppo National Vaccine Information Center (NVIC) ha richiesto al governo Obama e a tutti i governatori degli Stati che mostrino che questa decisione è “necessaria e sicura” [6] e ha preteso “solidi meccanismi di raccolta dati, registrazione, supervisione e notifica della sicurezza del vaccino, così come l’indennizzo economico per le possibili lesioni che potrebbe causare”.
Poco dopo lo scoppio dell’influenza suina ad aprile, i Dipartimenti della Salute e della Sicurezza Interna degli USA, hanno dichiarato lo stato d’emergenza nazionale per la salute pubblica. Sono state chiuse alcune scuole, sono state messe in quarantena alcune persone e le compagnie farmaceutiche hanno ricevuto contratti dal valore di 7 miliardi di dollari per la fabbricazione di vaccini ora oggetto di un controllo urgente da parte della FDA [7]: questo vuol dire che saranno testati in solo qualche settimana su centinaia di bambini e adulti volontari, prima di essere somministrati a tutti gli alunni in autunno.
Inoltre, secondo la legge federale approvata dal Congresso dal 2001, una Autorizzazione di Uso d’Emergenza fa sì che le compagnie farmaceutiche, i responsabili sanitari e chiunque somministri a qualche statunitense vaccini sperimentali durante uno stato d’emergenza di salute pubblica, siano protetti contro qualsiasi possibile denuncia nel caso di persone lese. La Segretaria del Dipartimento della Salute e Servizi Umani degli USA, Kathleen Sebelius, ha concesso ai fabbricanti di vaccini la totale impunità davanti alla legge contro qualsiasi processo penale che possa derivare dalla somministrazione di nuovi vaccini dell’influenza suina, e alcuni Stati hanno persino dichiarato legalmente obbligatoria la vaccinazione.
La NVIC vuole sapere se gli Stati sono preparati a rispondere alle norme di sicurezza sulle vaccinazioni del National Childhood Vaccine Injury Act del 1986, che includono: 1) Dare ai genitori informazioni scritte sui benefici e i rischi del vaccino prima che i bambini siano vaccinati; 2) Avere un registro delle vaccinazioni fatte ai bambini, incluso il nome del fabbricante e il numero di lotto; 3) Registrare le vaccinazioni somministrate nella storia clinica del bambino e 4) Annotare nella storia clinica del bambino i gravi problemi di salute che sorgono dopo la vaccinazione e darne comunicazione immediata al Sistema Federale di Informazione sulle conseguenze dannose del vaccino.
La NVIC vuole anche sapere se gli Stati sono pronti a indennizzare i bambini lesi dalle vaccinazioni dell’influenza suina, se i genitori riceveranno “informazioni complete e veritiere sui rischi del vaccino dell’influenza suina” e se hanno il diritto di “rifiutare” la vaccinazione.
Barbara Loe Fisher, co-fondatrice e presidente dell’NVIC, ha dichiarato [6]: “I genitori e i legislatori dovrebbero chiedersi subito: perché sono i bambini a ricevere per primi le vaccinazioni sperimentali dell’influenza suina? Le scuole hanno gli strumenti per ottenere il consenso informato con la firma dei genitori prima della vaccinazione, per avere registri esatti di ogni vaccinazione e per selezionare biologicamente i bambini che corrono un rischio elevato di avere reazioni al vaccino? Coloro che somministrano queste vaccinazioni, sapranno come controllare in seguito i bambini e registrare, comunicare e trattare i gravi problemi di salute che si presenteranno? E gli Stati, avranno i mezzi economici per indennizzare i bambini danneggiati?
L’OMS e la febbre della vaccinazione di massa
L’ordine di vaccinazione di massa viene dall’Organizzazione Mondiale della Sanità [8]. All’inizio di luglio, un gruppo di esperti in vaccinazioni è giunto alla conclusione che la pandemia è incontenibile, e Marie-Paul Kieny, direttrice dell’OMS per la ricerca sui vaccini, ha detto che tutte le nazioni dovevano avervi accesso e che già a settembre dovrebbe esserci un vaccino disponibile.
I critici sottolineano che gli “esperti in vaccini” sono controllati dai fabbricanti di vaccini, i quali faranno benefici con i contratti assai lucrativi di vaccini e farmaci antivirali firmati dai governi. Però, l’argomento decisivo contro le vaccinazioni di massa è semplicemente il fatto che i vaccini iniettabili dell’influenza non funzionano e sono pericolosi [9].
I vaccini iniettabili dell’influenza sono inefficaci e aumentano i rischi di asma
Ci sono ragioni ampiamente conosciute per cui le vaccinazioni per l’influenza non daranno nessun risultato, come già era stato detto sulle tanto annunciate vaccinazioni contro la “pandemia di influenza aviaria” che ancora deve arrivare [10] (How to Stop Bird Flu Instead, SiS 35). Il virus dell’influenza cambia velocemente – anche senza l’aiuto dell’ingegneria genetica in laboratorio e soprattutto con l’aiuto dell’industria dell’allevamento intensiva -, mentre i vaccini mirano a ceppi specifici. Inoltre, il vaccino contro l’influenza non è permanente e deve essere fatto ogni anno; i vaccini sono difficili da produrre in forma massiccia e alcune varietà non si sviluppano in nessun modo nei laboratori.
Numerosi studi hanno mostrato che i vaccini iniettabili dell’influenza offrono poca o nessuna protezione contro le infezioni e le malattie e non c’è ragione di credere che i vaccini contro l’influenza suina saranno diversi. Una rianalisi di 51 diversi studi su più di 294.000 bambini ha stabilito che, a partire dai due anni di età, i vaccini a base di virus attenuato dell’influenza somministrati con atomizzatori nasali impedirono l’82% dei casi di malattia, mentre i vaccini iniettabili fabbricati a partire da virus inattivi ne impedirono solo il 59%. La prevenzione della “sindrome pseudoinfluenzale”, causata da altri tipi di virus, fu rispettivamente solo del 33% e del 36%. Nei bambini di età inferiore ai due anni, l’efficacia del vaccino fu simile a quella del placebo. Non fu possibile analizzare la sicurezza dei vaccini degli studi per l’assenza di informazioni e la mancanza di standardizzazione delle poche informazioni disponibili [11]. Un rapporto pubblicato nel 2008 stabilì che i vaccini antinfluenzali nei bambini piccoli non diminuirono la quantità di visite mediche e ospedaliere dovute all’influenza [12].
Allo stesso tempo, uno studio su 800 bambini asmatici stabilì che coloro che ricevettero un vaccino influenzale corsero un rischio significativamente maggiore di visite mediche e al pronto soccorso legate all’asma [13]; i quozienti di probabilità erano rispettivamente di 3,4 e di 1,9. Questo è stato confermato da un rapporto pubblicato nel 2009, secondo il quale i bambini asmatici a cui venne somministrato il FluMist corsero un rischio tre volte maggiore di ricovero.
I vaccini influenzali sono inutili anche per gli adulti e gli anziani, dato che offrono poca o nessuna protezione contro le infezioni o le malattie come la pneumonia (Vedi nota [9]).
Coadiuvanti tossici in alcuni vaccini influenzali
I vaccini possono essere pericolosi in quanto tali, in particolare quelli creati con virus vivi, attenuati o i nuovi vaccini ricombinanti di acido nucleico [10]; hanno il potenziale per creare virus tramite ricombinazione e gli acidi nucleici ricombinanti potrebbero causare malattie autoimmuni.
Un’altra fonte importante di tossicità nei vaccini influenzali sono i coadiuvanti, sostanze aggiunte per migliorare l’immunogenità dei vaccini. C’è una notevole letteratura medica sulla tossicità dei coadiuvanti. La maggior parte dei vaccini influenzali contengono concentrazioni pericolose di mercurio sotto forma di thimerosal un conservante letale 50 volte più tossico dello stesso mercurio [9]. In dosi sufficientemente elevate, può causare disfunzioni immunitarie, sensoriali, neurologiche, motorie e comportamentali a lungo termine. All’avvelenamento da mercurio si associano anche l’autismo, il deficit di attenzione, la sclerosi multipla, le deficienze del linguaggio e dell’articolazione della parola. L’Istituto di Medicina ha avvertito che a lattanti, bambini e donne incinte non dovrebbero essere fatte iniezioni contenenti thimerosal, ma la maggior parte dei vaccini influenzali ne contengono 25 microgrammi.
Un altro coadiuvante comune è il potassio-allume o idrossido di alluminio, che può causare allergie al vaccino, anafilassi, fibromialgia macrofagica, una sindrome da infiammazione cronica. Nei gatti, l’alluminio provoca anche fibrosarcoma nella zona dell’iniezione [15]. I numerosi coadiuvanti apparsi in tempi recenti non sono certo migliori: potrebbero addirittura essere peggio. Secondo uno studio apparso in una rivista dedicata alla scienza e al business farmaceutico [15], la maggior parte dei nuovi coadiuvanti, incluso l’MF59, l’ISCOMS, il QS21, l’AS09 e l’AS04, hanno “una reattogenia e una tossicità sistemica locale sostanzialmente superiori a quelle del potassio-allume”.
Situazione attuale dei vaccini per l’influenza suina
Cinque diverse compagnie hanno ricevuto contratti per produrre il vaccino su scala mondiale: Baxter International, GlaxoSmithKline, Novartis e Sanofi-Aventis e AstroZeneca [16]. Dati i problemi per la produzione in grandi quantità, queste aziende hanno la ferma intenzione di far sì che dosi inferiori di vaccini agiscano più velocemente con una maggiore gamma di coadiuvanti [17]. E questo con l’approvazione dell’OMS (si veda più avanti). I vaccini per l’influenza si producono solitamente con virus non virulenti dell’influenza (attenuati o indeboliti). Per essere efficaci, i geni del virus non virulento usato, devono corrispondere a quelli del ceppo virale che si diffonde nella popolazione. L’attivazione del sistema immunitario per esposizione alla forma non patogena del ceppo patogeno dà origine alla produzione di anticorpi che danno una protezione contro il ceppo patogeno. La produzione del virus non virulento implica in primo luogo l’identificazione e in seguito, la riproduzione dei sottotipi di due delle proteine di superficie del virus, l’emagglutinina (H) e la neuramidasi (N), che determinano la virulenza del ceppo e la capacità di diffusione e che sono anche le proteine obiettivo dei vaccini.
Virus influenzali
Esistono tre tipi di virus influenzali: A, B e C. Il virus dell’influenza di tipo A è la principale causa di malattie negli uccelli e nei mammiferi. Il suo genoma consiste in 8 segmenti RNA codificanti per 11 proteine e i virus si classificano secondo il sottotipo in base alle due glicoproteine di superficie principali (proteine con complesse catene laterali di carboidrati): l’emagglutinina (H) e la neuramidasi (N) [18]. Il genoma segmentato permette al virus di “ricombinare” nuovamente i segmenti, così come di ricombinarli nei segmenti, aumentando così considerevolmente il tasso di evoluzione e di generazione di nuovi ceppi. La ricombinazione è ampiamente realizzata anche in laboratorio nel processo di creazione di ceppi vaccinali. Fino ad ora, i sottotipi 16H e 9N in numerose combinazioni sono stati individuati tra uccelli selvatici [19].
Innanzitutto si creano i virus che servono da materiale di partenza per la produzione su grande scala di virus vivi non virulenti dell’influenza. I virus che servono da “seme” sono stati approvati dall’OMS e dall’FDA statunitense. Il metodo tipico di produzione del virus che serve da seme è la ricombinazione. Si inietta in uova di pollo un ceppo standard non patogeno di influenza che si sa svilupparsi bene in quell’ambiente, e il ceppo portatore dei geni che esprimono i sottotipi delle proteine H e N del vaccino voluto. I due virus si moltiplicano e e i loro otto segmenti di genoma si raggruppano, con 256 combinazioni possibili. Si selezionano quindi i virus ricombinanti ottenuti, alla ricerca del virus desiderato, con sei segmenti di genoma che permettono al ceppo standard di svilupparsi facilmente nelle uova, più i geni H e N del ceppo in circolo. Il virus che fa da seme viene quindi iniettato in milioni di uova per la produzione del vaccino. Questo metodo convenzionale di produzione di una scorta di “semi” si completa in circa uno o due mesi [20].
È possibile che i sistemi di coltura cellulare sostituiscano eventualmente le uova di pollo. Baxter International ha richiesto il brevetto per un processo che usa la coltura cellulare per produrre quantità di virus infettivi, che vengono raccolti, inattivati con formaldeide e luce ultravioletta, e in seguito con detergente [21]. Baxter ha prodotto vaccini del virus H5N1 completo in una linea cellulare Vero ricavata dal rene di scimmia verde africana, e ha realizzato test clinici di fase 1 e 2 con e senza idrossido di alluminio come coadiuvante [22,23]. Il principale risultato è che il coadiuvante tossico non ha aumentato gli anticorpi neutralizzanti contro il ceppo del vaccino. Baxter è riuscita a creare il vaccino contro l’H1N1 alla fine di luglio o inizio agosto, ma non ha ancora rivelato pubblicamente i dettagli della produzione di questo vaccino [16].
A dicembre, una succursale della Baxter in Austria inviò un vaccino dell’influenza umana contaminato con il mortifero virus aviario vivo H5N1 a 18 paesi, tra cui la Repubblica Ceca, dove test clinici dimostrarono che causò la morte dei furetti a cui questo venne iniettato [24]. I giornali cechi si chiesero se la Baxter volesse deliberatamente cominciare una pandemia.
Anche Novartis, altro gigante dell’industria farmaceutica, ha annunciato il 13 giugno di aver creato un vaccino contro l’influenza suina con una tecnologia basata su cellule e sul coadiuvante registrato MF59®. Il coadiuvante MF59® ha una base oleosa e contiene Tween80, Span85 e squalene [25]. In studi su topi, realizzati con coadiuvanti a base oleosa, gli animali rimasero storpiati e paralizzati. Lo squalene produsse gravi sintomi di artrite nei topi e gli studi su esseri umani che ricevettero tra 10 e 20 ppb (parti per miliardo) di squalene, mostrarono un grave impatto sul sistema immunitario e lo sviluppo di disturbi autoimmuni [26].
Novartis fece notizia nel 2008 con un test clinico del vaccino H5N1 in Polonia. L’esperimento fu condotto da infermiere e medici locali che somministrarono il vaccino a 350 indigenti, dei quali 20 morirono. I medici e le infermiere partecipanti furono portati in tribunale dalla polizia polacca [27,28]. Novartis disse che le morti non erano legate al vaccino H5N1 [29], che era stato “somministrato a altre 3.500 persone senza che nessuna di queste morisse”.
GlaxoSmithKline fabbricherà il proprio vaccino con antigeni del ceppo influenzale recentemente isolato; conterrà anche il proprio coadiuvante AS03 con marchio registrato, approvato dall’Unione Europea nel 2008 insieme al suo vaccino per l’influenza aviaria H5N1. Secondo la Relazione di Valutazione Pubblica Europea [30], il coadiuvante AS03 è composto da squalene (10,86 milligrammi), DL-α-tocoferolo (11,86 miligrammi) e polisorbato 80 (4,85 miligrammi). Anche il vaccino H5N1 contiene 5 microgrammi di thimerosal, così come polisorbato 80, octoxinolo 10 e diversi sali inorganici. La compagnia promuove con forza diversi sistemi di coadiuvanti, come il suo “ventaglio di coadiuvanti”, che riduce la dose dei vaccini [31].
Un recente studio dell’OMS sui principali produttori di vaccini ha concluso che lo scenario migliore è la potenziale produzione di 4.900 milioni di dosi di vaccino H1N1 all’anno, tenendo conto tra i vari fattori che ogni produttore scelga la formulazione di dosi più basse (che includeranno coadiuvanti tossici) e che si abbia la maggior capacità di produzione. La dottoressa Margareth Chan, direttrice generale dell’OMS, e il segretario generale dell’ONU, Ban-Ki-Mon, si sono riuniti il 19 maggio con alti funzionari dei fabbricanti di vaccini e hanno chiesto loro di riservare parte della loro capacità di produzione per i paesi poveri che, altrimenti, avrebbero poco, o nessun accesso al vaccino in caso di pandemia [32].
L’ultima vaccinazione di massa negli Stati Uniti fu un disastro. Nel 1976, vennero scoperti casi di influenza suina tra i soldati di Fort Dix (New Jersey) e uno di questi morì, probabilmente più per esaurimento fisico che per l’infezione [7]. Questo portò al lancio di una vaccinazione di massa di 40 milioni di persone contro una pandemia che non si verificò mai. Ci furono migliaia di richieste di risarcimento dei danni. Almeno 25 persone morirono e 500 svilupparono la sindrome paralitica di Guillain-Barré [33,34].
La maggior parte delle sindromi dell’influenza suina sono lievi
Il 22 luglio 2009, i Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (CDC) contarono un totale di 40.617 casi negli USA, di cui 319 morti, ossia un quoziente di morti/caso dello 0,8%; il tasso reale delle morti, però – tra tutti i casi di infezione, includendo i lievi, che non vengono comunicati – è probabilmente più basso. Gli esperti pensano che viene comunicato solo un caso ogni 20 [36].
Il Regno Unito è il paese europeo più toccato e della pandemia si è parlato ogni giorno nei giornali del mese di luglio. Il 23 luglio è stato diffuso un nuovo numero di assistenza telefonica perché la gente possa avere informazioni e Tamiflu senza andare da un medico. Questa settimana c’è stato un aumento record dei casi fino a 100.000 e un totale di 30 morti fino ad ora [37], ossia un quoziente di morti/caso dello 0,03%, che dà un’idea più esatta del tasso reale di morte.
Sir Liam Donaldson, direttore medico del Regno Unito, ha ordinato al NHS (Sistema sanitario nazionale) di prepararsi a un totale di 65.000 morti, con un picco di 350 al giorno [38]. Fino ad ora non è stato programmato nessun piano di vaccinazione di massa, ma il governo del Regno Unito ha chiesto in anticipo 195 milioni di dosi di vaccino a GlaxoSmithKline (GSK).
Il vaccino che la GSK sta sviluppando sarà testato su un piccolo numero di persone, dato che secondo alcune informazioni [39], la compagnia farmaceutica britannica “valuta il pericolo di una pandemia rispetto ai rischi di un vaccino non sicuro”. Il professor Hugh Pennington, microbiologo in pensione dell’Università di Alberdeen (Scozia), ha definito che è questo, ad essere “pericoloso”: “Limitando i test clinici, Glaxo alza il pericolo che la dose di vaccino non sia calibrata in modo adeguato, e questo potrebbe portare a vaccini che non proteggono dal virus o che, nella peggiore delle ipotesi, non siano sicuri”, ha detto.
Pennington ha aggiunto che la capacità del vaccino di attivare le difese dell’organismo è fondamentale e richiede test per determinare la dose migliore e, se richiesto, un coadiuvante che incrementi l’immunità (come si sa, GSK sta definitivamente promuovendo una nuova gamma di coadiuvanti tossici). Ha fatto riferimento anche all’incidente di Fort Dix del 1976.
La Francia ha richiesto i vaccini a Sanofi, GSK e Novartis, però non vede la ragione di chiedere ai fabbricanti di ridurre o saltare i test clinici [16]. Sanofi-Aventis, il produttore farmaceutico francese che sviluppa il proprio vaccino per l’influenza suina, dovrebbe aver cominciato a testare il prodotto all’inizio di agosto e pensa di aver bisogno di due mesi e mezzo di esperimenti prima di avere un vaccino che sia “sicuro e efficace”; secondo Albert Garcia, che parlava a nome dell’Unità Vaccini della compagnia, “il vaccino sarà pronto a novembre o dicembre”.
Tuttavia, Baxter dovrebbe aver prodotto un vaccino all’inizio di agosto per test clinici.
Anche Glaxo ha annunciato di star sviluppando una maschera facciale coperta di antivirus per evitare le infezioni e di star accelerando la produzione del suo Relenza per i pazienti già affetti da influenza suina.
È evidente che ci sono modi più sicuri e efficaci di combattere la pandemia che le vaccinazioni di massa: lavarsi spesso le mani, starnutire in un fazzoletto di carta che si può presto buttare, evitare riunioni non necessarie e ritardare l’inizio dell’anno scolastico – tutto questo, consigliato dai governi – e, potremmo aggiungere, mangiare sano, fare esercizio e assumere abbastanza vitamina D per aumentare la propria immunità naturale [10].
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© Copyright Mae-Wan Ho, Institute of Science in Society, 2009
Mae-Wan Ho è una genetista britannica famosa per la sua opposizione all’ingegneria genetica. Joe Cummins è professore emerito di Genetica del Dipartimento di Biologia dell’Università Western Ontario (Canada). Appartengono entrambi all’Institute of Science in Society.
Titolo originale: “The vaccines are far more deadly than the swine flu”
Fonte: http://www.i-sis.org.uk/
Link
27.07.2009
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MARINA GERENZANI
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=6235
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Sign for Report non deve chiudere. FIRMA LA PETIZIONE
La TV nazionale Rai non garantisce piu’ ai giornalisti di Report (rai 3) la copertura legale. Significa che gli inviati di Milena Gabanelli, da sempre attivi nel denunciare le illegalita’ e i soprusi che ci circondano, dovranno provvedere di tasca propria alle spese legali cui, da bravi inchiestisti, vanno continuamente incontro.
I sottoscritti firmatari con la presente CHIEDONO alla societa’ RAI Radiotelevisione Italiana S.p.A, il ripristino della copertura legale per gli inchiestisti del programma Report, trasmesso su Rai3, al fine di assicurare il libero esercizio della loro professione per arrivare alla verita’ e rivelarla agli italiani.
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Di questo ero a conoscenza da qualche anno, ritengo opportuno inserirlo nel blog.
Il settimo continente
E’ noto anche col nome di Great Pacific Garbage Patch, si trova nell’Oceano Pacifico ed e’ la piu’ grande discarica di spazzatura del mondo: si tratta di un vero e proprio disastro ecologico scoperto per caso nella primavera del 1997 dall’oceanografico americano Charles Moore.
A bordo del suo catamarano per le ricerche scientifiche “Arguita”, Moore si trovava tra Giappone e Hawai quando decise di seguire una rotta non battuta dalle normali navigazioni, a causa di strane correnti marine.
Ed e’ cosi’ che si imbatte’ nella North Pacific Subtropical Gyre, una corrente oceanica a spirale che preleva rifiuti e rottami dalle coste e dai fondali e li accumula in mezzo al mare, in vere e proprie isole di spazzatura.
Il fenomeno e’ naturale, i rifiuti sono roba nostra!
La misura totale della Pacific Garbage non e’ ancora nota: si parla di 700mila/15 milioni di kmq, con una profondita’ di 30 metri. La sua dimensione si stima sia tra lo 0,41% e l’8,1% dell’intero Oceano Pacifico, con oltre 3,5 milioni di tonnellate di detriti (100 milioni di tonnellate secondo quanto riporta La Stampa).
La Pacific Garbage, formatasi tra gli anni cinquanta e gli anni ottanta, e’ costituita per l’80% da plastica che si e’ fotodegradata negli anni, spaccandosi in miliardi e miliardi di piccoli pezzi, fino a raggiungere le dimensioni dei polimeri che la compongono. Difficili da raccogliere, questi “pezzettini di inquinamento” sono entrati nella catena alimentare dei pesci e dei molluschi, tanto che in alcuni campioni di acqua marina prelevati nel 2001 la quantita’ di plastica superava di sei volte quella dello zooplancton (la vita animale dominante dell’area).
Spiega Marcus Eriksen, dell’Algalita Marine Research Foundation: “L’idea primaria che la gente si era fatta consisteva in una specie di isola di plastica su cui si poteva perfino camminare. Non e’ esattamente cosi’. E’ quasi come una zuppa di plastica. Probabilmente si tratta di un area grande quasi due volte gli Stati Uniti continentali”.
In tutti questi anni i governi dei Paesi coinvolti dal fenomeno non hanno mosso un dito, soprattutto perche’ pare che la bonifica della zona sia proibitiva da tutti i punti di vista, primo quello economico, come tentare di setacciare l’intero deserto del Sahara.
Solo associazioni ed enti privati si sono interessati al problema e sono migliaia le tonnellate di rifiuti fino ad ora raccolte (con speciali setacci o reti).
I primi di agosto un gruppo di 30 biologi marini dell’universita’ di San Diego e’ partito dalla California per valutare l’impatto ambientale della discarica marina sulla flora e sulla fauna della zona e studiare possibili opere di bonifica.
Di seguito riportiamo alcuni video, sono tutti in inglese ma le immagini parlano una lingua comune.
PS: Se, come noi, vi state chiedendo quali diavolo siano gli altri 6 continenti, vi invitiamo a leggere la definizione di “continente” riportata da wikipedia. Se si prende per buona una siddivisione in 6 continenti, le terre emerse risultano cosi’ divise: Africa, Americhe, Antartide, Asia, Europa, Oceania.
http://www.jacopofo.com/great-pacific-garbage-patch-continente-spazzatura-oceano
Simone Canova
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01.09.2009
di Gabriella Meroni
Lanciato Brainport, un dispositivo che promette grandi cose (ma è anche molto caro)
Vedere attraverso la lingua. Sembra insolito, eppure è quanto promette di fare un piccolo dispositivo elettronico che accende speranze in chi è sprovvisto del senso della vista. L’apparecchiatura, messa a punto dall’aziende statunitense Wicab, potrebbe arrivare sul mercato gia’ entro la fine di quest’anno, per un prezzo che dovrebbe aggirarsi attorno ai 9 mila euro. BrainPort è composto da un piccolo dispositivo simile a un lettore Mp3 collegato a un paio di occhiali da sole e una sorta di lecca-lecca da tenere sulla lingua. All’interno degli occhiali si trova una minuscola web-cam di un centimetro di diametro, che filma quel che avviene attorno a chi indossa le lenti, trasformando le informazioni in impulsi elettronici che raggiungono la lingua e che vengono quindi “passate” al cervello che le tramuta in immagini.
Secondo gli scienziati che l’hanno messo a punto, bastano 20 ore di formazione affinche’ una persona impari ad utilizzare BrainPort. L’apprendimento delle immagini attraverso la lingua, infatti, non è immediato: va imparato, spiegano gli studiosi, esattamente come l’andare in bicicletta. Quando gli impulsi elettronici raggiungono la lingua attraverso lo pseudo lecca-lecca – un marchingegno che contiene una griglia quadrata di circa 600 elettrodi – si avverte un solletichio simile a quello prodotto dalle bollicine di champagne. Dopo appena 15 minuti di utilizzo – assicura William Seiple, direttore della ricerca di Lighthouse International, l’organizzazione dove è stato testato il dispositivo – le persone iniziano a interpretare le informazioni che arrivano attraverso BrainPort.
http://web.vita.it/news/view/94924
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Medicina e biotech | ONCOLOGIA
Una proteina, due speranze 19.08.2009
Di Caterina Visco
Due funzioni per la stessa molecola. Lo studio di Huwe1 può aprire nuovi orizzonti per il trattamento sia dei tumori cerebrali sia delle malattie neurodegenerative. Questa proteina normalmente elimina, durante lo sviluppo del cervello, le proteine non necessarie alla differenziazione dei neuroni. Inoltre, la sua presenza nel tessuto colpito da glioblastoma multiforme, uno dei tumori cerebrali più maligni, sembra ridurre la proliferazione delle cellule tumorali. A scoprire il duplice ruolo di Huwe1 sono stati Antonio Iavarone e Anna Lasorella, una coppia di ricercatori italiani che lavora da tempo al Herbert Irving Comprehensive Cancer Center presso la Columbia University. Il loro studio si è meritato la copertina di Developmental Cell.
Dopo aver individuato la funzione primaria della molecola, quella di promozione della neurogenesi, i ricercatori hanno scoperto che nei topi, la mancanza della proteina porta alla formazione di neuroni immaturi. Successivamente, analizzando il tessuto tumorale, hanno rilevato una diminuita attività di Huwe1. “Nei topi, somministrando la proteina è possibile interrompere lo sviluppo del tumore. Il nostro prossimo obiettivo è scoprire come far ripartire la produzione di questa molecola nei pazienti colpiti da gliobastoma”, ha spiegato Iavarone. “Inoltre intervenendo su Huwe1 si potrebbe ottenere una corretta ri-programmazione delle cellule staminali del cervello e portare alla rigenerazione delle cellule neurali che vengono perse nel corso di malattie neurodegenerative”, ha aggiunto Lasorella.
Non è la prima volta che la coppia, che ha lasciato l’Italia nel 2000, pubblica scoperte interessanti. Sono stati loro infatti a studiare il meccanismo genetico che causa il neuroblastoma, un tumore del sistema nervoso che si presenta nei bambini sotto i 10 anni in maniera molto aggressiva e quasi sempre mortale (È italiano il gene del neuroblastoma). Lo studio, apparso su Nature, ha svelato il ruolo della sovrapproduzione della proteina Id2 nella proliferazione delle cellule tumorali. Poco tempo dopo i due ricercatori, in collaborazione con l’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma, hanno calcolato la quantità di Id2 che, se presente nel tessuto malato, determina l’aggressività del tumore, fornendo importanti indicazioni terapeutiche (A caccia dell’Id2).
Nel 2004, sempre su Nature, è stata pubblicata una ricerca in cui Iavarone e Lasorella, descrivono la complessa relazione tra Rb, il gene oncosoppressore del retinoblastoma, così chiamato perché individuato per la prima volta in una rara forma di tumore infantile, e l’Id2. In presenza di grandi concentrazioni di Id2, che dovrebbero smettere di funzionare già alla nascita, l’Rb non riesce più a compiere il suo lavoro e il tumore è libero di proliferare (Cellule senza identità). È invece del 2006 la scoperta che la proteina Id2 è in grado promuovere la ricrescita degli assoni nelle cellule nervose danneggiate, per esempio a causa di un trauma nel midollo spinale (Quella proteina cattiva. Anzi Buona).
http://www.galileonet.it/il-punto/11788/una-proteina-due-speranze
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07.09.2009
Sospettasi supernova
I ricercatori dell’Inaf hanno individuato una nana bianca sull’orlo dell’esplosione. È la compagna segreta di un’altra stella in un sistema binario. L’astronomo Sandro Mereghetti spiega l’importanza della scoperta
di Caterina Visco
Predire un’esplosione cosmica con qualche milione di anni di anticipo non è roba da poco. A farlo sono stati i ricercatori italiani dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, che hanno scoperto un sistema binario composto da una nana bianca tra le più massicce mai studiate e da un astro compagno che le cede materia, portandola (probabilmente) a diventare una supernova, cioè verso l’esplosione. Da anni era stato identificato il sistema e studiata la luminosissima stella HD 49798 (una subnana); ancora sconosciuta invece, era la natura della sua compagna, RX J0648-4418, molto più piccola e non percepibile nello spettro del visibile. Un gruppo di scienziati italiani l’ha finalmente identificata grazie alle osservazioni nei raggi X del satellite XMM-Newton dell’Agenzia spaziale europea. Si tratta di una nana bianca supemassiccia, in grado di ruotare su se stessa in soli tredici secondi. Ne abbiamo parlato con Sandro Mereghetti ricercatore dell’Inaf-Iasf di Milano e coautore dello studio pubblicato su Science.
Dottor Mereghetti, in cosa consiste esattamente la scoperta?
“Si tratta di un particolare sistema binario che, pur essendo previsto da modelli teorici, non era ancora mai stato individuato. Si trova nella nostra galassia a una distanza di circa duemila anni luce in direzione della costellazione della Poppa. La HD 49798 è molto luminosa, basta un piccolo binocolo per vederla, e si conosceva già; la scoperta principale è invece quella di una nana bianca sua compagna che ha una massa di quasi 1,4 volte quella del Sole concentrata in uno spazio grande come metà del nostro pianeta, ed è molto vicina al limite di Chandrasekha”.
Cos’è il limite Chanrdrasekha?
“È la massa più grande che una nana bianca può avere, e corrisponde a circa 1,44 masse solari. In un sistema binario, oltre questo limite la nana bianca può esplodere trasformandosi in una supernova. Nel nostro caso la stella sta accrescendo la sua massa grazie alla materia persa dalla compagna. Quando in futuro questa stella si espanderà il trasferimento di materia sulla nana bianca sarà ancora maggiore. Quindi è praticamente certo che la sua massa, già vicina al limite, arriverà al valore critico”.
Cosa succederà allora?
“Il destino finale dipende da fattori che non conosciamo, ma i casi sono due. Nella prima ipotesi la stella esplode scagliando tutta la sua massa nello spazio e creando una supernova. L’alternativa è che non esploda ma collassi su sé stessa formando una stella di neutroni. In questo caso il corpo celeste mantiene tutta la sua massa, ma compressa in un raggio di soli dieci chilometri (contro i 3.000 attuali, ndr.). Non siamo in grado di dire quale scenario è più probabile perché ancora non conosciamo molti dei dettagli che ne influenzano la sorte, come la composizione interna della nana bianca, la sua temperatura, la composizione della materia che acquisirà e la velocità con cui aumenterà la sua massa”.
Cosa accadrà alla sua compagna?
“HD49798, è una cosiddetta subnana .Si pensa che sia quello che rimane di una stella molto più massiccia di RX J0648-4418 (all’inizio della sua storia poteva avere otto o nove volte la massa del Sole, ndr) che ha perso lo strato esterno di idrogeno ed è quindi formata solo dal nucleo di elio. Se la nana bianca dovesse esplodere sarà spinta lontano dalla sua posizione e diventerà una stella solitaria; se invece si avvererà l’altra ipotesi, il sistema binario cambierà natura, ma la subnana continuerà a cedere materia alla compagna”.
Qual è il significato e l’importanza del vostro studio?
“L’esistenza di sistemi come questo era stata prevista dai teorici che studiano le varie fasi di evoluzione dei sistemi binari, ma finora non ne era stato trovato nessuno. Ora che l’abbiamo individuato possiamo studiarlo in dettaglio e mettere alla prova i modelli- sia per tentare di ricostruire la sua storia passata, sia per capire come evolverà in futuro. Inoltre grazie alle caratteristiche “da record dei primati” della nana bianca, ci permette di verificare le nostre conoscenze teoriche meglio di altre stelle.
Riferimento: Science DOI: 10.1126/science.1176252
http://www.galileonet.it/primo-piano/11819/sospettasi-supernova
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04.09.2009
Due nuovi anticorpi contro l’Hiv
Due potenti molecole appena individuate sono in grado di bloccare un’alta percentuale dei ceppi in circolazione. Ma è presto per parlare di un vaccino
di Tiziana Moriconi
A poco più di un anno dallo stop alle sperimentazioni di nove vaccini contro l’Hiv per inefficacia e pericolosità (vedi Galileo, Il flop dei vaccini), Science riporta la scoperta di due nuovi e potenti anticorpi, attivi contro molti ceppi del virus, che fanno intravedere la possibilità di mettere a punto una nuova terapia preventiva.
Le sigle che identificano i due nuovi anticorpi sono PG9 e PG16, dal nome delle regioni del virus a cui si legano. Sono i primi ad “ampio spettro” identificati da dieci anni a questa parte e i primi in assoluto a essere stati isolati da individui provenienti dal continente africano, in cui si registra il più alto numero di nuove infezioni. Non solo le due molecole reagiscono con il 75 per cento dei ceppi di Hiv testati, ma sembrano in grado di bloccare il virus a concentrazioni molto più basse rispetto agli anticorpi finora individuati. Questi particolari anticorpi per l’Hiv sono prodotti da una piccola percentuale di persone entrate in contatto con il virus, e si distinguono dagli altri proprio perché sono in grado di neutralizzare gran parte dei ceppi al momento in circolazione. Ad oggi sono state trovate solo altre quattro molecole con un simile raggio di azione.
Il merito della scoperta è del network scientifico internazionale Iavi – organized Neutralizing Antibody Consortium (Nac), che coinvolge oltre dieci istituti e centri di ricerca. Gli autori dello studio, coordinati da Dennis Burton dello Scripps Research Institute di La Jolla (California), hanno trovato che PG9 e PG16 riconoscono un “motivo ricorrente” di una proteina del virus: una sequenza di aminoacidi altamente conservativa (ovvero che non muta e si ritrova, uguale, in molti tipi di Hiv) e abbastanza facile da attaccare, identificata per la prima volta in questo lavoro. La differenza rispetto ad altri anticorpi, quindi, non sta nel meccanismo di azione, ma nell’affinità per una parte del virus in un certo senso più vulnerabile.
Il network – fanno sapere i ricercatori – si occuperà ora dello studio della struttura molecolare di PG9 e PG16 e delle loro regioni bersaglio, per stabilire se esiste davvero la possibilità di creare un vaccino efficace.
Da qui a pensare di avere in mano un vaccino, infatti, ce ne passa. “Si tratta di dati importanti, che potenzialmente avranno un grande peso nella ricerca sull’Hiv”, dice a Galileo Mario Clerici, a capo del Laboratorio di Immunologia presso l’Università di Milano: “Ma sappiamo bene che molti anticorpi promettenti, in grado di neutralizzare il virus in provetta, nei test in vivo si dimostrano inefficaci. Le delusioni in questo campo continuano a susseguirsi. Credo inoltre, come molti altri immunologi, che una prevenzione basata solo sugli anticorpi non possa funzionare, perché questi attaccano le particelle virali libere, ma non entrano nelle cellule infette”.
La scoperta è comunque destinata a fare rumore, anche – se non soprattutto – per il nuovo metodo con cui i due anticorpi sono stati individuati. I ricercatori hanno prelevato campioni di sangue da 1.800 persone di origine sub-sahariana, oltre a quelli di altri individui tailandesi, australiani, inglesi e statunitensi. Tutti sono stati esaminati con una tecnica chiamata “micro-neutralizzazione” che, diversamente da quelle impiegate finora, consente di misurare direttamente la capacità degli anticorpi di bloccare il virus.
In questo modo i ricercatori sono riusciti a isolare PG9 e PG16, e sono risaliti prima alle cellule del sistema immunitario che li producono (passando in rassegna oltre 30.000 linfociti B memoria) e poi ai geni che ne regolano la formazione. Al momento, anticorpi clone di quelli isolati possono essere prodotti in quantità illimitate da usare nella ricerca. “Questo nuovo metodo di screening è potentissimo e permette di individuare tutti i siti attaccabili dagli anticorpi. Dal punto di vista tecnologico – conclude Clerici – è un grande avanzamento”.
Riferimento:Walker, L. M. et al. Science advance online publication doi:10.1126/science.1178746 (2009)
http://www.galileonet.it/primo-piano/11818/due-nuovi-anticorpi-contro-lhiv
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07.09.2009
Partito Pirata: il programma europeo
Rick Falkvinge parla di ciò che si accinge a realizzare al Parlamento UE. Tra dottrina Sarkozy e diritto alla privacy, per tentare di aumentare le garanzie digitali per i cittadini
Roma – Dal fondatore e leader del primo Partito Pirata in circolazione, quello svedese, ci si aspetterebbe un assalto al diritto d’autore e all’establishment dei detentori dei diritti con il proverbiale coltello tra i denti. Eppure, ascoltando e osservando Rick Falkvinge durante uno delle sue prime uscite pubbliche dopo l’elezione al seggio europeo, si ha l’impressione di essere al cospetto di un oratore di buon livello e di un politico lucido: che fa delle proposte ragionevoli, condivisibili, apprezzabili. Ma che, fermandosi a riflettere un attimo, sono potenzialmente dirompenti in un contesto come quello della UE dove sono in discussione il Pacchetto Telecom e la dottrina Sarkozy.
Certo, l’occasione nella quale il discorso di Falkvinge si tiene aiuta senz’altro: il primo congresso della neonata associazione Agorà Digitale, tenutosi a Salerno a margine di una settimana di lavori del Partito Radicale, e che proprio negli esponenti del partito il cui leader è Marco Cappato ha trovato fondatori e primi sostenitori. Una platea ben disposta ad ascoltare e raccogliere suggerimenti, mutuare l’esperienza del Partito Pirata in Svezia: che alle ultime elezioni si è preso la soddisfazione di divenire la terza forza politica del paese, superando organizzazioni sulla piazza da molti anni e con un apparato associativo di gran lunga più capillare e in teoria radicato di quello dei seguaci dei bucanieri.
Falkvinge, in ogni caso, non è tipo da nascondersi dietro un dito: ammette candidamente che senza la vicenda The Pirate Bay, senza il raid del 2006 e il processo del 2009, forse il suo partito non sarebbe dove si trova adesso. Ma, allo stesso tempo, è pronto a rivendicare il suo seggio al Parlamento Europeo con alcune proposte (concrete o meno si vedrà) che ovviamente riguardano i temi caldi della sua campagna elettorale e che molto cari risultano agli abitanti della Rete: anonimato, copyright, equo compenso e, dulcis in fundo, ACTA.
Il leader del Partito Pirata, come detto, è un abile parlatore: si esprime con calma e snocciola fatti e date, costruisce con attenzione le sue tesi. Ricorda la nascita del Copyright nel 1557, nel Regno Unito, e le ragioni storiche che spinsero le gerarchie ecclesiastiche a volere questa misura di controllo sul nuovo mezzo di diffusione del sapere; rammenta cosa accadde negli anni ’60 e ’70 con le prime radio pirata, che dalle acque extra-territoriali rompevano il “monopolio”, così lo chiama, del governo su questo mezzo; conclude citando la rivoluzione delle TV commerciali degli anni ’80, e di come in Svezia a lungo i decoder satellitari siano rimasti fuorilegge a causa del ritardo con cui lo stato ha provveduto a riformare le leggi in merito.
Tutto per arrivare a un punto: il copyright, il diritto d’autore, gli interessi delle major del disco e della celluloide, secondo Falkvinge non sono altro che il pretesto che i governi di tutto il mondo hanno adottato per tentare di mettere sotto controllo il nuovo strumento principe di diffusione delle informazioni. Internet: che è anonimo, che è democratico e incontrollabile, dove tutti possono avere la propria opinione e dove chiunque può verificare fatti, dati, avvenimenti, smentire ricostruzioni mendaci e bugie elettorali.
Dopo l’affondo, Falkvinge stempera l’aggressività: il suo Partito Pirata, e non potrebbe essere altrimenti visto che concorre a cariche parlamentari, non è l’ultima organizzazione anarchica eversiva. È piuttosto “la nuova generazione delle associazioni per i diritti civili”: una struttura orizzontale che tenta di rispondere alle esigenze nuove di chi è cittadino anche online, riportando sulla Rete tutti i diritti acquisiti e incontestati di cui già chiunque gode nei paesi occidentali quando si parla di “vita reale”.
“I governi occidentali criticavano la Cina per la censura su Internet – incalza il leader svedese – Ora emulano il governo cinese, in silenzio: aumentano le intercettazioni, anche internazionali, e di pari passo aumenta la data retention: in Germania, la metà dei cittadini ha smesso di telefonare a psicologi e altri servizi di assistenza per il timore che il governo possa tenere traccia di queste chiamate”. C’è bisogno di adottare subito delle contromisure – citate ovviamente cifratura, anonimizzazione di ogni tipo (concetti per altro già sostenuti in passato in Italia da altre associazioni) – ma ci sono anche altre iniziative che vanno intraprese per tentare di tener testa ad un sistema di controllo draconiano dei cittadini.
“I governi pensano – aggiunge ancora – che Internet sia un gioco da togliere ad un bambino quando è stato cattivo: non credono che Internet sia una cosa reale, tangibile”. Al web vengono applicate regole diverse e, per certi versi secondo Falkvinge, incomprensibili: la posta è inviolabile se spedita con busta e francobollo, ma facilmente intercettata quando è composta di bit. Le biblioteche pubbliche prestano titoli coperti dal diritto d’autore a titolo gratuito da 150 anni: lo stesso deve poter avvenire, per uso privato, anche online. Gli intermediari non sono responsabili di quanto trasportano: dall’epoca dell’Impero Romano “ambasciator non porta pena”, e questo deve rimanere valido offline (dove corrieri e uffici postali non sono responsabili di quanto viene spedito) quanto online.
Il Partito Pirata, a partire da oggi con le prime sedute del nuovo Parlamento Europeo, cercherà di portare all’attenzione dell’agenda politica queste problematiche: punibilità per violazione del copyright solo se fatto per scopi commerciali (equivalente, secondo Falkvinge, alla legalizzazione del file sharing per i privati); limite di cinque anni alla durata del diritto d’autore; riconoscimento del diritto di remix, mashup e riutilizzo creativo dei contenuti; riconoscimento della paternità delle opere, per evitare il plagio. Infine, la rivisitazione del principio dell’equo compenso e contrasto alla cosiddetta broadband tax: chi verrebbe compensato per il traffico generato online, scherza Falkvinge, i detentori dei diritti sulla musica e i film, o i produttori di materiale pornografico che da tempo producono introiti in Rete?
L’intervento di Falkvinge si chiude con una risposta diplomatica al guru del software libero Richard Stallman, che aveva contestato l’ipotesi di una limitazione a cinque anni del diritto d’autore temendo che pezzi di codice libero potessero finire all’interno di software proprietario. Falkvinge liquida l’ipotesi di un archivio di stato del codice sorgente, e pone l’accento sul discorso competitività: “Se un software closed source ha bisogno di integrare pezzi di free software vecchio di cinque anni, superando in questo modo il suo omologo libero, ci sarebbe comunque un problema”. E poi, da politico d’esperienza, ringrazia Stallman e lo invita a continuare nel suo lavoro che tanta importanza riveste per la comunità.
Luca Annunziata
http://punto-informatico.it/2704007/PI/News/partito-pirata-programma-europeo.aspx
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Da PeaceLink.it 07.09.2009
Appello
http://eva.pescomaggiore.org
Meglio rimboccarci le maniche
Siamo un gruppo di semplici cittadini di Pescomaggiore, l’antico borgo in montagna vicino l’Aquila. Il 6 aprile alle 3 e 32 abbiamo perso la casa.
Solo 1 su 10 di noi questo inverno sarà il “fortunato” cui verrà offerto un tetto sotto cui ripararsi. Un tetto a 10 km dal paese.
Invece di lamentarci abbiamo preferito rimboccarci le maniche.
Meglio una casa vera, specie se costa come un container.
Tre generosi compaesani ci hanno messo a disposizione un terreno, con un panorama da mozzare il fiato, a pochi passi dal centro storico.
Con l’aiuto di avvocati e architetti volontari, abbiamo progettato e cominciato a costruire sette piccole abitazioni che devono essere pronte prima del freddo, della pioggia e della neve, cioè entro due mesi.
Stiamo dimostrando che è possibile fare case economiche, ecologiche e rapide da realizzare se usiamo prevalentemente materiale naturale, economico e reperibile sul posto: la struttura portante in legno, la tamponatura in balle di paglia, il cemento ridotto al minimo, le stufe a pellet per scaldarci, i pannelli solari e fotovoltaici che ci daranno l’energia elettrica e l’acqua calda di cui avremo bisogno.
La mano d’opera siamo noi stessi che impugnamo gli attrezzi del mestiere e preferiamo la fatica attiva all’indolenza obbligatoria del terremotato.
Così, con la cifra di 150 mila euro con cui voi normalmente paghereste una casetta, noi possiamo costruirne sette; ma ricordate che no i abbiamo perso tutto e che lo Stato non ci sta aiutando, quindi anche quei pochi soldi che
servono, per noi sono tantissimi.
Meglio la solidarietà diretta
Gli italiani sono già stati generosi ed hanno sottoscritto molti soldi per il terremoto; purtroppo però a noi è arrivata solo qualche tenda e molte chiacchere.
Questo ulteriore sforzo che chiediamo, invece, va direttamente da voi a noi: avrete nome e cognome di chi li usa, potete controllare su questo sito come procedono i lavori, soprattutto potrete partecipare alle decisioni.
Questi bilocali e trilocali ci permetteranno di non abbandonare Pescomaggiore in attesa della ricostruzione e di mantenere vivi i nostri rapporti sociali.
Nel sito http://eva.pescomaggiore.org ti presentiamo meglio il nostro progetto.
Aiutaci a far rinascere Pescomaggiore.
SOSTEGNO ECONOMICO:
IBAN: IT 87 S 05748 15404 100000008397
COMITATO PER LA RINASCITA DI PESCOMAGGIORE
CAUSALE: ECOVILLAGGIO
Contattaci per chiarimenti all’indirizzo
eva@pescomaggiore.org
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Fsa, Tobin tax, Tremonti di Andrea Baranes
E’ il momento buono per la Tobin Tax
03/09/2009
La tassa anti-speculazione ideata dal premio Nobel Tobin seduce finalmente i regolatori della finanza. Mentre il nostro ministro dell’Economia, professore di antimercatismo, pensa a strumenti inutili come la de-tax o la “Robin Hood tax”.
Il settore finanziario ha assunto dimensioni troppo grandi per essere socialmente sostenibile. La City di Londra – cuore pulsante della finanza mondiale – è oggi diventato un fattore di destabilizzazione dell’economia britannica. A rilasciare queste dichiarazioni al prestigioso Financial Times non è un acerrimo nemico dei processi di globalizzazione, ma Lord Adair Turner, presidente della Financial Services Authority (Fsa), l’organo di sorveglianza e controllo dei mercati finanziari inglesi.
Al di là dell’analisi, Turner avanza le proprie proposte per evitare il ripetersi di una crisi come quella attuale, sostenendo in particolare la necessità di introdurre una tassa sulle transazioni finanziarie.
Il meccanismo è relativamente semplice. Gli speculatori arrivano a comprare e vendere valute o strumenti finanziari anche migliaia di volte in un giorno, per guadagnare su minime oscillazioni nei prezzi. Se ad ogni compravendita dovessero pagare una tassa, per quanto piccola, la speculazione verrebbe enormemente scoraggiata. Un importo modesto dell’imposta, d’altra parte, non avrebbe ripercussioni apprezzabili sulle transazioni non speculative.
Già Keynes aveva ipotizzato un meccanismo simile. Dopo di lui il premio Nobel per l’economia James Tobin ha dato il nome alla celebre “Tobin Tax”, un’imposta riguardante le transazioni valutarie. Oltre a scoraggiare le attività speculative, queste tasse permetterebbero di riscuotere un gettito da dedicare alla tutela dei beni pubblici globali. Si tratta di strumenti di redistribuzione delle ricchezze su scala globale. Più in generale, un’imposta sulle transazioni finanziarie permetterebbe di restituire alla sfera pubblica una forma di controllo su quella finanziaria, una necessità emersa con forza a seguito dell’attuale crisi.
Oggi tutte le questioni tecniche relative all’introduzione di un’imposta quale la Tobin Tax sono state chiarite, le difficoltà sono unicamente di natura politica. La lobby del settore finanziario ha sempre respinto con fermezza qualunque ipotesi di tassazione o regolamentazione, relegando in circoli accademici la discussione su Tobin Tax e dintorni.
La proposta del presidente della Fsa non è quindi nuova, ma suona comunque inaspettata. L’ente si trova oggi nell’occhio del ciclone per non avere saputo controllare il settore finanziario e per le responsabilità nella crisi. E’ in corso un braccio di ferro con la Banca d’Inghilterra che vorrebbe avocare a sé alcuni poteri di controllo sui mercati. In caso di vittoria elettorale, all’interno del partito conservatore si propone addirittura di chiudere la stessa Fsa. In situazione di forte difficoltà, Turner ha quindi probabilmente deciso di uscire pubblicamente con una proposta forte, che rompesse gli schemi. Questo non fa che confermare la bontà dell’idea di una tassa sugli strumenti finanziari, uno degli strumenti di maggiore efficacia per combattere gli eccessi speculativi dei mercati e per riportarli sotto controllo.
In Italia, nel 2003, una campagna guidata da Attac con il sostegno di moltissime altre organizzazioni ha portato a raccogliere quasi 180.000 firme per presentare in parlamento una legge di iniziativa popolare per l’introduzione della Tobin Tax. Il ministro dell’Economia era allora Giulio Tremonti, che, in risposta alla Tobin Tax propose la sua “De-Tax”, una sorta di sgravio fiscale per le imprese che volevano fare beneficenza.
Oggi, nella patria dei mercati finanziari, il presidente del massimo organo di controllo sugli stessi mercati segnala con forza la necessità di introdurre misure di tassazione. In Italia il ministro dell’Economia è ancora Tremonti, pronto in ogni occasione a tuonare contro gli eccessi dei mercati e contro la speculazione. A parole. Nei fatti, il nostro ministro non è riuscito a fare di meglio che riproporre la De-Tax o l’ancora più improbabile “Robin Hood Tax”. Delle misure che non incidono in nessun modo sulla speculazione e sugli eccessi del mondo finanziario e che nulla hanno a che vedere con le enormi potenzialità della Tobin Tax.
Se davvero Tremonti volesse fronteggiare la crisi e gli eccessi speculativi della finanza, si dovrebbe in primo luogo impegnare a portare e sostenere in Italia e nelle sedi internazionali l’idea di una tassazione sulle attività finanziarie, a partire proprio da quella legge di iniziativa popolare per l’introduzione della Tobin Tax che da oltre sei anni giace in parlamento, senza mai essere stata discussa in aula.
(nel pdf allegato, il testo della proposta di legge sulla Tobin Tax)
http://www.sbilanciamoci.info/Sezioni/globi/E-il-momento-buono-per-la-Tobin-Tax
Spunto su cui riflettere, proposto in commento da csepel
Purchè non si creda che la Tobin Tax risolva ogni cosa…(http://www.marxismo.net/content/view/956/126/)
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Venezia, ovazione per Chávez «Visto? Non sono il diavolo»
Folla e applausi per la visita del presidente venezuelano
VENEZIA — Ciak, è un trionfo. Il «caudillo rosso» sbanca il Lido. Osannato, riverito e adulato come raramente capita a un capo di Stato all’estero, il presidente venezuelano Hugo Chávez sbarca alla Mostra del cinema e diventa per un giorno padrone assoluto del red carpet, star delle star. Per lui, l’uomo delle rivoluzione bolivariana, l’anti yankee per eccellenza, per taluni Robin Hood, per altri furbo dittatore, si infiamma il pomeriggio del Lido. Quando Oliver Stone, che per Chávez ha confezionato un documentario su misura dal titolo «South of the Border», annuncia nel primo pomeriggio che «lui è a Venezia», si scatena il putiferio. E quando «lui», reduce da un tour di capitali tutte rigorosamente unite da un sano antiamericanismo (Iran, Libia, Siria), si materializza davanti al Palazzo del cinema, succede di tutto.
Perfino, miracolo caraibico, che i comunisti di Rifondazione e i camerati di Forza nuova si ritrovino accomunati nei festeggiamenti: i primi con bandiere rosse, gli altri offrendo al caudillo rose rosse. Lido in assetto di guerra per l’uomo che mastica coca e che spesso ha scaldato i cuori di una certa sinistra italiana. Quello che non è blindabile è l’entusiasmo. Regia curata nei minimi dettagli. Chávez e Stone sembrano clonati: tutti e due in camicia bianca, giacca scura e cravatta rosso fiammante. Il caudillo rende onore al regista americano, «grande raccontatore della rinascita dell’America Latina». Poi, da consumata rockstar, approfitta del prestigioso palcoscenico per spargere pillole di diplomazia: «Non sono un diavolo come mi descrivono, ma solo un essere umano e non favorisco il narcotraffico né il terrorismo, come dicono gli Stati Uniti». L’Iran? «Ci sono appena andato: io lavoro per la libertà» dice, evitando accuratamente di ricordare il recente appoggio dato ai programmi nucleari degli ayatollah e l’attacco al «governo genocida» di Israele. Obama? «Con lui si può parlare, credo abbia buone intenzioni, lo voglio aiutare». Pure in Vaticano andrebbe, «anche se qualche vescovo mi critica».
Quindi carezze all’Italia: «Sono amico di Napolitano e di Berlusconi…». Ma è la folla che Chávez cerca. E trova. Attorno al red carpet è un mitragliare di flash. Brillano gli occhi a Gianni Minà, che si intrattiene per alcuni minuti in fitto conciliabolo con il caudillo. Con loro, anche lo scrittore Tariq Ali, il presidente della Biennale Paolo Baratta e il direttore della Mostra del cinema, Marco Mueller. Praticamente in estasi i fans venezuelani e spagnoli, che accolgono Chávez al grido «Bienvenido presidente»: e devono intervenire guardie del corpo in formato extralarge per convincerli a smettere di chiedere autografi. Ci sarebbero, in un angolo, anche un ragazzo e una ragazza con cartelli di protesta contro «la dittatura di Chávez» e «la poca libertà di stampa». Ma il presidente non li vede, e poi non è giornata. L’apice si raggiunge quando il caudillo fa il suo ingresso nella Sala Grande per assistere al film. Tutti in piedi, spunta una bandiera e un ragazzone intona l’inno del 1810: «Gloria al bravo pueblo que el yugo lanzó…»: gloria al bravo popolo che ha spezzato le catene. Chavez fa l’atto di commuoversi, stringe il pugno e grida «Gracias muchacho!». E un grazie all’Italia?
Francesco Alberti
08 settembre 2009
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03.09.2009
Rielezione di Álvaro Uribe: come mai nessun giornale se ne preoccupa?
Il Parlamento colombiano ha approvato martedì la legge che porterà ad un referendum col quale i colombiani decideranno se il Presidente Álvaro Uribe potrà ricandidarsi a Palazzo Nariño.
Chi scrive non è particolarmente turbato dall’idea che Uribe possa ricandidarsi (mi preoccupa di più che venga rieletto) se non che si potrebbe scrivere un intero tomo su irregolarità, brogli, violazioni del codice penale anche nella prima rielezione e sui voti comprati per permetterla che hanno portato in galera il corrotto ma non il corruttore.
Sì, ricordo, parlamentari di quel paese sono stati condannati e incarcerati per corruzione per aver venduto il proprio voto a favore della rielezione di Uribe, ma chi ha comprato quel voto non è stato neanche incriminato in una sorta di Lodo Alfano alla colombiana.
Quello che turba allora, quello che è disdicevole, è il silenzio, l’approvazione o l’indifferenza rispetto alla ri-rielezione di Uribe di quei media che si erano stracciati le vesti per un percorso analogo (ma indiscutibilmente più limpido) da parte del presidente venezuelano Hugo Chávez.
Nel caso di Chávez scrissero allarmatissime paginate per lo più di menzogne. Nel caso di Uribe, silenzio o velato farisaico appoggio. Guardate, è solo un esempio, l’olimpicità del Velino di Capezzone che pure ha scritto pagine memorabili sulla democrazia violata dal permettere la candidatura di Hugo Chávez che non faceva il favore di levarsi di torno. Oppure studiate il caso di scuola di El País di Madrid, sul quale i nostri velinari ricalcano le loro incerte noterelle latinoamericane: mentre per Chávez trasudavano sdegno, sarcasmo, preoccupazione nel caso di Uribe si rifugiano nel più anglosassone degli understatemen.
Domandina: perché quello che è inammissibile in Venezuela diviene accettabile e perfino auspicabile in Colombia? Perché nessuno parla (altrettanto a sproposito beninteso) per Álvaro Uribe di dittatura, di rielezione a vita e altre amenità come hanno fatto per Hugo Chávez?
Non sarà perché la Colombia, un paese nel quale si concentrano la maggioranza delle violazioni dei diritti umani, civili e sindacali dell’intera America latina, è oramai una sorta di nuovo “stato libero associato” agli Stati Uniti, una nuova Portorico gigantesca per la quale, come ha detto pochi giorni fa Noam Chomsky, “parlare di sovranità è una burla”?
Arriva Falsos positivos, il documentario di Simone Bruno sullo scandalo dei “falsi positivi“, migliaia di cittadini inermi fatti assassinare dal governo in Colombia per dimostrare di avere ucciso più guerriglieri, che i nostri giornali hanno occultato all’opinione pubblica.
Guarda il trailer su Giornalismo partecipativo
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2/9/2009
La Germania cambia tutto
non la Merkel
GIAN ENRICO RUSCONI
Le prossime elezioni tedesche di fine settembre creeranno una situazione paradossale. Da un lato ci sarà un cambiamento significativo nella struttura e nella rappresentanza partitica della Germania; dall’altro questa svolta sarà affidata ad una donna cancelliere – Angela Merkel – che in qualche modo in questi anni ha accompagnato l’eutanasia del vecchio sistema tedesco. Con stupore ci si chiede chi sia esattamente questa professionista della politica che non ha nulla dell’arroganza e della supponenza del professionista, ma guida con sicurezza il governo. Cambia opinione, oscilla nei programmi, fa concessioni e compromissioni ma dà l’impressione d’avere sempre in mano la situazione. Non assume mai toni enfatici o carismatici ma appare convincente e soprattutto popolare. In breve è rimasto l’unico punto fermo in un universo politico in movimento.
Il segreto del grande leader è ottenere fiducia, qualunque cosa abbia in testa. Persino quando non sa nemmeno lui che cosa farà. Questa è Angela Merkel oggi. Soprattutto dopo l’esito negativo per il suo partito, la Cdu, nelle elezioni regionali dei giorni scorsi. La nomenclatura cristiano-democratica non la ama; anzi è irritata e stupita. Non riesce a capacitarsi di come la Cdu perda consensi mentre ne guadagna la persona della cancelliera.
Ma devono ammettere che soltanto la Merkel è in grado di garantire che l’imminente passaggio elettorale non sia traumatico.
I risultati delle ultime consultazioni regionali con la punizione della Cdu e della Spd, l’avanzata della «sinistra antagonista», la Linke, dei liberali, dei verdi non vanno letti come semplice riassetto numerico delle formazioni in campo. Non è un riassestamento per il quale è prevedibile, anzi è già iniziato il gioco delle varie possibili alternative di coalizione. È un intero equilibrio storico di sistema che sta cambiando.
Si va verso un sistema «pentapartitico» che solleva facili associazioni con la Prima repubblica italiana. Ma l’evocazione della «italianizzazione» del sistema politico tedesco è soltanto una battuta scaramantica. A parte la sgradevolezza del confronto, i politici tedeschi non sembrano attrezzati ad affrontare la nuova situazione. Sono stati presi in contropiede, nonostante da anni si delineasse il nuovo orientamento.
La Germania è l’unico grande Paese europeo la cui struttura politico-partitica di fondo è durata sostanzialmente sessant’anni, anche grazie alle condizioni eccezionali della guerra fredda che l’ha costituita intimamente sin dall’origine. Ebbene la nuova dinamica che si annuncia oggi è tanto più pressante in quanto paradossalmente tardiva. A ben vedere, infatti è l’effetto ritardato della caduta del Muro: la fine dei macroequilibri politici mondiali, con lo spostamento del confronto dalla sfida militare alla competizione per le risorse energetiche che intaccano direttamente la vita quotidiana dei cittadini. Poi ci sono le attese deluse della occidentalizzazione delle regioni orientali e la frustrazione generalizzata per la paralisi dell’Europa politica. Gli elettori sono sconcertati e abbandonano le vecchie fedeltà.
Sotto l’accelerazione di questi problemi, resi più acuti dall’ultima crisi economico-finanziaria, in Germania si registra una mutazione politica interna che altri sistemi politici hanno già attraversato, approdando magari al presidenzialismo di stile sarkozista o al berlusconismo. So benissimo che questi riferimenti non piacciono per nulla ai politici tedeschi. Ma aspettiamo la loro soluzione «alla tedesca».
Il discorso torna così alla cancelliera Merkel. È lei la scommessa che le novità imminenti non siano traumatiche. È lei la garanzia che ci sarà abbastanza «conservazione» nella «mutazione». Come tutto questo si traduca della politica pratica non è facile da prevedere. Come non è prevedibile quale combinazione di partiti o coalizione garantisca questa buona politica. Ma forse che le decisioni prese dalla Merkel nel corso del suo mandato, che l’ha resa tanto popolare, sono state di «destra» piuttosto che di «sinistra»? Nessuno è in grado di definirle in questi termini convenzionali.
Siamo così al punto istituzionale che per i tedeschi è ovvio mentre per gli italiani è motivo di infinita gelosia: l’istituto del cancellierato come garanzia di competenze decisionali in grado di orientare in modo autorevole una compagine di governo (anche quando è basata su una coalizione).
Autorevolezza del cancelliere non vuol dire la pretesa di essere esonerati dalle critiche o esibire un decisionismo per ripicca, contro l’opposizione. Anzi più di quanto non appaia dall’esterno, il grande cancellierato coincide con una straordinaria capacità di creare sinergie all’interno delle forze di governo. E di ottenere il combattivo rispetto dell’opposizione.
Naturalmente la storia del cancellierato tedesco non è tutta lineare o priva di momenti di grandi tensioni e contraddizioni. Ma i momenti più felici della storia politica, sociale ed economica tedesca hanno sempre coinciso con figure notevoli di cancellieri, interpreti con la loro stessa personalità del clima di un’epoca. Personalità di valore dentro ad un plusvalore istituzionale.
Questo è probabilmente il segreto del successo addirittura «anticipato» di Angela Merkel di questi giorni.
Naturalmente parlo di promessa o forse più realisticamente è meglio parlare di scommessa.
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08.09.2009
Cordoglio per la morte di Mike Bongiorno. Sinceramente, non lo seguivo più da quando avevo 15 anni, all’epoca di Superflash.
Posto qui il commento di H.Rouge su http://www.evulon.net
…Vorrei ricordare quel che è successo fra Mike e il suo “amico” Berlusconi che oggi si fa bello dichiarando cose non vere sul suo rapporto con il grande presentatore. Andatevi a rileggere su internet le dichiarazioni amare e desolate di Mike Bongiorno, sul modo con il quale è stato messo alla porta dopo 30 anni di lavoro, senza che l’amico si facesse nemmeno trovare per un saluto. Ricordo molto bene le parole di Mike, pronunciate in pubblico a varie trasmissioni televisive, parole che egli non ha mai ritrattato.
Oggi che è morto e non può più controbattere, tutti si fanno avanti per rifarsi una nuova immagine di fedeli amici e di leali datori di lavoro. E questi datori di lavoro oggi hanno in mano i nostri destini e quelli delle future generazioni. Con il beneplacito dei cittadini che, condizionati dalla martellante sequela di notizie deformate e rigirate come frittate, stanno sempre più consegnando i loro diritti nelle mani di prestigiatori abili solo a causa dell’ingenuità del pubblico pagante.
Povero Mike, poveri noi tutti.
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Mike
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