di David Le Breton
Il corpo IN GIOCO 12.04.2011
Anticipiamo alcuni brani di un saggio che verrà pubblicato nel prossimo numero di «Lettera internazionale». L’antropologio francese si concentra sulle trasformazioni imposte alle nostre fisionomie da alcuni imperativi estetici, e conclude affermando che «i limiti del corpo disegnano l’ordine morale e significativo del nostro mondo», lanciando una sfida politica alle società attuali
Nelle nostre società, il corpo tende a diventare una materia prima da modellare secondo le condizioni del momento. Oramai, per molti nostri contemporanei, il corpo è diventato un accessorio della presenza, un luogo della messa in scena di sé. La volontà di trasformare il proprio corpo è diventato un luogo comune. Se un tempo l’anima o la mente erano opposti al corpo, oggi la versione moderna dello stesso dualismo oppone l’uomo al proprio corpo. Il corpo non è più l’incarnazione irriducibile di sé, ma una costruzione personale, un oggetto transitorio e manipolabile, suscettibile di molte metamorfosi a seconda dei desideri dell’individuo. Se un tempo esso incarnava il destino della persona, la sua identità intangibile, è oggi una proposizione sempre da raffinare e da riprendere. Tra l’uomo e il suo corpo, c’è un jeu, nel duplice senso del termine («gioco» e «recitazione» n.d.t.) In maniera artigianale, milioni di individui si fanno bricoleurs inventivi e instancabili del loro corpo. L’apparenza alimenta ormai un’industria senza fine.
Il corpo è sottoposto a un design talvolta radicale che non tralascia nulla (body-building, diete, cosmetici, assunzione di ormoni steroidei, ginnastica di ogni tipo, marchi corporei, chirurgia estetica, transessualismo, body art, eccetera). Posto come rappresentante del sé, il corpo diventa affermazione personale, messa in evidenza di un’estetica e di una morale della presenza. Non si tratta più di accontentarsi del corpo che si ha, ma di modificarne le basi per completarlo o renderlo conforme all’idea che ognuno se ne fa. Il corpo è oggi un alter ego, un altro sé un po’ deludente, ma disponibile a tutte le modifiche possibili. Senza il supplemento introdotto dall’individuo nel suo stile di vita o senza le sue azioni deliberate di metamorfosi fisiche, il corpo sarebbe una forma insufficiente ad accogliere le sue aspirazioni. Affinché prenda possesso del proprio corpo, l’individuo deve aggiungerci il suo marchio. Il corpo diventa la protesi di un io eternamente alla ricerca di un’incarnazione provvisoria in grado di lasciare una traccia significativa di sé. Per dare corpo alla propria esistenza, è necessario moltiplicare i segni corporei in maniera visibile. Per diventare sé, bisogna mettersi fuori da sé. L’interiorità si risolve in uno sforzo di esteriorità. È una moltiplicazione di messe in scena di sé per sottoscrivere la propria presenza al mondo, compito impossibile che esige incessantemente di rimettere in cantiere il corpo in una corsa senza fine per aderire a sé, a un’identità effimera ma essenziale per sé e per un particolare momento sociale.
Il sospetto nei confronti della forma del corpo è presente anche nella moda della chirurgia estetica che interessa oggi popolazioni sempre più giovani, soprattutto di donne, scontente del loro seno o di altre parti del corpo. L’anatomia non è più il destino evocato un tempo da Freud, è ormai un accessorio della presenza, un’istanza rimaneggiabile, sempre revocabile. (…)
L’età dei nuovi gnostici
Molti dei progressi della tecnoscienza spingono il sospetto fino all’estremo e considerano il corpo un abbozzo da correggere o anche da rifare da cima a fondo a causa della sua imperfezione. Il fantasma di un corpo liberato dalle sue antiche pesantezze naturali si compie nel mito del bambino perfetto, medicalmente fabbricato e garantito di buona qualità morfologica e genetica. La procreazione medicalmente assistita porta alla concezione del bambino fuori dal corpo, fuori dalla sessualità, fuori dal rapporto con l’altro. Alcuni biologi pensano addirittura di eliminare la donna per tutta la gestazione, grazie all’incubatrice artificiale. L’esistenza prenatale diventerebbe così solo un percorso medico in cui la donna non è più necessaria. La «fabbricazione» medica del bambino si prolunga oggi con una serie di esami che verificano la sua qualità genetica o il suo aspetto fisico. Esami di ammissione alla vita che perpetuano il sospetto nei confronti di un corpo la cui perfezione è il risultato di una verifica di qualità o di una correzione tecnica.
Il corpo è chiaramente superfluo per certe correnti della cybercultura che prospettano lo sviluppo imminente di un’umanità (che alcuni già definiscono post-umanità) finalmente pervenuta a disfarsi di tutti gli ostacoli di cui il più fastidioso sarebbe proprio il fardello del corpo. Trasformato in artefatto, se non addirittura in «carne commestibile», sono in molti a sognare di sbarazzarsene per accedere infine a un’umanità gloriosa. Questi nuovi gnostici dissociano il soggetto dalla sua carne deperibile e vogliono smaterializzarla a beneficio della mente, ai loro occhi unico elemento degno di interesse. La navigazione in Rete o l’immersione nella realtà virtuale danno agli internauti la sensazione di essere legati a un corpo ingombrante e inutile che va nutrito, curato, divertito, mentre la vita sarebbe molto più felice senza tutte le seccature che esso comporta. La comunicazione senza corpo e senza volto della Rete favorisce le identità multiple, la frammentazione del soggetto impegnato in una serie di incontri virtuali per i quali ogni volta indossa un nome diverso, o un’età o un sesso o una professione scelti a seconda delle circostanze. Il corpo diventa un dato facoltativo. (…)
La reificazione dell’uomo comporta logicamente l’umanizzazione del computer con un ribaltamento radicale di valore. Tutto quel che allontana l’uomo dalla macchina viene percepito come un’insopportabile indegnità dell’uomo. Ma tutto quel che avvicina per metafora o paragone la macchina all’uomo va immediatamente a credito della prima, nella convinzione che l’uomo sia ormai superato e che i suoi giorni siano contati. In fin dei conti, il rifiuto della condizione umana, nell’auto-denigrazione di coloro che la formulano, si fa attraverso il processo della carne: l’uomo è una creatura fisicamente troppo imperfetta per gli imperativi del rendimento e dell’efficienza che dominano una parte delle nostre società contemporanee. Il puritanesimo si allea qui con l’ansia di prestazione. Nel mondo della competizione, della velocità, della comunicazione che è oggi largamente il nostro, non si tratta mai di migliorare il gusto di vivere degli uomini, ma sempre di aumentare d’autorità la povertà del radicamento corporeo dell’uomo – nell’oblio, è ovvio, dei quattro quinti dell’umanità la cui sopravvivenza non suscita il benché minimo interesse: quei quattro quinti sono definitivamente fuori gioco. L’occidentalocentrismo del punto di vista non è neanche lontanamente percepito da questi uomini affascinati dalla tecnoscienza per i quali il mondo comincia e finisce con la loro sola visione del mondo.
Verso la cyberizzazione dell’umano
Per molti adepti dell’Intelligenza Artificiale, la macchina sarà un giorno pensante e sensibile e sostituirà l’uomo nella maggior parte dei suoi compiti. Se la macchina si umanizza, l’uomo si meccanicizza. La cyberizzazzione progressiva dell’umano, soprattutto nelle sue promesse future, confonde le frontiere. Ci sono scienziati che sognano di trasferire un giorno la loro «mente» nel computer per vivere pienamente il cyberspazio. Ai loro occhi, il corpo non è più all’altezza delle capacità richieste nell’era dell’informazione: è lento, fragile, incapace di memoria, eccetera. Meglio sbarazzarsene forgiandosi un corpo bionico (cioè largamente o interamente cyborizzato) nel quale inserire casomai un dischetto contenente la «mente». Si tratta non solo di soddisfare le esigenze della cybercultura o della comunicazione, ma, simultaneamente, di sopprimere la malattia, la morte e tutte le difficoltà legate al fardello del corpo. L’uomo diventa homo-silicium. Questi discorsi derivano da un immaginario puro (anche se chi li pronuncia è convinto della loro verità), ma sono efficaci. Partono dal voler fare del corpo uno scarto. Solo cambiando il suo corpo l’uomo raggiungerà la salvezza.
G. J. Sussman, professore al Mit, si lamenta di non aver ancora raggiunto l’immortalità che gli sembrava tecnicamente così vicina. Sogna di liberarsi del corpo e dunque di affrancarsi dalla morte: «Se riusciamo a costruire una macchina che contiene la nostra mente, allora diventiamo la macchina stessa. Che il corpo fisico vada al diavolo. È privo di interesse. Oggi, una macchina può durare in eterno. Anche se si ferma, possiamo copiarci in un disco e caricarlo su un’altra macchina. Tutti vorremmo essere immortali. Temo però che non saremo l’ultima generazione a morire». L’immaginario millenaristico della liberazione dal corpo grazie alla macchina è largamente condiviso.
Marvin Minsky, spingendo alle estreme conseguenze la mistica dell’Intelligenza Artificiale e il suo disprezzo per il corpo, già fissa la data per «scaricare» la mente nel computer: «L’idea di morire dopo aver accumulato dati sufficienti a risolvere un problema è desolante. Senza parlare di immortalità, perché no cinquecento anni di vita in più? Non c’è ragione che il sistema si guasti se si utilizza una buona tecnologia: si possono sostituire tutti i pezzi. In più, potremmo fare due copie di noi stessi, se una non funziona più. Forse anche mandare molte copie a vivere vite diverse».
Ibridi solo per metà biologici
Per Hans Moravec, specialista di robotica, l’obsolescenza del corpo umano è un fatto acquisito. Il compito principale consiste nello sbarazzarsi della carne superflua che limita lo sviluppo tecnologico di un’umanità in piena metamorfosi. «Allo stato attuale delle cose – scrive – siamo ibridi infortunati, per metà biologici, per metà culturali: molti dei tratti naturali non corrispondono alle invenzioni della nostra mente. La nostra mente e i nostri geni condividono forse alcuni obiettivi comuni, nel corso della nostra vita. Ma il tempo e l’energia consacrati all’acquisizione, allo sviluppo e alla diffusione delle idee contrastano con gli sforzi dedicati alla manutenzione del nostro corpo e alla produzione di una nuova generazione». Il corpo manda in rovina molta parte degli sforzi della mente. Per di più, un bel giorno arriva la morte che annienta in un istante tutti quegli sforzi. Stiamo entrando, secondo Moravec, in un’era «post-biologica». Il mondo vedrà presto il trionfo di robot pensanti, infinitamente complessi ed efficienti, che non si distingueranno più dall’umanità comune se non per la loro perfezione tecnica e l’abbandono del corpo. «È un mondo in cui il genere umano sarà spazzato via da una mutazione culturale e detronizzato dalla sua stessa progenitura artificiale».
Un corpo all’altezza delle sfide contemporanee non può che essere una struttura bionica indifferente alle antiche forme umane. Se il computer è un luogo infinitamente propizio per accogliere la mente, è anche promosso al rango di corpo glorioso, di liberazione da un mondo biologicamente impuro. Il discorso sulla fine del corpo è un discorso religioso che crede all’avvento del Regno. Nel mondo gnostico dell’odio per il corpo, il paradiso è necessariamente un mondo senza corpo, pieno di chip elettronici e di modificazioni genetiche o morfologiche. Ma il cyborg ancora non bussa alle nostre porte, il sensibile resiste testardo. Questa visione del mondo che isola il corpo e che fa della mente un culto, che sospende l’uomo come un’ipotesi secondaria, se non superflua, è contrastato oggi da una forte resistenza sociale. Un’umanità fuori dal corpo è anche un’umanità senza sensorialità, amputata del sapore del mondo. (…)
Se l’uomo esiste solo grazie alle forme corporee che lo mettono al mondo, ogni modificazione della sua forma comporta un’altra definizione della sua umanità. Se le frontiere dell’uomo sono tracciate dalla carne che lo compone, sottrarre o aggiungere altri componenti trasforma la sua identità personale. I limiti del corpo disegnano l’ordine morale e significativo del mondo. Pensare il corpo è un altro modo di pensare il mondo. Se il corpo non è più la persona, se è tenuto lontano da un individuo che ha uno statuto sempre più indecidibile, se il dualismo non si inscrive più nella metafisica, ma decide del concreto dell’esistenza, a crollare è tutta l’antropologia occidentale e tutto l’umanesimo implicito ed esplicito che quella metafisica sosteneva. Il corpo è oggi una sfida politica primaria, il misuratore fondamentale delle nostre società contemporanee.
Traduzione di Chiara Benzi
© Passant ordinaire, n. 42, 2002
e David Le Breton
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Processo breve, sì della Camera
Red. , 13.04.2011
L’Aula di Montecitorio approva con 314 sì e 296 no la norma che contiene l’accorciamento dei tempi di prescrizione per gli incensurati. Fa comodo al premier per levarsi di torno il processo Mills. Giornata scandita dalle proteste dei familiari delle vittime delle stragi colpose, tra cui Viareggio e L’Aquila, dura l’opposizione di Pd e Italia dei Valori. Per l’Anm il provvedimento rischia di non passare il vaglio di costituzionalità
Il testo sulla prescrizione breve per gli incensurati, quello che una volta passato al Senato cancellerà il processo Mills per l’imputato Silvio Berlusconi, è stato approvato nell’Aula della Camera con 314 voti a favore e 296 contrari. Presenti e votanti sono stati 610.
“Noi abbiamo fatto una splendida battaglia che ha avuto un risultato indiscutibile. Una legge che doveva passare in silenzio – ha spiegato il segretario del Partito democratico Pierluigi Bersani – nel giorno della visita di Berlusconi a Lampedusa, è stata messa sotto gli occhi degli italiani per una settimana, usando gli strumenti che il regolamento ci consente. Faremo sempre così”. La capogruppo democratica in Commissione giustizia, Donatella Ferranti denuncia: “E’ uno schiaffo alla legalità: pur di salvare Berlusconi si elargiscono premi processuali anche per reati molto gravi. E’ un incentivo a ricercare scorciatoie processuali per farla franca in spregio delle regole e dei diritti delle parti lese. Peraltro si crea una giustizia di classe dove chi ha i mezzi per tirare alla lunga il processo resterà impunito”.
La giornata è stata scandita dalle proteste fuori davanti a Montecitorio dove i familiari delle vittime delle stragi colpose, da Viareggio a l’Aquila, hanno protestato contro il provvedimento che, affermano “bloccherà i processi contro i colpevoli di queste stragi”. Poco prima delle 21, al momento dell’approvazione del provvedimento, si sono le grida: “Venduti, vergogna, vergogna”. Contestato anche il leader della Lega nord Umberto Bossi.
L’Associazione nazionale magistrati, ritiene che la norma non reggere al vaglio della costituzionalità che, se chiamata, le dovrà imprimere la Consulta. Il segretario Giuseppe Cascini ha ricordato il “vincolo internazionale” cui l’Italia è legata avendo sottoscritto la Convenzione Onu contro la corruzione, con la quale “lo Stato italiano si impegna a garantire la persecuzione di tali reati”. Il secondo problema è che “l’esigenza di circoscrivere l’applicazione ottenendo gli effetti sul singolo processo porta con sé un fatto grave, la violazione del principio di eguaglianza”.
Per Cascini “il fatto di limitare gli effetti della prescrizione breve escludendo i procedimenti già andati a sentenza di primo grado riproduce una norma inserita nella legge Cirielli “già dichiarata incostituzionale. L’insidia di questa legge – ha detto ancora il segretario dell’Anm – è questa qui: siccome gli interventi della Corte costituzionale possono essere fatti solo a favore e non contro l’imputato, risultato di una eventuale pronuncia sarà di estendere a tutti i benefici di questa prescrizione breve, compresi i recidivi. Perché il tentativo di ritagliare quasi come un abito su misura la legge contrasta palesemente con l’articolo 3 della Costituzione”.
Nel pomeriggio era stato duro anche il commento del leader dell’Italia dei Valori Antonio Di Pietro che aveva affermato: “Mentre il mondo crolla, le centrali nucleari esplodono, il Mediterraneo brucia, il governo e il Parlamento lavorano per approvare una norma che non serve alla collettività, ma soltanto ad assicurare l’impunità a una casta, a una cricca, a un presidente del Consiglio”. “Per questo – sottolinea il leader dell’Idv – ci auguriamo che i cittadini vadano a votare in massa, il 12 e 13 giugno, i referendum indetti dall’Italia dei Valori, per dire no alle centrali nucleari, alla privatizzazione dell’acqua e, soprattutto, a questo ricorso alle leggi ad personam per garantire l’impunità o salvare da San Vittore qualche delinquente”.
Subito dopo l’approvazione del provvedimento i deputati dipietristi hanno innalzato dei cartelli con l’elenco dei processi più noti la cui conclusione considerano adesso a rischio. Si leggeva: Clinica santa Rita: nessuna giustizia. Processo Cirio: nessuna giustizia. Caso tarantini: nessuna giustizia. Fincantieri Palermo; nessuna giustizia. Processo eternit: nessuna giustizia. Ilva di Taranto: nessuna giustizia. rogo Tyessenkrupp: nessuna giustizia. crollo casa dello studente: nessuna giustizia. Strage di Viareggio: nessuna giustizia.
http://www.paneacqua.eu/notizia.php?id=17496
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Da akilis@otenet.gr per ListaSinistra@yahoogroups.com
L’ho trovata mettendo in ordine le mie vecchie e-scartoffie. Troppo lunga per un
francobollo quindi ve la presento cosi’ e giratela al nano fetens o chi vi pare
a piacimento … ah ah ah :-))
Alexis 😉
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“Qui ad Atene noi facciamo cosi’. 13.04.2011
Il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi per questo e’ detto democrazia.
Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private.
Ma in nessun caso si occupa delle pubbliche faccende per risolvere le sue questioni private.
Qui ad Atene noi facciamo cosi’, ci e’ stato insegnato a rispettare i magistrati e c’e’ stato insegnato a rispettare le leggi, anche quelle leggi non scritte la cui sanzione risiede soltanto nell’universale sentimento di cio’ che e’ giusto e di buon senso.
La nostra citta e’ aperta ed e’ per questo che noi non cacciamo mai uno straniero.
Qui ad Atene noi facciamo cosi”.
Pericle – Discorso agli Ateniesi, 461 a.c.
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Predator, quando la webcam impara 14.04.2011
La webcam del futuro apprende da quel che vede, riconosce i dettagli e li usa per migliorarsi. Ed è già qui
di Lorenzo Longhitano
Facebook ti fa sentire osservato da quegli stalker dei tuoi 543 amici? Google ti propone di acquistare cereali alle fibre azzeccandoci misteriosamente? Zdenek Kalal, ricercatore alla University of Surrey in Inghilterra, rischia con la sua ultima trovata di generare una nuova ondata di panico negli zelanti della privacy.
La tecnologia che ha sviluppato si chiama TLD, Tracking-Learning-Detection, ma è stata ribattezzata giustamente Predator: si tratta di un software che è in grado di riconoscere e tracciare in un flusso video oggetti specifici come automobili, volti gesti delle dita. Abbiamo davanti le immagini di una webcam in diretta? Ci basta disegnare un riquadro attorno a quello che ci interessa e Predator entra in azione. Sulle prime tituba, deve imparare da zero com’è fatto il suo obiettivo, quali sono le sue caratteristiche e come si comporta nello spazio. Poi si fa sempre più sicuro, e in pochi secondi eccolo che non molla più la presa. Se la preda esce dal campo visibile lui la aspetta al varco pronto a riagganciarla appena quella torna a farsi vedere.
Le dimostrazioni che Kalal dà su YouTube hanno dell’inquietante: il software riesce persino a riconoscere la fotografia del suo creatore mischiata in mezzo ad altre istantanee, evidenziandola in un riqudro in tempo reale. E se Predator fallisce, non si scoraggia: nella migliore tradizione scientifica, gli algoritmi che lo animano procedono per prova ed errore e sbagliando imparano, rendendo le operazioni sempre più accurate.
Il sistema è terribilmente efficiente, tanto che tra i commenti ai video qualcuno si è già messo a urlare in preda al panico, ipotizzando scenari alla 1984. Distopie a parte, per come è stato presentato Predator sembra davvero rivoluzionario per efficienza e disponibilità: il software gira su comuni webcam e pc dual core e c’è già chi sta pensando alla fattibilità di una versione mobile. Nel frattempo, una dimostrazione è scaricabile dal sito di Zdenek Kalal.
Sistemi di puntamento avanzati, realtà aumentata, interfacce per disabili, le possibilità sono innumerevoli, anche se non escludono impieghi inquietanti: un sistema di videosorveglianza privato gestito da Predator sarebbe davvero un passo in una direzione oscura. In ogni caso il codice sorgente, promette Kalal, prima o poi sarà reso pubblico e Predator potrà essere usato tanto dagli studenti quanto dalle top companies che a quanto pare gliene hanno già fatto richiesta. Non resta che aspettare e immaginare.
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affitti, casa, cedolare, secca di Roberta Carlini
La riforma degli affitti che ignora gli inquilini 15.04.2011
Si chiama “cedolare secca”, porterà rendite più grasse per i proprietari più ricchi. Non aiuta in nessun modo il rilancio degli affitti, e mette a rischio i bilanci dei comuni
“Dall’aprile 2011 a coloro che guadagnano più di 75mila euro all’anno saranno dati 1.589 euro in più; mentre quelli che stanno sotto i 15mila euro non riceveranno niente, anzi dovranno pagare qualcosina”. Cosa direste di una legge così congegnata? Tutto il male possibile, probabilmente. Una così sfacciata operazione non sarebbe presentabile da parte di qualsiasi governo in democrazia, né accettabile da parte degli stessi ricchi beneficiati. Eppure, succede davvero nell’Italia dell’aprile 2011. E succede in relazione a una della questioni più delicate e socialmente sensibili del momento: l’affitto delle case. La cui tassazione è stata riformata, con una perfetta operazione da Dooh Nibor, quello che ruba ai poveri per dare ai ricchi. Vediamo come.
Tutto parte dalla famosa legge sul federalismo, che come si sa è l’assicurazione sulla vita di S. Berlusconi: finché il federalismo va avanti, la Lega tiene in vita il governo; sennò, stacca la spina. E per andare avanti il federalismo è stato diviso in due: da una parte, il federalismo municipale, dall’altra quello regionale. Secondo molti dei maggiori esperti, la somma delle due cose non porterà a una vera autonomia dei livelli locali di governo, né consentirà davvero alle regioni del Nord di raggiungere l’agognata indipendenza fiscale (ossia di non farsi più carico dei problemi delle regioni con minori risorse: vero motivo per cui la Lega voleva il federalismo). Ma lasciamo stare la questione generale, tanto più che la sua attuazione è rimandata alle calende greche e che per capire come funzionerà davvero occorre attendere i dettagli attuativi, che non sono ancora scritti. Parliamo invece di quello che c’è già, dentro la pancia del decreto sul federalismo municipale, che ha rimodulato un po’ di imposte dalle quali i comuni trarranno le loro risorse. Tra queste, quella che è stata definita la vera “novità fiscale” dell’anno: la cedolare secca sugli affitti. Di cosa si tratta? Finora, gli affitti pagati dagli inquilini andavano – in teoria – a integrare il reddito di chi li riceveva, fosse questo una persona fisica (un singolo proprietario, grande o piccolo che fosse) o una società (un costruttore, un’immobiliare, etc). Facciamo l’esempio di un inquilino che pagava 800 euro al mese: sui dodici mesi, fanno 9.600 euro, sui quali il proprietario pagava – sempre in teoria – l’imposta personale sul reddito. E poiché il nostro sistema di imposte personali è progressivo, più alto era il reddito del proprietario, più alta l’aliquota e quindi l’imposta da pagare. Va detto però che la legge fiscale precedente faceva un piccolo sconto: non tutto l’affitto andava in Irpef, ma solo l’85% se si trattava di un canone libero, e poco meno del 60% se era un canone concordato (l’erede del vecchio equo canone). Per farla breve: il proprietario del nostro esempio, che aveva affittato a canone libero, nel vecchio regime avrebbe pagato al fisco una somma oscillante tra i 1.900 e i 3.500 euro all’anno, a seconda che fosse al margine più basso o più alto della scala dei redditi. Con il nuovo sistema, invece, il nostro proprietario potrà scegliere: potrà continuare come prima, oppure optare per la cosiddetta “cedolare secca”. Cioè pagare un’aliquota secca, che non varia al variare del reddito, su tutto l’affitto che riceve: è lo stesso sistema che si applica, per dire, ai Bot, che sono tassati alla fonte con un’aliquota unica e non vanno a integrare il reddito, ai fini fiscali. Quest’aliquota, per gli affitti a canone libero, è al 21%. E’ chiaro che un sistema del genere è tanto più conveniente quanto più alta era l’aliquota di prima, cioè quanto più ricco è il proprietario. Ritorniamo al nostro esempio: il proprietario si troverà a pagare 43 euro in più, se ha un reddito molto basso (sotto i 15mila euro l’anno); guadagnerà appena 251 euro, se ha un reddito tra i 15mila e i 28mila euro l’anno; mentre il suo guadagno fiscale salirà con il salire del reddito, fino ad arrivare, per chi ha un reddito superiore ai 75mila l’anno, ai 1589 euro citati all’inizio di quest’articolo.
Insomma, il tutto è un consistente regalo a chi guadagna di più. Il che non è una novità: è dal suo esordio, anno 1994, che il centrodestra di marca berlusconiana fa politiche fiscali di questo tipo, e a pensarci bene è questa la cifra che contraddistingue le destre in tutto il mondo (anche se altrove forse c’è minore abilità nel contraffare i risultati di tale politica). Però in questo caso c’è qualcosa d’altro, che riguarda proprio la questione delle case. Di fronte all’emergenza abitativa, e alla scarsità delle case in affitto, da tempo si invoca una tassazione più favorevole, come la cedolare secca. L’effetto redistributivo – a vantaggio dei proprietari di case – potrebbe essere tutto sommato previsto, e anche accettabile, per raggiungere uno scopo superiore: mettere più case sul mercato degli affitti, agevolare quella fascia di popolazione che non ha casa in proprietà. Si tratta di una famiglia su cinque, ma la percentuale sale molto se si considerano le famiglie più giovani, quelle che vivono in grosse città, e gli immigrati. Ma per aiutare davvero questa parte della popolazione – quella più a rischio, quella esclusa dall’attuale livello degli affitti e dalla scarsità di case – bisognerebbe fare in modo che tutto il vantaggio fiscale si trasferisse su di loro. Così non è. La nuova cedolare secca lascerà i suoi benefici nelle tasche dei proprietari e non farà scendere di un euro il livello dei canoni: perché quel signore che si troverà a pagare meno tasse dovrebbe volontariamente far scendere il canone al suo inquilino, ossia trasferire il beneficio in tasche altrui? Non solo. La cedolare secca, versione 2011, non è studiata per incentivare contratti d’affitto a canone calmierato. Basti pensare che se si ricorre a un contratto a canone concordato l’aliquota scende in modo irrisorio, dal 21 al 19%. Troppo poco per rendere appetibili i canoni concordati. Da anni sulla questione dell’affitto la politica economica italiana non fa nulla: nulla per calmierare i canini di mercato, giunti a livelli impossibili da sostenere per la quasi totalità dei redditi, e in particolare per quelli che caratterizzano oggi il mercato del lavoro giovanile; nulla per l’edilizia pubblica, nella quale non si investe anzi si disinveste; nulla per sostenere gli affitti privati (il relativo Fondo, introdotto nel 1998, è ormai arrivato a uno stanziamento prossimo allo zero: 33,5 milioni nel 2011); nulla per aiutare gli sfrattati per morosità, che secondo i sindacati degli inquilini saranno 150mila nei prossimi cinque anni. Ecco che arriva la prima grande riforma fiscale che si occupa di affitti, e non prevede alcun meccanismo capace di incidere in pur minima parte sul vero problema: gli affitti sono troppo pochi e troppo alti, andrebbero previsti meccanismi per incentivare la gente a mettere sul mercato le case e abbassare i canoni. Per esempio, si poteva prevedere il beneficio della cedolare secca solo per le case messe sul mercato a canone concordato.
Tutto ciò non si è fatto, perché la situazione degli affitti e degli inquilini era l’ultima delle preoccupazioni del legislatore federalista. Il suo scopo principale infatti era quello di trovare in qualche modo risorse per i comuni. Ma anche questo scopo principale rischia di fallire. Secondo le stime dei più esperti economisti, infatti, ci sarà una perdita secca di gettito, nel passaggio dal vecchio sistema alla cedolare secca, e questa perdita oscilla tra i 918 milioni e gli 1,8 miliardi. Che passeranno dunque dalle tasche dello Stato (o dei comuni) a quelle dei proprietari più ricchi. La maggioranza che ha approvato la legge non la pensa così: si sostiene che infatti il nuovo sistema farà emergere affitti che prima erano in nero, quindi aumenterà il gettito. L’emersione del “nero” dovrebbe avvenire perché, nel nuovo sistema, si danno notevoli vantaggi all’inquilino che sta pagando affitti al nero e che denuncia il suo proprietario-evasore. Secondo il governo, la paura della denuncia porterà i proprietari a far emergere i canoni, per di più potendo ricorrere al sistema della cedolare secca. Secondo altri – tra questi, la Confedilizia, ossia la lobby dei proprietari – questo non succederà. Difficile dire se stiamo parlando di stime econometriche o di scommesse, di gioco d’azzardo. Certo, il governo gioca ma con i soldi altrui: quelli che rischiano davvero alla fine sono i comuni, che potrebbero trovarsi con meno risorse, con pochi mezzi per intervenire, e con nessuno strumento per dare soddisfazione alle migliaia di sfrattati che continueranno a bussare alle porte dei sindaci.
Ma la vera domanda è: perché di tutto questo non si parla, alla vigilia di elezioni amministrative importantissime e nel pieno di una crisi economica e sociale senza precedenti? E’ vero che ci sono le leggi-vergogna in parlamento e l’indignazione per i processi del premier: ma né leggi vergogna né indignazione sono prerogativa di un singolo settore, anzi le prime dimostrano giorno dopo giorno di operare in campi sconfinati. Meglio avere il quadro d’insieme, così forse la situazione è più chiara.
I numeri citati sono tratti da articoli dell’economista Raffaele Lungarella su Lavoce.info: “Dalla cedolare vantaggi solo per i proprietari“, e “L’affitto langue anche con la cedolare secca“). Sull’argomento: “Un federalismo municipale a sovranità limitata” (Antonio Misiani, Nens, febbraio 2011). “Affitti, così funziona la cedolare secca” (Corriere della sera, 10 aprile 2011), “Quando conviene la cedolare secca” (Il Sole 24 ore, 9 aprile 2011)
* Articolo pubblicato anche dalla rivista quindicinale “La rocca di Assisi”
http://www.sbilanciamoci.info/Sezioni/italie/La-riforma-degli-affitti-che-ignora-gli-inquilini-8279
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L’ultimo articolo
di Vittorio Arrigoni
da Gaza city
Gaza, pioggia di fuoco 08.04.2011
Almeno tredici le vittime dei raid dell’esercito israeliano sulla Striscia
“Ho lasciato le mie cugine che stavano lavando i panni nel cortile di casa, quindi mi sono avviato verso la moschea per la preghiera di mezzogiorno. Non avevo ancora camminato per 500 metri quando ho sentito il boato, e giratomi di scatto ho visto il fumo salire sopra la nostra casa”.
Mentre ci offrono il caffè e i datteri rituali sotto la tenda della veglia funebre, Nidal continua il suo racconto. “Sono precipitato indietro con alcuni familiari e appena varcata la soglia di casa la scena raccapricciante: tutte e quattro le donne stavano stese a terra, Najah era già cadavere mentre sua figlia Nidal è spirata fra le mie braccia. Abbiamo caricato le altre due sorelle, Nida e Fida su due auto e siamo corsi incontro alle ambulanze. ”
Ad Al-Farahin, est di Khan Younis, un drone UAV israeliano, uno di quegli velivoli senza pilota comandati a distanza che qui a Gaza chiamano “zannana“, ha mirato e fatto centro su un gruppo di donne. Il missile è esploso a mezzo metro da Najah Harb Qdeah, 45 anni, uccidendola sul colpo. Nidal Ibrahim Qdeah di 20 anni, è morto poco dopo, Fida di anni 15 è rimasta seriamente ferita ad una gamba mentre Nida Qdeah, un’altra bambina di 12 anni, sta lottando in questo momento fra la vita e la morte all’ospedale Europa di Khan Younis.
La giornata di oggi era cominciata seguendo lo stesso copione di morte e terrore di quella di ieri: elicotteri Apache, caccia bombardieri f 16 e droni concentrati nel loro fuoco da nord a sud della Striscia. Questa mattina, prima dell’attacco alla famiglia Qdeah, sempre a est di Khan Younis, durante un bombardamento venivano uccisi due guerriglieri di Hamas e contemporaneamente a Rafah tre civili venivano feriti gravemente.
A Qarara , nel centro della Striscia di Gaza, moriva sotto le bombe Talal Abu Taha, un civile di 55 anni. Nel pomeriggio altri quattro guerriglieri della resistenza palestinese uccisi a est e a nord di Gaza city. Verso sera, le sofisticate apparecchiature israeliane tornavano a puntare sui civili e precisamente un gruppo di bambini che stava giocando a calcio nei pressi di Shujaiyeh: due bambini uccisi e feriti un’altra decina di minori di diciotto anni.
Uno dei corpi dei piccoli, non ancora identificati è arrivato all’ospedale al-Shifa decapitato. All’ora in cui sto scrivendo, le 22:30 locali, gli ospedali sono in stato di allerta, e molti letti sono già occupati da feriti gravi, per la maggioranza civili. Fra questi, due donne colpite da schegge di proiettile a Zeitoun, quartiere est di Gaza city e un paramedico palestinese, rimasto seriamente ferito mentre cercava di evacuarle dalla zona dei bombardamenti.
Gli sporadici lanci di razzi artigianali dei guerriglieri palestinesi, oggi non hanno provocato feriti in Israele, ne tantomeno sostanziali danni alle cose. Sotto la tenda funebre allestita per raccogliere il cordoglio per le donne assassinate ad Al Fahraeen, Nidal non trattiene la sua rabbia: “La comunità internazionale dovrebbe prendersi cura dei civili oppure no? Dov’è ora? Dove stanno? Tutti in Libia? Uccidono i nostri bambini, fanno a pezzi le nostre mogli e le nostre figlie e dove sta l’Onu?”
Maheer, un altro cugino delle vittime incalza: “Dopo l’attentato a Gerusalemme, l’opinione pubblica israeliana è assetata di sangue , e anche se noi gazawi non c’entriamo niente, ecco che il governo di Tel Aviv li tieni buoni compiendo questi massacri a Gaza. Tanto per dimostrare quanto polso hanno, che controllano la situazione”.
Comunico loro che il portavoce dell’esercito israeliano dopo le molte vittime civili di questi due giorni ha espresso il suo dispiacimento, ma allo stesso tempo ha accusato Hamas di utilizzare i civili come scudi umani.
Nidal e Maheer quasi non si trattengono sulle sedie. Nidal: “hanno apparecchiature così sofisticate da riuscire dal cielo a leggere l’ora sul display del tuo orologio, e come è possibile che abbiano commesso un errore così marchiano da bombardare un cortile di una casa dove alcune donne stendevano dei panni?”. Le ultime notizie parlano di bombardamenti via terra a Zaitoun e via area a Nord di Gaza city.
Mi immagino quel soldato che è al posto di comando del drone che ucciderà anche questa notte, come se stesse vivendo una realtà virtuale, e gli omicidi punti accumulati sullo schermo di una mortifera playstation. Il governo della Striscia è tornato anche oggi a chiedere una tregua, ma la sensazione è che siamo ancora distanti dal game over di terrore e omicidi. Ahmed mi ha appena chiamato al telefono: “Victor, hai del pane in frigo? Dai usciamo, conviene fare scorte“. Restiamo Umani.
http://it.peacereporter.net/articolo/27879/Gaza%2C+pioggia+di+fuoco
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Dalle vespe un cocktail di antibiotici 14.04.2011
Le vespe Philantus triangulum, dette scavatrici perché costruiscono il nido nel terreno, ospitano nelle ghiandole delle loro antenne innocui batteri streptomiceti. Questi, per ricambiare la cortesia, rilasciano una sostanza in grado di proteggere le larve degli insetti dai funghi patogeni. I ricercatori del Max Plank Institute for Chemical Ecology, che da anni studiano il singolare rapporto simbiotico instaurato tra vespe e batteri, hanno scoperto che quell’efficace rimedio, capace di tenere alla larga i microrganismi nocivi, ha una composizione molto più complessa di quanto si pensasse. Si tratta, infatti, di un sofisticato cocktail di antibiotici, un mix di almeno nove sostanze differenti che somiglia molto alle terapie combinate utilizzate nella medicina umana.
La strategia difensiva funziona così: le vespe femmine accolgono i batteri nelle loro antenne per poi cederli alle larve, che li incorporano nel loro bozzolo. E’ qui, sulla superficie del bozzolo, che i batteri secernono una elaborata miscela, innocua per gli insetti, ma letale per una vasta gamma di agenti patogeni.
Di composti del genere, fuori dai laboratori delle aziende farmaceutiche, non se ne erano mai visti, e la “premiata ditta” vespe-batteri sembra, almeno per ora, averne l’esclusiva.
Il team tedesco guidato da Martin Kaltenpoth, che ha presentato i risultati della ricerca alla Conferenza della Society for General Microbiology a Harrogate, nel Regno Unito, è convinto che dall’analisi delle sostanze che compongono il “farmaco” naturale, si possa apprendere come affinare strategie antibiotiche ancora più efficaci per gli umani, riducendo anche il rischio di resistenza. E’ già noto infatti che l’azione combinata di antibiotici differenti, oltre a garantire un’azione ad ampio spettro, rallenta la risposta difensiva dei microorganismi.
http://www.galileonet.it/articles/4da6b1c272b7ab2c120000de
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Ungheria/ Approvata la controversa Costituzione Orban 18.04.2011
L’Assemblea legislativa ha dato il suo via libera alla prima Costituzione completamente nuova dopo quella comunista del 1949. Voluta dal primo ministro Viktor Orban, è stata vivamente contestata da tutte le opposizioni, e votata dalla sola Fidesz, il partito del premier. Sulla nuova Costituzione è intervenuto addirittura il segretario generale delle Nazioni unite Ban Ki-moon
Quando un Parlamento vota una nuova Costituzione a maggioranza, addirittura col solo voto positivo del partito al governo, si rischia di produrre una ferita all’unità stessa del Paese. E’ quello che è accaduto oggi in Ungheria, dove l’assemblea legislativa ha dato il suo via libera alla prima Costituzione completamente nuova dopo quella comunista del 1949. Voluta dal primo ministro Viktor Orban, è stata vivamente contestata da tutte le opposizioni, e votata dalla sola Fidesz, il partito del premier.
“Abbiamo vissuto un momento storico”, ha dichiarato il presidente del Parlamento Laszlo Kover dopo il voto. “Il testo – ha aggiunto – riconosce il Cristianesimo come base della nostra civiltà, ma garantisce la libertà morale”. I sì alla nuova Costituzione sono stati 244, tutti dai banchi Fidesz che controlla i due terzi dei seggi parlamentari. Il Partito socialista (Mszp) e il partito verde di centrosinistra Lmp hanno preferito lasciare l’aula e boicottare il voto. Perfino Jobbik, il partito dell’ultradestra, ha votato contro la “Costituzione Orban”, considerata per alcuni aspetti un vero e proprio “putsch” dall’opposizione.
Adesso la palla passa al presidente della repubblica Pal Schmitt, un esponente politico che prima di essere eletto capo dello stato era considerato un fedelissimo di Orban. Difficile che qualcuno scommetta sulla possibilità che il presidente si metta di traverso rispetto a una Carta fondamentale che preoccupa anche a livello internazionale, perché iscrive in una linea politica del governo di destra che ha prodotto in questa prima parte del 2011 – in cui Budapest occupa il ruolo di presidente di turno dell’Ue – norme difficilmente digeribili, come le leggi sui media, che hanno fortemente ristretto la libertà di stampa.
Oggi sulla nuova Costituzione è intervenuto addirittura il segretario generale delle Nazioni unite Ban Ki-moon che, dopo aver incontrato a Budapest Schmitt, ha consigliato al governo magiaro di consultare le organizzazioni internazionali di cui fa parte, a cominciare proprio dall’Onu, per verificare se la Costituzione sia conforme con gli impegni che l’Ungheria ha assunto con la comunità internazionale in termini di diritti umani e libertà civili.
Proprio questa è una delle preoccupazioni più pressanti delle persone che, rispondendo a un richiamo via Facebook, hanno protestato fuori dall’imponente Parlamento neogotico e davanti alla Basilica di Santo Stefano di Budapest. Per loro è una costituzione “liberticida” che, con i richiami alla Cristianità e all’unità spirituale degli Ungheresi, creerà discriminazioni.
Contro le nuove norme si sono scagliate ong come Amnesty International, o come i gruppi femministi i quali prevedono che la nuova Costituzione – nella quale è contenuto il riconoscimento del diritto alla protezione della vita del feto “fin dal suo concepimento” – verrà brandita per vietare l’aborto.
Le opposizioni politiche, dal canto loro, hanno accusato Orban d’aver realizzato un “putsch” istituzionale, in particolare per una serie di norme in materia economica contenute nella Costituzione che rischiano di vincolare alla politica decisa oggi da Orban e alle nomine effettuate dal governo della Fidesz anche i futuri governi. Meno accesa la critica di altre personalità della politica, come l’ex presidente Laszlo Solyom. Secondo il predecessore di Schmitt, anche se la carta fondamentale rappresenta un passo indietro, l’Ungheria “resterà tra le democrazie europee anche con la nuova Costituzione”.
(TMNews con fonte Afp)
http://www.paneacqua.eu/notizia.php?id=17537
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Realizzato in India il sangue-cyborg 18.04.2011
Un team di ricercatori è riuscito a far “funzionare” insieme materiale elettronico e sangue umano. Si aprono nuovi scenari nel campo delle protesi, il cui problema principale è il rigetto
di Martina Saporiti
Nel mondo della ricerca, i confini tra le diverse discipline sono sempre più labili. In particolare, le scienze biologiche stanno invadendo il campo dell’ elettronica, e viceversa, lasciando correre l’immaginazione verso un futuro non troppo remoto popolato da organismi bionici metà umani metà artificiali. Ciò che sembrava solo fantascienza, infatti, comincia ad assomigliare alla realtà. Lo si intuisce leggendo uno studio pubblicato sulla rivista International Journal of Medical Engineering and Informatics, dove un gruppo di ricerca dell’ Education Campus Changa in Gujarat, India, spiega come assemblare un memristore a partire da sangue umano.
Ma cos’è un memristore? È una specie di resistore variabile, cioè in grado di modulare la propria resistenza in base all’ intensità e al verso della corrente che lo attraversa. La cosa eccezionale è che un memristore ha memoria del proprio stato elettronico. In altre parole, anche se il circuito viene spento, il dispositivo tiene traccia della condizione precedente richiamandola alla mente non appena il circuito è ristabilito. Le applicazioni in campo elettronico sono tantissime, ad esempio la possibilità di costruire calcolatori ad accensione istantanea che non richiedano di ricaricare il sistema a ogni avvio.
L’idea di un memristore venne nel 1971 a Leon Chua dell’ Università di Berkeley, ma fino al 2008 rimase solo teoria. Poi, ricercatori della Hewlett Packard ne costruirono uno utilizzando diossido di titanio. Da allora ne sono stati prodotti molti, ma sempre utilizzando materiali semiconduttori. L’eccezionalità del lavoro dei ricercatori indiani è proprio quella di aver assemblato un memristore a partire da materiale biologico, precisamente il sangue umano.
Per riuscirci, hanno preso una provetta da 10 millilitri riempiendola di sangue alla normale temperatura di 37 °C. Hanno quindi inserito due elettrodi ed equipaggiato il tutto con dispositivi per controllare e misurare il flusso di corrente. Al passaggio degli elettroni, le cellule del sangue riuscivano a modificare la propria resistenza in relazione della polarità e intensità della corrente, mantenendo memoria del proprio stato sino a circa 5 minuti. In un secondo esperimento, i ricercatori hanno ottenuto gli stessi risultati quando il sangue, invece che stare fermo, fluiva attraverso la pipetta. Il prossimo passo sarà quello di mettere insieme più provette per creare veri e propri circuiti elettro-biologi.
L’eccezionale risultato è un importante passo in avanti per la biomeccanica. Le attuali protesi, infatti, possono creare non pochi problemi di infezione e rigetto a causa delle componenti metalliche degli arti artificiali. Ma il nuovo memristore permetterebbe di superare il problema, e quando succederà i cyborg non saranno davvero più fantasia.
http://daily.wired.it/news/scienza/2011/04/18/sangue-cyborg.html?utm_source=wired&utm_medium=NL
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Crisi che non fanno notizia 13.04.2011
Autore: Giulio Sensi
Ci sono crisi di serie A e crisi di serie B. Alcune fanno notizia, altre no. Ecco come.
C’è crisi e crisi. Il rapporto sulle crisi dimenticate dai media di Medici Senza Frontiere quest’anno ha scelto un focus insolito. Ha anlizzato due grandi crisi del 2010, quella di Haiti dopo il terremoto e quella del Pakistan. La prima ha avuto grande copertura mediatica, la seconda nemmeno un inviato.
Quella del Pakistan è stata definita dalle Nazioni Unite “peggiore dello tsunami del 2004”.
Il dato saliente è che per i curatori del rapporto, “non è l’entità della catastrofe a fare notizia, a suscitare l’interesse dell’opinione pubblica, ma altri fattori che poco hanno a che vedere con i bisogni umanitari delle popolazioni”. La crisi è stata generata da una serie di alluvioni che hanno devastato il paese, per un totale di 20 milioni di persone colpite, 1.700 morti, 3,2 milioni di sfollati e un milione e 600mila case distrutte o danneggiate.
Una cifra che ha portato nei Tg italiani a sole 88 notizie, quasi il silenzio. Basti pensare che il “grande caldo” estivo ha guadagnato 347 servizi dedicati in tre mesi. Durante tutto l’anno il Pakistan è stato sotto i riflettori dei Tg nazionali 158 volte: oltre alle alluvioni, si è parlato solo di attentati e lotta al terrorismo. Un dato interessante è che si è parlato un po’ di più della calamità in Pakistan ad agosto, in un periodo in cui notoriamente ci sono meno notizie da parte della politica. Altro elemento interessante, anche se non inedito, è la prospettiva ‘italiano-centrica’, con la massima attenzione concentrata solo sulla sorte dei turisti nelle zone alluvionate. In virtù di quella che il rapporto definisce una prospettiva “ombelicale dell’informazione sulle vicende degli altri”. I titoli arrivano quando ci sono italiani di mezzo.
Inoltre tutte le notizie correlate alla situazione del Pakistan sono accostate ad altre che non c’entrano niente (gli incendi in Russia, i monsoni in India). Il risultato è di fare una frittata metereologica con poca attenzione ai fatti e alle conseguenze. Sono poi messe in fondo al telegiornale, proprio a ridosso del meteo, un grande affresco quotidiano che allontanano sempre più il telespettatore dalla realtà.
http://www.altreconomia.it/site/fr_contenuto_detail.php?intId=2737&fromHP=1
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Portogallo: la sinistra non si piega agli europadroni 18.04.2011
Dopo Grecia e Irlanda il cappio degli eurousurai si stringe sul Portogallo. Ue e Fmi prevedono un piano di salvataggio di 90 miliardi. In piena crisi politica, con il governo del premier socialista Josè Socrates dimissionario e le elezioni politiche anticipate del 5 giugno alle porte, sono iniziate le difficili trattative per la concessione dell’aiuto che dovrebbe aggirarsi fra i 75 ed i 90 miliardi. La ‘troikà formata dalle delegazioni di Commissione, Bce e Fmi ha visto oggi Socrates e il ministro delle Finanze Fernando Texeira dos Santos, mentre nel Paese si comincia a percepire che a breve arriverà il salasso dell’austerity. Mercoledì la troika invece incontrerà i leader dei due partiti del centrodestra che si candidano alla guida del paese. I due partiti favoriti dai sondaggi di fatto rassicureranno la troike che il massacro sociale iniziato dai socialisti andrà avanti. I due partiti di sinistra invece il post-trotzkysta Bloco de Esquerda e la coalizione verde-comunisti Cda hanno rifiutato l’ incontro contestando una «illegittima ingerenza esterna».
Ne vedremo delle belle.
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Repressione anticomunista in Lituania: incriminato per le sue opinioni il presidente del FPS 15.04.2011
su http://solidarite-internationale-pcf.over-blog.net/
Repressione anticomunista in Lituania: incriminato per le sue opinioni il presidente del Fronte Popolare Socialista – Comunicato del Fronte Popolare Socialista
Traduzione di l’Ernesto online
Cari amici,
Il 12 aprile si è aperto il processo antidemocratico e di natura totalitaria contro il presidente del solo partito anticapitalista in Lituania: il Fronte Popolare Socialista. Algirdas Paleckis sarà giudicato sulla base dell’articolo del codice penale che recita:
“Art. 170. Approvazione pubblica dei crimini internazionali, dei crimini dell’URSS o della Germania nazista contro la Repubblica di Lituania o contro i suoi abitanti, negazione o minimizzazione flagrante di tali crimini.
Ogni persona che ha pubblicamente approvato i crimini di genocidio, o altri crimini contro l’Umanità o crimini di guerra che sono stati riconosciuti dalla legislazione della Repubblica di Lituania e dell’Unione Europea o da verdetti emessi da tribunali Lituani o internazionali, che ha negato o minimizzato in maniera evidente, e se ciò è stato fatto in modo minaccioso, ingiurioso od offensivo, la cui conseguenza è stata il turbamento dell’ordine pubblico; e ugualmente ogni persona che ha pubblicamente approvato l’aggressione dell’URSS o della Germania nazista contro la Repubblica di Lituania, i crimini genocidi o altri crimini contro l’Umanità o crimini di guerra compiuti dall’URSS o dalla Germania nazista sul territorio della Repubblica di Lituania o contro gli abitanti della Repubblica di Lituania, o altri crimini gravi o molto gravi contro la Repubblica di Lituania o contro gli abitanti della Repubblica di Lituania durante gli anni 1990-1991 commessi da coloro che hanno condotto l’aggressione contro la Repubblica di Lituania o da coloro che vi sono stati implicati, che ha negato o minimizzato in maniera evidente, e se ciò è stato fatto in modo minaccioso, ingiurioso od offensivo, la cui conseguenza è stata il turbamento dell’ordine pubblico:
è passibile di un’ammenda o della privazione della libertà, mediante gli arresti domiciliari e l’incarcerazione fino a due anni di prigione.
La responsabilità delle azioni previste dall’articolo grava anche su persone morali”.
Da una parte, si tratta chiaramente di una legge per la quale ci è voluto un po’ di tempo perché venisse utilizzata con un’interpretazione capziosa di dichiarazioni di oppositori politici, come i comunisti e i socialisti, allo scopo di neutralizzarli. La ragione invocata per l’apertura del processo contro Algirdas Paleckis è stata la sua dichiarazione pubblica a un programma radiofonico a proposito degli avvenimenti del 13 gennaio 1991: “E che cosa è successo nei pressi della televisione? E’ sempre più evidente che si è trattato di nostra gente che ha sparato su altri lituani”. In conseguenza di ciò dovrà rispondere in un processo ed eventualmente essere condannato ad una pena carceraria di due anni per aver messo in discussione la versione ufficiale degli avvenimenti del 13 gennaio 1991, e per la sua convinzione – che ha osato esprimere pubblicamente senza immaginare che tali parole l’avrebbero messo in questa situazione – che ci fossero alcuni individui tra coloro che avevano attuato la sollevazione per l’indipendenza che volevano delle vittime allo scopo di suscitare un movimento di simpatia internazionale. Algirdas Paleckis ha dichiarato semplicemente che c’erano degli agenti provocatori che avevano ricevuto l’ordine di sparare anche su Lituani e ciò non ha niente a che vedere con l’articolo del Codice che si è invocato contro di lui.
D’altra parte, ecco come funziona il totalitarismo borghese – dietro la copertura della “democrazia”, pur sapendo che il nome di “democrazia liberale” lascia intendere che l’elezione del Parlamento dovrebbe essere condizione imprescindibile per ogni sistema politica democratico. Questa legge che è totalmente contraria alla libertà di di opinione e di espressione, e che è, per usare le parole giuste, totalitaria, è stato adottata senza che i cittadini lituani siano stati interpellati – come del resto è accaduto con tutte le altre leggi antipopolari in questo paese – e senza dare loro la possibilità di cambiarla per vie legali. Questa legge ormai è lì, pronta per essere utilizzata da coloro che sono al potere nel paese contro ogni cittadino che oserà sfidare il sistema politico non democratico e il sistema economico capitalista di sfruttamento, che questa “democrazia” borghese legalizza.
Il Fronte Popolare Socialista non indietreggerà mai malgrado tutti gli ostacoli che la dittatura borghese erge sul nostro cammino, e chiediamo ai Partiti comunisti e operai del mondo intero di manifestare il loro sostegno e solidarietà in questo processo, che è una buffonata, contro il nostro Presidente e compagno Algirdas Paleckis.
http://www.lernesto.it/index.aspx?m=77&f=2&IDArticolo=20860
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Europa 2011: che fare? 19.04.2011
di Franco Cardini
Fonte: francocardini [scheda fonte]
Europa, aprile 2011. Le elezioni finlandesi potrebbero essere la pietra tombale sull’Unione Europea. La maggioranza dei finnici non vuol sapere di portare una parte del peso che dovrebbe servir a dar una mano a quei terroni dei portoghesi. Figurarsi che cosa si pensa, nel paese di Aalto e di Sibelius, di quegli altri terroni degli spagnoli, dei greci, degli italiani, anch’essi in difficoltà. Frattanto irlandesi, islandesi e svedesi danno a loro volta sfogo al loro malumore. I tedeschi, dal canto loro, mandano a dire di non aver alcuna voglia di accollarsi una parte del peso e dei costi per i tunisini che arrivano in Italia: e ricordano, poco generosamente ma molto realisticamente, che quando furono sommersi dai kosovari dovettero cavarsela da soli. Non si parli dei francesi: Sarkozy fa la voce grossa con l’Italia e arriva a bloccare i treni di Ventimiglia un po’ perché questo è in effetti quel che pensa, un po’ perché è seccato di essersi lasciato scappar l’occasione di gestire da Parigi la crisi dell’ex-colonia tunisina (mentre è riuscito a meraviglia a bloccare la protesta algerina, soffocata difatti senza che nessuno in Europa osi parlarne), un po’ perché è tallonato da vicino e ormai di fatto nelle mani di madame Le Pen, czarina del Front National e molto più in gamba come politica di suo padre. Dire che la Le Pen è un’euroscettica sarebbe un maldestro eufemismo: ormai, siamo ben al di là. Ma anche Sarkozy è euroscettico, e la maggioranza dei francesi lo è.
D’altro canto, la diplomazia italiana che agita inviperita i protocolli di Schengen ha molto meno ragione di come potrebbe sembrare. In effetti, il nostro ministro degli Interni ha disposto di rilasciare ai poveracci che arrivano via mare a Lampedusa, rifugiati o migranti che siano (quale il loro status?), dei “permessi provvisori di soggiorno”: per avviarli poi dove? Per rimpatriarli nei loro paesi d’origine? Su questo, gli accordi assunti con il governo tunisino – del quale non si sa quasi nulla: a cominciare dalla sua effettiva esistenza – non sono per nulla chiari, anzi non esistono. Ed è evidente che, con quei permessi, i loro titolari non varcheranno le frontiere di alcun altro paese europeo, dal momento che l’Italia non è risucita a farne riconoscere la validità dai suoi partners. E così, mentre noi continuiamo a baloccarci con i processi di Berlusconi, verrebbe da chiedersi se per caso non sarebbe bene che il ministro degli Interni e quello degli Esteri si scambiassero qualche idea sulla linea politica da seguire: magari tenendo conto che esiste un’Unione Europea. Ma esiste, se davvero può far finta di non rilevare l’esistenza di un problema come quello costituito dai migranti-rifugiati?
E allora, quel che in tutto questo ridicolo psicodramma emerge con chiarezza è una cosa sola. E va detta chiara. E va detta tutta. L’Europa non c’è. Gli euroscettici, che poi sono degli antieuropeisti, hanno vinto: almeno per ora. Resta da capire se, pessimisticamente, l’Europa non c’e più; oppure se, ottimisticamente, non c’è ancora.
Quella che non c’è più è l’Europa che sembrava nata nel 1958 con il Parlamento Europeo: e che invece era un mostriciattolo combinato mettendo insieme gli obiettivi della NATO (subordinare qualunque forza militare europea agli alti comandi e ai programmi statunitensi, come si vide dai trattati di Parigi del ’54) e quelli della Comunità Economica Europea messa a punto coi trattati di Roma del ’57. Il risultato, con il Parlamento europeo dell’anno seguente – 143 membri eletti dai parlamenti nazionali – era quello di dirigere l’economia del continente ma di non toccare le cosiddette “sovranità nazionali” di ciascuno stato, che dovevano rimanere intatte in modo da venir meglio sottoposte al divide et impera di Washington. Solo De Gaulle si accorse sul serio che qualcosa non andava: non stette al gioco e cercò di persuadere anche Adenauer che era necessario un diverso disegno unitario, che il Mercato Comune Europeo così com’era stato prospettato non andava, che la Gran Bretagna andava lasciata fuori dall’Unione.
Le cose andarono diversamente. Non abbiamo fatto l’Europa: con l’euro, abbiamo fatto l’Eurolandia, l’area di circolazione della nuova moneta unica. L’Unione Europea, frattanto, è maturata con i suoi elefantiaci e costosissimi organi comunitari, ma è restata un’unione degli stati e dei governi, non dei popoli. Massima, dirigistica e oppressiva unione economica e finanziaria; debole unione giuridica; illusoria ed eterodiretta unione militare; illusoria unione anche culturale. Molti Erasmus, ma nulla che incidesse davvero sulla preparazione delle giovani generazioni: la prova più plateale di tutto ciò è che non si e mai sentito il bisogno di una scuola primaria e secondaria dotata di un minimo di tratto comune; che non si sia mai insegnato ai bambini e ai ragazzi europei una storia comune europea.
Ora, qualunque fine facciano le fatiscenti e costosissime infrastrutture burocratiche di Strasburgo e di Bruxelles, una cosa è certa. Quest’Europa costruita a partire dal tetto anziché dalle fondamenta non c’è più. E quella che non c’è ancora? Bisogna ripartire da zero. Dalla costruzione delle fondamenta: che sono un patriottismo europeo, un senso identitario europeo. Le basi per far tutto ciò, nel 1945 c’erano. Furono sacrificate alla logica della guerra Fredda. E adesso?
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=38424
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Energia dal calore del corpo umano 19.04.2011
A Stoccolma, la società che gestisce la stazione ferroviaria e un palazzo vicino, sede degli uffici amministrativi, ha messo a punto un sistema, basato sugli scambiatori di calore, che raccoglie il calore prodotto dalle 250mila persone che ogni giorno transitano per la stazione e lo convoglia nel sistema di riscaldamento della seconda struttura. Sembrava uno scherzo e invece le spese per il riscaldamento sono calate del 25%. Il calore umano è una fonte energetica costante e soprattutto completamente gratuita. E se avete la febbre viaggiate gratis!
(Fonte: Ilsostenibile.it)
http://www.jacopofo.com/stoccolma-stazione-ferrovie-energia-calore-umano-corpi-passeggeri
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Microsfere “ripara ginocchia” 20.04.2011
Sfere microscopiche di materiale biodegradabile. È questa la nuova frontiera della medicina rigenerativa, pensata per trasportare le cellule riparatrici al sito lesionato, mantenendole vive e attive durante il viaggio, pronte a formare nuovo tessuto. Lo sostengono i ricercatori della University of Michigan School of Dentistry che sono riusciti in questo modo a ricostruire un campione di cartilagine di coniglio danneggiata. Lo studio, guidato da Peter Ma, è stato pubblicato su Nature Materials.
Le possibilità di riparare tessuti cartilaginei danneggiati oggi sono piuttosto limitate, sia per mancanza di donatori, sia perché non esistono ancora metodologie che diano i risultati sperati. È il caso del trapianto autologo di condrociti (Aci, da Autologous Chondrocyte Implantation), tecnica in cui le cellule della cartilagine con funzione riparatrice del paziente stesso sono trapiantate nel punto danneggiato. Questo avviene però senza alcun supporto, col rischio che molte si disperdano o muoiano in seguito all’inoculazione. Nel tentativo di sviluppare un metodo alternativo e più efficiente, i ricercatori hanno pensato di realizzare un sistema di trasporto per le cellule riparatrici che, riproducendo il più fedelmente possibile l’ambiente naturale dei tessuti biologici, limitasse gli eventuali danni cellulari.
Nel caso della cartilagine, i condrociti sono immersi in una matrice gelatinosa attraversata da speciali fibre extracellulari. Partendo da qui, i ricercatori hanno sviluppato dei polimeri biodegradabili simili a queste fibre, a forma di stella e capaci di auto assemblarsi fino a costituire delle sfere microscopiche, vuote e porose. In questo modo, quando le sfere sono riempite con le cellule e trasportate nel sito lesionato, i nutrienti continuano a passare attraverso le pareti, e le cellule seguitano a crescere. Inoltre, una volta terminata la funzione di trasportatori, i polimeri si degradano senza produrre sostanze nocive che possano danneggiare le cellule circostanti.
Una volta realizzate le microsfere biodegradabili, i ricercatori ne hanno poi testato l’efficacia su tessuto cartilagineo di coniglio, utilizzando come controllo iniezioni di soli condrociti (come avviene per l’Aci). Hanno quindi osservato che il sistema con le microsfere è molto più efficiente nel guidare la ricostruzione tissutale, suggerendo che in futuro, dopo ulteriori studi su animali più grandi e sulla stessa specie umana, il metodo possa essere utilizzato con successo nella medicina rigenerativa. Per esempio per riparare la cartilagine danneggiata delle ginocchia.
Riferimenti: DOI: doi:10.1038/nmat2999
http://www.galileonet.it/articles/4dadab8772b7ab591e000005
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‘Biovetri’ per rigenerare i tessuti 20.04.2011
Tessuti quali derma, epidermide, osso, cartilagine, e persino tessuti cardiovascolari possono essere oggi riparati o migliorati nelle funzioni grazie ai progressi dell’ingegneria dei tessuti, un settore di ricerca che riunisce le competenze della scienza e tecnologia dei materiali, dell’ingegneria e delle scienze della vita allo scopo di sviluppare sostituti biologici in grado di supportare l’adesione, la proliferazione e il differenziamento cellulare di tessuti danneggiati.
Tra i diversi tipi di materiali studiati per realizzare gli ‘scaffold’, i supporti che devono rispondere a caratteristiche di biocompatibilità e bioriassorbibilità, particolare interesse rivestono i ‘biovetri’. Questi materiali bioceramici, di concezione innovativa possono essere utilizzati in forma di rivestimento o in forma massiva, in grado di legarsi a tessuti duri e molli, stimolando processi di proliferazione, differenziamento cellulare e angiogenesi, con risultati promettenti.
Su tali materiali di terza generazione punta il progetto ‘Biomaterials for healthcare’, che fa capo a un gruppo interdisciplinare composto, tra gli altri, dall’Istituto di struttura della materia (Ism) del Cnr di Roma e dall’Istituto di geoscienze e georisorse (Igg) del Cnr di Padova. Il team è dotato di competenze complementari, con lo scopo di fornire possibili e opportune alternative volte a soddisfare le richieste provenienti dai clinici.
“L’obiettivo del progetto consiste nella sintesi di sistemi ceramici silico-calciofosfatici multi-dopati, biovetri di composizione innovativa che incorporano ioni ‘essenziali’ accuratamente selezionati in qualità e quantità propri del turn-over fisiologico, allo scopo di simulare localmente microambienti fisiologici”, spiega Julietta Rau dell’Ism-Cnr di Roma. “La difficoltà consiste nel selezionare quantità e combinazioni dei vari ioni, al fine di captarne l’azione sinergica idonea a ciascuna specifica applicazione. Tali materiali saranno utilizzati per la realizzazione di rivestimenti per leghe metalliche, polimeri e ceramici inerti, di ‘cementi iniettabili’ di ultima generazione e di macro-micro-nano capsule in grado di ospitare e veicolare diversi tipi di cellule, fattori di crescita, farmaci e principi attivi”.
Una scommessa che il team sembra vicino a vincere: studi molto recenti hanno dimostrato che i biovetri sono potenzialmente in grado di innescare una serie di particolari meccanismi di ‘signalling’, che si traducono nell’espressione di geni coinvolti prevalentemente nella formazione di osso e cartilagine, di fatto simulando e riproducendo la composizione e/o l’architettura del tessuto da rigenerare.
Fonte: Julietta Rau, Istituto di struttura della materia, Roma, email giulietta.rau@artov.ism.cnr.it
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Una nuova “foglia artificiale” per produzione elettrica 04.2011
Daniel Nocera, professore di Chimica allo statunitense Massachusetts Institute of Technology (MIT), durante un intervento a un incontro nazionale dell’American Chemical Society, ha comunicato di aver messo a punto una nuova tecnica che potrebbe, in un futuro non tanto lontano, far funzionare le centrali ad energia solare con un “combustibile” particolare: l’acqua! E non sarà necessario nemmeno che sia pulita! Una modesta quantità 3- 4 litri potrà soddisfare il fabbisogno quotidiano di un’abitazione.
Tramite l’azienda SunCatalytix, lo stesso professore, che ha sperimentato la tecnica in laboratorio, sta tentando di portarla alla fase commerciale.
Il dispositivo è sostanzialmente un catalizzatore costituito da una “foglia” artificiale grande come una carta da gioco ricoperta di cobalto e fosfati che, immerso nell’acqua ed esposto alla luce del sole, innesca una reazione chimica che porta alla scissione della molecola dell’acqua nei suoi due componenti: idrogeno e ossigeno. Questi ultimi vengono quindi utilizzati per produrre elettricità tramite una pila a combustibile, senza emissioni di anidride carbonica.
L’idea di imitare la fotosintesi per ricavare energia dal sole non è nuova: le prime “foglie artificiali” sono state realizzate oltre 10 anni fa, ma erano costruite con materiali rari e costosi, e avevano una limitatissima durata. Nel suo dispositivo, Nocera usa materiali più comuni e poco costosi, come nichel e cobalto, con tempi di durata dell’ordine di 45 ore di fila. Sono ancora i primi passi di questa tecnologia e si può preconizzare che il suo perfezionamento porti a una maggiore efficienza e minor costo.
È importante sottolineare che un colosso industriale come l’indiano Tata Group è convinto delle potenzialità della nuova tecnologia. In particolare nei Paesi della fascia tropicale, dove potrebbe offrire una soluzione alle esigenze energetiche di un’ampia fascia di popolazione non collegata alla rete elettrica: ogni casa potrà avere la sua piccola centrale solare, a basso costo e non più grande di un frigorifero. Con questa visione la società Tata Energy ha concluso un accordo con Daniel Nocera e con il MIT per la realizzazione, entro un anno e mezzo, di un primo prototipo pilota di reattore basato sulla nuova tecnologia.
Fonte: ACS American Chemical Society
http://www.scienzaegoverno.org/n/097/097_01.htm
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Oxi: panico per la nuova droga sei volte piu’ forte della cocaina
Fonte: Notiziario Aduc 19/04/2011
Una nuova droga, la oxi, sta creando panico in Brasile. In poco tempo, la nuova sostanza, che assomiglia al crack, ma molto piu’ pericolosa e quattro volte piu’ economica, si e’ diffusa in mezzo Paese. E’ gia’ utilizzata in tutti gli Stati del nord, in Guaiana, Mato Grosso do Sul, Brasilia, e alcuni Stati del nordest ed e’ arrivata fino a Sao Paulo.
Le autorita’ sanitarie sono sull’allerta. La oxi, sei volte piu’ forte della cocaina, e’ gia’ un problema che preoccupa un Paese che annovera piu’ di 600.000 tossicodipendenti, un problema che e’ stato al centro della scorsa campagna elettorale presidenziale.
La oxi e’ cosi’ forte che chi la usa quotidianamente non vive piu’ di un anno, dice Alvaro Ramos, presidente della ONG Reduccion de Danos dello Stato di Acre, dove questa droga, proveniente da Bolivia e Peru’, si e’ molto diffusa e successivamente si e’ estesa negli altri Stati. Secondo Ramos, le persone che fanno uso di oxi passano giorni interi senza mangiare e dormire con conseguente degrado del proprio corpo. Allo stato dei fatti non c’e’ nessuno studio scientifico su questa droga.
Chi usa la oxi sostiene che crack e cocaina sono roiba da principianti. Si tratta di una droga prodotta da una miscela con base di cocaina, benzina o diesel, calce vergine, acetone, permanganato di potassio e liquido estratto da batterie elettriche. Si fuma in pipa o si assume anche in altro modo. Chi la consuma sostiene che bastano venti secondi per sentirsi in ecstasi e cinque minuti dopo si e’ in grado di usarla nuovamente.
E’ una droga che nasce come popolare tra i poveri della zona amazzonica ma si e’ estesa alle classi medie delle citta’. Le persone subiscono un degrado, vagando per le strade di notte, senza poter parlare e possono stare diversi mesi senza smettere di usarla. Tutti gli intervistati, alcuni in cura di disintossicazione, sostengono che e’ molto difficile abbandonare la oxi a favore di altre droghe, perche’ si e’ attratti da essa sia durante il giorno che la notte, situazione che ti impedisce di dormire e che ti porta a non dare importanza se vivere o morire.
Questa droga si produce in Brasile, in case abbandonate, in laboratori casalinghi e improvvisati. La Polizia si sta impegnando per scoprire la sua rotta di commercio internazionale.
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Me l’avrebbe detto….! 21.04.2011
Di : Zag(c)
Ieri o l’altro ieri , mi è capitato di vedere su YouTube un pezzetto di Ballarò e precisamente lo show messo in scena fra il Letta e la Gelmini. Il primo ha tirato fuori come da un cilindro e lentamente, un librone con cifre e numeri. Da perfetta scenografia, come con i fuochi artificiali. Dapprima appaiono stelle e scintille colorati e leggermente scoppiettanti , Il tutto non fine a se stesse, ma in preparazione del botto finale che dopo un momento di silenzio arriva inesorabile. Bene lo scenografo era lo stesso, l’attore aveva imparata bene la parte. Orbene, il Letta , recita lentamente descrivendo cosa era quel librone, chi l’aveva scritto, dove era stato presentato e cosa rappresentava. Poi il botto finale. Su quel libro vi era scritto che erano previste circa 12 miliardi in tre anni di tagli per la scuola! Ecco il botto ed ecco le urla, grida degli spettatori ,nel caso dei fuochi d’artificio, di rabbia ed indignazione della ministra e dei suoi accoliti . La ministra fuori di se urla “ma cosa centra!” E snocciola come gli hanno insegnato nella scuola di apprendisti stregoni berlusconiani a sciorinare tutte le cose che ha fatto questo governo “e voi cosa avete fatto!” E parla di non so quanto migliaia di nuove assunzioni nella scuola ( concordato con Bonanni), di non so quanti miliardi promessi e da stanziare, ma previsti ( concordati con Angeletti) , gridando ed urlando, ma chiaramente e vistosamente si vede il suo imbarazzo e la sua ignoranza ( nel senso che non sapeva un cazzo di cosa si stesse parlando) ” Non sono tagli, ma riduzione di spese” Interviene a difesa, il suo lacchè , giornalista e direttore del Tempo, che la retorica vuole , come giornalista iscritto all’albo e persino direttore, che debba essere oggettivo nel raccontare i fatti ( indipendentemente dai giudizi che poi si danno). Come se tagli di spese e riduzione fossero delle cose sostanzialmente diverse e diametralmente opposte. Appigliandosi ad un errore formale ( sul libro la tabella recava il titolo riduzione di spese), mentre Letta aveva detto “tagli “Ma basta questo appiglio per invocare la santa inquisizione e passare dalla menzogna alla verità! Il conduttore cerca di mettere ordine e sopratutto moderazione, ma la ministra vuole vendetta. Messa in difficoltà e non sapendo come uscirne urla con le lacrime agli occhi. “non può essere, non può essere. Tremonti me l’avrebbe detto, Lui mi dice sempre tutto, lui me lo dice quando devo fare dei tagli . Non può essere. Lui me lo avrebbe detto!” La pezza d’appoggio finalmente, viene da un funzionario del ministero che dalle spalle suggerisce di dire che quei tagli sono rispetto al 2008! Ah ecco spiegato l’arcano i 4 miliardi all’anno per tre anni di tagli non sono cifre assolute , ma relative rispetto al 2008! Quindi i tagli improvvisamente sembrerebbero paiono scomparsi. Anche qui una omissione formale , improvvisamente diventa una negazione della verità. La verità diventa menzogna!
Insomma una scena pietosa, una cosa tanto volgare quanto pornografica che non mi soffermerò a commentarla ulteriormente.
Ma la cosa su cui mi piacerebbe porre l’attenzione è la frase uscita , come un lamento, come un pianto di sofferenza, un urlo di disperazione e di immeritata punizione. ” Me lo avrebbe detto. Tremonti me lo dice sempre! Mi avrebbe avvisato. Me lo dice quando devo fare dei tagli”
Questa è la nostra ministra della Pubblica istruzione, Questa è la riforma epica della cultura. E tutto questo con il nostro tacito consenso e condiscendenza
http://bellaciao.org/it/spip.php?article28881
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Il materiale che si ripara con la luce 21.04.2011
Basta un fascio di raggi ultravioletti e un graffio sparisce in un soffio. Il sogno degli appassionati di automobili. Ma si parla anche di mobili e pavimenti. Uno studio su Nature
di Valentina Arcovio
Immaginate di avere un appuntamento in centro e di girare intorno alla meta con la vostra automobile senza riuscire a trovare un parcheggio. L’unico buco in cui poter infilare l’auto è troppo stretto con il rischio di graffiare la vostra quattroruote. Bene, presto questo non sarà più un problema. Un gruppo di ricercatori della Case Western Reserve University di Cleveland – insieme a scienziati dell’ Università di Friburgo in Svizzera e dell’ Army Research Laboratory dell’Aberdeen Proving Ground (Maryland) – ha infatti sviluppato un nuovo materiale che si ripara da solo sotto un fascio di luce ultravioletta. Basta puntare la lampada, che è molto simile a quella che utilizzano i dentisti, e il gioco è fatto. La nuova tecnologia potrebbe essere la base per le vernici antigraffio del futuro. Se le automobili verranno rivestite da questo speciale polimero i carrozzieri potrebbero andare in pensione addirittura per sempre.
La sostanza in questione, descritta in un articolo pubblicato sulla rivista Nature, funziona perché sotto la luce di una potente lampada la pittura si scioglie temporaneamente e si rimodella riparando il veicolo da ogni imperfezione.
Le prospettive di una simile tecnologia sono davvero immense. Gli scienziati credono che questa speciale vernice autorigenerante potrebbe anche essere utilizzata per pavimenti e mobili. A differenza dei polimeri normali, la nuova sostanza è composta da particelle più piccole tenute insieme da una colla molecolare. Il risultato? Il nuovo materiale, chiamato dagli scienziati “ polimero metallo-supermolecolare”, si comporta in modo del tutto diverso dai polimeri normali. Se infatti viene irradiato da un’intesa luce ultravioletta, le strutture assemblate si sciolgono. In pratica, il rivestimento passa da solido a liquido, diventando malleabile. Quando poi il fascio di luce viene spento, il nuovo materiale si solidifica, ripristinando le proprietà originali.
Ovunque venga sparato il fascio di luce, i graffi spariscono completamente: la vernice guarisce proprio come fa la nostra pelle dopo esser stata ferita.
Nel corso dei test gli scienziati hanno ripetutamente graffiato e rigenerato il loro materiale con successo. Studi precedenti hanno permesso di creare un polimero auto-guarente che richiede però l’applicazione diretta del calore per riparare i danni.
“ Si può semplicemente utilizzare il calore per curare questi materiali”, ha detto Mark Burnworth, scienziato della Case Western Reserve University che ha coordinato i test. “ Ma con la luce – ha aggiunto – abbiamo più controllo in quanto ci permette di puntare solo al difetto lasciando il resto del materiale intatto”.
Si può obiettare che le automobili rivestite da questo rivoluzionario polimero possano essere alla fine troppo costose e quindi destinate solo ai nababbi, ma i ricercatori credono di poterlo lanciare sul mercato a prezzi molto competitivi. Le molecole che costituiscono il polimero, infatti, sono costituite da sostanze già disponibili sul mercato. L’innovazione sta nella ricetta.
Gli scienziati sono convinti che il loro nuovo materiale sarà pronto molto presto per l’applicazione industriale. Probabilmente sarà in commercio entro l’anno prossimo o almeno così pensano gli scienziati che lo hanno sviluppato..
http://daily.wired.it/news/tech/2011/04/21/materiale-ripara-luce.html?utm_source=wired&utm_medium=NL
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Speciale Grecia: Facciamo la Conoscenza di Keratea, la Prima Città Greca che si è Rivoltata Contro lo Stato, L’Europa e il FMI 21.04.2011
Grazie al “solito” (mannaggia che invidia suprema) Zero Hedge ecco a voi un reportage completo da Keratea, una cittadina greca di 15.000 abitanti che si trova a 30km a sud di Atene. Veniamo a sapere che da oltre 100 giorni è in atto una rivolta fra la popolazione locale e le autorità costituite. Questa è senza dubbio la prima vera rivolta organizzata contro lo stato da parte di un intera cittadina nei paesi sviluppati dopo la Grande Crisi ( e che io sappia dal dopoguerra).
La scintilla che ha fatto scoccare la rivolta di Keratea è stato l’inizio dei lavori per la costruzione di una discarica nei pressi della città che avrebbe dovuto servire Atene (ehm…ehm.. vi ricorda nulla….Napoli…Scansiano…). Ciò che ha reso questa rivolta davvero rilevante è che le autorità hanno perso, la polizia antisommossa ha lasciato il campo e abbandonato Keratea:
Dall‘Occupied London:
As announced a few hours ago, the ministry of citizen protection announced its plan to withdraw all police forces from Ovriokastro and Keratea. It has also been decided that the construction machinery will be withdrawn from the area and that the ministry of environment will enter into negotiations with the municipality.
At 17.08 GMT+2, the largest part of the riot police forces had withdrawn from Keratea.
There is a feeling of victory running across the barricades of Keratea as the police buses leave. Is this a victory for the people of Keratea? Or a tactical move on the side of the government, ahead of the easter break?
Continua, con foto e video: http://www.rischiocalcolato.it/2011/04/speciale-grecia-facciamo-la-conoscenza-di-keratea-la-prima-citta-greca-che-si-e-rivoltata-contro-lo-stato-leuropa-e-il-fmi.html
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“Il Volo” di Wim Wenders (Badolato – 2010)
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Roma: la giunta Alemanno stravolge la Città dell’Altreconomia 21.04.2011
Fabbricazioni di armi e munizioni. Trattamento di combustibili nucleari. Apparecchiature per il lancio di aeromobili e catapulte per portaerei, riparazione e manutenzione di macchine per le industrie chimiche, petrolchimiche e petrolifere, allevamento di animali da pelliccia. È la nuova versione dalla Città dell’Altra Economia (CAE) proposta dalla giunta Alemanno: secondo il nuovo bando, che scade alle ore 13 del 10 maggio, il Campo Boario dell’ex Mattatoio a Testaccio, fino ad ora riservato alle economie alternative e alle energie pulite, potrà ospitare queste e altre attività che niente hanno a che fare con il progetto iniziale.
“Nonostante gli impegni assunti personalmente dal Sindaco – afferma Riccardo Troisi, presidente del Consorzio – che qualche mese fa aveva concordato con le realtà dell’economia sociale e solidale un forte rilancio del progetto e accolto pienamente l’avvio di un tavolo di progettazione cittadina per il futuro degli spazi della Città dell’Altra Economia, ci ritroviamo oggi senza parole nel vedere uscire improvvisamente un bando per l’assegnazione degli stessi spazi”. Il Campidoglio sta facendo un uso illegittimo dell’espressione Altra Economia” – ha dichiarato Luigi Nieri a la Repubblica. “In questo modo si mette ufficialmente la parola fine su una delle esperienze più innovative della capitale, finalizzata a promuovere la green economy e le attività produttive basate sul rispetto dei diritti umani”.
Nei mesi scorsi era infatti stato aperto con una cinquantina di realtà operanti nel mondo dell’economia sociale e del terzo settore un “Tavolo di progettazione” per il rilancio della Città dell’Altraeconomia che facesse tesoro dell’esperienza già maturata dalle organizzazioni insediate e che aprisse alla partecipazione e coinvolgimento di altre realtà attive nel campo dell’economia sociale e solidale. Nei giorni scorsi, invece, il Dipartimento Periferie di Roma Capitale – Autopromozione Sociale, ha emanato un Avviso Pubblico per l’assegnazione degli spazi della CAE a dieci nuove imprese “senza alcun vincolo rispetto all’attività economica intrapresa, scavalcando le delibere di giunta già approvate e che destinavano gli spazi della CAE a specifici settori economici” – riporta la lettera aperta inviata al sindaco Alemanno dalle realtà aderenti al Tavolo.
“Al di là delle incongruenze e contraddizioni insite nell’Avviso – sottolineano le associazioni – ci sorprende il fatto che questo atto marca una scelta contraria al percorso concordato e al lavoro fatto dalle tante cooperative, associazioni e forze sociali che si sono impegnate su questa progettazione”. Secondo le associazioni del Tavolo, stando al bando emesso dal dipartimento comunale capitolino, “scomparirebbero di colpo le attività fondanti dell’Altra Economia, ossia il riuso e riciclo dei materiali, le energie rinnovabili, il turismo responsabile, il commercio equo e solidale, la finanza etica, il software libero, l’agricoltura biologica, la comunicazione sociale legata al terzo settore e le iniziative culturali connesse a queste tematiche”.
“Proseguire nella strada indicata dall’Avviso significherebbe – sostengono le associazioni – chiudere definitivamente la possibilità di avere nella nostra città uno luogo dedicato alla promozione delle tantissime esperienze di economia solidale. Un’esperienza unica in Europa”. Le associazioni denunciano perciò che “il bando appena uscito stravolge gli obiettivi di rilancio, di inclusione e di allargamento alla base del Tavolo di progettazione” ed invitano pertanto il sindaco Alemanno “a verificare e rivalutare insieme la situazione creatasi in questi giorni”.
“Chiediamo chiarezza al Sindaco – spiega Riccardo Troisi – rispetto alle scelte individuate nella concertazione con le cooperative, le associazioni e le forze sociali che stanno ricreando ulteriori posti di lavoro nello spazio in questione. Il bando appena uscito stravolge gli obiettivi di rilancio che ci siamo dati in questi mesi e che proprio per questo era stato rimesso in discussione dal Sindaco in attesa di verificare il buon esito della progettazione per il rilancio complessivo del progetto”.
Il Tavolo di progettazione della CAE ha prodotto un documento progettuale che assume come vincolo il fatto che “i costi di gestione della CAE non debbano essere sostenuti dall’Amministrazione Comunale”. A questo documento hanno lavorato e hanno aderito più di 50 organizzazioni tra imprese ed associazioni, raggiungendo un numero di realtà molto più ampio di quello previsto nel Bando. “Per questo riteniamo che il Bando sia ormai superato dal lavoro e dalla partecipazione avuta al Tavolo di progettazione per il rilancio della CAE” – evidenziano le associazioni.
Tra l’altro – fanno notare le associazioni – “il bando anche nelle definizioni contrattuali non corrisponde in alcun modo alla vocazione di utilità sociale di quello spazio e di un rapporto con le attività sociali e di tutela dell’ambiente dovrebbe ispirare l’azione di un ente locale”. E lascia aperto, appunto, l’utilizzo degli spazi della Città dell’Altreconomia per tutta quella serie di produzioni – compresa la “fabbricazione di armi e munizioni” – che sono stati prese, pari pari, dai codici delle categorie commerciali dell’ISTAT. Grave se fosse solo una “svista”. [GB]
http://www.unimondo.org/Notizie/Roma-la-giunta-Alemanno-stravolge-la-Citta-dell-Altreconomia
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L’energia elettrica di Sorgenia è veramente “sensibile” come raccontano? 23.04.2011
Il greenwashing, si sa, è sempre dietro l’angolo. E di solito rende abbastanza bene. Il caso di Sorgenia è emblematico: una campagna pubblicitaria tutta impregnata sullo slogan “energia sensibile” e sulla produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile.
E, allo stesso tempo, manovre di mercato che con le rinnovabili non hanno nulla a che vedere. Come l’acquisto della Tirreno Power che gestisce (e sta per “ristrutturare”) la centrale a carbone di Vado Ligure. Una centrale che ha recentemente ottenuto l’Aia dal Ministero dell’Ambiente ma che, giura l’azienda, verrà riconvertita ancora più pesantemente di quanto l’Autorizzazione integrata ambientale imporrebbe.
Mezzo impianto, infatti, verrà trasformato a carbone con tecnologia “USC”, ultra super critica. Che sta, più o meno, per “supercalifragilistichespiralidoso” visto che carbone era e carbone resta, con tutto il contorno di emissioni di CO2 e polveri sottili.
Tirreno-Sorgenia, però, giura che nel pacchetto “USC” entreranno anche 180 MW di energia rinnovabile. E quindi, di punto in bianco, anche il carbone diventa “sensibile”. Eppure, va detto e ricordato, Sorgenia è un grosso operatore del termoelettrico a gas naturale. Combustibile sì fossile, ma molto meno inquinante rispetto a petrolio e carbone. Quello che di solito si chiama “male minore”.
Ora, visto che saggiamente (o furbescamente?) il governo ha deciso di fare un passo indietro sul nucleare, sarebbe anche il caso che si capisse quale combustibile e quali tecnologie incentivare e quali mettere al bando.
Il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, promette una “nuova strategia energetica nazionale” entro 12 mesi. Ma è lo stesso ministro che a inizio marzo ha promesso i nuovi incentivi statali all’energia fotovoltaica “entro due settimane“.
Per non parlare del fatto che, assai probabilmente, in questa fantomatica strategia nazionale ci sarà poco spazio per il risparmio energetico che, con i soldi del nucleare, ci potrebbe far risparmiare almeno un paio di centrali nucleari. Ma anche a gas, petrolio, carbone, carbone pulito, carbone supercalifragilistichespiralidoso…
Via | Tirreno Power, Savona News
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Svelato il segreto delle proteine antigelo 21.04.2011
Senza le proteine antifreezing (afp), in grado di intrappolare i cristalli di ghiaccio che si formano nei liquidi all’interno degli organismi prima che questi congelino, tutte le specie degli habitat sotto zero non potrebbero sopravvivere. Il meccanismo di funzionamento di queste proteine è stato finalmente svelato da due studi indipendenti che mostrano come la chiave del mistero stia nella loro struttura, piuttosto inusuale.
Nel primo studio, coordinato da Matthew Blakeley del Laue-Langevin Institute di Grenoble e pubblicato sul Journal of Molecular Recognition, i ricercatori hanno usato una tecnica di diffrazione di neutroni per guardare meglio i siti di legame di queste proteine antigelo con i cristalli di ghiaccio. Si era già scoperto che la loro superficie, al contrario di quanto avviene nelle altre proteine, è coperta di punte idrofobiche. Ora, grazie alla nuova tecnica, gli studiosi sono riusciti ad osservare meglio la particolare posizione che queste assumono all’interno dei liquidi di Zoarces americanus, un pesce delle acque nordoccidentali dell’Oceano Atlantico: le punte idrofobiche si vanno a collocare proprio nel “buco” al centro dell’anello tipico dei cristalli di ghiaccio. In questo modo, le afp legano i cristalli, impedendone la crescita ed evitando, di conseguenza, il congelamento dei liquidi. Le proteine non legano invece l’acqua, cosa che provocherebbe la disidratazione e la morte dell’organismo.
Conferma quanto emerso dalla ricerca francese lo studio condotto da Peter Davies della Queen’s University di Kingston (Ontario, Canada) e pubblicato su Pnas. Anche qui, al centro di ogni anello di cristallo osservato era presente una spina idrofobica di una proteina afp.
Secondo i ricercatori, il meccanismo potrebbe essere sfruttato nei trattamenti oncologici: si potrebbe trovare un modo per proteggere i tessuti sani mentre le cellule tumorali vengono distrutte con tecniche di criochirurgia.
Riferimenti: Journal of Molecular Recognition DOI: 10.1002/jmr.1130
Proceedings of the National Academy of Sciences, DOI: 10.1073/pnas.1100429108
http://www.galileonet.it/articles/4daed34872b7ab5922000041
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Forse possibile avere elettricità senza celle solari 26.04.2011
Potrebbe essere possibile, in un non precisato futuro, ottenere energia elettrica dalla luce senza usare le celle solari. E’ questa la strada della ricerca scientifica che stanno seguendo all’Università del Michigan. Lo studio condotto da Stephen Rand docente al Departments of Electrical Engineering and Computer Science, Physics and Applied Physics, si sta concentrando nello sviluppare una “optical battery”.
La ricerca pubblicata sul Journal of applied physics ha il titolo di Optically-induced charge separation and terahertz emission in unbiased dielectrics e gli autori sono il prof. Rand e il ricercatore William Fisher. Detto in maniera molto brutale e semplicistica: si fa passare la luce attraverso un materiale che non conduca elettricità, come il vetro, il che crea un campo magnetico 100milioni di volte più potente di quanto creduto. L’energia magnetica viene perciò trasformata in energia elettrica.
Spiegano i due studiosi che la luce ha componenti sia elettrici sia magnetici.Finora, gli scienziati hanno sostenuto che gli effetti magnetici potevano anche essere ignorati perché troppo deboli. Rand e colleghi, invece, hanno scoperto che quando la luce viaggia attraverso materiali che non conducono elettricità genera un campo magnetico anche 100milioni di volte superiore a quello fin oggi stimato. In queste circostanze, gli effetti magnetici consentono di sviluppare una consistenze forza elettrica.
Ha detto il prof. Rand:
Questo potrebbe portare ad un nuovo tipo di cella solare senza semiconduttori e senza assorbimento per produrre la separazione di carica. Nelle celle solari, la luce entra in un materiale, viene assorbita e crea calore. Qui, invece, ci aspettiamo di avere un carico termico molto basso. Invece di essere assorbita, la luce viene immagazzinata sotto forma di momento magnetico! Un’intensa magnetizzazione può essere indotta da una luce intensa e quindi, in definitiva, è in grado di fornire una fonte di energia capacitiva.
La luce viene concentrata ad una intensità di 10milioni di watt per centimetro quadrato. La luce solare non ha questa intensità ma Rand e Fisher spiegano che sono alla ricerca di nuovi materiali che rendano anche con la luce a bassa intensità. In sostanza, secondo gli studiosi, è possibile ottenere dalla luce solare una concentrazione simile a quella del laser. Questa nuova tecnica, almeno teoricamente, consentirebbe di fare a meno delle celle solari, rendendo perciò questa tecnologia molto a buon mercato. Prevedono, i due scienziati, che con materiali migliori possano raggiungere il 10 per cento di efficienza nella conversione dell’energia solare in energia elettrica.
Via | LineaMeteo, Think To Sustain
Foto | Flickr
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Il banchiere dei poveri non è un truffatore 26.04.2011
L’inchiesta condotta dal governo del Bangladesh discolpa completamente Muhammad Yunus, accusato di aver sottratto 96 milioni di dollari donati alla Grameen Bank e di chiedere tassi di interesse altissimi sui microcrediti.
Secondo quanto riportato dal Ministro della Finanze A.M.A. Muhith non sono state trovate prove a suffragio delle accuse, anzi, i tassi d’interesse sono i migliori tra tutti gli istituti di microcredito.
Dal 1983 la Grameen Bank ha elargito microprestiti per un valore totale di 955 milioni di dollari a più di 8 milioni di persone, soprattutto donne.
Nel suo ultimo libro “Un mondo senza povertà” il premio Nobel 2006 per la Pace Yunus scrive: “Relegheremo la povertà nei musei. Ce ne sarà uno in ogni Paese, ci porteremo i bambini in visita: resteranno orripilati scoprendo la condizione infame che così tanti esseri umani hanno dovuto sopportare per così lungo tempo e condanneranno i loro progenitori che hanno permesso tutto ciò”.
(Fonte: Corriere)
http://www.jacopofo.com/muhammad-yunus-banchiere-poveri-bangladesh-cadute-accusa-truffa-grameen-bank
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Catturata l’antimateria: che significa? 26.04.2011
Più unico che raro, alla fine è uscito fuori. Il nucleo di antimateria più pesante al mondo è stato catturato dai ricercatori del Relativistic Heavy Ion Collider (Rhic), l’acceleratore di particelle che si trova nei laboratori nazionali di Brookhaven, a Long Island, sotto la direzione del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti. Si tratta dell’ antielio-4, o particella anti-alpha, ed è una frazione piccolissima dei miliardi di particelle che si formano riproducendo in laboratorio le collisioni tra ioni che hanno caratterizzato i primi istanti di vita dell’ Universo.
L’ Rhic, così come il Large Hadron Collider (Lhc) di Ginevra, sono piccole “macchine da Big Bang” che lavorano ricreando le condizioni presenti alla nascita dell’Universo al fine di individuare le cosiddette particelle madri, cioè le prime particelle da cui si è originato anche il nostro pianeta. Per farlo, costringono ioni o particelle subatomiche a collidere con velocità prossime a quelle della luce, andando poi ad analizzare i prodotti di questi incidenti nucleari. I ricercatori dell’RHIC, che lavorano per il progetto internazionale Star in cui sono coinvolti 54 centri di ricerca di 12 paesi, sono partiti da fasci di ioni d’oro e, dopo circa un trilione di collisioni hanno individuato 18 nuclei di antielio-4, nascosti tra circa 500 miliardi di particelle.
Un antielio-4 è formato da due antiprotoni e due antineutroni tenuti assieme da un legame stabile che non va incontro a decadimento radioattivo. Ha carica elettrica negativa due volte superiore a quella di un elettrone, e una massa circa quattro volte quella di un protone. Questa caratteristica lo rende il nucleo di antimateria più pesante al mondo, un record che probabilmente durerà a lungo. Come spiegano i ricercatori su Nature, infatti, nuclei di antimateria più pesanti che non vanno incontro a decadimento radioattivo sono milioni di volte più rari, impossibili da catturare con le attuali tecnologie. “Finché non miglioreremo la tecnologia degli acceleratori o scopriremo nuovi modi per produrre particelle – spiega il direttore del programma Rhic Steven Vigdor – è molto probabile che l’antielio-4 rimarrà a lungo il nucleo di antimateria stabile più pesante mai conosciuto”.
Ma perchè tanto clamore per la notizia? Scoprire la velocità con cui si formano queste particelle potrà fornire informazioni preziose sulla natura dell’Universo. Una delle grandi sfide degli astrofisici è quella di capire dov’è andata a finire tutta l’antimateria formatasi in seguito al Big Bang. Nonostante la grande esplosione che ha dato origine al Cosmo abbia liberato eguali quantità di materia e antimateria, infatti, oggi l’Universo sembra formato quasi esclusivamente dalla prima. In questo senso, la scoperta dell’antielio-4 è fortunatamente coincisa con il lancio dell’ Endeavour, lo shuttle equipaggiato con l’ Alpha Magnetic Spectrometer (Ams) che andrà alla ricerca dell’antimateria nello Spazio.
La missione, frutto di una collaborazione internazionale coordinata dal Dipartimento Usa per l’Energia a cui l’Italia partecipa con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, potrà fornire dati importanti a riguardo. “Se l’AMS rileverà nuclei di antielio-4 – spiega Hank Crawford, un ricercatore Star dell’ Università della California – allora significherà che ci sono nel nostro Universo grandi quantità di antimateria segregate dalla materia”. Insomma, altre stelle, altri mondi.
La scoperta del nucleo di antimateria più pesante al mondo arriva anche in concomitanza a un’altra notizia eccitante. Una fuga di informazioni dai laboratori del Cern, dove si trova l’LHC, rivela che i ricercatori potrebbero avere finalmente intercettato l’elusivo bosone di Higgs, la particella di Dio che dovrebbe spiegare perché la materia intorno a noi ha una massa. In realtà, la notizia potrebbe risolversi in un nulla di fatto, in termini matematici un’anomalia statistica senza significato. Ma stuzzica l’immaginazione di tutti, perché ci avvicina sempre più a svelare i misteri dell’Universo, della sua materia e dell’antimateria.
http://www.galileonet.it/articles/4db6bc1472b7ab591e000056
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Una nuova finestra sul nanomondo 27.04.2011
Duecento nanometri. Sono queste le dimensioni del più piccolo oggetto visibile con un microscopio ottico basato su lenti convenzionali. O, meglio, erano. Perchè un nuovo studio apparso su Physical Review Letters presenta una tecnica che promette di rivoluzionare la microscopia: un team di ricercatori italiani e olandesi ha utilizzato fenomeni di diffusione luminosa per migliorare la risoluzione spaziale dei microscopi a lenti e osservare oggetti grandi meno di 100 nanometri. Alla ricerca, coordinata da Elbert Van Putten del gruppo di Sistemi Fotonici Complessi dell’Università di Twente in Olanda, ha partecipato anche Jacopo Bertolotti, del Dipartimento di Fisica dell’Università di Firenze.
Quando si osserva un oggetto con un microscopio ottico, la risoluzione è limitata dalla diffrazione. Si tratta di un fenomeno legato alla natura ondulatoria della luce, che permette ai fronti d’onda luminosi di “aggirare” gli ostacoli o i bordi, invece che procedere semplicemente in linea retta. La diffrazione impone un limite alla risoluzione raggiungibile con una lente, perché un punto luminoso può essere messo a fuoco su un disco il cui diametro sia circa la metà della lunghezza d’onda della luce. Questo limite, detto diffrattivo, è però raggiungibile solo con strumenti molto sofisticati e costosi, perché solitamente la qualità dell’immagine viene deteriorata anche da fenomeni di aberrazione nella lente.
Il team italo-olandese ha utilizzato uno stratagemma per superare questo limite, partendo da un approccio molto innovativo. “Sappiamo che quando la luce, per esempio di un laser, incide su una superficie rugosa o porosa, i fronti d’onda luminosi vengono distorti e la luce si concentra in un reticolo disordinato di puntini luminosi, detti speckle“, ci spiega Bertolotti. “Se quindi anteponiamo uno strato poroso ad una lente, essa focalizza i fronti d’onda su un reticolo disordinato di puntini nel piano focale”. Utilizzando particolari tecniche, i ricercatori sono riusciti a concentrare questi puntini in un solo punto, ottenendo quindi un punto focale molto più piccolo.
“Questo ci ha permesso di osservare nanostrutture con una risoluzione migliore di 100 nanometri con luce visibile: nanosfere d’oro del diametro di 97 nanometro”, prosegue il ricercatore. Tra gli altri vantaggi della tecnica c’è anche la semplicità di realizzazione che rende più accessibile e meno costosa la costruzione di microscopi in grado di offrire simili prestazioni. Secondo lo studioso la nuova tecnica permetterà di riprendere per la prima volta in luce visibile moltissimi oggetti, dagli organelli cellulari ai nanocircuiti, aprendo una nuova finestra sul nanomondo.
http://www.galileonet.it/articles/4db7bf3e72b7ab591e00005c
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Il Patto (suicida) per l’Euro. 27.04.2011
A conclusione di quanto ho scritto e pubblicamente detto sul Più Grande Crimine, ecco l’ultima.
Il 24/25 Marzo scorso il Consiglio Europeo ha approvato la proposta della Commissione Europea per un Patto per l’Euro, la cosa più scellerata finora voluta da coloro che sono decisi a rovinare milioni di vite umane per l’interesse di pochi. Ecco i punti decisi:
– La Grecia completi pienamente e velocemente il programma di privatizzazioni da 50 miliardi di euro che le è richiesto.
– La Commissione Europea sarà al centro di ogni controllo sull’applicazione delle seguenti decisioni da parte dei governi dell’Eurozona.
– La competitività sarà giudicata sulla base degli aggiustamenti dei salari e della produttività, sarà monitorato il costo del lavoro. Si afferma che l’aumento del reddito di lunga durata può erodere la competitività. In sintesi: meno paghe e lavorare di più.
– Sul costo del lavoro: rivedere i meccanismi di contrattazione salariale a livello centrale, riconsiderare gli aumenti legati al costo della vita, non permettere agli stipendi pubblici di minare la competitività degli stipendi nel settore privato.
– Sulla occupazione: promuovere la “Flessicurezza” (!!), flessibilità e sicurezza dell’impiego, come dire di aumentare le vendite di auto e migliorare la respirabilità dell’aria.
– Le pensioni si dovranno calcolare sulla base della loro sostenibilità da deficit, cioè: il deficit dello Stato sarà giudicato in base a quanto esso spende per pensioni, sanità e ammortizzatori sociali, e non, guarda caso, per le spese militari, per le parcelle alle megabanche che mediano sulle privatizzazioni, per il salvataggio dei banchieri con soldi pubblici, o per gli sgravi fiscali per i ricchi.
– Le pensioni future andranno calcolate in base all’aspettativa di vita del lavoratore, indipendentemente dal tipo di lavoro. No comment.
– E, GRAN FINALE, gli Stati aderenti dovranno passare leggi in Parlamento per dichiarare illegale il deficit di bilancio che supera il 3% del PIL come stabilito dal micidiale Patto di Stabilità, quello che sta distruggendo l’Europa. Cioè: la spesa a deficit dello Stato, unico mezzo legittimo nello Stato per arricchire i cittadini creando piena occupazione e pieno Stato Sociale (spiegato ne Il Più Grande Crimine), sarà un reato punibile per legge. Cioè ancora: essere Stato sarà reato.
– La quasi totalità di queste misure furono suggerite alla Commissione dalla lobby industriale e finanziaria Business Europe prima che giungessero l’11 di Marzo 2011 ai capi di Stato e di governo dell’Eurozona.
Con questo vi lascio, e chiudo la mia presenza di giornalista in questo sito e altrove in Italia. Non rispondo a mail di lettori.
http://www.paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=223
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Voi, un argine culturale alla deriva berlusconiana 28.04.2011
Festeggiamo i quarant’anni del Manifesto con Umberto Eco.
Parla lo scrittore che nel 1971 si firmava Dedalus. “Berlusconi è un abile, geniale piazzista, ha capito gli umori del mercato e la natura profonda degli italiani, che non si sono mai identificati con lo Stato”.
Raccontami come è cominciata, già il 28 aprile del 1971, la tua collaborazione al manifesto.
La mia prima risposta è molto banale: è venuto Pintor a casa mia e me l’ha chiesto e poiché era tanto simpatico gli ho detto di sì. Ma c’era un’altra ragione. C’era una situazione tipica di una certa sinistra di allora, anche di quella di antiche origini cattoliche come la mia, che non riusciva a identificarsi col Partito comunista italiano. Specie noi della cosiddetta neoavanguardia del Gruppo 63, se eravamo certamente orientati a sinistra, stavamo per così dire sulle scatole alla cultura ufficiale del Pci, ancora guttusiana, pratoliniana, con la sua idea di intellettuale organico che non era compatibile, tanto per fare un esempio, con gli eretici come Vittorini, diffidente verso tante nuove tendenze culturali emergenti, quasi sempre bollate come trucchi insidiosi del neocapitalismo. Una volta il buon Mario Spinella mi chiese di scrivere un lungo articolo su Rinascita per indicare quali erano i problemi che una cultura di sinistra doveva affrontare. Io scrissi di sociologia delle comunicazioni di massa e dello strutturalismo: fui coperto di feci dall’intellighentia del Pci. Mi viene da citare l’attacco dell’allora marxista Massimo Pini, poi finito in An, e un personaggio francese che scrisse «ma cosa diavolo racconta questo Umberto Eco: da un punto di vista marxista lo strutturalismo è inaccettabile». Questo signore si chiamava Althusser e due anni dopo avrebbe tentato il suo celebre connubio tra marxismo e strutturalismo.
C’era un clima molto difficile per chi volesse essere di sinistra, senza stare con il Pci. All’epoca l’unica alternativa possibile era con il giro di Lelio Basso e con il manifesto: l’unico modo di essere di sinistra senza venire irreggimentati nel Pci, anche se non era più quello togliattiano che accusava di decadentismo Visconti perché aveva girato Senso ma che tuttavia erano ancora accolte con diffidenza. Tanto per fare un esempio, nel 1962 Vittorini pubblicava il Menabò numero 5, quello dedicato a industria e letteratura, ma proponendo un nuovo modo di intendere l’espressione «letteratura e industria», focalizzando l’attenzione critica non sul tema industriale ma sulle nuove tendenze stilistiche in un mondo dominato dalla tecnologia. Era un coraggioso passaggio dal neorealismo (dove valevano i contenuti più che lo stile) a una ricerca sullo stile dei tempi nuovi, ed ecco che dopo un mio lungo saggio Sul modo di formare comeimpegno sulla realtà apparivano prove narrative molto ‘sperimentali’ di Edoardo Sanguineti, Nanni Filippini e Furio Colombo. Perciò accettai la proposta di Pintor; ma poiché avevo uncontratto per la terza pagina del Corriere della sera non potevo mettere la stessa firma su duequotidiani e scelsi di firmare Dedalus.Dedalus, una firma di grande prestigio, nel segno di Joyce.Mi sono divertito come un pazzo a scrivere i pezzi di Dedalus. Ricordo che un po’ di anni dopo Fanfani mi incontrò, agitando la mano e facendo, garbatamente, finta di volermi picchiare. La ragione? Qualche tempo prima sul manifesto avevo scritto: «L’onorevole Fanfani, passeggiando nervosamente sotto il letto…». Altra polemica con Montanelli quando, attaccando la Cederna, aveva scritto che «annusa l’afrore degli anarchici sotto le ascelle». Scrissi: «una volta i polemisti portavano la penna all’altezza del cuore; tu, Indro, sei sceso molto più in basso». Poi Montanelli mi mandò un suo libro con la dedica: «In memoria di un colpo basso ».
Era un uomo di spirito.
Ma in questi quarant’anni ci sono stati grossi cambiamenti. Quali?Sono stati totali. Il crollo del muro di Berlino, la fine delle ideologie e, di seguito, la fine dei partiti e anche la crisi del manifesto che non ha più nessuno con cui confrontarsi alla sua sinistra.
Vuoi dire che quando facevamo polemica con il Pci avevamo un ascolto e adesso che il Pci non c’è più chi ci sente?Il cambiamento è stato enorme. Alla fine della seconda guerra mondiale i partiti governavano. In Italia la Dc, il Pci e gli altri ancora. Con la crisi delle ideologie i partiti si sono dissolti in Italia come in Francia, ma paesi come la Francia, appunto, si sono salvati perché lì c’è uno stato, mentre in Italia lo stato è debolissimo. E quindi in Italia siamo senza governo, nelle mani di una anarchia o di minoranze paracriminali, non perché uccidono gente per strada, ma perché sono fuori da ogni legalità. Ma, tornando indietro, ricordo che un’altra ragione della mia collaborazione al manifesto stava nella polemica contro i gruppuscoli, che erano perl’astensionismo. Per quante simpatie si potessero avere con il cosiddetto movimento, la rinuncia al voto era inaccettabile. Ricordo che mi chiesero di dirigere Lotta continua: cercavano qualcuno che avesse
in tasca la tessera dell’ordine dei giornalisti, disposto ad andare in galera. Risposi di no, perché collaboravocon il manifesto, e non potevo tenere il piede in due staffe. Il manifesto era ovviamente legato al clima del movimento, ma apparteneva pur sempre a una sinistra parlamentare. Certo il manifesto sembra aver perduto la sua funzione storica, come il Pci e tutti i gruppi di sinistra. Direi che non siete più un partito ma resistete ancora in questo generale tracollo come una coscienza culturale.
Io lo vorrei ancora.
Bisogna pensarci, nell’attuale carenza di proposte positive, nell’assenza della sinistra: tutto è possibile e tutto è più difficile. Discutevo ieri della bizzarra proposta del colpo di stato di Asor Rosa. Il problema non è cacciare Berlusconi con un colpo di stato, contro il 75 per cento degli italiani, al quale in fondo le cose vanno bene così.
Il 75%, esageri proprio.
Non dico quelli che votano direttamente Pdl, ma quella maggioranza naturalmente berlusconiana che non vuole pagare le tasse, ha voglia di andare a 150 chilometri all’ora sulle autostrade, vuole evitare carabinieri e giudici, trova giustissimo che uno se può se la spassi con Ruby, trova naturale che un deputato vada dove meglio gli conviene.
Questa è la moralità dominante. Berlusconi è un abile e geniale piazzista, che ha capito la sostanza e gli umori dell’attuale mercato politico.
Mi torna in mente il famoso errore di Benedetto Croce, secondo il quale Mussolini era caduto dal cielo e non partorito da noi italiani. Berlusconi è stato partorito dall’Italia di oggi e ha capito la natura profonda del nostro popolo che non si è mai identificato con lo Stato, che si è sempre massacrato nello scontro tra città e città. Non a caso abbiamo tra i nostri pensatori un Guicciardini. Quindi anche se domani facessi un colpo di stato (che in ogni caso è sempre una cosa cattiva – non ho mai visto colpi di stato «buoni») non cambieresti gli umori del paese. Per cambiarli ci vorrebbe un’azione più profonda, di persuasione ed educazione, e di vere proposte alternative. Ed ecco che tornerebbe buona, se ci fosse, la politica. Però mi pare che la presa di posizione polemica di Asor Rosa nasca dal sentimento (e dalla frustrazione) che il colpo di stato strisciante è già in atto (ma dalla parte opposta) con l’umiliazione del parlamento, la sua riduzione a un manipolo di yes-men, la delegittimazione della magistratura e quindi la distruzione dell’equilibrio dei poteri, l’occupazione progressiva di tutti i centri della comunicazione. Scrivevo negli anni Sessanta che ormai per fare un colpo di stato non era necessario muovere i carri armati: bastavaoccupare le televisioni. Lo si sapeva già negli anni Sessanta.
E la differenza tra apocalittici e integrati? Ti ricordi?
È una distinzione molto vecchia, del 1964, superata. Allora c’era una netta divisione tra i critici del sistema delle comunicazioni di massa (pensa a Adorno) e quelli che si identificavano con il nuovo sistema della comunicazione. Questa divisione si è enormemente modificata, pensa alla Pop art, un’arte d’avanguardia che si abbevera alla comunicazione di massa.
La Pop art? Spiegati meglio.
La Pop art ha usato i fumetti, e non per criticarli (come sarebbe accaduto agli apocalittici del decennio precedente). Quindi, ha fatto provocazione d’élite basandosi su materiali una volta considerati bassi.
Oppure pensa ai Beatles che – come ha poi intuito Cathy Berberian – potevano essere ricantati come se fossero la musica di Purcell che in qualche modo li aveva ispirati. Musica di intrattenimento,ma coltissima. Pensa a Benigni: fa parte della cultura di massa o della cultura d’élite? Non hai risposta: riesce a fare passare Dante davanti a ventimila persone e cammina come un clown. Ai tempi di apocalittici e integrati non sarebbe potuto accadere. Pensa anche al romanzo poliziesco che ancora negli anni Cinquanta era roba da vendere nelle edicole, leggere e buttare, e oggi Camilleri fa romanzi accessibili alle grandi masse, ma mediante una forte sperimentazione linguistica.
Visto che ci siamo: confini tra cultura altra e cultura bassa?
Le differenze sono infinite e difficili da identificare. È quasi come in politica: potrebbe essere un gioco di società trovare personaggi di destra all’interno del Pd e di sinistra (ma è impossibile trovarne) all’interno del Pdl.Quelli di sinistra è proprio difficile trovarli.
Sì, perché anche la nozione di sinistra si è disfatta. Qualcuno, non ricordo chi, ha scritto che la sinistra ufficiale sta facendo l’unica politica conservatrice possibile: difesa della Costituzione, difesa della magistratura, e così via. Difesa anche dei carabinieri, pensa tu se ce lo avessero detto al tempo del Piano Solo.
Ma dall’altra parte c’è di peggio.
Certo: c’è l’attacco alle istituzioni e dunque è naturale che a sinistra si diventi conservatori. I tempi cambiano, vuoi mica che ancora oggi esista la differenza tra cavouriani e mazziniani? La polizia di Scelba manganellava i lavoratori e quella di oggi cerca di salvare i neri dai naufragi.
Gli apocalittici cosa sono diventati?
Gli apocalittici, pian piano, son diventati meno rigidi nel loro rifiuto. Pensa solo a come è andata con il fumetto, che era una delle cose più popolari, diretto a persone di cultura bassa. Poi, proprio noi intellettuali lo abbiamo riscoperto e ne abbiamo fatto un mito. Erano le letture della nostra infanzia, ma anche l’unico modo nel quale abbiamo potuto capire qualcosa dell’America. Ormai il fumetto è diventato una forma di cultura alta, perfino difficile da leggere. Certo i bambini leggono ancora Topolino che resta, più o meno,come una volta. Ma tutte le nuove forme… il fumetto cartonato che si vende nelle librerie, certe volte faccio fatica a leggerlo tanto è raffinato. Quindi quelli che una volta erano i mezzi di massa, contro cui si scagliavano gli apocalittici, oggi possono essere interpretati solo da gente che ha letto Joyce.
Carta stampata e Internet.
Un duello aperto. Sono stufo di sentirmi rivolgere questa domanda. Due anni fa ho pubblicato un libro con Jean-Claude Carrière, Non sperate di sbarazzarvi dei libri. Ovviamente sono un utente di Internet, ho ben otto computer nelle varie case dove capito,ma difendo i diritti e il futuro del libro per una ragione semplicissima: abbiamo la prova scientifica che un libro può durare 550 anni. Prendi un incunabolo, lo apri, sembra stampato ieri e ti permette persino la previsione che forse, se lo lasci in un ambiente poco umido, può durare altri 500-1000 anni.
Non abbiamo nessuna prova scientifica che un dischetto, una chiavetta possano durare più di dieci anni, non tanto perché si possono smagnetizzare,ma perché nel frattempo sarà cambiato il tipo di computer.
I computer di oggi non leggono più i dischetti di quindici anni fa. Certo, per me è una grande comodità viaggiare con una chiavetta che contiene tutta la mia biblioteca, però l’unica garanzia del fatto che l’informazione si conservi sta ancora nel libro cartaceo. Detto questo, Internet è una cosa utilissima, pensa a cosa sta cambiando nell’Africa del nord: senza Internet non sarebbe successo niente.
Il manifesto attraversa una nuova crisi. Tu, dicevi, perché ha perduto la sponda del Pci. Ma non è più solo per questo.
Innanzitutto c’è una generale crisi politica. Poi sono in crisi tutti i quotidiani. I giovani non comprano più i quotidiani, preferiscono leggere il giornale gratuito che si prende alla stazione. È un fenomeno generale: se è in crisi anche il Corriere della Sera, che può pagare centinaia di inviati speciali in tutto il mondo, come può non essere in crisi il manifesto? Se è vero che i giovani sono più attenti ai contenuti culturali, l’unica possibilità del manifesto è quella di settimanalizzarsi, non nel senso di diventare settimanale ma in quello di fare continuamente azione di approfondimento. Ha poco senso che il manifesto esca oggi dicendo quel che è accaduto ieri, perché lo ha già detto la televisione. Insomma, ripeto: un quotidiano di approfondimento. Amodo suo Il foglio lo è. Quindi il manifesto dovrebbe essere sempre più un quotidiano di commento, di proposte. È l’unica possibilità di sopravvivenza. Ripeto una mia vecchia polemica: il quotidiano di 64 pagine non mi dà più nessuna notizia perché non faccio in tempo a leggerlo. Nel 1990 mi trovavo nelle isole Fiji dove usciva – lo davano gratis negli hotel – il Fiji Journal, che aveva otto pagine di cui sei di pubblicità, due di notizie locali e una pagina di brevissime notizie.
Con quella pagina il Fiji Journal mi ha tenuto perfettamente informato su quanto accadeva in Italia e nel mondo. Allora, o tu diventi il Fiji, quattro pagine al giorno a 20 centesimi, oppure fai 10-12 pagine di approfondimenti, discussioni critiche, polemiche. Non ce la fai a emulare il Corriere della Sera o Repubblica dando più notizie di loro, piuttosto fai una critica dei loro articoli.
Torneresti a collaborare al manifesto?
Non riesco più a tener testa a tutte le cose che devo fare e da quando sono andato in pensione lavoro tre volte tanto. Comunque, lasciami passare l’estate.
http://permalink.gmane.org/gmane.politics.activism.neurogreen/33738
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Corte Ue boccia il reato di clandestinità
Monica Maro, 28.04.2011
La Corte di giustizia Ue ha bocciato la norma italiana che prevede il reato di clandestinità e l’arresto per gli immigrati irregolari. La norma, secondo quanto è stato deciso, è in contrasto con la direttiva europea sui rimpatri dei clandestini. Il reato considerato dalla Lega Nord un “manifesto” da sventolare sotto gli occhi del suo elettorato è, da oggi, carta straccia. L’ira di Borghezio: “In Europa, l’Italia non conta un c….!”
“La direttiva sul rimpatrio dei migranti irregolari osta ad una normativa nazionale che punisce con la reclusione il cittadino di un paese terzo in soggiorno irregolare che non si sia conformato ad un ordine di lasciare il territorio nazionale”, riferisce la Corte Ue in un comunicato. “Una sanzione penale quale quella prevista dalla legislazione italiana può compromettere la realizzazione dell’obiettivo di instaurare una politica efficace di allontanamento e di rimpatrio nel rispetto dei diritti fondamentali”, si aggiunge.
La Corte di giustizia Ue ricorda che la direttiva definisce la procedura da applicare al rimpatrio dei cittadini di paesi terzi: si parte dalla “adozione di una decisione di rimpatrio” con la priorità da accordare a “una possibile partenza volontaria”. Nel caso non questa non avvenga si procede “all’allontanamento coattivo, prendendo le misure meno coercitive possibili. Solo qualora l’allontanamento rischi di essere compromesso dal comportamento dell’interessato, lo Stato membro può procedere al suo trattenimento”.
La sentenza rammenta inoltre che “la direttiva rimpatri non è stata trasposta nell’ordinamento giuridico italiano” ricordando che in questi casi “i singoli sono legittimati ad invocare, contro lo Stato membro inadempiente, le disposizioni di una direttiva che appaiano, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise”.
La sentenza della Corte di Giustizia della Ue, largamente scontata e preannunciata da mesi, sancisce il definitivo fallimento nella gestione dell’immigrazione e dei rapporti con la comunità europea del governo a trazione leghista di Berlusconi.
Nell’incontro con il presidente francese, escogitato a fini esclusivamente elettorali da due esponenti politici in evidente difficoltà, si è continuato ostentatamente ad affrontare un fenomeno sociale, economico e umanitario che richiederebbe ben altre capacità di governo, come fosse esclusivamente una questione di ordine pubblico e ignorando le chiare direttive europee e gli accordi comunitari e internazionali in materia.
Alta tensione nel Carroccio: “Tutto il mondo civile, Stati Uniti in testa, ma anche vari Paesi europei, persegue e sanziona penalmente l’immigrazione clandestina e relativi racket mafiosi. Ma, sul punto, la Corte di Giustizia sanziona esclusivamente la norma italiana che prevede il reato di clandestinità, con una motivazione che non sta ne’ in cielo ne’ in terra”. E’ la reazione dell’eurodeputato della Lega Nord Mario Borghezio alla sentenza di Lussemburgo.
“Come mai?”, si chiede l’eurodeputato, rispondendosi che la ragione è “forse perché in Europa, come ho avuto più volte modo di affermare senza peli sulla lingua, ‘l’Italia non conta un c….'”. “E, allora, cosa ci stiamo a fare in questa Ue?”, ha concluso Borghezio.
La debacle del centrodestra. “A questo punto aspetto solo che Berlusconi ci spieghi che i giudici europei, che hanno bocciato il reato di immigrazione clandestina, sono comunisti”. E’ il commento sarcastico di Pier Ferdinando Casini.
“Questa presa di posizione del premier- aggiunge il leader Udc- finora non è ancora arrivata, ma l’aspettiamo entro sera perché evidentemente non c’è altro modo per giustificare i pasticci che fanno se non trovando dei nemici riconducibili o al Terzo Polo o ai comunisti”.
Di “debacle in piena regola” parla il capogruppo del Pd al Parlamento europeo, David Sassoli.
“Avendo puntato tutto sul pugno di ferro – continua Sassoli – e cercando di negare ipocritamente il fenomeno dell’immigrazione, da oggi l’Italia è ancora più nuda e sola. Ancora una volta l’Europa, in presenza di scelte demagogiche, è costretta a intervenire per ribadire i principi di solidarietà e di difesa dei diritti delle persone. Il governo adesso dica cosa intende fare degli oltre tremila cittadini extracomunitari detenuti illegalmente e che hanno ingolfato la macchina della Giustizia”.
“I cittadini italiani- conclude Sassoli-, quando il 15 maggio si tratterà di scegliere chi dovrà governare tante importanti città, sapranno tenere conto dei continui insuccessi di un governo spaccato su questioni fondamentali, come la politica estera, e in clamoroso deficit di credibilità in Europa”.
“La sentenza con cui la Corte di giustizia europea boccia il reato di immigrazione irregolare e invita il sistema giudiziario italiano a non applicarlo è una bella notizia”. Dichiarano i senatori del Pd Roberto Della Seta e Francesco Ferrante. “Ci auguriamo che da oggi in avanti nessun cittadino straniero venga più perseguito per questo reato del tutto illegittimo e che i detenuti condannati per il solo reato di immigrazione cosiddetta clandestina vengano rimessi immediatamente in libertà – aggiungono i senatori Pd- l’immigrazione è un fenomeno epocale, che certo può creare disagi nei paesi di accoglienza e che per questo va governato, ma considerare chi viene in occidente spinto dalla miseria e dalla speranza come un delinquente è semplicemente una bestemmia”.
Duro con il governo italiano anche benedetto Della Vedova, capogruppo Fli alla Camera che spiega: “La bocciatura da parte della Corte di Giustizia di Lussemburgo del reato di clandestinità non è – come molti vorranno farla apparire – una sentenza ‘buonista’. Ad essere stata bocciata è una norma demagogica e inefficiente, che aggrava l’arretrato giudiziario e il sovraffollamento carcerario, senza migliorare e al contrario intralciando le procedure di espulsione e rimpatrio degli immigrati irregolari”.
“Le ‘norme manifesto’ servono a chi le fa, per cercare consenso e combattere le proprie ‘guerre ideologiche’, ma non possono fortunatamente scavalcare i limiti posti al legislatore nazionale dal diritto comunitario, come, in altra forma, dai principi costituzionali. Però le norme dovrebbero servire ad altro, cioè ad assicurare un governo efficiente e ordinato della società. Sull’immigrazione – conclude il deputato Fli – questa maggioranza ha ormai scelto di fare deliberatamente il contrario e spero che se ne accorga quella parte dell’elettorato che anche sull’immigrazione chiede sopratutto ordine”.
http://www.paneacqua.eu/notizia.php?id=17606
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La clandestinità è ancora reato
Felice C. Besostri*, 29.04.2011
Il reato di clandestinità, di natura contravvenzionale, cioè punibile con una sola ammenda, è stato introdotto con l’art.1 c. 16 della legge n. 94/2009 (Pacchetto sicurezza), mentre la Corte di Giustizia della UE si è occupata delle norme della legge n. 189/2002 (Bossi-Fini) con l’introduzione di una pena detentiva da 1 a 4 anni per violazione dell’obbligo di espatrio in seguito a decreto di espulsione
Per ragioni misteriose tutti i mezzi di informazione di massa, senza distinzione di orientamento politico, hanno presentato la sentenza della Corte di Giustizia della UE come invalidante il reato di clandestinità. A sinistra si poteva gridare con soddisfazione: “ve l’avevamo detto!” e a destra utilizzare la sentenza per diffondere insicurezza e allarme e per alimentare una nuova polemica sull’Unione Europea.
Ebbene il reato di clandestinità, di natura contravvenzionale, cioè punibile con una sola ammenda, è stato introdotto con l’art.1 c. 16 della legge n. 94/2009 (Pacchetto sicurezza), mentre la Corte di Giustizia della UE si è occupata delle norme della legge n. 189/2002 (Bossi-Fini) di modifica degli art. 13 e 14 del Dlgs n. 286/1998 (Turco-Napolitano) con l’introduzione di una pena detentiva da 1 a 4 anni per violazione dell’obbligo di espatrio in seguito a decreto di espulsione. Il motivo è la violazione della Direttiva rimpatri, che lo Stato italiano doveva recepire entro il 24 dicembre 2010. E’ giurisprudenza consolidata che, decorso il termine assegnato agli Stati per il recepimento, le norme chiare ed inequivoche della direttiva si applichino direttamente.
La Direttiva non è stata recepita perché regolarizzava tutti i lavoratori clandestini in nero, che avessero denunciato i datori di lavoro. I rimpatri devono assegnare termini ragionevoli per il rimpatrio volontario e non si può limitare la libertà personale per più di 18 mesi. Con la normativa dichiarata illegittima il termine per dar corso al decreto di espulsione era di 5 giorni mentre per la direttiva doveva essere da 7 a 30 giorni. Quando vi è contrasto con la normativa europea la norma nazionale deve essere disapplicata e pertanto da dicembre 2010 praticamente nessuno era condannato per violazione del decreto di espulsione.
Il reato di immigrazione clandestina quindi è tuttora vigente, anche se ad esso vanno applicati i principi enunciati nella sentenza per tutti quei clandestini che facciano dichiarazione di emersione e chiedano la regolarizzazione se lavorano o hanno lavorato in nero.
*Presidente del Comitato per l’Autoemersione
dei Lavoratori clandestini
http://www.paneacqua.eu/notizia.php?id=17613
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Referendum, Celentano: “Questo voto è l’unico mezzo per sopravvivere, fidatevi” 29.04.2011
Il “Molleggiato” lancia il suo appello: “Il governo va avanti nella demoniaca voglia di avvelenarci. Tocca a noi fermarli”
Caro direttore, ma soprattutto cari STUDENTI, comunisti, fascisti, leghisti e operai costretti a lavorare nell’insicurezza. Come avrete letto su tutte le prime pagine dei giornali, il governo non demorde. Continua, sfidando l’intelligenza anche di chi lo ha votato, nella sua DEMONIACA voglia di avvelenare gli italiani. Gli unici che, fino a prova contraria, hanno saputo distinguersi da tutti gli altri popoli IMBECILLI per aver avuto, già 24 anni fa, la saggia intuizione di dire NO alla bevanda radioattiva che, in nome di quel “benessere” tanto sbandierato da Berlusconi, ti uccide in cambio di un voto contro la VITA.
Ma oggi purtroppo il pericolo radioattivo, e quindi di morte lenta e dolorosa, è di gran lunga maggiore di quanto è avvenuto in quegli anni. Che peso può avere oggi la saggezza degli italiani se poi chi ci governa fa dei discorsi cretini come quello che abbiamo ascoltato a Porta a Porta dal ministro Paolo Romani? “Innanzitutto essere nuclearisti – ha detto – non può essere definita una bestemmia. Lo sono tutti i più grandi paesi del mondo, l’America, la Russia, la Cina, il Giappone e tutti i paesi europei. L’unica grande potenza industriale che non ha il nucleare è solo l’Italia”. Come dire che, se la maggioranza dei paesi industriali vogliono suicidarsi, la logica vuole che chi non si suicida è un mascalzone. Purtroppo invece, caro ministro, essere nuclearisti non solo è una bestemmia, ma significa essere DEMENTI fin dalla nascita. La verità è che il vostro è un trucco per indebolire il referendum: senza il quesito del nucleare (e ora state tentando di far saltare anche quello sull’ACQUA), sperate che il LEGITTIMO IMPEDIMENTO non raggiunga il quorum. Stavolta credo che sarà proprio il governo a finire con “il quorum a pezzi”.
Non so come si pronuncerà la Cassazione. È a lei che spetta l’ultima parola per decidere se il quesito referendario è venuto meno o no. In ogni caso non si potrà fare a meno di andare a votare. Se non altro per non deludere quel MILIONE di persone che vede in Antonio Di Pietro l’unico vero combattente per la salute delle prossime generazioni. Perché di questo si tratta, cari amici fascisti, STUDENTI, leghisti, comunisti e operai insicuri. Che Di Pietro stia cercando di salvarci dall’immane catastrofe lo si capirà prima di quanto si creda. La “Pubblica Ottusità” dei vari Romani, Sacconi, Quagliariello, Gasparri e Prestigiacomo ha quasi raggiunto il punto di non ritorno. E la NATURA, la cui pazienza è ormai a pezzi, non tarderà molto a darci i suoi nuovi segnali.
E a tal proposito voglio dire due parole non a Berlusconi, ormai in preda a uno stato confusionale, ma a ciò che è rimasto della sua COSCIENZA che, per meglio identificarla a chi legge la chiamerò con lo stesso nome del presidente del Consiglio, ma al femminile, poiché mi piace immaginare che la voce della coscienza abbia piuttosto i modi dolci e gentili di una bella figura femminile che non quelli rudi e maschili.
Cara Silvia, il fatto che tu sia inascoltata non significa che tu debba calare le braghe, scusa volevo dire la gonna, non so come sei vestita, non ha importanza; ma al governo c’è qualcuno di cui forse tu hai smarrito la fisionomia e che sta sbagliando tutto. Se tu lo molli si perde definitivamente e chi ci va di mezzo poi è la povera gente che lo ha votato. È il momento invece di alzare la voce e fargli capire come stanno le cose. Devi dirgli che gli italiani non sono così cretini… anche le formiche lo hanno capito che questa mossa di soprassedere sul nucleare non solo è una truffa ai danni di chi vuole VIVERE, ma serve soprattutto a tener fede a quel CONTRATTO di MORTE che Berlusconi ha firmato con Sarkozy per la costruzione di quattro nuove centrali NUCLEARI. Devi dirgli che non si può far gestire l’ACQUA ai privati. L’ACQUA è un bene comune, di tutti. Come si può pensare che, se io ho sete, devo pagare per bere? E poi devi dirgli che all’estero tutte le sue strategie risultano assai sospette, ridicole e soprattutto non chiare.
Cara Silvia, a tutti capita di dire qualche bugia, ma a fin di bene. Forse anche a te sarà capitato, o no?… Scusa dimenticavo, tu non puoi dire bugie… neanche a fin di bene… Il compito che ti è stato affidato, fin dai più remoti albori del mondo, è quello di dirci sempre la verità anche se noi continueremo a rifiutarla. Scusa, me l’ero scordato, per un attimo anch’io mi sono fatto prendere dalle puerili voglie di grandezza del mondo esterno…. Ora capisco perché fin dalla nascita il presidente del Consiglio ti ha ripudiata. Le bugie che lui dice infatti sono SPAVENTOSE e senza un minimo di pudore.
Vuol farci credere che lui davvero pensava che Ruby fosse la nipote di Mubarak. Vuol cambiare la Costituzione a furia di barzellette che non fanno ridere, ce l’ha coi magistrati che vogliono processarlo.
Le accuse su di lui non si contano ormai: magari è davvero innocente, però non lo sapremo mai. Lui continua a non presentarsi ai processi e non si accorge che i suoi elettori cominciano a farsi delle domande, a chiedersi se è giusto essere governati da un BUGIARDO. Certo, è difficile pensare che non lo sia, anche se il dubbio traspare lontanamente e subito svanisce di fronte all’ARROGANZA di tacere ciò che tutti si aspettavano da lui. Ossia, l’unica BUGIA che il Cavaliere avrebbe dovuto dire e che volutamente non ha detto per non condannare il malsano gesto di Lassini e i suoi TRISTI manifesti. Anzi ha fatto esattamente il contrario. Ha telefonato all’ATTACCHINO e gli ha espresso il suo pieno sostegno, naturalmente seguito a ruota dalla coppia Daniela Santanchè e Giorgio Straguadagno i quali, anche loro, gli hanno assicurato il voto nonostante il giusto aut aut del sindaco Moratti. Un gesto, quello della coppia “Daniela-Straguadagno”, da cui è chiaro il riferimento a possibili frizioni tra la Moratti e l’incantatore di serpenti. Lui è inafferrabile per i giudici che, a malapena, il massimo che hanno ottenuto è stato quello di portarlo fuori dal tribunale e non “DENTRO”, dove purtroppo non è possibile stabilire se i suoi comportamenti sono giusti o sbagliati.
Però, anche senza un tribunale, noi lo possiamo intuire dalle sue azioni. Come parla, come ride, come racconta le barzellette e soprattutto capire il motivo per cui le racconta. Capire cosa c’è dietro quella barzelletta raccontata con aria apparentemente ingenua e, cosa importante, dove è diretto l’amo che aggancerà la sua prossima vittima.
E la sua prossima vittima purtroppo sono ancora gli italiani. Da qualche parte ho letto che due signor “NESSUNO” TELECOMANDATI, come giustamente dice il cristallino Di Pietro, hanno presentato due emendamenti al regolamento della Rai in campagna elettorale, affinché tutto sia compiuto sul colossale SCIPPO perpetrato ai danni del referendum sul nucleare, nel caso la Cassazione vada contro la richiesta del governo, e si pronunci invece a favore della sua validità. Il primo emendamento consiste nel togliere alle tribune elettorali il 30% di spazio e darlo al “comitato per il non voto”, in modo da ridurre gli spazi promozionali per il Sì contro le CENTRALI ATOMICHE a un terzo. Il secondo vuole completare l’opera di devastazione facendo cominciare la campagna referendaria solo dopo le amministrative, anche qui per ridurre i tempi di dibattito che rimarrebbero di soli 12 giorni.
Come vedete non si tratta più di DESTRA o SINISTRA per capire che un uomo come Berlusconi non solo non può governare l’Italia, ma nessun paese. Al massimo lui e i suoi falsi trombettieri, come li chiama Travaglio, possono andar bene per una piccola TRIBU’, dove tutti quanti, raccolti intorno al capo, si nutrono a vicenda della loro stessa FALSITA’.
Cari amici fascisti, STUDENTI, leghisti, comunisti e operai insicuri. Mi sembra chiaro che a questo punto non ci resta che l’unico mezzo di sopravvivenza. Il voto. Non possiamo assolutamente mancare. Il 12 Giugno dobbiamo andare tutti a votare anche se, come è prevedibile, il governo tenterà l’impossibile per togliere dalle schede referendarie pure il LEGITTIMO IMPEDIMENTO. E, se lo dovesse togliere dobbiamo essere ancora più numerosi davanti ai seggi. E, se per caso le sedi elettorali fossero chiuse, il vostro voto lasciatelo pure per terra scritto su un piccolo foglietto già preparato a casa, in modo che l’indomani tutti i marciapiedi d’Italia siano invasi da quaranta milioni di bigliettini.
Contro il NUCLEARE
Contro la PRIVATIZZAZIONE dell’ACQUA
Contro il LEGITTIMO IMPEDIMENTO
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Gas di scisto? Detto fatto: Eni firma con gli algerini di Sonatrach 29.04.2011
Ma vedi tu che caso! Appena nove giorni fa il sottosegretario all’Enirgia (oops… Energia), Stefano Saglia, aveva lodato gli sforzi di Eni nello sviluppo dei giacimenti di “shale gas“, cioè il gas di scisto, affermando che
Lo shale gas potrebbe aprire nuove strade per l’approvvigionamento energetico in un momento particolarmente delicato a livello globale. L’Italia accoglie con favore l’avvio di approfondimenti a riguardo
E ieri Eni che fa? Firma con l’algerina Sonatrach “un accordo di cooperazione per lo sviluppo di idrocarburi non convenzionali, con particolare interesse per lo “shale gas” rafforzando ulteriormente la stretta collaborazione tra le due società”. Caspita che tempismo, complimenti Saglia: questa sì che è politica energetica indipendente dall’estero e dai giganti del settore e rispettosa dell’ambiente.
Per il resto, anche visto il fatto che lo shale gas è tutto un esperimento sul quale l’unica cosa sicura è che mette seriamente a rischio le falde acquifere, il comunicato ufficiale non offre alcun dettaglio sull’accordo precisando solo che
Sulla base delle valutazioni già espresse, Eni conferma l’alto potenziale presente in Algeria di “shale gas” che Eni e Sonatrach si impegnano a esplorare e sviluppare. Questo permettera’ a entrambe le societa’ di effettuare importanti scoperte che andranno a rafforzare ulteriormente le prospettive di crescita del gas nel paese
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“Wojtyla segreto”: le ragioni contro la beatificazione 28.04.2011
Pubblichiamo di seguito un capitolo del libro appena uscito per Chiarelettere “Wojtyla Segreto. La prima controinchiesta su Giovanni Paolo II”, scritto dal vaticanista de “La Stampa” Giacomo Galeazzi e dal giornalista d’inchiesta Ferruccio Pinotti (collaboratore anche di MicroMega), che ricostruisce la storia di Karol Wojtyla e si propone come un appello documentato contro la beatificazione.
«Santo subito»: una beatificazione a tempo record
E il 14 gennaio 2011. Il direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, dirama la notizia. L’invocazione della folla che il giorno dei funerali in piazza San Pietro gridava santo subito e stata ascoltata: il primo maggio 2011 Giovanni Paolo II sara beatificato.
Sono passati appena sei anni dalla sua morte. Benedetto XVI, suo successore al soglio di Pietro, non ha perso tempo. Il 18 maggio 2005, un mese e mezzo dopo la scomparsa di Wojtyla, il vicario per la diocesi di Roma, cardinale Camillo Ruini, promulgava l’editto con cui invitava i fedeli a comunicare tutte quelle notizie dalle quali si possano in qualche modo arguire elementi favorevoli o contrari alla fama di santità del servo di Dio. Il 28 giugno seguente veniva avviata a Roma l’inchiesta diocesana sulla vita, le virtù e la fama di santità di papa Wojtyla. Nei mesi successivi venivano aperti altri due processi per la raccolta di documenti e testimonianze a Cracovia e a New York. La fase di verifica delle prove e dei documenti si e svolta in meno di due anni; il 13 maggio 2009 si e riunita per la prima volta a Roma presso la Congregazione per le cause dei santi la consulta degli otto periti teologi chiamati a esaminare tutte le testimonianze e gli atti del processo. Un tempo record.
Durante il processo di beatificazione sono state ascoltate 114 persone: 35 cardinali, 20 arcivescovi e vescovi, 11 sacerdoti, 5 religiosi, 3 suore, 36 laici cattolici, 3 non cattolici e un ebreo.
Il consenso e stato ampio ma non sono certo mancate le polemiche, sorte anche tra le mura della curia romana. Molte, infatti, sono state le voci critiche interne al Vaticano. In particolare colpiscono gli interventi di alcuni uomini chiave dello stesso pontificato di Wojtyla, nomi di spicco le cui dichiarazioni e posizioni assunte in merito alla beatificazione lasciano quanto meno il sospetto di una verità scomoda che ragioni di diplomatica opportunità suggeriscono di continuare a tenere nascosta.
Ricordiamo in primo luogo le esternazioni del cardinale Angelo Sodano, per più di dieci anni vicinissimo a papa Wojtyla come segretario di Stato, a tutti gli effetti ministro degli Esteri del Vaticano; e del cardinale Leonardo Sandri, sostituto per gli Affari generali alla Segreteria di Stato negli ultimi cinque anni del pontificato di Wojtyla. In particolare, Sodano non e mai stato interrogato dai giudici del tribunale canonico che hanno lavorato alla causa di beatificazione ma, nel giugno 2008, ha precisato in una lettera riservata, poi resa pubblica dalla stampa, che pur non nutrendo riserve sulla santità del pontefice, dubitava dell’opportunità di dare la precedenza a tale causa, scavalcando quelle già in corso dei Servi di Dio Pio xII [conclusasi poi il 19 dicembre 2009, nda] e Paolo VI.
Dubbi sui tempi e sui modi di svolgimento del processo sono arrivati dal cardinale Godfried Danneels, ex arcivescovo di Malines-Bruxelles e primate del Belgio: Questo processo sta procedendo troppo in fretta. La santità non ha bisogno di corsie preferenziali. E inaccettabile che si possa diventare santi o beati per acclamazione. […] Il processo si deve prendere tutto il tempo che serve senza fare eccezioni.
Il problema principale sembra essere l’eccezionale rapidità della causa. Cosi rapida da scavalcare perfino altre pratiche di elevazione che attendono da tempo, come la canonizzazione di Giovanni XXIII, il papa delle riforme e di quel Concilio Vaticano II cosi poco tenuto in considerazione dal pontefice polacco.
Appelli inascoltati
Fin dall’inizio i dubbi sollevati sulla beatificazione non hanno riguardato solo questioni procedurali. Il teologo e padre conciliare Giovanni Franzoni ha affrontato in modo sistematico i punti ritenuti dubbi del pontificato di Wojtyla, alcuni dei quali si sovrappongono alle obiezioni sollevate da altre figure eminenti, come quella dell’ex arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini. Quest’ultimo aveva evidenziato come l’eccessiva esposizione mediatica di Wojtyla, e in particolare i suoi numerosi viaggi internazionali, avessero mortificato le Chiese locali. Franzoni e stato convocato a portare la sua testimonianza nella causa di beatificazione agli inizi del 2007 e ha rilasciato la sua deposizione giurata il 7 marzo dello stesso anno. Ma già nel 2005 il teologo era stato tra gli animatori di un appello alla chiarezza sulla beatificazione subito del pontefice polacco. [1]
I punti sollevati da Franzoni sono sette e riguardano altrettante tappe del lungo pontificato di Wojtyla. In primo luogo – osserva Franzoni – la dura repressione esercitata su teologi e religiosi attraverso gli interventi della Congregazione per la dottrina della fede diretta dal suo attuale successore, l’allora cardinale Joseph Ratzinger.
Il pontificato di Giovanni Paolo II – sottolinea il teologo – e costellato di decisioni sue, o di organi ufficiali della curia romana (in particolare della Congregazione per la dottrina della fede), che hanno in vario modo punito la liberta di ricerca teologica. I religiosi non in linea sono stati richiamati all’ordine o allontanati. I provvedimenti punitivi non hanno dato agli imputati il modo di difendersi adeguatamente. Wojtyla non volle mai ricevere pubblicamente in udienza i “dissenzienti” aggiunge Franzoni. Quale che sia stato l’intimo convincimento della persona Wojtyla, e un fatto che le scelte del papa hanno mostrato alla Chiesa un comportamento che indicava come nemici”quanti e quante avessero opinioni teologiche diverse dalle sue.
Il caso di Oscar Arnulfo Romero, vescovo di San Salvador, e sicuramente la punta dell’iceberg di una politica vaticana molto dura nei confronti di teologi e religiosi fortemente impegnati in cause sociali, specie in Sudamerica. Romero, che beato non lo e ancora diventato a causa del pollice verso di parecchi cardinali, continua a essere inviso alle alte gerarchie vaticane pure da morto.
E’ sufficiente ricordare il caso del vescovo brasiliano Pedro Casaldaliga, redarguito dalla Santa sede nel 1983 per il solo fatto di avere esposto il ritratto del vescovo di San Salvador all’ingresso della sua chiesa a Sao Felix do Araguaia, in Brasile. La causa a carico di Casaldaliga fu intentata dalla Congregazione per la dottrina della fede, al vertice della quale sedeva all’epoca l’attuale successore di Wojtyla, cardinale Joseph Ratzinger. Tutto si tiene, in una forte continuita. Ma chi e Oscar Romero?
Il vescovo dei poveri
Il 24 marzo 1980 le minacce che da anni piombano addosso a monsignor Oscar Romero divengono realtà. L’arcivescovo e colpito da un cecchino proprio mentre celebra la messa, insieme al suo popolo e davanti a Dio. Muore solo, abbandonato dal Vaticano fra le mura stesse di quella chiesa che aveva eletto ad avamposto del cambiamento per il suo paese, El Salvador. Il monito lanciato appena un anno prima da papa Wojtyla, del resto, era stato perentorio: Guai ai sacerdoti che fanno politica nella Chiesa!. Non c’era bisogno di fare nomi. Chi doveva capire aveva già capito.
Pur senza l’appoggio dell’istituzione che aveva scelto di innalzare a proprio vessillo, Romero era andato avanti. Non obbedite agli ordini di chi vi chiede di uccidere quei fratelli colpevoli di pretendere il pane per le famiglie affamate. Parlava cosi nelle sue omelie, voce ferma e frasi coraggiose. La battaglia quotidiana contro la giunta militare che stava affamando il suo popolo e facendo piazza pulita degli oppositori era l’unica strada da seguire. La strada che lo porterà alla morte. Alla fine degli anni Settanta in Salvador e in atto una vera carneficina. Migliaia di persone scomparse solo nei due anni che precedono il feroce omicidio dell’arcivescovo. Centinaia le vittime tra gli oppositori del regime. Sto diventando pastore di un paese di cadaveri soleva ripetere Romero. Ma il suo allarme resta inascoltato.
Il caso del vescovo Oscar Romero e certamente un momento buio nel lungo pontificato di Wojtyla. ≪Nel febbraio 1989 – ricorda il teologo Franzoni – ho incontrato a Managua una religiosa, suor Vigil, che lavorava presso il Centro ecumenico Valdivieso. Mi confermo di aver incontrato a Madrid monsignor Romero di ritorno da Roma (siamo nella primavera del 1979) e di averlo trovato “costernato” per la freddezza con cui il papa, durante l’udienza, aveva valutato l’ampia documentazione, da lui stesso fatta pervenire in Vaticano, circa la violazione dei diritti umani e della vita di quanti si erano opposti, anche fra i suoi diretti collaboratori, all’oppressione esercitata dal governo salvadoregno sulla popolazione. Oscar Romero avrebbe ricevuto dal papa una secca esortazione ad andar “più d’accordo” con il governo. A commento di quell’udienza, mi riferì ancora suor Vigil, Romero disse alla religiosa: “Non mi sono mai sentito cosi solo come a Roma”.
Recentemente in molti all’interno del Vaticano si sono spesi in una campagna pubblica per far passare come idilliaci i rapporti tra l’arcivescovo di San Salvador e Karol Wojtyla. Ma Franzoni non ci sta: la sua testimonianza al processo di beatificazione riporta che ≪tale descrizione non corrisponde alla realta, al contrario, essa sottende il forte desiderio di proporre, sulla vicenda, un Wojtyla “comprensivo” che non e esistito. Wojtyla non fece gesti pubblici e inequivocabili per mostrare di essere dalla parte di Romero, e di sostenerlo. Del resto, se avesse voluto dire al mondo, con un gesto riconoscibile anche dai più umili, di essere dalla parte di Romero Wojtyla lo avrebbe potuto creare cardinale nel suo primo concistoro (giugno 1979). Il che non fece.
Romero non e un’eccezione. In oltre venticinque anni di pontificato Giovanni Paolo II ha mostrato ostilità nei confronti di numerosi religiosi, preti, vescovi che, ispirandosi principalmente alla Teologia della liberazione, vedevano nella fede cristiana una via d’uscita dall’oppressione. Una teologia rispetto alla quale all’inizio lo stesso Romero riteneva di non essere in sintonia, e della quale poi fini per incarnarne in modo esemplare lo spirito. Nessun vescovo dell’America Latina apertamente schierato con la Teologià della liberazione e stato eletto cardinale da Wojtyla. Non solo: il papa ha portato nella curia romana prelati latinoamericani accaniti avversari della Teologià della liberazione e, spesso, pure non troppo coperti amici di dittatori.
Torbide manovre finanziarie
Eppure di politica Giovanni Paolo II ne ha fatta. Ha contribuito a finanziare un sindacato polacco, Solidarność, nato nel settembre 1980 in seguito agli scioperi nei cantieri navali di Danzica e diretto da Lech Wałęsa. Solidarność si imporra negli anni come il movimento di matrice cattolica e anticomunista fortemente avverso al governo centrale polacco. La battaglia contro il regime comunista era perfettamente in sintonia con la tenace campagna di Wojtyla in difesa del cristianesimo. Una battaglia per la quale ogni mezzo e lecito, anche il più spregiudicato.
La vicenda Solidarność apre un’altra zona d’ombra del pontificato.Chi finanziava il movimento? Tra i principali sponsor c’era lo Ior, la banca vaticana diretta all’epoca da un vescovo americano spregiudicato: Paul Casimir Marcinkus. Incrociare Marcinkus e come avviare un film che racconta un pezzo importante di storia criminale d’Italia. Con tutti i suoi protagonisti. Sindona, Calvi, Licio Gelli e la P2, Umberto Ortolani, la mafia e Pippo Calo, Flavio Carboni, cardinali senza scrupoli, esponenti di spicco dell’Opus Dei e lotte di potere interne al Vaticano. Sul pontificato di Giovanni Paolo II incombe un’ombra nera. I giudici italiani che si occupavano del processo per il crac del Banco ambrosiano di Roberto Calvi, trovato morto a Londra sotto il ponte dei Frati neri il 18 giugno 1982, erano giunti alla conclusione che monsignor Marcinkus come presidente dello Ior aveva gravissime responsabilità nella vicenda. Per questa ragione dalla Città del Vaticano doveva essere estradato in Italia per essere interrogato.
La richiesta ufficiale fu inviata alla Città del Vaticano. Marcinkus, presentandosi davanti ai giudici, poteva dimostrare limpidamente la sua innocenza e l’infondatezza delle accuse addebitategli. Ma la linea difensiva della Santa sede fu un’altra. Non si interesso di accertare se le accuse a Marcinkus fossero fondate, ma respinse, semplicemente perche contrarie ai Patti lateranensi, le richieste della magistratura italiana, poiche queste avrebbero interferito in un ambito, e all’interno di uno Stato, in cui l’Italia non poteva entrare. Il Vaticano si fa scudo della sua extraterritorialita. La domanda che resta non e tanto quella relativa alle responsabilità giudiziarie. Piùttosto e un’altra: Giovanni Paolo II favori l’accertamento della verità sul caso Ior? Secondo Franzoni, la risposta e negativa.
Per comprendere appieno le responsabilità del Vaticano nella vicenda del Banco ambrosiano e utile ricordare una lettera drammatica scritta dal banchiere Roberto Calvi il 5 giugno 1982 e indirizzata proprio a Giovanni Paolo II. La lettera e stata pubblicata da uno degli autori di questo libro [2] su indicazione del figlio di Calvi, che dopo anni di dure battaglie legali ha deciso di rendere pubbliche le sue verita, tutte basate su documenti e missive del padre.
Queste le parole che scriveva Roberto Calvi a meno di due settimane dalla sua morte: ≪Santità, sono stato io ad addossarmi il pesante fardello degli errori nonche delle colpe commesse dagli attuali e precedenti rappresentanti dello Ior; sono stato io che su preciso incarico di suoi autorevoli rappresentanti, ho disposto cospicui finanziamenti in favore di molti paesi e associazioni politico-religiose dell’Est e dell’Ovest; sono stato io che di concerto con autorità vaticane, ho coordinato in tutto il Centro e Sudamerica la creazione di numerose entità bancarie, soprattutto allo scopo di contrastare la penetrazione e l’espandersi di ideologie filomarxiste, e sono io infine che oggi vengo tradito e abbandonato proprio da queste stesse autorità a cui ho rivolto sempre il massimo rispetto e obbedienza.
La lettera prosegue con questi toni; all’interno del libro e presentata la versione integrale insieme alla scansione del documento originale proposta in appendice. Una causa di beatificazione non puo certo dimenticarsi di accertare e discutere questi aspetti tutt’altro che secondari del pontificato di Giovanni Paolo II. A meno che altri interessi e giochi di potere non invitino a centrare l’obiettivo solo sullo straordinario carisma di Wojtyla, il papa delle piazze e della gente.
Lo scandalo pedofilia
Nulla io so della sua vita precedente in Polonia, e su di essa nessun giudizio posso esprimere. Parlo, dunque, del pontefice eletto il 16 ottobre 1978 e deceduto il 2 aprile 2005. Credo che lasciare Wojtyla nella sua complessità, e come tale affidarlo alla storia oltre che alla memoria della Chiesa, sarebbe la scelta migliore per onorarlo nella sua sfaccettata verità. L’insistenza e l’ansia con cui molti ambienti lavorano per la beatificazione a me pare un atteggiamento che poco sa di evangelico e molto di voglia di esaltare il pontificato romano come istituzione.
Il teologo Franzoni invita ancora una volta ad assumere una visuale oggettiva, che dia conto della razionalità storica prima che dell’esaltazione religiosa. E in uno dei punti cruciali dell’appello di cui abbiamo riportato alcuni passaggi centrali affronta il punto oscuro dell’etica sessuale. Giovanni Paolo II ha difeso con forza, e senza nulla concedere, la disciplina del celibato ecclesiastico obbligatorio nella Chiesa, ignorando il diffondersi del concubinato fra il clero e contribuendo a nascondere la devastante piaga degli abusi perpetrati da alcuni ecclesiastici sui minori. Almeno fin quando questa non e si e manifestata pubblicamente, facendo esplodere lo scandalo pedofilia che oggi imbarazza il Vaticano.
Già nel giorno dell’annuncio della beatificazione, molti sono stati coloro che hanno criticato la scelta denunciando le responsabilità di Wojtyla nel coprire religiosi colpevoli di abusi. E una delusione per noi, in quanto vittime di sevizie da parte dei preti, sapere che non sono state analizzate tutte le prove che testimoniano come Karol Wojtyla era al corrente di questi crimini denuncia Joaquin Aguilar Mendez, portavoce della Rete dei sopravvissuti alle sevizie sessuali inflitte da alcuni preti. Alla base della protesta c’e la convinzione che Giovanni Paolo II fosse al corrente delle sevizie ma abbia chiuso gli occhi per non sporcare l’onore della Chiesa romana. Secondo Mendez, che da bambino e stato vittima di un prete pedofilo, la beatificazione di Wojtyla indica che la Chiesa cattolica vuole lavarsi le mani al più presto dello scandalo della pedofilia.
≪Non è possibile che Wojtyla non sia stato al corrente del caso di padre Marcial Maciel, uomo di primo piano durante il suo pontificato ha aggiunto Mendez. Maciel, il fondatore dell’ordine dei Legionari di Cristo morto nel 2008, all’età di ottantasette anni, ha avuto una figlia da una relazione clandestina ed e stato accusato di aver compiuto sevizie sessuali su otto ex seminaristi. Nel 2006 e stato sottoposto dal Vaticano a restrizioni al suo ministero religioso. Ma non risultano mai arrivate denunce alla magistratura, dunque la Chiesa ha ritenuto l’abuso sessuale su minori un fatto interno e non un reato da denunciare pubblicamente.
La Santa sede ha reagito alle accuse secondo le quali Wojtyla avrebbe coperto gli scandali. Secondo il portavoce Joaquin Navarro-Valls, e un’opinione che non tiene conto dei fatti. Per il caso Maciel, ad esempio, la procedura penale canonica e cominciata nel pontificato di Giovanni Paolo II. Ed e finita nel primo anno del pontificato di Benedetto XVI: sono stato io ad annunciare pubblicamente la decisione presa nei suoi riguardi. Una decisione presa sulla scorta di un’inchiesta accurata e approfondita iniziata durante il pontificato di Wojtyla nonostante nel sito web della sua congregazione fosse stata pubblicata in precedenza una lettera autografa di Maciel che negava davanti a Dio questi addebiti. Purtroppo non era cosi, Maciel, come in seguito sara accertato, stava mentendo.
Quanto al caso del cardinale [Hans Herman] Groer di Vienna – prosegue Navarro-Valls – proprio Giovanni Paolo II nomino nel 1995 un coadiutore, e la sua scelta cadde sull’allora vescovo ausiliare [Christoph] Schonborn, che promosse sei mesi dopo arcivescovo di Vienna e che certamente non ha mai insabbiato nulla riguardo alle accuse mosse al predecessore. Pero alcune inchieste, lo denunciano anche diversi cardinali, sono iniziate in ritardo e sono state troppo lunghe.
Navarro-Valls, lasciata la sala stampa della Santa sede, e tornato alla sua antica professione di medico psichiatra all’Università Campus Biomedico di Roma, della quale e anche presidente. Sul fenomeno degli abusi sessuali commessi da sacerdoti e religiosi ha una sua teoria: ≪Con i casi dei sacerdoti stiamo parlando della punta di un iceberg. E non c’e dubbio che la dimensione del problema e vastissima nella società. Questo non e togliere la responsabilità a sacerdoti e religiosi. Ma cercare davvero di aiutare tutte le vittime. Andando a Fatima il papa ha detto che il peccato e anche nella Chiesa, ma secondo me sarebbe da ipocriti pensare che con questo e tutto risolto, e cioè che altrove il male non c’e, come se bastasse non mandare i bambini negli oratori perche siano davvero al sicuro.
Il male degli abusi c’e anche fuori dalla Chiesa, e certamente riguarda tutti la battaglia in difesa dei più deboli. Ma resta comunque il dubbio che quanto fatto e detto da Giovanni Paolo II in materia di etica sessuale abbia creato all’interno della Chiesa, tra sacerdoti e religiosi, un clima da caccia alle streghe. Non si può certo dire che questo abbia indotto molti all’abuso, certo e pero che non ha aiutato a evitarlo. Navarro-Valls non ritiene che ci sia un complotto mediatico contro la Chiesa: I fatti purtroppo sono accaduti, ma attenzione: accendere i riflettori solo su quelli che riguardano alcuni ecclesiastici puo diventare un modo per non mettere in discussione altri ambienti.
Questo libro è diviso in tre parti. Nella prima parte si racconta la genesi dell’uomo e del papa Giovanni Paolo II. Una storia indispensabile per capire cosa e stato il suo pontificato. Siamo riusciti a reperire e visionare documenti fino a pochi anni fa ancora top secret e oggi disponibili solo in polacco. Carte importanti che testimoniano il lungo duello tra Karol Wojtyla e i servizi segreti polacchi. Le storie di preti infiltrati, di cimici e pedinamenti per indebolire un uomo di fede che risultava scomodo al regime già prima di diventare papa. Questa parte, che arriva fino al 1978, sara fondamentale per capire le ragioni che portarono nei primi anni Ottanta Giovanni Paolo II ha finanziare Solidarność con soldi dello Ior, probabilmente frutto anche di riciclaggio di denaro sporco, soldi della mafia.
La seconda parte e dedicata proprio alla Banca vaticana all’epoca di Wojtyla e in particolare alla spregiudicata gestione di Marcinkus. Attraverso interviste e nuove ricostruzioni abbiamo cercato di fotografare la Chiesa di Wojtyla dal punto di vista dell’impegno politico e dello sforzo finanziario, e il quadro che ne emerge non lascia in primo piano l’aspetto della fede. Un fiume di soldi, spesso di provenienza misteriosa, attraversano paradisi fiscali e finiscono quasi per magia a finanziare gruppi come Soldarność e altri movimenti di resistenza al comunismo.
Nella terza parte diamo spazio al racconto della campagna distruttiva praticata da Giovanni Paolo II e dalla curia romana contro il cristianesimo del dissenso, contro i teologi della liberazione, contro la fede vista anche come impegno civile. Decine di attacchi contro singoli religiosi e contro movimenti cristiani duramente ostacolati e repressi in nome di un conservatorismo che invece ha portato al conferimento della prelatura personale all’Opus Dei di Josemaria Escriva de Balaguer. Riconoscimento che e arrivato proprio grazie a Giovanni Paolo II.
Questo non vuole essere un libro di denuncia. Non vogliamo costruire una campagna contro Wojtyla. Non ne mettiamo in discussione lo straordinario carisma e le qualità di autentico trascinatore di folle. Vorremmo pero che quella della beatificazione lampo di Giovanni Paolo II non fosse ancora una decisione politica. Soprattutto perche l’urlo dei milioni di fedeli arrivati a Roma per partecipare al funerale del pontefice, quell’urlo stampato su striscioni che riportavano la scritta Santo subito!, era del tutto estraneo a qualsiasi manovra di potere. Era una richiesta di cuore. La Chiesa da parte sua dovrebbe rispondere con la semplice, pulita verità dei fatti. Quei fatti che nelle pagine che seguono abbiamo tentato di ricostruire.
NOTE
[1] Insieme a Franzoni, hanno firmato il manifesto altri tredici esponenti del dissenso cattolico, fra teologi e scrittori. Oltre a Franzoni e all’ex docente salesiano Giulio Girardi, tra i firmatari figurano: Jaume Botey, Casimir Marti e Ramon Maria Nogues (Barcellona), Jose Maria Castillo (San Salvador), Rosa Cursach (Palma de Mallorca), Casiano Floristan (Salamanca), Filippo Gentiloni (collaboratore de il manifesto) e Jose Ramos Regidor (Roma), Martha Heizer (Innsbruck), Juan Jose Tamayo (Madrid), Adriana Valerio (Napoli).
[2] Cfr. Ferruccio Pinotti, Poteri forti, Bur, Milano 2005.
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Karol Wojtyla: quello che i media evitano di ricordare 30.04.2011
Questo articolo è stato pubblicato in originale sul settimanale Brecha di Montevideo
Il primo maggio, occupando in maniera per niente casuale una data tradizionale del mondo del lavoro e della sinistra laica, Karol Wojtyla, Giovanni Paolo II, sarà beatificato appena sei anni dopo la morte. Per la chiesa cattolica è uno scalino necessario verso la santità.
Anche se circa due milioni di fedeli starebbero viaggiando verso Roma in queste ore, l’opera di Wojtyla mantiene aspetti polemici, rigorosamente dimenticati in questi giorni per le sue omissioni nelle denunce dei casi di pedofilia, per la sua alleanza con le dittature latinoamericane e con prelature discusse come l’Opus Dei e i Legionari di Cristo o per la sua guerra senza quartiere contro la modernità, la chiesa di base e lo spirito del Concilio Vaticano II.
Entrate nella cattedrale di San Salvador, in realtà poco più di una parrocchia di periferia rispetto allo splendore dell’Antigua Guatemala, la sede della Capitania dell’impero, e guardate alla destra della navata centrale. Non confondetevi! Quel sacerdote sorridente rappresentato in quella gigantesca pittura non è monsignor Oscar Arnulfo Romero, il vescovo assassinato nel 1980 dagli squadroni della morte del governo di ultradestra. Quel prete, lo sguardo mansueto del quale è impossibile evitare di incrociare, è San José María Escrivá de Balaguer, fondatore dell’Opus Dei, l’organizzazione che riunisce cattolici eccellenti e della quale Karol Wojtyla fu sdoganatore e sicuro alleato politico. Tanto alleato da santificare il polemico sacerdote basco senza considerare la vicinanza di questo alla dittatura franchista spagnola, l’antisemitismo, lo scandaloso acquisto di un titolo nobiliare, le denunce sulla manipolazione dello stesso processo di santità. Quello che importava era offrire un santo alla classe dirigente cattolica, fieramente anticomunista, che interpretasse un cattolicesimo nel quale denaro e potere fossero celebrati come un cammino verso la salvezza.
Per trovare segni che ricordino monsignor Romero, il viaggiatore che visiti El Salvador –tra questi Barack Obama arrivato fin lì lo scorso marzo- deve cercare una cappellina, spesso chiusa, collocata all’esterno di una cattedrale rigorosamente controllata dall’Opus. Anche se i fedeli umili e il piccolo mercatino all’esterno è tutto per Romero, la gloria di dio –del dio ufficiale- appare tutta riservata a Escrivá.
Escrivá, santo; Wojtyla (per ora) beato; e Romero… niente. Pochi mesi prima del suo martirio, il 7 maggio del 1979, il vescovo centroamericano aveva presentato a Giovanni Paolo II un dossier sulle violazioni dei diritti umani nel suo paese. Tra i documenti vi erano le foto del corpo di un giovane sacerdote torturato e assassinato dai militari. Dall’udienza Romero era uscito dicendosi “costernato” per il gelo col quale la sua denuncia era stata accolta dal papa: “deve avere relazioni migliori col suo governo” furono le categoriche parole del pontefice.
Con quelle parole il cammino verso la santità aveva smesso di essere un mistero per rispondere a una logica politica terrena che in America latina per Karol Wojtyla significò l’alleanza con molti Augusto Pinochet e con i carnefici del Piano Condor. Così si spiega perché, dopo 31 anni, il processo di beatificazione di Romero si sia perduto negli archivi della Congregazione per le cause dei santi, mentre la causa del fondatore dell’Opus seguiva un cammino accelerato. Molteplici testimoni, tra i quali Ernesto Cardenal, sacerdote e ministro della Cultura nel Nicaragua sandinista, raccontano che lo stesso Wojtyla spiegò pubblicamente che la beatificazione di un martire come Romero non era opportuna perché “sarebbe stata strumentalizzata dalla sinistra”.
Allo stesso cammino percorso da Escrivá era destinato un altro alleato di Wojtyla e tra gli uomini simbolo della chiesa anticonciliare, Marcial Maciel, il fondatore dei Legionari di Cristo, una sorta di Opus alla destra dell’Opus, oggi molto vicina al governo di Felipe Calderón in Messico. Anche se è dimostrato che dal 1976 il futuro papa fosse informato di severe critiche a Maciel, anche questo era destinato a una santità fast track, nonostante le sue due concubine, i vari figli che personalmente stuprò per anni, le accuse di furto, malversazioni, appropriazioni indebite e altri delitti. Solo dopo la morte di Wojtyla Maciel smise di essere un santo vivente e solo dopo la scomparsa di questo, avvenuta nel 2008, la chiesa cattolica si vide obbligata a smettere di coprire le colpe di questo. Con Maciel si era ripetuta per decenni la pratica wojtylista del silenzio assoluto: il papa era con certezza informato e aveva svolto un ruolo attivo nell’occultare i crimini di Maciel, che andavano ben oltre gli abusi sessuali come quelli di centinaia di preti pedofili, cominciando dal cardinale austriaco Hans Hermann Groër e lo statunitense Bernard Law.
Così domani sarà beatificato il Wojtyla alleato dei Maciel e degli Escrivá, nemico di Romero, lasciato solo nel suo martirio, e implacabile cacciatore di streghe nella chiesa cattolica latinoamericana uscita dal Congresso Eucaristico di Medellin del 1968 con quell’intollerabile “opzione preferenziale per i poveri”. Fu contro la Teologia della Liberazione che Giovanni Paolo II compì il primo dei suoi innumerevoli viaggi all’estero. Nel gennaio del 1979 andò a Puebla, Messico, per la terza conferenza episcopale latinoamericana, alla quale impresse una svolta duramente conservatrice. Da allora centinaia e centinaia di religiosi progressisti furono rimossi e ridotti al silenzio da Giovanni Paolo II. Il primo fu uno dei massimi teologi conciliari, Bernard Häring. Tra le figure di maggior spicco vi fu Pedro Arrupe, preposito generale gesuita, il vescovo dei migranti e delle prostitute, il francese Jacques Gaillot, che umiliò assegnandolo all’inesistente diocesi di Partenia, al vescovo di San Cristóbal de las Casas, Samuel Ruiz, sensibile al mondo indigeno e zapatista.
È così che tra gloria e fumi d’incenso si arriva ad una beatificazione ritardata il minimo indispensabile per mantenere la decenza di un processo che lo slogan “santo subito” pretendeva di saltare. A Roma un merchandising più o meno kitsch sul “beato Wojtyla” invade Via della Conciliazione. Lo stesso succede a Wadowice, nel sud della Polonia dove il papa nacque 91 anni fa e secondo punto più importante delle celebrazioni. Oltre mezzo milione di pellegrini visitano ogni anno conventi e hotel, chiese e ristoranti e il museo dedicato a Giovanni Paolo II che proprio domani inaugurerà altri mille metri di spazi espositivi.
Anche in questo contesto l’immagine di Wojtyla, con un messaggio generico di pace e amore che non fa onore alla complessità e alla statura indiscutibile del personaggio, nasconde la realtà di una chiesa cattolica polacca appiattita ogni giorno di più sul partito di ultradestra, razzista, antisemita, ultranazionalista del defunto Lech Kaczynsky e del suo gemello Jaroslav. L’appiattimento sulla destra reazionaria più volgare, il Pis (Legge e Giustizia) dei gemelli Kaczynsky, come i messaggi antisemiti lanciati ogni giorno da Radio Maria sono la testimonianza della miserabile fine dell’incontro tra il cattolicesimo e il Secolo impostato su ben altri canoni dal Wojtyla di Solidarnosc.
Non è un caso che la situazione polacca sia simile a quella dell’altro paese dove il wojtylismo incise più profondamente: l’Italia. Le gerarchie cattoliche non si sono mai distanziate dal governo di Silvio Berlusconi nonostante i continui scandali sessuali e di corruzione, l’alleanza con la Lega Nord e l’assoluta mancanza di carità verso i migranti. Il primo ministro continua a comprare il loro silenzio concedendo enormi vantaggi economici in termini di finanziamenti alla scuola privata o esenzioni fiscali e impedendo qualunque dibattito su temi etici come la fecondazione assistita, i matrimoni omosessuali, le cure palliative. Ciò anche se vari scienziati, tra i quali l’anestesista Lina Pavanelli, abbiano studiato come lo stesso Wojtyla abbia deliberatamente interrotto le sue cure, accelerando la morte, cosa che la chiesa considera peccato mortale per i comuni fedeli. È il Wojtyla conservatore, sempre irriducibilmente contro qualunque tipo di contraccezione e contro l’uso del preservativo nella lotta all’AIDS. È il Wojtyla che preferiranno non ricordare domenica a Roma.
Leggi anche: Chiaroscuro di un papa (3 aprile 2005)
http://www.gennarocarotenuto.it/15566-karol-wojtyla-quello-che-i-media-evitano-di-ricordare/
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Create sinapsi sintetiche, passi avanti verso il cervello artificiale 01.05.2011
La trasmissione dei segnali sintetici è analoga a quella dei segnali naturali.
I cervelli sintetici dei robot di domani non saranno positronici ma basati su nanotubi di carbonio.
Grazie a questa tecnologia alcuni ricercatori della USC Viterbi School of Engineering, guidati da Alice Parker e Chongwu Zhou, hanno creato i primo circuito in grado di imitare la trasmissione sinaptica.
Le forme d’onda degli impulsi che vengono ricevuti e ritrasmessi ricordano le forme d’onda biologiche in forma, ampiezza relativa e durata.
«È un primo passo necessario» spiega la professoressa Alice Parker «e il prossimo è ancora più complesso: possiamo replicare il funzionamento di un neurone, e successivamente di un intero cervello?».
http://www.zeusnews.com/index.php3?ar=stampa&cod=14737
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Staminali: un cocktail per bloccare la differenziazione 29.04.2011
Cellule staminali neuronali che si duplicano stabilmente pressoché all’infinito: è questo il risultato di una ricerca condotta dalla University of California – San Diego School of Medicine in collaborazione con il Gladstone Institutes (San Francisco, USA) e pubblicata su Pnas. In particolare, gli studiosi statunitensi sostengono di aver sviluppato una tecnica che consente di bloccare la differenziazione delle cellule staminali embrionali senza intaccarne la capacità replicativa, e dunque di ottenerne enormi quantitativi.
Sebbene le staminali embrionali siano considerate dalla comunità scientifica una delle soluzioni più promettenti per la cura di diverse patologie, alcune difficoltà tecniche, oltre che le ben note questioni etiche, ne hanno finora limitato lo studio e l’impiego. In particolare, a incrementare i problemi tecnici è sempre stata l’impossibilità di mantenere le cellule staminali in un stato solo parzialmente differenziato, ovvero di cellule capaci di differenziarsi soltanto in alcuni sottotipi cellulari ma comunque in grado di replicarsi indefinitivamente. In condizioni normali, infatti, quando una cellula di questo tipo si divide, solo una delle due cellule figlie mantiene le proprietà della madre, mentre l’altra continua nel processo di differenziazione.
Adesso, il gruppo guidato da Kang Zhang, direttore dell’Istituto di Medicina Genomica della University of California – San Diego, ha scoperto che, aggiungendo nel terreno di coltura due piccole molecole (l’inibitore della glicogeno sintasi chinasi e quello del fattore di crescita trasformante beta), le staminali neuroepiteliali embrionali si duplicano stabilmente, così da generare grandi quantità di cellule. Poi, eliminando i due inibitori in questione, le cellule possono essere trasformate in cellule adulte del mesencefalo e rombencefalo, fra cui i neuroni dopaminergici (i principali attori nel morbo di Parkinson). È proprio la temporaneità dell’effetto di questi due inibitori a rendere particolarmente allettante la ricerca: basta toglierli, infatti, e le cellule continuano il normale processo di differenziazione. In questo modo, sostengono i ricercatori, si riducono pressoché a zero le possibilità che le cellule diventino tumorigeniche una volta somministrate ai pazienti, perché nel procedimento non sono previste delle modifiche più durature (come l’inserzione di geni per stimolare la crescita cellulare).
“È un grande passo in avanti – ha spiegato Kang Zhang – perché ci permette di generare un enorme numero di staminali neuronali pronte per l’uso nelle sperimentazioni cliniche”. Le cellule staminali neuroepiteliali embrionali, infatti, possono poi essere facilmente differenziate in diversi tipi di neuroni responsabili di patologie come la sclerosi laterale amiotrofica, il morbo di Parkinson, la degenerazione maculare e la retinite pigmetosa, tanto per citarne alcune.
Come hanno sottolineato i ricercatori, inoltre, la scoperta potrebbe essere applicata ad altre cellule staminali. “Potenzialmente – spiega il gruppo – basta trovare il giusto cocktail molecolare e si potrebbe ottenere la stesso risultato anche per le cellule precursori del cuore, del pancreas o dei muscoli”.
Riferimenti: Pnas doi:10.1073/pnas.1014041108
http://www.galileonet.it/articles/4dba58cf72b7ab59120000c1
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Ucciso Bin Laden, non processato, perchè sarebbe andato sotto processo l’intero sistema. 03.05.2011
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Cosa hai mangiato a pranzo? Lo svela un tuo capello 02.05.2011
di Caterina Visco
Carne o pasta? Insalata o pizza? Dagli Usa arriva una nuova tecnica laser per l’analisi chimica di ciò che ci lasciamo alle spalle. Che svela cosa abbiamo ingerito, ma anche quando, con una precisione di ore. Una nuova arma per Csi in tutto il mondo
Cosa hai mangiato, a che ora e magari anche dove. Sono tutte informazioni ben nascoste nei nostri capelli, e ora un gruppo di ricercatori statunitensi ha trovato il modo per ottenerle. Come descritto sulle pagine di Rapid Communications in Mass Spectometry, gli studiosi del Pacific Northwest National Laboratory, guidati dal geochimico Jim Moran, grazie una nuova tecnica che usa un laser a ultravioletti, possono analizzare il carbonio presente nei capelli con una precisione, soprattutto temporale, mai ottenuta prima.
Già esistono sistemi per questo tipo di analisi, ma non sono sempre affidabili. Per esempio, i laser tradizionali sono troppo potenti per estrarre le particelle da analizzare dal campione, e tendono a bruciarle prima che sia possibile esaminarle completamente. Il nuovo metodo, invece, usa un laser ultravioletto che è in grado di rompere con delicatezza il capello ed estrarre il materiale conservato al suo interno. Una volta separate, le particelle possono essere analizzate con uno dispositivo, chiamato spettrometro di massa, in grado di identificarle con precisione dopo averle polverizzate. È quindi possibile ottenere grandi quantità di materiale da analizzare a partire da una piccola ciocca di capelli.
I ricercatori hanno messo a punto la loro tecnica concentrandosi sulle differenti forme di carbonio, chiamate isotopi. Le piante assorbono gli isotopi del carbonio in specifiche quantità e gli animali mantengono queste quantità al loro interno. Il carbonio viene poi assunto attraverso il cibo e arriva direttamente nei capelli, che mantengono essi stessi la medesima quantità di ogni isotopo e che quindi ne possono rivelare l’esatta provenienza.
Oltre all’accuratezza e alla possibilità di poter esaminare anche piccole quantità di campioni, la nuova tecnica permette di ottenere una cronologia precisa, ora per ora, dell’arrivo del carbonio nel capello. Risultato impossibile con le tecniche attuali: magari si riesce a stabilire cosa si è mangiato, ma non a dare una cronologia precisa. Ora quindi oltre a capire cosa si è mangiato, si può sapere anche esattamente quando.
“ La lettura temporale degli isotopi a partire da un piccolo campione è un problema su cui gli scienziati stanno lavorando da almeno quindici anni”, spiega Alex Session, ricercatore del California Institute of Technology non coinvolto nello studio: “ È grandioso che qualcuno finalmente abbia trovato un modo per farlo”.
Il team sta ora sviluppando la tecnica in modo che funzioni con altri isotopi come quelli dell’ ossigeno e dello zolfo. “ Il carbonio dice cosa hai mangiato, ma l’azoto anche che tipo di carne o di verdura, gli isotopi dell’ossigeno variano poi con il ciclo dell’acqua e lo zolfo con il substrato roccioso e quindi indica la zona di estrazione. Se si mettono insieme tutte queste informazione si ottengono informazioni veramente precise in termini di spazio e tempo”, conclude Session.
La scienza forense è sicuramente quella che troverà la nuova tecnica più interessante, soprattutto una volta ultimati questi ultimi sviluppi, ma anche biologi e paleontologi non vedono l’ora di sperimentarla per svelare, per esempio, il percorso del cibo all’interno dei microrganismi o per studiare ambienti antichi e la loro evoluzione.
(Credit per la foto: Dennis Kunkel Microscopy, Inc./Visuals Unlimited/Corbis)
http://daily.wired.it/news/scienza/2011/05/02/csi-capelli-cibo.html#content
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L’impianto fotovoltaico galleggiante 03.05.2011
I pannelli solari rubano spazio ai terreni agricoli? A Bubano, frazione di Mordano in provincia di Bologna, il problema è stato risolto costruendo un impianto da 500 kW su una piattaforma galleggiante lunga 200 mt e larga 60 nel bacino idrico di Hera. Soddisferà il fabbisogno energetico di 240 famiglie.
Diversi i vantaggi di un’installazione galleggiante: nessun pericolo di furto o danneggiamento intenzionale e maggiore produzione. In inverno l’acqua fa sì che i pannelli si sbrinino un’ora prima dei pannelli a terra, mentre in estate li fa lavorare a una temperatura più bassa, migliorandone l’efficienza. E’ il primo impianto di questo tipo in Italia.
(Fonte. Ecoblog)
http://www.jacopofo.com/bubano-imola-impianto-solare-fotovoltaico-galleggiante
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Fotovoltaico, coi virus è meglio 03.05.2011
Un agente patogeno opportunamente ingegnerizzato aumenterebbe l’efficienza delle celle fotovoltaiche di almeno un terzo. E non costerebbe quasi nulla implementarlo nel processo produttivo standard
Roma – Una team di ricerca del MIT promette di fornire risposta a quanti sono alla ricerca di un modo fattibile ed economico per incrementare l’efficienza di produzione energetica delle celle fotovoltaiche. Merito di un virus geneticamente modificato e dei nanotubi di carbonio.
In particolare gli scienziati del MIT hanno scoperto che è possibile utilizzare il virus M13 – che in genere infetta i batteri – per controllare l’assemblamento di nanotubi sulla superficie della cella fotovoltaica da “migliorare”.
L’utilizzo dei nanotubi per applicazioni fotovoltaiche è uno strumento bifronte, visto che il materiale si dispone sulle celle in una configurazione doppia – una dotata delle proprietà di un semiconduttore elettrico e l’altra di quelle di un metallo.
I due tipi di nanotubi tendono ad avere effetti contrastanti sulla trasformazione della luce solare in energia, dicono dal MIT, ma integrando nel mix grappoli di M13 si arriva all’assemblaggio di strutture organizzate con i nanotubi semiconduttori e quelli metallici ben separati tra di loro.
I risultati degli esperimenti sin qui condotti hanno portato a un incremento dell’efficienza nella produzione energetica dell’8-10,6% – quasi un terzo rispetto ai valori delle celle tradizionali. I ricercatori dicono di poter aumentare ulteriormente l’efficienza, e promettono altresì che il loro metodo di miglioramento non richiede che l’aggiunta di singolo passaggio all’attuale filiera produttiva delle celle fotovoltaiche.
Alfonso Maruccia
http://punto-informatico.it/3145303/PI/News/fotovoltaico-coi-virus-meglio.aspx
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Nessuna risorsa è eterna: neanche il ferro 03.05.2011
E’ stato calcolato che tra circa 80 anni le riserve mondiali di minerali del ferro saranno esaurite, se prosegue il ritmo attuale di estrazione. Il ferro è uno dei minerali più abbondanti sul nostro Pianeta, ma ciò no toglie e nel 2087 si esaurirà. Previsioni catastrofiste? O avvisi rispetto al fatto che dobbiamo imparare che non abbiamo a nostra disposizione risorse eterne?
Da qualche anno estraiamo più ferro del solito: 1.588.000.000 tonnellate sono state estratte nel 2010 nel mondo contro l’1,3miliardi di tonnellate estratti nel 2005. Il consumo di ferro è rimasto stabile fino al 1990 ma è esploso dal 2000 in poi dopato dalla crescita della siderurgia cinese che produce 1/3 dell’acciaio mondiale e importa la metà del ferro estratto nel mondo. Il ferro dunque in futuro non solo sarà più difficile da estrarre ma anche più costoso. I dati sono riscontrabili sullo studio The Iron Ore market 2009-2011 del UNCTAD.
Tra le materie prime destinate a esaurirsi ci sono anche la criolite, terbio, afnio, argento e antimonio (2022); palladio, oro, zinco e indio (2023-2025); stagno, piombo, rame e tantalio (2028-2039); uranio, zinco, petrolio, nickel e platino (2040-2064); gas naturale (2072). Su Consoglobe un particolare contatore misura in tempo reale quanto ferro si estrae ogni secondo che passa.
Via | Consoglobe
Foto | Consoglobe
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Con il gel la colonna torna nuova 04.05.2011
Biomateriali sintetici/naturali iniettabili per trattare fratture e altre patologie della colonna vertebrale. È la nuova tecnica, ancora in fase di sperimentazione, messa a punto dall’Istituto per i materiali compositi e biomimetici (Imcb) del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli in collaborazione con partners nazionali ed europei, nell’ambito del progetto europeo ‘Disc regeneration’ coordinato dal direttore dell’Imcb-Cnr, Luigi Ambrosio.
“Il disco intervertebrale è un sistema composito naturale che permette l’articolazione fra vertebre contigue della colonna”, illustra Ambrosio: “La sua degenerazione, a seguito di un inevitabile processo di invecchiamento di tipo naturale o patologico, rappresenta una delle principali cause di sofferenza lombare. La rigenerazione del disco intervertebrale è una delle sfide più ambiziose della bioingegneria per la sua complessità, dal momento che coinvolge una serie di tessuti con struttura, proprietà e funzioni differenti, a partire dal nucleo (tessuto soffice altamente idrofilico con funzione di ammortizzatore), fino all’annulus (tessuto fibroso con funzione di contenimento) e agli endplates (tessuto più rigido che assicura continuità all’interfaccia con le vertebre)”.
Nel corso degli ultimi decenni è stata lanciata sul mercato una grande varietà di materiali e prodotti per sostenere la crescente richiesta di dispositivi con impiego nella rigenerazione del disco e del tessuto osseo vertebrale adiacente, spesso coinvolto da patologie e fratture, anche in età precoce. “In particolare, rappresenta un approccio interessante ai fini del recupero della mobilità della colonna vertebrale”, spiega il direttore, “la sostituzione del solo nucleo con materiali sintetici/naturali nei casi di ernia del disco, senza danneggiare l’annulus e gli endplates”
Numerosi sono stati in questi anni gli sforzi per realizzare sostituti biocompatibili del nucleo polposo, iniettabili nel corpo mediante tecniche chirurgiche o vie d’accesso anatomiche mini invasive. Ma sebbene capaci di ristabilire lo spazio tra le vertebre e la mobilità, i sistemi proposti non hanno consentito un recupero ottimale della biomeccanica della colonna vertebrale. “Per ovviare a tali problematiche”, aggiunge Ambrosio, “sono stati presi in considerazione nuovi materiali, come gel iniettabili bioattivi costituiti da collagene e acido ialuronico, rinforzato con microsfere di gelatina, in grado di soddisfare le complesse proprietà meccaniche del nucleo e capaci di rigenerare di nuovo il tessuto”.
Sono molto frequenti anche le patologie della colonna che riguardano la degenerazione del tessuto osseo delle vertebre direttamente a contatto con il disco. “Qui la ricerca per i sostituti ossei iniettabili, utili per la rigenerazione dell’osso vertebrale”, precisa Ambrosio, “è stata orientata verso materiali compositi che combinano polimeri sintetici bio-compatibili a calcio-fosfati bio-attivi, che consentono la realizzazione di sistemi riassorbibili con composizione simile all’osso naturale e proprietà superiori in termini di prestazioni meccaniche e capacità di integrarsi con l’osso e rigenerarlo durante la loro degradazione”.
In collaborazione con Fin-ceramica Faenza S.p.A., l’Istituto Cnr ha sviluppato anche polimeri idrofilici sintetici combinati con i materiali bioceramici. “Questa miscela” spiega il ricercatore” consente di migliorare le proprietà reologiche del cemento, conferendo eccellenti capacità di scorrimento sotto carico e spiccate qualità di lavorabilità, iniettabilità e adattabilità alla complessa geometria delle cavità ossee. Il recente utilizzo di cementi ossei acrilici, infatti, pur garantendo elevate proprietà meccaniche e una buona stabilizzazione del tessuto nel sito di impianto, hanno mostrato alcuni limiti soprattutto in relazione a temperature elevate – oltre 70°C – e durante la polimerizzazione del cemento che avviene dopo essere iniettato nella vertebra, con conseguenti danni irreversibili ai tessuti sani circostanti. Al contrario, i gel compositi proposti, a base di fosfati di calcio (CPCs) hanno la capacità di indurire direttamente in vivo a 37°C, all’interno della cavità ossea, una volta a contatto con i fluidi biologici, attraverso una reazione di idrolisi”.
Silvia Mattoni
Fonte: Luigi Ambrosio , CNR-DEPARTMENT OF MEDICINE, tel. 081/7682400, email ambrosio@unina.it
http://150.146.205.45/reader/cw_usr_view_articolo.html?id_articolo=1922&id_rub=32&giornale=1924
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Edilizia ecofriendly con le fibre di basalto 03.05.2011
di Lorenzo Mannella
Al link il Video
Sfruttare i derivati delle rocce impermeabili vulcaniche per realizzare edifici in cemento armato. E’ l’idea del Laboratorio di Tecnologie dei Materiali del Centro ENEA di Trisaia (MT) per ridurre i consumi energetici e sviluppare un’edilizia a basso impatto ambientale. I ricercatori lucani, in collaborazione con le Università di Cosenza e Palermo, hanno appena concluso i primi test sperimentali sull’impiego delle fibre di basalto nel calcestruzzo, al posto dell’acciaio.
“Le barre in acciaio e quelle contenenti fibre di basalto hanno proprietà meccaniche del tutto comparabili”, spiega Piero De Fazio, responsabile del Progetto Basalto dell’ENEA di Trisaia. “Tuttavia le seconde sono superiori alle altre fibre in termini di stabilità al calore, proprietà di isolamento termico e sonoro, durabilità e resistenza alle vibrazioni e alla corrosione”.
A vantaggio dell’uso fibre di basalto c’è poi anche un altro fattore: il basso impatto ambientale. Per lavorare questo materiale, infatti, serve meno energia di quella necessaria per l’acciaio, il che comporta anche una minore emissione di anidride carbonica in fase di produzione. Secondo il calcoli dei ricercatori, se si sostituisse con il basalto il 5 per cento dell’acciaio usato nell’edilizia in un anno (25 milioni di tonnellate), si avrebbe un risparmio energetico pari a a quello di una centrale da 500 MW attiva per 8000 ore all’anno (con un risparmio di 3.919.417 Mwh/anno) e si emetterebbero 700mila tonnellate in meno di CO2 nell’atmosfera.
Senza contare che il basalto non comporta alcun tipo di problema di smaltimento: “Normalmente, lo smaltimento in discarica delle costruzioni edili in calcestruzzo-acciaio necessita di una separazione preliminare dell’armatura metallica dalla parte cementizia per il riciclo”, continua De Fazio. “Con l’utilizzo dei rinforzi in fibra di basalto, invece, non è più indispensabile ricorrere alla separazione dei due componenti prima di riciclare i materiali”. Il che comporterebbe anche un risparmio dal punto di vista economico.
Riferimenti: Enea
http://www.galileonet.it/articles/4dbf9c4472b7ab1d6c000027
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Corte di Giustizia europea, si ai parchi eolici in aree protette 04.05.2011
Sì ai parchi eolici in aree protette Natura 2000, perché anche se gli Stati membri sono liberi di adottare norme restrittive, devono però tener conto delle politiche energetiche europee, che vanno in direzione delle rinnovabili. Questa la conclusione dell’avvocato generale della Corte di Giustizia europea destinata evidentemente, a far discutere in merito a ciò che pensa l’Europa sulle installazioni dei parchi eolici in aree protette.
Il parere è stato chiesto dai giudici del Tar Puglia a proposito di un contenzioso tra una società di Altamura (BA) e la Regione Puglia, per la realizzazione di un parco eolico non per autoconsumo (per cui la Regione aveva concesso le autorizzazioni), su un terreno agricolo all’interno del Parco Nazionale dell’Alta Murgia, area classificata Sic (sito di importanza comunitaria) e Zps (zona di protezione speciale).
Questa la conclusione ufficiale:
Le direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 27 settembre 2001, 2001/77/CE, sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità e 23 aprile 2009, 2009/28/CE, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE, nonché le direttive del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici e 21 maggio 1979, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, non ostano all’adozione, da parte di uno Stato membro, di provvedimenti nazionali più rigorosi che vietino l’installazione di impianti eolici non finalizzati all’autoconsumo all’interno di un sito Natura 2000, a condizione che il divieto sia conforme alle politiche ambientali ed energetiche dell’Unione, che non sia contrario al principio della parità di trattamento e che non vada oltre quanto necessario per realizzare lo scopo perseguito, circostanze, queste, che devono essere accertate dal giudice del rinvio.
Via | Eur lex, Società energetica lucana, Edilportale
Foto | Suoni della Murgia
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Francia, il parlamento vieta parabeni, ftalati e alchilfenoli 05.05.2011
In Francia prendono molto seriamente la salute, tanto che il parlamento oggi ha votato per una proposta di legge che vieti prodotti contenenti parabeni, ftalati e alchilfenoli.
La proposta di legge è stata presentata da Yvan Lachaud (Le Nouveau Centre nella foto a sinistra) e va contro le indicazioni date dal Governo. Ora deve proseguire l’iter legislativo al Senato. Ma ovviamente l’indicazione dei parlamentari francesi è chiara e si vuole vietare la:
fabbricazione, importazione, vendita o offerta di prodotti contenenti ftalati, parabeni o alchilfenoli poiché classificati come CMR, ossia cancerogene, mutagene e tossiche per la riproduzione.
Già lo scorso giugno la Francia aprì l’interdizione al Bisfenolo A, decisione poi presa dall”Europa qualche mese dopo, scelta in direzione contraria alle indicazioni dell’EFSA. Secondo l’associazione ChemSec sono 22 le sostanze chimiche riconosciute come distruttori endocrini e che dovrebbero essere bandite dall’ Europa. Secondo gli industriali della plastica un tale principio di precauzione è eccessivo, anche se l’Europa con il progetto REACH si sta muovendo verso il bando totale delle sostanze chimiche considerate distruttori endocrini.
Spiega Yvan Lachaud:
Alcune di queste sostanze suscitano ancora oggi delle domande rispetto ai loro effetti sull’organismo umano e sono note come perturbatrici del sistema endocrino. la legge certamente solleverà delle difficoltà sopratutto nella filiera di produzione delle plastiche. Andrà affinata al fine di non interdire tutte le plastiche ma solo quelle sostanze in essa contenute e considerate tra le più pericolose.
Il voto, c’è da sottolinearlo, è stato accolto dall’applauso dei parlamentari e la legge ha ricevuto 236 voti a favore e 222 voti contrari. Ora c’è da organizzare la tempistica per l’interdizione visto che le aziende hanno già manifestato una serie di proteste relative all’impatto economico che avrà questa legge.
Le reazioni sono state durissime. Tra gli industriali della plastica si parla di scelta irrazionale e emotiva che porterà a gravi conseguenze economiche. Spiega Michel Loubry, direttore per l’Europa dell’Ovest di PlasticsEurope in una intervista a Usine Nouvelle:
Siamo rimasti sorpresi dall’approvazione di questa proposta di legge. Non ce lo aspettavamo poiché le indicazioni del Governo erano contrarie. ora dovremo fermare gli ospedali, le sacche che contengono il sangue per le trasfusioni hanno i ftalati! Oppure sopprimeremo i tubi! Seriamente si deve comprendere che le materie plastiche sono in concorrenza. pensiamo cosa è accaduto con i biberon dove il policarbonato è stato rimpiazzato dal polipropilene e i benefici per i consumatori sono diminuiti. I nuovi biberon sono meno trasparenti e hanno una minore qualità. La sostituzione dei ftalati rischia di abbassare i benefici per i consumatori e allo stesso tempo di alzarne il prezzo.
Ftalati
Secondo molti studi avrebbero effetti negativi sul sistema riproduttivo maschile. Sono usati per ammorbidire la plastica e si trovano solitamente negli imballaggi, pitture, smalti per le unghie, lacche per capelli e profumi. Sono già vietati in alcuni giocattoli.
Parabeni
Sono usati come conservanti. A cauas delle proprietà estrogeniche causano tumori e possono incidere sulla fertilità maschile. Si trovano in cosmetici, deodoranti, creme, prodotti con tabacco o ancora in certi medicinali o alimenti.
Alchilfenoli
E’ un emulsionate. lo si trova nei prodotti per la pulizia. Per quanto riguarda l’alimentazione si consiglia di evitare l’uso di ogni genere di plastica nel micronde che potrebbero favorire la contaminazione dei cibi con queste sostanze e di evitarne la conservazione nelle plastiche.
Via | Francesoir, Le Figaro, Le Monde
Foto | Yvan Lachaud
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Come si scioglie la plastica in acqua 05.05.2011
I polimeri del futuro sono biodegradabili e si sciolgono nell’acqua in meno di due mesi. Due imprenditori stanno per lanciarli sul mercato. Wired è andato a trovarli e ha fatto un piccolo (video) esperimento
Le grandi invenzioni partono dalla constatazione di piccoli fenomeni. Ad esempio, l’idea della bioplastica venne in mente a Marco Astorri nel 2006, quando vide un pezzetto di plastica abbandonato su un prato di montagna. Quel pezzetto era uno skypass, lasciato cadere da uno sciatore, confuso tra la neve fino a quando la bella stagione non l’aveva sciolta. ” Non era un bello spettacolo vedere tutti quei rettangolini di plastica colorata sul verde dei prati e sapere che sarebbero rimasti lì per migliaia di anni se nessuno li avesse raccolti”, spiega Astorri. Così, lui e il suo amico e collega di lavoro, Guy Cicognani, decidono di creare una plastica in grado di sciogliersi nell’acqua nel giro di 40 giorni, due mesi.
Al link il video
La cosa incredibile – quasi quanto la loro invenzione – è che né Astorri, né Cicognani sono due scienziati. Astorri ha una formazione da grafico pubblicitario, Cicognani la chimica l’ha studiata all’università, ma senza mai laurearsi. La loro bioplastica, che si chiama Minerv – e che è un Pha, ovvero un polimero – dovrebbe entrare in produzione nel 2012. Per allora, la Bio-on (così si chiama l’azienda), con sede a Minerbio, vicino a Bologna, dovrebbe essere dotata di uno stabilimento in grado di produrne 10mila tonnellate l’anno.
Usiamo il condizionale perché questa storia che Wired ha raccontato sul numero di maggio, è solo agli inizi. Astorri e Cicognani hanno investito 450mila euro per le licenze e, quest’anno, si sono impegnati a versarne altri 2,3 milioni per depositarne di nuove con validità ovunque. Perché la Minerv ha tutte le caratteristiche di un’invenzione in grado di rivoluzionare l’industria su scala globale. Chi pensa in grande non può esimersi dal rischiare grosso. Ma i due amici sono sicuri della riuscita della loro impresa, che ha premesse comunque scientifiche.
Il Pha è un polimero prodotto da diversi tipi di batteri. “ Il segreto del Minerv non è nel batterio o in cosa produce, ma piuttosto nel come farlo crescere più rapidamente e produrre il Pha più puro possibile”, spiega Cicognani. E chi conosce ed è in grado di far fruttare al meglio questo segreto, è Simone Begotti, capo dello sviluppo alla Bio-on. La ricetta giusta per la produzione di Pha, spiega Begotti, sta nel creare il mix migliore di zuccheri e di ossigeno che faccia ingrassare rapidamente i batteri senza intossicarli.
Le analisi di mercato sono tutte dalla parte di Cicognani e Astorri: nel 2020 la domanda di Pha punterà alle 890mila tonnellate con una crescita annuale del 25% da oggi al 2015. Il video mostra il processo di scioglimento della bioplastica in una bacinella nel giro di 56 giorni. Quegli skipass che tanto avevano “disturbato” Astorri impiegherebbero 4mila anni. Un bel risparmio di tempo, vero?
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Mussari,nuova formula,cresciamo con l’usura!! 06.05.2011
La modifica alle soglie di usura prevista dal decreto sviluppo permetterà alle banche di prestare soldi anche a clienti con profili di rischio finora esclusi dai limiti imposti dai vecchi tetti di usura. Lo ha detto il presidente dell’Abi Giuseppe Mussari, intervistato a Mattino 5.
“Un mutuo a tasso variabile a 20 anni, fino a quando il decreto non sarà in Gazzetta Ufficiale, ha un tasso massimo del 4%, il che lo rendeva un prodotto non utilizzabile. In base a questa nuova norma dovrebbe aggirarsi attorno al 6,5%-7%. Questa è una soglia massima e consente di inserire in questa fascia di aumento tutti quei soggetti che per il loro profilo di rischio devono pagare qualcosa in più”, ha spiegato Mussari.
“La modifica è particolarmente innovativa perché mentre aumenta la soglia di usura, dall’altra parte mette un cap, non si può arrivare oltre un certo livello, in maniera tale che, al di là dell’andamento dei tassi comunque il premio per il rischio abbia un limite”, ha spiegato il presidente dell’Abi.
Finora, ha detto Mussari “il calcolo del nostro tasso di usura, che vale per tutti, per imprese e famiglie, risultava particolarmente penalizzante per una parte di clientela la cui quantità di rischio non consentiva alle banche di prestare loro soldi”.
Il decreto sviluppo varato oggi in Consiglio dei ministri prevede che il tasso soglia per l’usura venga definito aumentando del 25% il tasso medio rilevato da Bankitalia più quattro punti percentuali.
Lo ha detto ieri una fonte vicina al dossier spiegando che il provvedimento stabilisce anche un differenziale massimo tra tasso soglia e tasso medio pari a 8 punti percentuali.
La legge attualmente in vigore, che risale al 1997, calcola il tasso soglia come il tasso medio aumentato del 50%.
Dott Fabio Troglia
fabio.troglia@gmail.com
http://www.lamiaeconomia.com
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Una nanoantenna che cattura la luce (e la trasforma in energia) 06.05.2011
È capace di afferrare gli sfuggenti raggi infrarossi e produrre energia. Per una nuova classe di panelli fotovoltaici fatti in silicone. Una ricerca su Science
di Emanuele Perugini
Non è un sogno irrealizzabile riuscire a catturare la luce in tutte le lunghezze d’onda e a trasformarla in energia elettrica. Un gruppo di ricercatori della Rice University è addirittura riuscito a sfruttare la luce infrarossa, che normalmente sfugge ai pannelli solari e alle altre applicazioni basate sul silicio, per creare corrente. Grazie a speciali nanoantenne, descritte sulla rivista Science, gli scienziati promettono sostanziali miglioramenti nell’efficienza dei pannelli fotovoltaici, oltre che nella precisione dei dispositivi scientifici per la rilevazione degli infrarossi.
La luce alle lunghezze d’onda dell’infrarosso costituisce più di un terzo di quella che raggiunge la Terra dal Sole. Ma il silicio, il materiale utilizzato per convertire la luce in elettricità nella maggior parte dei pannelli fotovoltaici, non è in grado di catturarla.
La causa di questo limite è un gap di banda presente in ogni semiconduttore, a causa del quale la luce sotto una certa frequenza passa direttamente lungo il materiale senza generare corrente. In pratica, a una certa lunghezza d’onda la luce diventa inafferrabile.
Per ovviare a questo inconveniente i ricercatori dell’università texana hanno attaccato una nanoantenna metallica specializzata nell’interazione con gli infrarossi al silicone, dimostrando che questo procedimento può estendere la generazione di elettricità anche a queste lunghezze d’onda.
Il promettente dispositivo svolge contemporaneamente il lavoro di un’ antenna ottica, raccogliendo e concentrando la luce, e di un fotodiodo, una sorta di sensore in grado di converte la luce in una corrente di elettroni.
Il meccanismo fisico alla base della scoperta si basa sui cosiddetti plasmoni, un tipo di onda che attraverso gli elettroni, eccitati da una luce incidente, raggiunge la superficie del metallo. Sono proprio queste onde di energia che percorrono l’antenna e che decadendo danno vita a degli elettroni caldi in grado di superare le barriere, rimanendo intrappolati e producendo in questo modo la corrente elettrica.
“ Finora non c’è mai stato un metodo per catturare gli infrarossi con il silicio, ma noi abbiamo dimostrato che è possibile”, hanno spiegato gli autori: “ Ora non vediamo l’ora di vedere quanto questo aumenterà l’efficienza dei pannelli solari”, hanno concluso.
(Credit per l’immagine: Science / AAAS)
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Spiagge, dopo la concessione di 90 anni in arrivo 10milioni di metri cubi di cemento 06.05.2011
Una concessione di 90 anni per sfruttare le spiagge. Ieri l’annuncio del Ministro Giulio Tremonti sul nuovo regolamento che di fatto annulla il demanio e privatizza i litiorali del Bel Paese:
Fermo restando il diritto di passaggio sulle spiagge che è inviolabile, tutto ciò che è terreno su cui insistono gli insediamenti turistici (chioschi, stabilimenti balneari, strutture ricettive) sarà oggetto di diritto di superficie che dura 90 anni.
In merito sento Angelo Bonelli presidente dei Verdi al telefono, che dice:
Il decreto di fatto apre la più grossa speculazione edilizia mai concessa in Italia, abbiamo calcolato che ammonterà a 10 milioni di metri cubi di cemento. La norma è illegittima e anticostituzionale.
Mi spiega Bonelli che sulla questione è stata informata anche la Commissione Europea a cui è stata inviata una memoria. E infatti la Ue ha immediatamente risposto chiedendo spiegazioni all’Italia e inviando due lettere di messa in mora poiché il decreto sarebbe contro la direttiva Europea Bolkestein, sul libero mercato. Bonelli mi spiega anche che la direttiva è in contrasto con il Codice della Navigazione, precisamente art. 42 e 49:
Per questo abbiamo deciso che subito dopo il referendum del 12 e 13 giugno proporremo una grande manifestazione sul litorale di Ostia, simbolo della cementificazione selvaggia delle nostre coste. L’invito è esteso a tutti anche ai grillini perché è solo restando uniti che riusciremo a farci ascoltare.
Foto | Flickr
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A rischio la ricerca per l’oncologia pediatrica 08.05.2011
La ricerca clinica indipendente relativa all’oncologia pediatrica è bloccata da due anni. Infatti, in seguito ad un decreto ministeriale del luglio 2009, sono stati aumentati i costi delle coperture assicurative a tutela dei partecipanti agli studi clinici interventistici. E i centri indipendenti non sono in grado di sostenere tali costi. Lo ha dichiarato il professor Fulvio Porta, presidente dell’Associazione Italiana di Ematologia ed Oncologia Pediatrica. Ne riferisce un comunicato dell’Aieop:
“La ricerca clinica indipendente nel settore dell’oncologia pediatrica in Italia è bloccata da due anni. Dei cinque studi sperimentali non profit proposti, solo uno, relativo alla leucemia linfoblastica acuta, è riuscito a partire. Si tratta di una situazione allarmante che rischia di mettere a rischio la qualità delle cure dei bambini colpiti da tumore, costretti a migrare nei centri in grado di sostenere le spese necessarie.
‘Il Decreto Ministeriale del 14 luglio 2009 ha aumentato i costi delle coperture assicurative a tutela dei partecipanti agli studi clinici interventistici – sottolinea il prof. Fulvio Porta, presidente dell’Associazione Italiana di Ematologia ed Oncologia Pediatrica (AIEOP) -. Le conseguenze sono state irrilevanti per le ricerche sponsorizzate, ma quelle indipendenti, in particolare nel settore dell’oncologia pediatrica, hanno subìto una preoccupante battuta d’arresto.
Chiediamo che questa norma venga riscritta, perché i costi delle polizze assicurative delle sperimentazioni non profit siano compresi nell’attività clinica generale di ogni struttura e non richiedano esborsi ad hoc. È urgente un incontro al livello più alto, con il Ministro della Salute, per modificare un provvedimento che sembra rispondere agli interessi di parte delle imprese assicuratrici’.
Ogni anno in Italia circa 1500 bambini si ammalano di tumore. È la leucemia la forma di cancro più frequente, ma i piccoli possono essere colpiti anche da neoplasie del sistema nervoso centrale, dai linfomi, dal neuroblastoma e altre forme più rare.
I protocolli sperimentali sono stati uno strumento essenziale per individuare trattamenti che hanno permesso all’oncologia pediatrica di raggiungere risultati eccezionali, capovolgendo di fatto la prognosi per i piccoli malati. Trent’anni fa 8 su 10 morivano dopo pochi mesi dalla diagnosi, oggi l’80% guarisce con una buona qualità di vita.
‘Gli studi clinici nell’adulto sono sponsorizzati prevalentemente dalle case farmaceutiche – spiega il prof. Andrea Pession della Clinica Pediatrica di Bologna e responsabile del centro operativo dell’AIEOP -. Le neoplasie pediatriche invece sono considerate malattie rare e possono essere studiate e curate proprio grazie alla ricerca indipendente, priva di ricadute commerciali.
L’oncologia pediatrica è sempre stata il prototipo della buona medicina perché attorno al bambino si aggregano le forze migliori. La nostra Associazione si è mossa negli ultimi due anni per consentire che almeno un protocollo sperimentale partisse. Ma va rivista la ratio della norma, perché un’associazione no profit e un’azienda farmaceutica non possono essere poste sullo stesso piano.
Uno studio della durata di 5 anni può costare fino a un milione di euro, il 15% è rappresentato dalle coperture assicurative. Per un’azienda farmaceutica, l’incremento dei costi previsto dal provvedimento è di scarso rilievo rispetto all’insieme delle risorse richieste per condurre una sperimentazione, per la ricerca indipendente, invece, diventa un onere insostenibile.
Uno degli obiettivi dell’AIEOP è di garantire le cure migliori in ciascun centro vicino al domicilio del paziente. Ma oggi solo alcune strutture dispongono dei fondi per condurre le ricerche e i malati sono costretti a migrare’”.
La lettura del comunicato dell’Aieop mi ha provocato un grande stupore ed anche una grande indignazione. E’ veramente incredibile che, invece di agevolare la ricerca oncologica pediatrica, essa sia in realtà penalizzata. Cosa aggiungere ancora? Il Decreto Ministeriale in questione deve essere modificato nel senso indicato dall’Aieop. Fazio si deve attivare immediatamente, ricordandosi che è il ministro della Salute, non il ministro delle società assicurative.
http://paoloborrello.splinder.com/post/24535878/a-rischio-la-ricerca-per-loncologia-pediatrica
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Lega… legata? 09.05.2011
“IL SIMBOLO DELLA LEGA NORD VENDUTO A BERLUSCONI NEL 2005 PER 70 MILIARDI”
SECONDO ROSANNA SAPORI, GIORNALISTA DI RADIO PADANIA, IL CARROCCIO ERA A UN PASSO DALLA BANCAROTTA E IL PREMIER AVREBBE FINANZIATO LA LEGA IN CAMBIO DELLA TITOLARITA’ DEL LOGO DEL PARTITO…. LA CLAMOROSA INTERVISTA AL “RIFORMISTA” SPIEGHEREBBE PERCHE’ BOSSI E’ IL FEDELE ALLEATO DI BERLUSCONI
“Umberto Bossi vuole le elezioni? Alla fine dovrà fare quello che gli dice Silvio Berlusconi. Anche perché già da qualche anno il simbolo della Lega Nord appartiene al Cavaliere”.
La storia non è nuova.
Un’indiscrezione che gira da tempo a Palazzo: nel 2005 il premier avrebbe finanziato il Carroccio, a un passo dalla bancarotta.
In cambio, avrebbe chiesto e ottenuto la titolarità del logo del partito, lo «spadone» di Alberto da Giussano.
A confermare la vicenda è Rosanna Sapori, già consigliere comunale della Lega, membro del direttivo provinciale di Bergamo e, soprattutto, (ormai ex) celebre giornalista di Radio Padania Libera.
“Nessuna invenzione – spiega la diretta interessata – l’ho detto più volte, anche in tv. E finora nessuno si è mai permesso di smentirmi”.
E dire che fino a pochi anni fa Rosanna Sapori e Umberto Bossi erano grandi amici. «Con lui – continua la giornalista – ho sempre avuto un rapporto bellissimo. Una relazione che, a differenza di altre donne all’interno della Lega, non aveva alcuna implicazione sessuale».
Il legame tra i due termina nel 2004, quando Rosanna viene cacciata da Radio Padania.
Alla base di quella epurazione, racconta lei, ci sarebbe proprio il legame con il Senatur. «La nostra amicizia aveva creato molta invidia a via Bellerio. Non è un caso che mi licenziarono proprio durante la sua malattia».
Nonostante tutto, Rosanna Sapori conserva un ottimo ricordo del leader della Lega, un politico di razza.
Ma anche un padre padrone. «Era un profondo conoscitore della psiche umana e del linguaggio del corpo. I suoi erano terrorizzati. Se ne prendeva di mira uno, lo massacrava. Lo insultava, lo umiliava. Godeva nel vederli prostrati davanti a lui».
La presunta compravendita del simbolo? A sentire la Sapori, i problemi per la Lega iniziarono con la creazione di Credieuronord. «Per carità – rivela la giornalista, che ha raccontato questa vicenda nel libro “L’unto del Signore” di Ferruccio Pinotti – probabilmente quell’istituto di credito è nato con tante buone intenzioni. Anche se Bossi non ci ha mai creduto più di tanto».
In realtà, in quegli anni il maggior sponsor di Credieuronord è proprio il Senatur. È Bossi a scrivere una lettera in cui invita i vertici del partito a sottoscrivere le quote della banca.
«Sarà – continua la Sapori – ma lui in quel progetto ci mise solo 20 milioni di lire. Calderoli, per esempio, investì 50 milioni. Ricordo che molti parlamentari, anche per paura di non essere più ricandidati, ci buttarono un sacco di soldi».
Il sogno bancario della Lega sfuma in poco tempo. Il bilancio 2003 dell’istituto di credito si chiude con 8 milioni di perdite.
Nello stesso anno, un’ispezione di Bankitalia fa emergere il dissesto.
«A quel punto Bossi, che forse aveva perso il controllo della banca – continua la Sapori – chiamò Giancarlo Giorgetti, suo confidente in materia finanziaria. Lo ricordo benissimo.
Gli chiese: “Fammi capire cosa sta succedendo”.
Giorgetti si recò nella sede della banca, a due passi da via Bellerio, entrò e non ne uscì per una settimana.
Quando portò i conti a Bossi, gli disse molto chiaramente che rischiavano di andare tutti in galera».
Misteriosamente, la Lega trova una via d’uscita.
Nel 2005, la Banca Popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani interviene per rilevare Credieuronord.
E Silvio Berlusconi cosa c’entra in tutta questa storia?
«Fu lui a permettere l’intervento di Fiorani – spiega la Sapori -. In ogni caso i conti dissestati della Lega non derivavano mica solo dalla banca. C’erano già i problemi finanziari dell’Editoriale Nord, l’azienda cui facevano capo la radio, la tv e il giornale di partito. Il primo creditore di Bossi, poi, era proprio il presidente Berlusconi. Le innumerevoli querele per diffamazione che gli aveva fatto dopo il ribaltone del ’94, le aveva vinte quasi tutte. La Lega era piena di debiti. Si era imbarcata in un’interminabile serie di fantasiosi e poco redditizi progetti come il circo padano, l’orchestra padana. Non riuscivano a pagare i fornitori delle manifestazioni. Ricordo che allora erano sotto sequestro le rotative del giornale e i mobili di via Bellerio».
Così, secondo il racconto della Sapori, il Cavaliere decide di ripianare i debiti del Carroccio. Facendosi dare, in cambio, la titolarità del simbolo del partito.
«Glielo suggerì Aldo Brancher – ricorda la Sapori -. La titolarità del logo di Alberto da Giussano era di Umberto Bossi, della moglie Manuela Marrone e del senatore Giuseppe Leoni. Furono loro a firmare la cessione del simbolo. È tutto ratificato da un notaio».
E aggiunge: «Fini questa storia la conosce benissimo – taglia corto la Sapori -. Qualche anno fa lui e il premier si incontrarono a cena a Milano. C’erano anche altri parlamentari del centrodestra. Quando qualcuno si lamentò del comportamento della Lega, il Cavaliere si alzò in piedi e annunciò: “Non preoccupatevi di Bossi, lui non tradirà più. Lo spadone è mio”».
Secondo indiscrezioni, il simbolo del Carroccio costò a Berlusconi circa 70 miliardi di lire.
Sulla cifra, però, Rosanna Sapori non si espone.
«So solo che il Cavaliere tolse le querele, si preoccupò di salvare la banca. Ma non saldò tutto con un unico versamento. Non gli conveniva. Decise di pagare a rate».
(dal “Riformista”)
Se questa tesi fosse confermata da auspiscabili indagini giudiziarie, verrebbe meno anche l’attendibilità dei bilanci leghisti: come sarebbero stati fatti entrare questi soldi? Come sarebbero stati impegnati? Che vie avrebbero seguito?
Che potere di ricatto sarebbe stato esercitato e in quali occasioni?
Una cosa infatti è chi firma per la presentazione della lista, altra la titolarità del logo per cui è sufficiente una scrittura privata.
In pratica il Cavaliere in qualsiasi momento avrebbe potuto impedire la presentazione della lista della Lega con quel simbolo.
Dato che voci in tal senso sono state raccolte negli anni e la stessa Sapori lo confermò tre anni fa, forse sarebbe giunto il momento che la magistratura facesse chiarezza.
O magari può farlo Feltri, sempre così sensibile ai presunti scandali della nostra classe politica.
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La storia di Claude Choules: ultimo degli ultimi 05.05.2011
Storie e Notizie N. 370
La Storia:
C’era una volta l’ultimo degli ultimi.
Il suo nome era Claude Stanley Choules e nacque il 3 marzo del 1901.
Oggi, 5 maggio 2011, è morto.
Non è facile essere l’ultimo.
Ultimo non è quasi mai un vantaggioso aggettivo.
Ultimo nella corsa, ultimo nella fila, ultimo in classifica, ultimo a rendersi conto di ciò che sta accadendo intorno, eccetera ed eccetera.
Figuriamoci l’ultimo degli ultimi…
Tuttavia, dipende sempre da ciò in cui si è ultimi.
Come ultimo a fare l’esame all’università.
Dopo una giornata di domande la prof inizia a stancarsi e non vede l’ora di abbandonare la cattedra ed infilare le pantofole.
Quindi è disposta financo a regalare un diciotto pur di mettere la parola fine alle interrogazioni.
Ma non è detto.
Magari può al contrario arrivare all’ultimo candidato stanca e proprio per questo nervosa, insofferente e disposta a (s)bocciare in fretta qualsiasi studente pur di mettere la parola fine alle interrogazioni.
Dipende.
Come in teatro, quando si è ultimi ad abbandonare il palcoscenico.
Dipende tutto dallo spettacolo.
Dalla vicenda che l’attore ha raccontato, vissuto, osservato egli stesso alla stregua del pubblico.
Per quanto concerne il nostro, uno dei due veterani della prima guerra mondiale ad essere ancora in vita, fu ultimo degli ultimi per varie ragioni ed è forse quest’aspetto che rende la sua storia degna di essere ricordata.
Era ultimo tra gli ultimi soldati presenti alla battaglia navale di Scapa Flow, nel 1919.
All’epoca aveva solo diciotto anni…
Ed era anche ultimo degli ultimi ad aver partecipato sia al primo che al secondo conflitto mondiale.
Era l’ultimo tra gli ultimi marinai ad aver combattuto nella prima guerra mondiale.
Ed era l’ultimo degli ultimi veterani maschi della prima guerra mondiale.
La coetanea Florence Green ancora resiste, che il cielo la benedica.
Claude era pure l’ultimo tra gli ultimi veterani della prima guerra mondiale abitanti in Australia.
Non è facile essere l’ultimo, l’ho detto.
L’ultimo degli ultimi, poi…
Nondimeno, non si può essere sempre ultimi in tutto.
Perfino al perennemente scalognato Paperino capitano attimi di rivalsa.
Meravigliosi istanti in cui la storia si capovolge.
A Claude ciò accade nel 2009.
In quell’anno, in occasione dell’anniversario dell’armistizio dell’11 novembre del 1918, si incontrarono sotto l’Arco di Trionfo, a Parigi, Angela Merkel e Nicolas Sarkozy, in ricordo della cosiddetta grande guerra.
All’evento furono invitate tante personalità, i cui nomi riempiono quotidianamente le prime pagine e di conseguenza le nostre teste inermi.
All’evento fu invitato anche Claude.
Ebbene, quella volta, l’ultimo degli ultimi cambiò la sua storia, poiché fu il primo ed unico uomo al mondo a rifiutare l’invito di ben due capi di stato.
Interrogata la figlia sulle ragioni del gesto, ella rispose che il padre era contro la glorificazione della guerra.
La sua assenza fu praticamente ignorata dai suddetti leaders e gran parte dei media.
Eppure, quella sedia vuota, allora come oggi, è degna di un’attenzione indispensabile.
Perché quando l’ultimo degli ultimi scompare, quella sedia vuota è la nostra unica chance per salvarci dall’ottusità dei folli – o la follia degli ottusi – che governano il mondo…
Venerdì 20 maggio 2011, vieni ad ascoltarmi a Roma: L’Italia che vorrei.
La Notizia: Last WWI combatant dies in Australia.
Storie e Notizie: storie, frutto della mia fantasia, ispiratemi da notizie dei media.
http://alessandroghebreigziabiher.blogspot.com/2011/05/la-storia-di-claude-choules-ultimo.html
Foto:
http://www.jacopofo.com/claude-stanley-choules-ultimo-soldato-veterano-prima-seconda-guerra-mondiale
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Foxconn fa promettere ai dipendenti di non suicidarsi 09.05.2011
La controversa azienda cinese avrebbe fatto firmare un documento in cui i lavoratori giurano di non suicidarsi.
L’azienda cinese Foxconn, che produce componenti elettronici per diversi giganti del settore (tra cui Apple), è tristemente famosa per le terribili condizioni alle quali costringe i proprio lavoratori.
Nel corso degli ultimi anni – ossia da quando il caso è emerso – Foxconn ha promesso di intervenire per migliorare la situazione, riportando a livelli umani il trattamento dei dipendenti.
Secondo l’ultimo rapporto del Centre for Research on Multinational Corporations and Students & Scholars Against Corporate Misbehaviour, però, le cose non stanno proprio così.
Il Sacom ha infatti rivelato diverse situazioni inumane, come l’abitudine di prolungare gli straordinari in modo eccessivo (il limite legale è di 36 ore al mese, a Foxconn si arriva a 98), lasciare un giorno libero ogni 13 per soddisfare le alte richieste del mercato, umiliare pubblicamente di fronte ai colleghi i lavoratori poco produttivi.
Uno dei dipendenti ha confessato di essere stato costretto a firmare una “confessione” per aver usato illecitamente un asciugacapelli all’interno del dormitorio, dove stanno fino a 24 persone: »È colpa mia» – si legge – «Non mi asciugherà mai più i capelli nella mia stanza. Ho fatto qualcosa di sbagliato. Non lo farò mai più».
Ma la pratica più folle è quella decisa dall’azienda per porre un freno all’ondata di suicidi che era emersa qualche tempo fa, suicidi causati proprio dalle condizioni di lavoro disumane.
L’estate scorsa Foxconn avrebbe spinto i propri dipendenti a firmare un documento in cui promettevano che non si sarebbero suicidati, giurando che «avrebbero amato le proprie vite».
http://www.zeusnews.com/index.php3?ar=stampa&cod=14809
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Nano antenne a caccia di energia solare 09.05.2011
Immaginate di prendere l’antenna della vostra radio e di rimpicciolirla fino a un decimillesimo di millimetro. Otterreste così una nano antenna capace di catturare la radiazione infrarossa, molto simile ai nuovi dispositivi presentati sull’ultimo numero di Science. Un team coordinato da Mark Knight della Rice University di Houston ha infatti costruito, su un substrato di silicio, delle innovative nano antenne in oro capaci di catturare la luce e convertirla in corrente elettrica. I ricercatori hanno sottolineato che questi dispositivi potrebbero aprire la strada a nuove interessanti applicazioni nel campo dei sensori di luce e dei pannelli solari.
La conversione di luce in corrente elettrica viene attualmente realizzata soprattutto grazie a fotodiodi al silicio, nei quali la luce incidente cede energia agli elettroni nel silicio, che possono così creare un flusso di corrente. Ma i fotodiodi non funzionano con la radiazione infrarossa, perché questa non trasporta abbastanza energia per eccitare gli elettroni. Le nano antenne, spesse una decina di nanometri e lunghe un centinaio, possono invece catturare la radiazione infrarossa, che induce, nelle antenne stesse, dei moti oscillatori degli elettroni detti plasmoni di superficie. Gli elettroni dell’oro, eccitati dai plasmoni, possono quindi “saltare” la barriera energetica che separa l’oro dal silicio, creando così un flusso di corrente nel silicio. Alcuni elettroni sono così energetici da “saltare” direttamente, mentre altri possono attraversare la barriera grazie all’effetto tunnel, uno dei più curiosi fenomeni descritti dalla meccanica quantistica.
I frutti di questo connubio fra nano antenne e dispositivi al silicio sono quindi dei nuovi congegni che potrebbero diventare di enorme importanza per il settore dei pannelli solari, visto che circa un terzo dell’energia solare che arriva sul nostro pianeta è proprio sotto forma di radiazione infrarossa.
Riferimento: DOI: 10.1126/science.1203056
http://www.galileonet.it/articles/4dc7964d72b7ab1dbc000002
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Microsoft: abbiamo Skype 10.05.2011
Confermata ufficialmente l’acquisizione del servizio VoIP da parte di Redmond. Skype diventa una sua divisione, con tutto il management che resta al suo posto
Roma – Microsoft ha annunciato ufficialmente il raggiungimento di un accordo definitivo per l’acquisto di Skype, approvato dai consigli d’amministrazione di entrambe le aziende.
Nel comunicato ufficiale di Redmond sono stati confermati i termini già anticipati: Microsoft spende 8,5 miliardi di dollari e acquista l’intera azienda. Non vengono citati direttamente i debiti di Skype.
Nell’annunciarlo Redmond ha posto l’accento sulle comunicazioni video e i video in tempo reale: accenni che fanno pensare, tra l’altro, all’integrazione di Skype con la tecnologia Kinect e ai possibili sviluppi attraverso gli schermi dei televisori. Per quanto riguarda i suoi prodotti interessati, poi, Microsoft cita, oltre a Xbox Live, anche Lync e Outlook.
“Skype è un servizio fenomenale amato da milione di persone in tutto il mondo – ha detto Steve Ballmer – e insieme creeremo il futuro della comunicazione in tempo reale”.
Il ruolo strategicamente rilevante del servizio VoIP è sottolineato anche dal fatto che Skype diventerà una divisione a se stante all’interno di Microsof, con Tony Bates che rimane al timone del business.
Claudio Tamburrino
http://punto-informatico.it/3156527/PI/News/microsoft-abbiamo-skype.aspx
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Costituzione, Berlino contro Budapest È liberticida, chiarisca all’ Onu 10.05.2011
BERLINO – Domani davanti al consiglio Onu per i diritti umani la Germania chiederà all’ Ungheria chiarimenti sulla sua costituzione “liberticida”. «Ci aspettiamo risposte chiare – ha dichiarato l’ incaricato tedesco all’ Onu Markus Löning al quotidiano Tagesspiegel visto che la nuova legge contravviene agli standard internazionali». Sotto accusa la scarsa suddivisione dei poteri e le limitazioni della libertà di stampa. Dopo la riforma dell’ aprile scorso, infatti, la Corte Costituzionale non ha più alcun potere sulle leggi che riguardano il budget, le tasse o le imposte a meno che queste non siano palesemente contrarie ai diritti fondamentali dell’ uomo. «L’ Unione Europea non può certo intervenire sugli affari interni di un paese» ha replicato alla Germania il primo ministro ungherese Viktor Orbán. Durante l’ interrogazione, l’ Ungheria dovrà rispondere anche sulla norma che prevede l’ obbligatorietà per i giornalisti di pubblicare esclusivamente le notizie diffuse dall’ agenzia di stampa nazionale o di svelare le proprie fonti a un nuovo organo statale di nomina governativa, incaricato di controllare l’ informazione.
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La Danimarca sospende trattato Schengen
Bruxelles chiede immediato chiarimento 11.05.2011
Sono stati reintrodotti i controlli di frontiera con i vicini Germania e Svezia. È la conseguenza dell’accordo tra governo e il Ppd, il partito di estrema destra. Domani la Commissione Ue farà una proposta ai ministri dell’interno sui criteri in base ai quali reintrodurre temporaneamente i controlli per frenare l’immigrazione
COPENHAGEN – La Danimarca ha sosopeso il trattato di Schengen e ha reintrodotto i controlli di frontiera con Germania e Svezia. Lo ha annunciato il ministro delle Finanze Claus Hjort Frederiksen. Una decisione legata all’accordo tra il governo e la formazione di estrema destra Ppd, decisiva per la sopravvivenza dell’esecutivo. Duro il monito di Bruxelles che chiede immediatamente un chiarimento alle autorità danesi.
La scelta del Paese nordico arriva alla viglia dell’appuntamento durante il quale la commissione europea dovrebbe proporre ai ministri dell’Interno un progetto per la reintroduzione temporanea dei controlli alle frontiere nazionali, nel caso in cui uno stato europeo venga considerato “inadempiente” nella sorveglianza alle frontiere o di massici afflussi di migranti. Il riferimento è a Romania e Bulgaria, che hanno aderito all’Unione europea nel 2007, ma non fanno ancora parte dello spazio Schengen e sperano di entrarvi quest’anno. Ma diversi stati membri, guidati da Germania e Francia, sono contrari, sostenendo che i due Paesi non dispongono di un sistema di sorveglianza adeguato. “Se la riforma viene adottata – dice il ministro dell’Interno tedesco, Hans-Peter Friedrich – si potrà accettare più facilmente un nuovo paese nello spazio Schengen sapendo di avere la possibilità di reintrodurre i controlli nel caso di un grave problema”.
La reazione di Bruxelles. All’annuncio della Danimarca di voler reintrodurre i controlli ai suoi confini, non si è fatta attendere la reazione di Bruxelles: “La Commissione Ue – afferma la portavoce del presidente dell’esecutivo europeo, Josè Manuel Barroso – richiederà immediatamente un chiarimento alle autorità danesi, così da poter analizzare le misure annunciate. Deve essere chiaro – aggiunge la portavoce – che la Commissione Ue non può e non accetterà mai ogni tentativo di depotenziare il trattato della Ue per quel che riguarda la libertà di circolazione all’interno dei confini europei sia dei beni sia delle persone”.
http://www.repubblica.it/esteri/2011/05/11/news/danimarca_trattato-16096181/?ref=HREC1-9
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Thyssen, le scuse tardive di Confindustria 11.05.2011
Red, 11.05.2011
Dopo le polemiche, le scuse. A farle ufficialmente in diretta tv (in un programma su La7) a nome di tutta Confindustria è stato il direttore generale Giampaolo Galli: “L’applauso all’amministratore delegato di Thyssen è stato sbagliato, inopportuno, e colgo l’occasione per chiedere scusa a nome di Confindustria ai familiari delle vittime e all’opinione pubblica che si è sentita colpita e offesa”. Marcegaglia presto a Torino per incontrare i familiari delle vittime dell’incidente del 2007. Ma il “ravvedimento” non convince
Queste le parole di Galli, che arrivano però a 5 giorni dal fatto: assise di Confindustria a Bergamo sabato scorso, presente anche l’amministratore delegato della ThyssenKrupp, Harald Espenhahn, e i 6 mila imprenditori riuniti che accolgono con un caloroso applauso il manager condannato in primo grado a 16 anni e mezzo per omicidio volontario con dolo eventuale per il rogo del 6 dicembre 2007 in cui morirono sette operai.
Dal palco dell’assise di Bergamo, dopo aver ribadito “il massimo impegno” dell’associazione per la sicurezza, la presidente Emma Marcegaglia aveva usato parole non certo di condivisione per la dura condanna, dicendo che si tratta di “un unicum in Europa” e che se “una cosa di questo tipo dovesse prevalere allontanerebbe investimenti esteri mettendo a repentaglio la sopravvivenza del sistema produttivo”.
Dopo le polemiche che sono seguite nei giorni successivi, oggi quindi arrivano le scuse di Confindustria ma anche l’invito a capire il perché di un applauso che è nato spontaneamente in una platea di migliaia di imprenditori: “Perché c’è stato?” si chiede Galli, che fornisce anche una risposta: “Perché le imprese sono preoccupate per l’estrema incertezza del diritto in Italia”. Per il direttore di Confindustria il problema sta in “una giustizia che in alcuni casi è più severa che in altri Paesi europei e in altri casi non fa nulla”. Inoltre, secondo Galli, c’è la questione dei controlli. “La stessa procura – ricorda Galli – ha avviato un fascicolo contro la Asl che aveva fatto un controllo e non aveva trovato nulla di irregolare. Forse questa cosa in Germania non sarebbe successa”, conclude.
Le scuse dei vertici di Confindustria non bastano però al ministro della Semplificazione Roberto Calderoli, tra coloro che ha denunciato quell’applauso “che ha insultato i morti”, perché c’è ancora “un silenzio, molto rumoroso e rimbombante, da parte del presidente Marcegaglia, così come pesanti e rimbombanti – attacca il ministro leghista – sono stati i silenzi da parte di tutti coloro che avevano il dovere di denunciare l’accaduto, a cominciare dalle forze politiche che in passato avevano nel loro dna la difesa degli operai e oggi hanno più a cuore i poteri forti”.
Scuse accettate ma episodio non chiuso anche per Antonio Boccuzzi, ex operaio della Thyssen sopravvissuto al rogo, che vuole “capire le vere ragioni di quell’applauso” e definisce “indelicato” il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi “che si sostituisce ai familiari dicendo che l’episodio è chiuso”.
Boccuzzi ha confermato che il presidente Marcegaglia andrà nei prossimi giorni a Torino per incontrare i familiari delle vittime dell’incidente del 2007.
“Se Marcegaglia desidera incontrarci, va bene.Vogliamo che ci ripeta in faccia che le condanne sono troppo alte”, dice Graziella Rodinò, mamma di Rosario, uno dei ragazzi morti nel rogo, mentre per Rosina Platì, madre di Giuseppe De Masi, le scuse di Confindustria vanno accettate perché “non si può fare altrimenti, ma restiamo profondamente offesi da quell’applauso”. “Vorrei conoscere uno per uno coloro che hanno applaudito – aggiunge Rosina Platì – perché li considero assassini al pari di Espenhahn. L’offesa che abbiamo subito non si cancella”.
“Tardive” vengono definite le scuse di Confindustria da parte di Michele Ventura, vicepresidente dei deputati Pd, che commentando le parole del direttore generale Galli invita Marcegaglia e l’associazione industriale a farsi “promotori di investimenti in sicurezza” e ad essere “loro stessi promotori di una cultura che non metta a rischio la vita dei lavoratori in nome dell’aumento del profitto. Perché ogni incidente sul lavoro non è soltanto una sconfitta per l’impresa (così aveva detto Marcegaglia dal palco di Bergamo, ndr) ma una sconfitta di tutti”.
Per il responsabile welfare e lavoro dell’Idv Maurizio Zipponi, infine, “se c’è qualcuno che deve chiedere scusa ai familiari delle vittime del rogo Thyssen, al tribunale di Torino e agli imprenditori che ogni giorno investono in sicurezza, è proprio Emma Marcegaglia”, che “deve dire con chiarezza che le spese per la sicurezza non sono un disincentivo a investire, ma una garanzia di efficienza, qualità dei prodotti e rispetto della vita umana”.
(fonte 9 colonne)
http://www.paneacqua.eu/notizia.php?id=17719
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Il Consiglio dei Ministri dell’Artico riunito per combattere il global warming 12.05.2011
Si sta svolgendo nella capitale della Groenlandia l’incontro che vede al centro delle discussioni le problematiche climatiche che le regioni artiche stanno affrontando a causa dell’aumento della temperatura globale
(Rinnovabili.it) – I leader delle nazioni artiche si riuniranno in Groenlandia questa settimana per discutere in merito a nuove strategie per contrastare il riscaldamento globale e per meglio gestire la situazione riguardante petrolio, minerali, pesca e trasporto marittimo nell’area di frontiera più a nord del Pianeta.
Il segretario di Stato statunitense Hillary Clinton incontrerà i ministri degli Esteri dei sette stati artici a Nuuk, capitale della Groenlandia, per affrontare le problematiche collegate all’aumento della temperatura globale in un’area dove gli effetti si avvertono in maniera particolare e dove stanno nascendo sempre nuove sfide legate al reperimento delle risorse. Il consiglio dell’Artico comprende gli Stati Uniti, Canada, Russia, Norvegia, Finlandia, Islanda, Svezia e la Danimarca che gestisce gli affari esteri per conto della Groenlandia. “E’ un incontro importante, ma anche un simbolo di alcune delle grandi sfide che l’Artico si appresta ad affrontare”, ha dichiarato il vice segretario di Stato statunitense James Steinberg. “Ci sono interessi nodali in gioco nella regione artica, ma l’incontro sarà anche un’opportunità per trovare nuovi modelli di cooperazione”, ha detto.
Le trasformazioni nell’Artico sono ormai evidenti, le temperature hanno raggiunto livelli mai registrati in 2.000 anni e stanno aumentando più velocemente che nelle altre parti del Pianeta. Le compagnie petrolifere, consapevoli del potenziale dei giacimenti della regione si preoccupano di come arrivare ad una enorme quantità di greggio, stimata dal U.S. Geological Survey come equivalente al 25% del petrolio e del gas naturale ancora da intercettare.
Anche il settore del trasporto marittimo sta cercando nuove soluzioni a nuovi problemi. Rotte prima proibite stanno lasciando il posto a itinerari navigabili, liberi dal ghiaccio, che stanno riducendo i tempi di percorrenza variando anche i sistemi di gestione del commercio e dell’intera area. Il Consiglio discuterà un piano per dividere le responsabilità della ricerca di gas e petrolio in tutta la regione artica.
“Penso che ci sarà una discussione esplicita a Nuuk con le nazioni del Consiglio artico su come fare il prossimo passo e affrontare in modo cooperativo alcune delle importanti questioni offshore relative a petrolio e gas” ha dichiarato ieri Vice Segretario degli Interni statunitense David Hayes nel corso di una conferenza stampa.
(Non è tanto combattere il global warming, ma la ricerca del petrolio più a buon mercato, datosi lo scioglimento dei ghiacci, la questione)
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“Illegittimo articolo su custodia cautelare” 12.05.2011
Maroni: “Sono allibito, un favore ai criminali”
Misure alternative anche per chi è accusato di omicidio. La norma del ‘pacchetto sicurezza’ del 2009 è stata bocciata per l'”ingiustificata parificazione” dell’omicidio volontario ai delitti di mafia, gli unici per i quali la Consulta e la Corte europea dei diritti dell’uomo hanno ritenuto giustificabile la detenzione preventiva
ROMA – D’ora in poi, anche per chi è accusato di omicidio, con a proprio carico ‘gravi indizi di colpevolezza’, potrà attendere processo e sentenza agli arresti domiciliari e non più obbligatoriamente in carcere. Lo ha stabilito la Corte costituzionale, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’articolo 275, comma 3, secondo e terzo periodo, del codice di procedura penale, come modificato dall’art. 2 del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11 (misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori). Maroni: “Sono allibito per la decisione della Corte Costituzionale. E’ un favore ai criminali”.
Bocciata, dunque, un’altra norma del ‘pacchetto sicurezza’ del 2009. I giudici della Consulta hanno infatti dichiarato l’illegittimità dell’obbligo per il giudice di disporre la sola custodia cautelare in carcere – e non anche misure alternative come ad esempio la detenzione domiciliare – quando sussistono gravi indizi di colpevolezza per il reato di omicidio volontario.
Una analoga decisione era stata presa lo scorso anno dalla Corte Costituzionale per quanto riguarda i procedimenti per violenza sessuale, atti sessuali con minorenni e prostituzione minorile, rispetto ai quali il ‘pacchetto sicurezza’ aveva operato una stretta prevedendo l’obbligo di custodia cautelare in carcere e non anche la possibilità di misure alternative. Come allora, anche oggi la sentenza che fa cadere tale obbligo (n.164, depositata oggi in cancelleria) è stata scritta dal giudice costituzionale Giuseppe Frigo. Per la precisione, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 275, comma 3, secondo e terzo periodo, del codice di procedura penale, come modificato dal ‘pacchetto sicurezza’, nella parte in cui – nel prevedere che, quando sussistono gravi indizi di colpevolezza per omicidio volontario (art. 575 del codice penale) , è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari – “non fa salva, altresì, l’ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure”.
La bocciatura è motivata con l'”ingiustificata parificazione” (violazione dell’art. 3 della Costituizione) dell’omicidio volontario ai delitti di mafia, gli unici per i quali la Consulta e la Corte europea dei diritti dell’uomo hanno ritenuto giustificabile la “presunzione assoluta” di adeguatezza della sola custodia cautelare in carcere. Obbligo, questo, che secondo i giudici costituzionali viola anche la presunzione di non colpevolezza (art.27 della Costituzione), oltre che le riserve di legge e di giurisdizione (art.13).
Maroni: “Errore gravissimo”. “Sono allibito per la decisione di oggi della Corte Costituzionale – ha detto il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, a proposito della sentenza della Consulta – È un errore gravissimo che mina le misure che abbiamo preso a tutela della sicurezza dei cittadini”. Il ministro, che ha dichiarato di ritenere la custodia cautelare in carcere per gli accusati di omicidio una misura efficace “perché chi commette un delitto così grave non merita i benefici”, ha ribadito la sua contrarietà: “La Corte – ha aggiunto – ha dichiarato che anche chi commette un omicidio volontario può tornare libero a casa, e magari commettere un altro omicidio”.
In serata, a margine di un’iniziativa elettorale della Lega, il titolare del Viminale è tornato sull’argomento parlando di sentenza “veramente incredibile” e di “favore ai criminali”. “Se chi si macchia di omicidio –
ha detto – invece di rimanere in carcere viene mandato a un’alternativa, poi non ci si può lamentare se, una volta uscito, commette un altro omicidio”. “E’ una sentenza incomprensibile – ha ripetuto – che rischia di rendere la vita facile ai criminali”.
I due casi che hanno portato alla decisione. Due i casi concreti che hanno poi portato alla dichiarazione di illegittimità. Il tribunale di Lecce era stato investito della questione dal difensore di una persona imputata di omicidio volontario in concorso. Dopo la convalida di un provvedimento di fermo, era stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere con ordinanza del gip; a seguito dell’impugnazione del difensore, il tribunale aveva disposto la sostituzione della misura con gli arresti domiciliari. Entrato in vigore il decreto legge, il pm aveva chiesto e ottenuto il ripristino della misura carceraria, alla luce della nuova disciplina. Identica questione di illegittimità costituzionale era stata sollevata davanti alla Consulta dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Milano, chiamato a pronunciarsi sull’istanza di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari, presentata dal difensore di un imputato, condannato in primo grado a dieci anni di reclusione per concorso in omicidio volontario.
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Fukushima
Lo scienziato che piange 12.05.2011
Toshiso Kosako è un professore dell’Univeristò di Tokyo, scienziato di fama nel campo della protezione da radioattività.
Il 16 marzo è stato chiamato dal primo ministro giapponese Naoto Kan come suo consulente speciale per gestire le conseguenze della catastrofe di Fukushima.
Venerdì 29 aprile ha dato le dimissioni dall’incarico poichè nessuna delle sue raccomandazioni era stata accolta dal governo. Nella conferenza stampa nella quale egli denunziava la gestione governativa dell’emergenza, Kosako parlò di incredibili ritardi e di errori gravi nell’intervento, di carenza di informazione pubblica sulle reali dimensioni della diffusione della radioattività, di assurde modifiche in rialzo delle dosi annue di radioattività ammissibli per i lavoratori nucleari di Fukushima e sopratttto per i bambini delle scuole primarie della prefettura della regione colpita. Ancor più delle denunzie rivolte al governo ha fatto impressione il fatto che lo scienziato durante la conferenza stampa sia scoppiato in lacrime.
Di solito gli scienziati, sacerdoti della gelida razionalità tecnica, non piangono. Pochi, i migliori tra di loro, si permettono di dubitare.
Quelle lacrime di Toshiso Kosako del 29 aprile aprono uno squarcio sulla catastrofe nucleare di Fukushima. Molto probabilmente in Giappone è in atto l’olocausto nucleare di innumerevoli lavoratori, di vecchi e bambini, di intiere popolazioni: al buio, nel silenzio.
E stiamo vivendo nella cosiddetta “società dell’informazione”.
http://www.sbilanciamoci.info/Rubriche/Lo-scienziato-che-piange-8403
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Figuraccia per Facebook: assume grande Pr per attaccare Google 13.05.2011
di Alberto Riva
Imbarazzo a Silicon Valley. Facebook si è fatta sorprendere a diffondere voci su presunte violazioni della privacy da parte di Google, con una campagna per la quale aveva ingaggiato la società di pubbliche relazioni Burson-Marsteller, uno dei giganti del settore. La notizia potrebbe giocare a favore di Google nel momento in cui l’azienda è coinvolta in varie inchieste sulla privacy.
La campagna di Facebook è venuta alla luce con la rivelazione, sul sito di notizie Daily Beast, della scoperta che due ex giornalisti ora dipendenti Burson avevano suggerito per email a blogger e cronisti di scrivere editorali e articoli d’inchiesta critici verso Google.
L’accusa: uso di dati riservati degli internauti. Nelle email mandate dai pr di Burson era sotto accusa Social Circle, un’applicazione di Google che consente agli utenti di posta Gmail di vedere aggiornamenti e dati non solo dei propri corrispondenti ma anche dei loro amici. Cosa che secondo le accuse costituisce un’invasione della privacy non consentita dagli utenti né dagli accordi di Google con le autorità di settore, oltre che un modo per «scovare dati privati e costruire dossier personali».
Frase questa contenuta appunto nelle email inviate a vari giornalisti e che l’influente tecno-blogger Chris Soghoian, sentendo puzza di bruciato dopo aver chiesto a Burson chi c’era dietro le accuse senza ottenere risposta, ha deciso di pubblicare la settimana scorsa. I sospetti si sono subito addensati su Microsoft e Apple, i nomi che spuntano più di tutti quando si parla di rivali di Google. Ma poi è venuto alla luce che il colpevole era il social network, che ha ammesso per bocca di un portavoce di aver assunto Burson per la campagna anti-Google.
Dietro alla decisione, ha affermato Facebook, sospetti che Google stia muovendosi nel social networking usando dati raccolti da Facebook stessa. La reazione di Google è affidata al capo delle comunicazioni, Chris Gaither, ma rimane sul vago: «Abbiamo visto l’e-mail che si dice sia stata mandata da un rappresentante di Burson-Marsteller. Ma non commentiamo». BM, come è nota nel settore, non è un nome qualunque: ha sessant’anni di vita e a guidarla è l’a.d. Mark Penn, clintoniano di ferro, prima consigliere di Bill e poi nel 2008 responsabile delle strategie niente meno che della campagna presidenziale di Hillary.
In gioco oltre che le reputazioni ci sono gli almeno 25 miliardi di dollari solo negli Usa del mercato della pubblicità online, di cui Google ha il 40 per cento secondo eMarketer, con Facebook intorno al 5 per cento e in salita. Più si conoscono abitudini e dati degli internauti e più si possono mirare le pubblicità direttamente ai gusti del singolo utente: un campo minato per la privacy, tema sul quale Google sta avendo problemi al Senato Usa (audizioni sui rischi dei telefoni Android per la riservatezza) e in Corea del Sud (perquisizioni nella sede della società a Seoul).
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L’armata Bundesbank 13.05.2011
Fonte: Marco d’Eramo – il manifesto
Là dove 70 anni fa la possente Wehrmacht aveva fallito è riuscita oggi la discreta Bundesbank. Un tempo i principati si conquistavano con le armate, oggi bastano gli ultimatum dei creditori. I banchieri tedeschi impongono la loro dura legge con la stessa prussiana sicumera degli Junker guglielmini, i von Moltke e gli Hindenburg. Gli invisibili gnomi di Francoforte hanno piegato nazioni dove le divisioni tedesche non erano mai arrivate, come Irlanda e Portogallo. In altre, come la Grecia, hanno risvegliato duri ricordi.
Come chiamare altrimenti quel che sta avvenendo nel nostro continente? Siamo talmente presi a seguire le cabrate dell’imperialismo Nato, i tonneau dei Mirages di Nicolas Sarkozy, le picchiate dei Tornado di David Cameron, da perdere di vista il pugno d’acciaio con cui la Germania unificata di Angela Merkel impone le sue regole draconiane. Una volta, per abolire la costituzione di un paese e privarlo della sua sovranità bisognava invaderlo, occuparlo militarmente. Oggi Grecia, Irlanda e Portogallo sono state assoggettate dalle cambiali. Perché assoggettate? Perché qualunque governo gli elettori abbiano scelto, qualunque politica abbiano votato, devono comunque sottostare alle condizioni della Banca centrale europea, devono decurtarsi gli stipendi, dimezzare le pensioni, privarsi della sanità pubblica, chiudere scuole, biblioteche, ospedali. Come riferiva il Wall street Journal di ieri, gli stipendi della funzione pubblica in Grecia sono stati tagliati fino al 25%. E cosa possono fare i greci oltre che protestare invano? Qui sta la grande differenza con l’invasione armata: che questa volta i paesi occupati hanno abdicato alla propria sovranità senza fiatare. E contro chi vuoi resistere? Contro uno sportello di banca? In quale maquis ti puoi arruolare? Tra gli indomiti debitori morosi?
Perché il problema è questo: i banchieri che t’impongono l’austerità non sono stati eletti da nessuno, nessuno li può mandare a casa. Cosa può fare contro Jean-Claude Trichet (e domani contro Mario Draghi) un greco o un portoghese o un irlandese? Non c’è nessun governo eletto da far cadere. Altro che Europa del capitale! Stiamo assistendo a una dittatura informale del capitalismo (un po’ come “informale” era detto l’imperialismo Usa). In Europa la sovranità popolare non ha mai avuto grandi quotazioni, ma adesso è stata proprio degradata a «titolo spazzatura».
Ogni volta che ci parlano del «popolo sovrano» ci sentiamo presi in giro. Mai come oggi si pone un problema di democrazia. Ci vorrebbe una «primavera europea», altro che «primavere arabe».
I finanzieri non devono rispondere a nessuno, neanche ai loro azionisti: tanto, se mandano in rovina le proprie banche, ci pensano i provvidi governi a salvarle. Infatti due anni fa le banche erano messe assai peggio di Grecia o Portogallo, ma questi templi della «razionalità del mercato» furono considerati too big to fail, troppo grandi per lasciarli fallire, e così gli Stati uniti cacciarono più di 3.000 miliardi di dollari per «confortarli» (relief). E la Germania fu altrettanto prodiga verso i propri istituti di credito, anche se con più discrezione. Tutte queste banche sono state salvate con i nostri soldi. Invece Portogallo e Grecia sono evidentemente too small to save. Ma non sarebbe il caso ora di salvare noi con i soldi delle banche?
Certo, il problema non si limita all’Europa dell’euro. Disoccupati, pensionati e pubblici dipendenti inglesi stanno pagando con lacrime e sangue le sovvenzioni elargite alla Royal Bank of Scotland e ai Lloyds (una ragione non secondaria del trionfo degli indipendentisti scozzesi alle ultime, recenti elezioni).
E poi c’è un versante che nemmeno la potente Germania controlla. Un tempo c’era sempre un esercito (o una flotta) più potente del tuo, come tante volte ha sperimentato la Germania. Oggi c’è sempre un capitalismo più forte del tuo. È quello delle agenzie di rating, Moody’s e Standard & Poor’s. Le agenzie di rating assegnano voti ai debitori: peggiore il voto, più alto è considerato il rischio, quindi più alta deve essere la remunerazione di chi presta e quindi più salati gli interessi pagati sul proprio debito.
Il problema è che queste agenzie di rating sono imprese private, possiedute da privati, spesso proprietari di Hedge Funds: il 19,1% delle azioni di Moody’s appartiene all’«oracolo di Omaha», Warren Buffett, il secondo uomo più ricco d’America, che specula sui debiti cui la sua Moody’s assegna i voti (ratings). Anche qui, un 81enne miliardario del Nebraska determina se tua nonna perderà la pensione a Portogruaro o Ariano Irpino. Di nuovo un problema di democrazia.
Ma vi è anche un problema di sinistra europea. Ancor più della tracotanza teutonica, colpisce l’indifferenza con cui le varie sinistre europee hanno accolto questo esercizio di dispotismo finanziario. Come se la faccenda non riguardasse noi italiani (o i francesi che se la stanno facendo sotto all’idea di perdere la tripla AAA di rating). Non vorremmo essere costretti tutti a parafrasare la famosa sentenza del pastore Martin Niemöller: «Prima se la presero con i greci, ma io non protestai perché non ero greco. Poi se la presero con gli irlandesi. Ma non protestai perché non ero irlandese. Poi se la presero con i portoghesi, ma non protestai perché non ero portoghese….. Quando poi se la sono presa con me, non c’era rimasto nessuno a difendermi».
http://www.dirittiglobali.it/home2/categorie/30-europa/14759-larmata-bundesbank.html
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Acqua potabile ed energia: tutto in una scatola 12.05.2011
di Lorenzo Mannella
Alluminio, gallio, indio e stagno. Sono questi i componenti principali di un depuratore d’acqua portatile in grado di funzionare anche come un’efficiente generatore d’energia. Tutto in completa autonomia. Lo ha ideato il team di ricerca di Jerry Woodall, ingegnere elettrico della Purdue University (Usa), che conta di realizzarlo in tempi brevi. Una volta completato, il dispositivo potrebbe portare acqua potabile ed energia nei territori in cui queste scarseggiano.
L’idea alla base del progetto è semplice: si tratta di un serbatoio del peso di circa 45 chilogrammi che può essere trasportato ovunque ci sia bisogno di acqua fresca e pulita. Basta versare al suo interno qualche litro d’acqua – anche salata – per innescare una reazione chimica che ossida l’alluminio e scalda il liquido fino a farlo evaporare. In questo modo, il calore sprigionato uccide tutti i batteri patogeni, rendendo l’acqua potabile. Il dispositivo, inoltre, è in grado di alimentare una cella a idrogeno per la produzione di energia elettrica.
Secondo le previsioni di Woodall, la piccola centrale potrebbe generare una quantità di energia a un costo di circa 24 centesimi di euro a kilowattora; un prezzo assai competitivo per tutte quelle aree del mondo dove la costruzione di infrastrutture e centrali elettriche richiederebbe spese assai più elevate. Il costo dell’acqua potabile prodotta si aggirerebbe, invece, intorno ai 20 centesimi di euro al litro.
“Si potrebbero far arrivare il serbatoio e la cella a idrogeno in qualsiasi area remota del pianeta paracadutandoli da un aereo” – ha ipotizzato Woodall – “a quel punto il macchinario verrebbe assemblato sul posto: aggiungendo acqua salata, o dolce, la reazione chimica convertirebbe alluminio e acqua in diverse parti di idrossido di alluminio, calore e idrogeno. Il vapore ucciderebbe tutti i batteri contenuti nell’acqua e per berla basterebbe solo condensarla”.
I ricercatori americani sono ottimisti: presto avranno a disposizione la giusta soluzione per risolvere il problema dell’approvvigionamento di acqua ed energia nelle zone più irraggiungibili del pianeta. Per di più sotto forma di una tecnologia versatile e sicura: infatti, la buona disponibilità del reagente principale, l’alluminio, e l’assenza di tossicità dei suoi prodotti di scarto ridurrebbero al minimo l’impatto ambientale del dispositivo. In attesa del primo brevetto, Woodall prevede già di impiegare la cella a idrogeno per realizzare anche una serie di motori per imbarcazioni e robot sottomarini.
Fonte: Purdue University
http://www.galileonet.it/articles/4dca545772b7ab1dbc000019
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La NATO ha attaccato un parco ricreativo per bambini 13.05.2011
Un totale di otto morti, tra i quali due giornalisti, è il saldo degli ultimi attacchi registrati in Libia, da parte della coalizione della NATO. Stavolta il bombardamento è stato indirizzato su un parco infantile di ricreazione che fa parte di una residenza del leader Muammar Al Gaddafi.
Attraverso la rete sociale Twitter, l’inviato speciale di TeleSUR in Libia, Rolando Segura, ha informato che i bombardamenti registrati all’alba di giovedì hanno danneggiato edifici civili e aree di ricreazione infantile, segnalate anche come uscita di sicurezza di una residenza di Gheddafi, a Tripoli.
Segura ha commentato che parte delle vittime del vile attacco non erano generali e nemmeno militari e che la città di Tripoli ha tremato per le molteplici esplosioni.
Il portavoce del governo della Libia, Moussa Ibrahim, ha dichiarato che: “Questo attacco è del tutto ingiustificato, non ha moralità nè legalità alcuna.
Il lutto è presente in tutta la capitale del paese, dove centinaia di persone sono andate al funerale dei morti di giovedì. Le donne piangono i mariti e i figli e i bambini i loro genitori, tutti civili assassinati dalla NATO” ha detto il portavoce libico.
Ibrahim ha segnalato che ancora una volta la Libia è vittima dei vili attacchi dalla NATO con missili pagati dal Qatar e dagli Emirati (…) che hanno rotto ogni relazione con l’Islam e l’ arabismo.
“L’attacco è stato fatto con cinque missili che costano due milioni di dollari l’uno”, ha detto ancora il portavoce.
Il presidente del Consiglio Nazionale di Transizione – CNT – Mustafá Abdeljalil, ha dichiarato alla stampa, da Londra, che Gheddafi è il Comandante in Capo delle forze armate e sta incitando tutti a combattere.
“Per questo pensiamo che sia un obiettivo legittimo”, ha aggiunto.
La NATO ha insistito invece che il suo obiettivo è ‘proteggere la popolazione civile’ e non uccidere Gheddafi.
Abdeljalil ha incontrato il Primo Ministro britannico, David Cameron, il Viceprimo Ministro, Nick Clegg, e il Ministro degli esteri, William Hague, ed ha insistito sulla necessità d’avere a disposizione molte armi.
(TeleSur/ Traduzione Granma Int.)
http://www.granma.cu/italiano/esteri/13-mayo-nato.html
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Biodiesel dalle patatine fritte 13.05.2011
Aperto nel Regno Unito il primo impianto che estrae biocarburante dagli avanzi di cibo.
La britannica Greenergy ha annunciato di aver iniziato a produrre biodiesel partendo dagli avanzi di cibo.
Con un investimento di 50 milioni di sterline, Greenergy ha creato un impianto che processa gli oli di cottura usati e diversi cibi invendibili – perché scaduti, troppo cotti o non conformi agli standard di vendita – contenenti tipicamente tra il 25 e il 30% di grassi.
L’azienda elenca tra i prodotti torte, rotoli di carne tritata, paste e patatine che finora andavano buttati e diventeranno invece una sorgente d’energia.
Oli e grassi vengono estratti dal cibo con un processo sviluppato dalla Brocklesby e ulteriormente purificati da Greenrgy, quindi convertiti in biodiesel.
Andrew Owens, CEO di Grennergy, spiega che l’azienda ha in mente un rapido sviluppo per questo processo, che ora si trova agli inizi: «La quantità di biodiesel che attualmente produciamo partendo da cibo solido è piccola, ma ci aspettiamo che cresca. Uno solo dei nostri nuovi impianti può gestire abbastanza scarti da riempire una nave da crociera. Aumentando gli impianti, il potenziale di questa tecnologia per la riduzione delle emissioni è notevole”».
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Il riscaldamento globale minaccia il Wi-Fi 14.05.2011
Secondo il governo inglese i cambiamenti climatici renderanno inaffidabili i sistemi di comunicazione.
Un rapporto del Dipartimento per l’Ambiente, il Cibo e gli Affari Rurali del Regno Unito ha sollevato un problema inaspettato collegato al riscaldamento globale.
Secondo il rapporto, un eventuale aumento delle temperature avrebbe un effetto deleterio sulle comunicazioni, andando a influenzare il raggio d’azione dei segnali radio, compreso il Wi-Fi.
Caroline Spelman, che ha presentato il rapporto, ha spiegato che inoltre i temporali associati a questo fenomeno potrebbero avere un impatto negativo sull’affidabilità dei segnali, e che estati più secche e inverni più umidi potrebbero danneggiare i tralicci e i cavi sotterranei.
Internet e le comunicazioni telefoniche sarebbero dunque minacciate dal riscaldamento: ciò potrebbe portare a conseguenze nefaste in caso sia necessario usare, in situazioni di emergenza, sistemi di comunicazione che si rivelano inaffidabili.
Per evitare problemi Caroline Spelman ha chiesto l’investimento di 200 miliardi di sterline nei prossimi cinque anni.
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Napolitano: «I palestinesi avranno l’ambasciata in Italia» 16.05.2011
Il presidente della Repubblica lo annuncia, mentre si trova in visita da Abu Mazen a Betlemme
MILANO – Un’ambasciata palestinese in Italia: «A nome del governo, annuncio la elevazione della delegazione al rango di missione diplomatica, e al rango di ambasciatore del rappresentante»: questa la dichiarazione del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al termine dell’incontro avuto a Betlemme, in Cisgiordania con Abu Mazen, il massimo dirigente dell’Autorità nazionale palestinese. Unica tappa di Napolitano nei Territori in occasione della visita di due giorni in Israele. Che. dopo un lungo applauso della delegazione locale, ha ringraziato : «Un altro regalo che ci fa l’Italia». Un passo che avviene, precisa il Capo dello Stato: «in piena amicizia con Israele. Siamo sempre fortemente impegnati per la costruzione della pace tra lo stato ebraico e i palestinesi secondo la formula due popoli due Stati». Una formula, ha aggiunto, che è stata «riconosciuta dal governo israeliano» ed ora si tratta di «farne discenderne una serie di accordi che portino a questa realizzazione». E ha aggiunto: «Ci auguriamo che i prossimi mesi siano fecondi per il rilancio della prospettiva negoziale perchè ancora prima di settembre, conta di riaccendere a maggio, a giugno e in estate il clima di dialogo».
BASTA INSEDIAMENTI – Il presidente Abu Mazen, si è soffermato sulle prospettive del dialogo con gli israeliani chiedendo che cessi la politica degli insediamenti. Quanto agli americani, Washington vede «spingere in avanti il negoziato sulla base della road map, dell’iniziativa araba di pace e della dichiarazione del Quartetto». Queste «sono le basi da cui bisogna partire», come anche il ritorno ai «confini del 1977», e la cessazione degli insediamenti. «Il tempo che abbiamo davanti è molto breve, ma ce ne è a sufficienza per riprendere il negoziato su queste basi», ha proseguito. Certo, «gli insediamenti israeliani impediscono che si possano cogliere le attuali occasioni» di pace perchè il governo israeliano «capisca che il popolo palestinese non può sparire e che si è presentata una soluzione storica». Quanto all’Italia, la decisione di oggi si pone nella scia di una profonda amicizia dimostrata con gesti «che non potremo mai dimenticare», come «la dichiarazione di Venezia del 1980 è il modo in cui le forze armate italiane tutelarono i campi profughi nel Libano nel 1982». Del resto, ha aggiunto Abu Mazen rivolgendosi a Napolitano, «anche voi italiani avete conosciuto le occupazione straniere, sapete cosa vuol dire».
LIBIA, OK AL CESSATE FUOCO SOLO CON I FATTI – Napolitano si è poi soffermato sulla Libia: «L’Italia prenderà in considerazione la disponibilità delle forze fedeli a Gheddafi per un cessate il fuoco se tali disponibilità nuovamente annunciate saranno seguite dai fatti. Non è certamente la prima volta che le Nazioni Unite chiedono il cessate il fuoco. Anzi, nella prima risoluzione avevano chiesto tassativamente al colonnello Gheddafi di astenersi da azioni militari volte a reprimere la protesta popolare. Poi c’è stato qualche annuncio da parte di Gheddafi di disponibilità a cessare il fuoco, ma queste dichiarazioni non sono state mai seguite dai fatti». E ha sottolineato «Se lo saranno, naturalmente, ne terranno conto tutte le parti in causa, comprese quelle che hanno risposto all’appello della Risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza per adottare la “no fly zone” e tutte le misure necessarie per proteggere la popolazione civile, le cui espressioni politicamente più significative di contestazione sono state ferocemente represse fino a oggi dalle forze fedeli a Gheddafi».
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